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Tecnologie didattiche e Tecnologie educative

3. Le tecnologie nell’apprendimento

3.1. Tecnologie per la glottodidattica

3.1.2. Tecnologie didattiche e Tecnologie educative

I primi utilizzi delle tecnologie didattiche risalgono agli anni venti, quando lo psicologo Sidney Pressey progettò macchinari per insegnare. L’anno zero però è il 1954, quando Skinner in un suo articolo parla dell’uso di macchine nei processi di apprendimento, teorizzando e dando inizio a un nuovo campo di ricerca denominato educational technology.

Negli anni cinquanta vi furono due linee di sviluppo delle tecnologie didattiche che poi conver- sero alla fine degli anni sessanta. La prima linea era basata sul comportamentismo, con metodolo- gie legate alla produzione di corsi di istruzione programmata, dell’uso di mezzi da utilizzare in clas- se e come rinforzo nei quali è la macchina a gestire la didattica. L’altra linea basata sul cognitivi- smo, vedeva l’utilizzo di intelligenze artificiali per aiutare l’uomo nelle decisioni, sviluppando quin- di un’interazione tra uomo e macchina (Olimpo, 1993, p. 27; Dolci, 2004, p. 85,86).

Così all’inizio degli anni settanta, le tecnologie didattiche iniziarono a imporsi come disciplina che studiava “l’approccio sistematico al progetto, allo sviluppo, alla valutazione di processi di inse- gnamento/apprendimento in termini di obiettivi specifici basato sia su risorse umane che tecnolo- giche finalizzato a un’istruzione più efficace” (Olimpo, 1993, p. 28). Questa definizione di tecnolo-

gie didattiche venne rilasciata nel 1970 dal direttore della Commissione Instructional Technology istituita dal Governo Federale degli Stati Uniti d’America.

Nel 1968 e nel 1969 erano comunque già state date alcune definizioni di tecnologie didattiche, rispettivamente di Paul Saettler, studioso delle tecnologie educative, e del National Council for Education Technology del Regno Unito. Saettler le definì come “l’applicazione sistematica di cono- scenze scientifiche (mediate dal campo della psicologia , della teoria della comunicazione,…) ai compiti pratici della l’educazione” (Ferraris & Manca, 2000, p. 4), mentre il Consiglio affermò che “le tecnologie didattiche si occupano dello sviluppo, applicazione e valutazione di sistemi, tecniche e mezzi per migliorare il processo di apprendimento umano” (Ferraris & Manca, 2000, p. 4).

Un’altra definizione elaborata nel 1977 dall’Association for Educational Communication and Technology precisa che

le tecnologie didattiche […] hanno come oggetto processi complessi e integrati che coinvolgono persone, procedure, idee, mezzi e organizzazione per l’analisi di problemi relativi all’apprendimento e per l’elaborazione, l’implementazione, la valutazione e il controllo di soluzioni a quei problemi in situazioni in cui l’apprendimento è finalizzato e controllato” (Ferraris & Manca, 2000, p. 4).

Un’ultima e più recente definizione del 1995 è formulata da Seels e Richey che descrivono le tecnologie come “la teoria e la pratica del progetto, sviluppo, uso, gestione e valutazione di pro- cessi e risorse per l’apprendimento” (Ferraris & Manca, 2000, p. 4).

Definire le tecnologie didattiche è necessario per chiarificare la differenza dalle tecnologie per la didattica. Quest’ultimo termine infatti si riferisce

a quelle tecnologie utilizzate o utilizzabili nella didattica e ha una connotazione prevalentemente tecnologica, mentre il termine tecnologie didattiche identifica un settore interdisciplinare centrato sui processi didattici” (Olimpo, 1993, p. 28).

Fratter utilizza tecnologie educative spiegando che “s’intende comunemente far riferimento sia ad ambienti didattici supportati da tecnologie sia a studi sulle tecnologie e sulla loro applicazione nella didattica” (2004, p. 9). Le tecnologie educative sono legate all’evoluzione tecnologica degli strumenti. Con lo sviluppo delle nuove tecnologie, il computer ha lentamente sostituito gli stru- menti dedicati al solo insegnamento. Nella didattica in cui il computer ha un ruolo predominante si trovano i CBT (Computer Based Training), CBI (Computer Based Instruction) e CMI (Computer Ma-

naged Instruction). Se, come nel caso che interessa a noi, il computer è il supporto per insegnanti e

studenti che ne detengono il controllo, allora parliamo di CAI (Computer Aided Instruction), CALT (Computer Assisted Language Teaching) e CALL (Computer Assisted Language Learning) (Porcelli & Dolci, 1999, p. 52).

Il computer è la miglior macchina per l’insegnamento, in quanto è instancabile e ha un grande potenziale sotto molti punti di vista come dimostrarono i ricercatori negli anni sessanta quando i- niziarono a sviluppare i primi programmi CAI (Fratter, 2004, p. 10). I CAI, costruiti sulle teorie com- portamentiste di Thorndike, Pavlov e Skinner, “si basavano principalmente su attività di tipo ripeti- tivo o meccanico ed erano proposte allo studente secondo la sequenza Stimolo  Risposta  Rin- forzo (SRR)” (Fratter, 2004, p. 9).

PLATO fu uno dei primi software didattici basato su questo tipo di sequenza meccanica (Porcelli & Dolci, 1999, p. 25). Se in questo tipo di esercizi inizialmente veniva richiesto di rispon- dere correttamente alle domande, scegliendo tra un set di risposte, con Skinner queste attività su- birono un leggero ma rilevante cambiamento, in quanto lo studente era sollecitato a dare la solu- zione esatta facendo affidamento solo alla propria memoria. Successivamente venne anche intro- dotto una sorta di feedback che assunse un ruolo importante. Infatti, alla risposta dello studente seguiva un riscontro da parte della macchina, rendendo così l’apprendimento autonomo in quanto non era necessaria la presenza dell’insegnante per verificare la soluzione (Fratter, 2004, p. 10).

Inizialmente le interfacce degli elaboratori erano scarne, presentavano frasi anonime in cui spesso all’utente non era nemmeno celato il linguaggio della macchina. Oggi invece i computer presentano interfacce più user friendly, cioè più intuitive e semplici da capire anche a coloro che sono meno avvezzi all’uso di queste tecnologie in modo da facilitare l’interazione tra uomo e mac- china. Inoltre la tendenza è quella di sfruttare in maniera sempre più crescente le potenzialità mul- timediali dei pc intesa come la confluenza collaborativa in egual misura di tre tradizioni mediali e culturali, cioè quella della stampa, dell’audiovisione e dell’interattività (Maragliano, 1998, p. 26).

Col passare degli anni si svilupparono i primi ICAI (Intelligent Computer Aided Instruction), ba- sati su intelligenze artificiali orientate verso uno stampo cognitivista e non più focalizzate sui risul- tati, ma piuttosto sul rapporto triangolare tra esperto, insegnante e studente strutturato a moduli e avvicinandosi all’insegnamento tradizionale. Furono essenzialmente due i tipi di ICAI incentrati sulla didattica. Il primo basato su un “sistema esperto” si dimostrò poco efficace in ambiente di- dattico, in quanto si limitava a riproporre al discente i ragionamenti dell’esperto, divenendo quindi piuttosto uno strumento di ausilio per svolgere determinati compiti (Olimpo, 1993, p. 29). L’altro sistema denominato ITS (Intelligent Tutoring Systems) degli anni settanta si basava su un approc- cio cognitivista e pre-costruttivista, in cui la macchina svolgeva un ruolo di precettore con lo scopo di trasferire la conoscenza al discente, cercando però di assecondare le sue modalità di apprendi- mento. Il primo ITS famoso fu Scholar sviluppato proprio nel 1970 (Olimpo, 1993, p. 31).

Con lo sviluppo delle reti inizia a nascere una logica di iper, cioè la nascita degli ipertesti e ap- plicazioni basate su questi. Gli ipertesti permettevano (e permettono) allo studente di scegliere il proprio percorso sulla rete a lui più idoneo, scegliendo cosa vedere e cosa fare. Questa logica cor- risponde proprio all’approccio costruttivista (vedi 3.1.1) nel quale è l’apprendente a costruire e formare il proprio percorso e quindi le proprie conoscenze (Olimpo, 1993, p. 32). La vera innova- zione quindi è portata dalle reti telematiche, permettendo un apprendimento a distanza, aperto e collaborativo, senza limiti di spazio e tempo.