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Metodologie di analisi

Nel documento I Social Media nel settore bancario (pagine 73-76)

Capitolo 3 Le metriche per i social media

3.1 Metriche e sistemi di misurazione

3.1.4 Metodologie di analisi

L’analisi dei dati ha lo scopo di trasformare i dati non strutturati che sono stati precedentemente raccolti in dati che possono essere usati per il calcolo degli indicatori di interesse. Possono essere usati approcci e strumenti tradizionali della statistica (correlazione, regressione, cluster analysis) e approcci della network theory per individuare influencer e interconnessioni forti o deboli, nonché approcci specifici per l’analisi dei contenuti e del sentiment (Agostino e Sidorova, 2016).

È possibile, quindi, configurare differenti tipologie di analisi a seconda delle esigenze e degli obiettivi: analisi quantitative che si concentrino sui dati numerici per identificare i trend in atto, che presentano il vantaggio di essere più semplici, più veloci, meno costose, e quindi replicabili più spesso; analisi qualitative che si focalizzano sulla lettura e codifica dei contenuti per analizzare il sentiment, consentendo di ottenere un maggior grado di profondità.

L’analisi del contenuto è un approccio analitico utilizzato per identificare argomenti, concetti e temi all’interno dei messaggi (post, commenti, recensioni) acquisiti durante la fase di ascolto. Viene utilizzata per studiare i significati trasmessi dal contenuto, che può essere costituito da solo testo o anche da elementi multimediali. I contenuti analizzati nei social media hanno origine per lo più nelle conversazioni oppure sono creati e pubblicati dagli utenti. Il testo viene codificato in categorie e successivamente interpretato utilizzando delle etichette che associano significati a frammenti di informazioni, così da poter individuare i temi che compaiono nei commenti o nei post (Tuten e Solomon, 2014). Sono emersi due tipi di approcci che semplifichino l’analisi del contenuto di dati testuali estrapolati nei social media: natural language processing e semantic web processing. Nel primo caso, gli sforzi sono rivolti alla creazione di algoritmi in grado di “comprendere” il linguaggio naturale in cui si esprimono gli utenti cercando le similarità tra le parole; nel secondo, gli analisti cercano di estrarre il significato dei testi adottando delle etichette che seguono un modello di riferimento come un vocabolario o una tassonomia per identificare accoppiamenti tra insiemi di parole (Agostino e Sidorova, 2016).

L’analisi del sentiment consente un’ulteriore elaborazione e interpretazione dei dati di testo, in cui gli analisti tentano di capire quali siano gli atteggiamenti dei consumatori nei confronti del prodotto/servizio, del brand o dell’azienda. Questo approccio si esplica in due fasi: identificare le opinioni e indentificarne la polarità, positiva, negativa o neutra (Agostino e Sidorova, 2016). Può essere considerata un’alternativa ai sondaggi

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sugli atteggiamenti dei consumatori, che presenta il vantaggio di attingere a discorsi sinceri, liberi e tendenzialmente scevri da influenze esterne o effetti di condizionamento come quelli derivanti dal fatto di dover interagire con un intervistatore.

Esistono tre tipi di tecniche automatiche per svolgere l’analisi, in cui è necessario creare un dizionario di parole ed espressioni correlate a determinati stati d’animo o emozioni, che il software utilizza come classificatori di testo e per codificare i dati. Le tecniche definite supervised, richiedono una fase manuale in cui si insegna al sistema a riconoscere la polarità di un insieme predefinito di parole consentendogli di proseguire automaticamente nel testo. Le tecniche unsupervised richiedono invece la definizione di un lessico che consente al sistema di assegnare un valore alle parole nel testo in termini di polarità. Le tecniche semi-supervised classificano la polarità espandendo un insieme predefinito di parole attraverso sinonimi e contrari basandosi su dizionari (Agostino e Sidorova, 2016).

L’accuratezza della codifica svolta tramite sistemi automatizzati rappresenta un tema di riflessione importante (Tuten e Solomon, 2014): questi sistemi hanno sicuramente il vantaggio di poter processare quantità enormi di dati, ma possono fallire, ad esempio, nel riconoscere parole o espressioni dialettali, sfumature linguistiche, oppure nel riconoscere l’ironia, rischiando di inficiare pesantemente l’analisi. Una possibile soluzione potrebbe consistere nell’utilizzare codificatori umani, ma questa attività richiede molto tempo e comporta maggiori costi.

Nel campo dei social media sono divenute sempre più evidenti le opportunità fornite dall’applicazione della Social Network Analysis, una metodologia di analisi che ha ad oggetto le strutture relazionali in cui avvengono le interazioni e le conversazioni. Basata sulla network theory, secondo cui in una rete vi sono nodi (cioè entità individuali) connessi attraverso legami (ossia i diversi tipi di relazione che collegano i soggetti), e il fatto stesso che vi sia un’interazione tra due soggetti plasma il comportamento di entrambi, la social network analysis consente di indagare le dinamiche che si instaurano tra gli utenti, così da identificare influencer, amplifier e i flussi di relazioni. L’analisi si può concentrare su due dinamiche principali, di contatto e conversazionali (Monotti Graziadei, 2015): studiare le dinamiche di contatto implica evidenziare i legami tra gli elementi della rete, i nodi, mostrando i gruppi di utenti che presentano caratteristiche comuni; analizzare le dinamiche conversazionali significa focalizzare l’attenzione su particolari concentrazioni di attività nella rete per rilevare gli influencer (i nodi che grazie a un maggior numero di connessioni attive o a un’elevata attività riescono a

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influenzare le opinioni e i comportamenti degli altri nodi della rete) e gli amplifier (i nodi che permettono una maggiore diffusione del messaggio grazie al fatto di collegare gruppi diversi di utenti attraverso connessioni deboli).

L’analisi dei dati raccolti, tramite le diverse metodologie, consente la costruzione e il calcolo degli indicatori basati sulle informazioni elaborate. Gli insight risultanti da questo processo possono fornire un importante supporto nel processo decisionale (Sidorova et al., 2016). Grazie agli indicatori basati sui social media, il management aziendale può simulare l’impatto di diversi piani e controllare che siano coerenti con gli obiettivi e le strategie dell’azienda; nell’analisi del posizionamento competitivo può effettuare un costante benchmarking con i competitors, anche rispetto a specifici prodotti o servizi, guardando ad esempio al numero di follower o fan (anche se per comprendere pienamente il livello di engagement degli utenti e le relative motivazioni, è importante reperire anche dati qualitativi); può condurre analisi dei trend di mercato indagando i contenuti generati dagli utenti; oppure può simulare il livello di gradimento per nuovi prodotti o servizi, guardando ad esempio alla caratteristiche indicate dagli utenti in recensioni e commenti. Inoltre, in termini di revisione e correzione delle performance, le informazioni derivanti dai social media consentono, ad esempio, di mettere in campo azioni tempestive per rispondere ai problemi individuati nei commenti, nelle recensioni, nei blogs, nei forum relativi a un prodotto o un servizio specifico.

Partendo da quanto osservato durante uno studio empirico su un campione di aziende, Sidorova et al. (2016) hanno tracciato tre diverse configurazioni di sistemi di misurazione delle performance nei social media adottati:

 nella configurazione semplificata, le aziende adottano metriche quantitative per misurare i risultati di specifiche campagne, si basano per lo più sugli strumenti di analytics forniti dalle piattaforme social (Facebook insight) e solo di rado svolgono analisi, manuali, dei contenuti o del sentiment;

 nella configurazione focalizzata, le aziende adottano un numero maggiore di indicatori derivati da metriche quantitative e qualitative. Tuttavia i metodi di analisi dei dati qualitativi sono piuttosto semplici, per cui l’analisi si concentra su metriche quantitative attraverso modelli statistici e l’uso di piattaforme di analytics specifiche (Google analytics);

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 nella configurazione ampia, le aziende utilizzano metriche quantitative e qualitative, l’analisi sfrutta metodi complessi e basati su sistemi informatici interni o è affidata a specialisti esterni.

Inoltre, hanno definito tre configurazioni in cui inquadrano le modalità con cui le informazioni ottenute dai social media vengono utilizzate:

 nella configurazione randomizzata, le informazioni e le risorse dei social media sono utilizzate per un’analisi generale della performance, scollegata da obiettivi specifici;

 nella configurazione orientata agli obiettivi, i social media vengono utilizzati per obiettivi specifici e le informazioni generate sono sfruttate nel processo di pianificazione, valutazione, revisione e correzione della performance complessiva;

 nella configurazione integrata, le informazioni ricavate dai social media diventano parte di un processo integrato di controllo delle attività aziendali. Emerge una notevole eterogeneità nella visione che diverse organizzazioni hanno riguardo i metodi e le metriche per misurare le proprie performance nei social media, nonché riguardo l’utilità degli insight ricavabili dal processo di misurazione.

La questione per le aziende si traduce nella necessità di adottare un approccio alla misurazione e analisi dell’attività nei social che sia strutturato, sistematico, integrato e mirato. Ciò è possibile, e di solito viene applicato, tramite la creazione di un dashboard (cruscotto), ossia un set di metriche chiave di performance interconnesse che rispecchi gli interessi sia di breve che di lungo termine dell’organizzazione, inserite in una visione comune per tutta l’azienda. Guardare alle metriche standardizzate fornite ad esempio dai social media stessi può non risultare sempre efficace per comprendere realmente i cambiamenti che avvengono, bisogna costruire metriche più precise e personalizzate sulle esigenze del business (Peters et al., 2013).

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