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Lo studente di lingue universitario e adulto

2. La glottodidattica e la glottodidattica ludica

2.1. La glottodidattica

2.1.7. Lo studente di lingue universitario e adulto

La nostra ricerca si incentra sullo studente universitario, in particolare allo studente di lingua giapponese cafoscarino. Lo studente universitario viene definito un giovane adulto, cioè “un allie- vo che sta attraversando l’età della post-adolescenza (dai diciotto ai trenta anni) e che, sul piano psicologico manifesta atteggiamenti in parte ancora vicini all’adolescenza (ad esempio, indecisione, comportamenti talvolta irresponsabili e irrispettosi, ecc.) e in parte già vicini all’età adulta (chia- rezza di aspettative e desideri)” (Daloiso, 2009, p. 128).

La figura del giovane adulto è affiancata da quella simile dello studente adulto. Con la globaliz- zazione e la necessità della conoscenza di lingue straniere, sia come strumento di mediazione lin- guistica e culturale sia come diffusione del plurilinguismo, si è affermato un modello di studente definito adulto, il quale implica lo sviluppo di nuove tecniche e strategie per l’educazione linguisti- ca (Daloiso, 2009). Lo studente adulto è un individuo già inserito nel mondo del lavoro che intra- prende lo studio della lingua straniera solitamente per esigenze professionali (si pensi per esempio ai corsi intensivi di lingua inglese all’interno delle aziende o alla necessità di ottenere una certifica- zione linguistica per una promozione).

“Il concetto di ‘adultità’ rimanda sia a un fattore personale, l’età e la conseguente maturazio- ne psicologica e relazionale, sia a elementi sociali. Da queste peculiarità discendono alcune carat- teristiche dell’adulto che studia una lingua straniera” (Balboni, 2012, p. 100). Lo studente adulto è maggiorenne, sceglie autonomamente il proprio percorso di studio e paga per frequentarlo. Per questo motivo spesso la frequentazione dei corsi ha il solo obiettivo di portare a risultati dimo- strabili (l’acquisizione di una certificazione linguistica per esempio) e nel minor tempo possibile. Pertanto è necessario capire nel monte ore, che equivale a un determinato costo, i risultati che lo studente può raggiungere. Per realizzare ciò, lo studente si confronta con l’insegnante, il quale è considerato un suo pari (tranne forse nei casi in cui il docente è un madrelingua), assumendo un ruolo prevalentemente istruttivo e non più educativo (Balboni, 2012, p. 102). Il docente da parte sua dovrà spiegare chiaramente la metodologia didattica, in quanto spesso lo studente adulto por- ta con sé un background culturale di apprendimento ritenuto insindacabile ed efficace, ma che in- vece spesso si rivela obsoleto e improduttivo. Lo studente universitario invece pone l’insegnante a un livello superiore, considerandolo modello incontestabile e dispensatore di conoscenza (Balboni, 2012, p. 99). La differenza quindi più evidente tra lo studente universitario e lo studente adulto è soprattutto l’atteggiamento verso il docente.

Dal punto di vista dell’apprendimento nell’adulto, senza soffermarci sulla dicotomia tra giova- ne e non, Begotti sottolinea che esiste “una vasta gamma di differenze individuali tra gli adulti molto più che tra i bambini e gli adolescenti, differenze che sono state determinate dall’esperienza, da uno stile cognitivo consolidato e di apprendimento, dalla motivazione, dai bisogni, interessi e obiettivi” (Begotti, 2010, p. 13). Inoltre, Rogers sostiene che l’apprendimento nell’adulto è volon- tario e intenzionale e lo studente adulto intraprende un percorso formativo per determinati motivi e per raggiungere precisi scopi. Tuttavia, l’adulto porta con sé un bagaglio di esperienze e cono- scenze personali che difficilmente abbandona, opponendosi a un processo di apprendimento che risulti incongruente rispetto alla sua prospettiva e ai suoi bisogni. Pertanto per raggiungere gli o- biettivi prefissati, l’adulto deve adattare le proprie conoscenze al processo formativo, lasciandogli però libertà decisionale secondo le proprie necessità (Rogers, 1969).

Per questo motivo è l’adulto stesso che controlla il proprio apprendimento, in un processo in- terno di valutazione delle conoscenze da acquisire. Risulta quindi evidente come cambia la pro- spettiva di apprendimento di un bambino rispetto a quella di una persona adulta, con tratti carat- teristici ben precisi come evidenzia Begotti (2010, p. 25) quali il concetto di sé (gestisce autono- mamente le proprie decisioni), la motivazione (ha degli obiettivi ben precisi), il bisogno di cono- scenza, la disponibilità ad apprendere, l’orientamento verso l’apprendimento (apprende per un uso delle conoscenze nella vita di tutti i giorni) e l’influenza dell’esperienza precedente.

Per quel che riguarda l’ambito specifico dell’apprendimento linguistico, lo studente adulto ri- spetto a un bambino intraprende lo studio di una lingua solitamente per motivi lavorativi o perché mira a un miglioramento della propria posizione, per questo motivo ritiene molto importanti an- che gli aspetti culturali ed extralinguistici. In una prospettiva glottodidattica umanistica, Rogers (1951) basa l’apprendimento dell’adulto su cinque ipotesi:

A person cannot teach another person directly; we can only facilitate his learning. […]. A person le- arns significantly only those things that he perceives as being involved in the maintenance of or en- hancement of, or enhancement, the structure of self. […]. Experience that, if assimilated, would in- volve a change in the organization of self, tends to be resisted through denial or distortion of symbolization. […]. The structure and organization of self appears to become more rigid under threats and to relax its boundaries when completely free from threat. […]. The educational situation that most effectively promotes significant learning is one in which (1) threat to the self of the lear- ner is reduced to a minimum, and (2) differentiated perception of the field of experience is facilita- ted (1951, p. 389-391).

Inoltre, come abbiamo visto nel paragrafo 2.1.6, esistono delle variabili individuali (il bisogno, la motivazione, gli stili cognitivi, le intelligenze multiple, i fattori emotivi, i tratti della personalità, l’amor proprio e l’autostima), sociali (le esperienze di apprendimento pregresse e il contesto di apprendimento) e naturali (l’attitudine, l’età, la memoria e il sesso dello studente) che possono in- fluenzare in maniera decisiva l’apprendimento delle lingue (Begotti, 2010, p. 34). Oltre a queste variabili, bisogna tenere in considerazione alcune difficoltà e resistenze che lo studente adulto po- trebbe incontrare nello svolgere certe attività. Per esempio molti studenti preferiscono attività in- dividuali in quanto queste risultano meno imbarazzanti e non mettono a rischio l’immagine sociale (paura di sbagliare, di fare brutta figura, di essere derisi sono sensazioni diffuse); oppure potreb- bero provare un senso di incapacità e poca attitudine all’apprendimento, oltre che una sensazione di frustrazione, non riuscendo a esprimere facilmente concetti e opinioni nella lingua di studio (Balboni, 2012, p. 2012).

Infine bisogna considerare con attenzione le tecniche glottodidattiche per lo studente adulto, poiché è necessario che queste rispondano a dei requisiti andragogici3 piuttosto che pedagogici. Per esempio alcune tecniche come i cloze o accoppiamento parole-immagini sono più adatte ri- spetto a quelle in cui è necessaria l’interazione con i compagni di corso (Balboni, 2012, p. 103). I- noltre risultano difficilmente applicabili le metodologie ludiche, in quanto sono viste come perdita di tempo; tuttavia alcuni giochi didattici possono essere proposti se ben introdotti e illustrati (Begotti, 2010). In aggiunta, le tecnologie svolgono un ruolo fondamentale nell’apprendimento dell’adulto, poiché possono renderlo più interattivo e multimediale rispetto a quello nozionistico e monomediale a cui erano probabilmente abituati nell’infanzia. L’utilizzo di computer e la parteci- pazione a comunità virtuali possono aiutare a stimolare il coinvolgimento dell’individuo, spesso indugiante a esporsi, e creare un ambiente collaborativo, in contrasto con la competitività che spesso risiede più o meno inconsciamente nella persona adulta (Begotti, 2010, p. 134).

Pur incentrando la nostra ricerca sugli studenti universitari, abbiamo ritenuto necessario forni- re brevemente un quadro generale dello studente adulto, dal momento che nelle aule delle uni- versità di lingue dell’Asia Orientale sono in numero crescente gli studenti lavoratori o quelli con un convinto progetto di sé. Se infatti lo studio della lingua cinese, data la forte espansione economica della Cina e il rapido incremento negli scambi culturali e commerciali con l’Italia, è nella maggior parte dei casi una scelta dettata da esigenze di mercato e legata alla facilità di trovare lavoro, que-

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sto non vale per le altre lingue orientali, intraprese più per forti motivazioni intrinseche piuttosto che per scelte professionali (Mariotti, 2006, p. 10).

Lo studio del giapponese oggigiorno è soprattutto legato alla diffusione di manga e di anime anziché all’ambizione di un lavoro sicuro e redditizio, che invece hanno spinto gran parte degli immatricolati nei primi anni novanta (Mariotti, 2006, p. 11). “La motivazione dello studente di lin- gua giapponese quindi sembrerebbe continuare a essere fortemente legata al piacere più che al dovere o al bisogno, e ciò tenderebbe a facilitare e incentivare almeno inizialmente, l’acquisizione rispetto all’apprendimento” (Mariotti, 2006, p. 11). Ancora oggi lo studio della lingua giapponese sembra essere legata principalmente a motivi di interesse verso il Giappone e la sua cultura piut- tosto che spinta da ambizioni lavorative e professionali (vedi 1.2.5).