Capitolo 2 – I social media e le banche
2.1 Il ruolo dei social media nel marketing bancario
2.1.1 La tecnologia nelle banche: self-service technology, Internet e social media
Nel corso del tempo, la motivazione principale per potenziare il ruolo della tecnologia nelle aziende che erogano servizi è stata la riduzione dei costi e dell’incertezza, oltre alla necessità di conseguire una maggiore standardizzazione dei servizi attraverso la progressiva eliminazione dell’eterogeneità5
che caratterizza gli incontri tra impiegati di front-office e clienti (Quinn, 1996).
Si può affermare che l’utilizzo dei social media da parte delle banche si inserisca nel solco dell’implementazione, nell’erogazione dei servizi bancari, delle tecnologie cosiddette self-service (SST, Self-Service Technology) che, a partire dagli ATM per arrivare all’Internet banking e al mobile banking, hanno progressivamente ridotto il numero e la frequenza delle visite dei clienti retail nelle sedi fisiche e dell’interazione faccia a faccia con i dipendenti di front-office. Si prenda ad esempio Internet, le cui implicazioni tecniche nel settore bancario, come in tutti gli altri settori sin dalla sua introduzione, sono in continua evoluzione. Garczyński (2013) afferma che, data la complessità dei prodotti bancari e delle interazioni tra banca e cliente, si possono individuare quattro principali fasi dell’utilizzo di Internet da parte delle banche:
fase I: utilizzo di siti web statici, principalmente a scopo promozionale;
fase II: introduzioni di elementi interattivi nelle pagine web;
fase III: l’implementazione di un insieme completo di servizi disponibili ai clienti via internet;
fase IV: uso strategico di Internet.
Inizialmente, l’utilizzo di Internet nel settore bancario è limitato a pagine web con contenuti di marketing statici, tramite i quali vengono presentate informazioni utili per i clienti, quali la posizione delle filiali e gli orari di apertura, la collocazione degli ATM, le caratteristiche dei prodotti e dei servizi offerti. Con l’avanzamento e lo sviluppo di
5 L’eterogeneità è uno degli aspetti specifici che distinguono i servizi dai beni, insieme all’intangibilità, alla deperibilità e alla simultaneità e inseparabilità della produzione e del consumo (Zeithaml et al., 2012). Poiché i servizi sono eterogenei, per le organizzazioni è generalmente molto difficile garantire un livello di qualità costante e uniforme in ogni incontro con i clienti, cioè nei “momenti della verità”: la qualità dipende, infatti, da numerosi fattori su cui le aziende non hanno sempre il pieno controllo (ad esempio la capacità del cliente di specificare i propri bisogni, le effettive possibilità che il personale ha di soddisfarli, il livello della domanda relativa al servizio, la presenza di intermediari). È interessante notare come Gummesson (2002) sostenga che, dal punto di vista del marketing relazionale, guardando alle conseguenze operative e agli elementi fisici che comunque compongono le aziende di servizi (quali edifici, strumentazione, persone), le proprietà di eterogeneità, intangibilità e deperibilità hanno solo una “validità apparente” come distinguo tra beni e servizi, in termini gestionali; invece la simultaneità di produzione e consumo, secondo l’autore, è effettivamente una caratteristica distintiva arricchita dal ruolo di co-produttore assunto dal cliente.
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nuove applicazioni su Internet e la crescita della domanda, le banche hanno iniziato a introdurre sulla rete funzionalità interattive, favorendo l’ampliamento del range di servizi cui i clienti possono accedere tramite il canale online; pertanto in questa fase inizia ad aumentare l’importanza delle SST per i clienti. Nella fase successiva le banche sviluppano un servizio clienti complesso e altamente automatizzato tramite le tecnologie Internet. In questa fase, il cliente può svolgere sia operazioni passive, come controllare il saldo e i movimenti del conto, sia operazioni attive, come il trasferimento di denaro. Inoltre nell’offerta di prodotti iniziano a comparire prodotti non bancari (ad esempio polizze assicurative) e/o prodotti non finanziari (come le ricariche per cellulari). Infine, nell’ultima fase, vi è la forma più avanzata di online banking: il servizio clienti è altamente individualizzato e personalizzato (grazie all’analisi del comportamento dei clienti nei siti web della banca) che consente l’accesso a tutte le attività principali riguardanti un conto e introduce anche strumenti addizionali; la caratteristica principale è l’utilizzo dei social media per rafforzare la relazione con la clientela.
Le tecnologie self-service hanno indubbiamente comportato dei vantaggi: nell’ambito dei servizi, in particolare finanziari, hanno mostrato di avere un effetto positivo sulla fedeltà dei clienti quando questi ultimi verificano che tramite questi strumenti le loro interazioni sono più efficienti, rapide e assicurano un maggior controllo (Durkin et al., 2015): ad esempio hanno portato benefici in termini di comodità, semplificazione e risparmio di tempo per molte operazioni svolte quotidianamente dai clienti. Tuttavia, l’introduzione di nuove tecnologie ha spesso incontrato resistenze dovute alla diffidenza nei confronti della sicurezza dei nuovi strumenti e alla percezione dell’impoverimento delle relazioni tra organizzazioni e persone, in particolare per quanto riguarda quei segmenti di clienti, tendenzialmente di età più avanzata, abituati a recarsi in filiale e a rapportarsi personalmente con il personale della banca.
I social media rappresentano, invece, un’occasione per riavvicinare banche e clienti e ricostituire relazioni più strette. In effetti, i social media si differenziano dalle tecnologie self-service in quanto rappresentano un’innovazione nelle modalità di erogazione di un servizio, senza sostituirsi all’erogazione personale, ma affiancandosi a questa, e offrono ai clienti ulteriori benefici, come la possibilità di comunicare in modo comodo e conveniente con le aziende (Berry et al., 2010; Dootson et al., 2016). L’integrazione dei social media e delle tecnologie self-service come l’Internet banking pone le basi per un nuovo modello di business che permette alle banche di offrire un
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ampia varietà di prodotti e servizi e contemporaneamente costruire relazioni profittevoli e durature con i clienti (Garczyński, 2013).
A tale proposito, dalla ricerca “Social Banking 2.0” realizzata da KPMG nel 2014 emergeva che “il concetto di prossimità su cui il settore bancario, quello italiano in particolare, ha impostato il proprio modello di servizio e che ha portato, fino al 2008, a un aumento costante del numero di sportelli sull’intero territorio nazionale potrebbe cambiare forma, con la digitalizzazione, e soprattutto con i social media, assumendo piuttosto i contorni di una prossimità virtuale grazie alla quale in ogni momento il cliente può entrare in contatto con la propria banca per richieste di informazioni o per assistenza su problematiche specifiche”. È necessario, comunque, sottolineare come il canale online e i canali tradizionali dovrebbero essere integrati in strategie di multicanalità che li concepiscano come complementari, non sostitutivi l’uno degli altri: sono media dotati di specifiche caratteristiche che li rendono funzionali per obiettivi, attività, e target differenti, ma devono essere collegati da una unità e una coerenza di fondo nell’esperienza di servizio che la banca intende far percepire ai clienti.
2.1.2 Social media per le banche: opportunità e rischi
Nell’ambito delle diverse applicazioni di social media, i social network consentono di diffondere contenuti a una velocità e in una misura tali da costituire per le banche un’importante opportunità da sfruttare, ma, al tempo stesso, anche una minaccia, se l’utilizzo dovesse essere inappropriato. Le banche, infatti, sono consapevoli del fatto che le recensioni e i commenti pubblicati sulle piattaforme social possono influenzare le abitudini e le decisioni di acquisto dei clienti attuali e potenziali, in senso positivo o negativo. Gli istituti di credito, quindi, devono tenere conto della volontà e della propensione dei clienti a raccontare online la propria esperienza del servizio: questi possono utilizzare un tono neutro per informare gli altri utenti, o un tono negativo quando sentono l’esigenza di sfogarsi e lamentarsi per esperienze che hanno deluso le loro aspettative. In questo caso il rischio di un danno reputazionale dovuto alla propagazione esponenziale di passaparola negativo online è elevato ed è necessario rispondere in tempi rapidi e in maniera trasparente e aperta, risolvendo eventuali problemi e conflitti. D’altro canto, la stessa esigenza di raccontarsi porta i clienti a riconoscere gli atteggiamenti positivi della propria banca e a premiarli diventando volontariamente degli attivi portavoce di quei brand che hanno adottato comportamenti per loro gratificanti; in questo modo si attiva il passaparola positivo, che costituisce una
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delle risorse online più importanti per la gestione della brand image nei social (“Ricerca sull’utilizzo dei social media da parte delle aziende italiane”, condotta da Social Minds nel 2014).
Gli utenti raccontano e condividono le proprie esperienze con la loro rete sociale nei social media; in tale ambito i feedback negativi non possono essere ignorati o messi a tacere. Il monitoraggio delle conversazioni inerenti il brand e la gestione dell’imponente mole di dati ottenibili tramite i canali digitali sono attività complesse, che richiedono tempo e risorse; queste rappresentano alcune delle problematiche che hanno spesso frenato e scoraggiato le banche nell’utilizzare i social media in un’ottica strategica, continuativa e misurabile in termini di contributo agli obiettivi di marketing. Un ulteriore rischio, per le banche come per altre aziende, insito nell’aumentato potere conferito dai social media ai consumatori, consiste nella possibilità per questi ultimi di modificare il senso dei messaggi veicolati dalle organizzazioni tramite questi canali, manipolando o stravolgendo il contenuto e inficiando, così, la comunicazione aziendale. Infine, data la natura dei servizi offerti dalle banche, le problematiche relative alla privacy delle conversazioni con i clienti, nonché dei loro dati, e alla compliance normativa delle comunicazioni di carattere promozionale e non, acquisiscono un peso rilevante nella gestione della presenza di una banca nei social media; per cui è di primaria importanza definire una policy dettagliata che stabilisca i criteri e le responsabilità per la pubblicazione di contenuti nelle pagine social della banca.
Accanto ai rischi e alle potenziali minacce va sottolineato come un’integrazione ben pianificata e ben implementata dei canali digitali nelle strategie di marketing degli istituti di credito possa portare notevoli benefici, tra i quali si possono annoverare:
un aumento della brand awareness, grazie alla comunicazione attivata su piattaforme che attirano l’attenzione degli utenti sui servizi offerti dalla banca e che favoriscono la condivisione di opinioni su argomenti di interesse reciproco (Pannunzio, 2008);
un aumento della soddisfazione dei clienti tramite il social customer care;
la possibilità, attraverso la raccolta dei dati raccolti mediante il social media listening e il monitoraggio delle conversazioni, di migliorare la comprensione delle esigenze degli utenti e del loro atteggiamento nei confronti della banca, nonché di fornire preziosi customer insight sul comportamento online dei clienti attuali e potenziali;
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la possibilità di attingere al crowdsourcing per coinvolgere gli stakeholder esterni nel processo di innovazione e customizzazione dei servizi offerti;
l’opportunità offerta dai canali digitali di misurare l’effettiva portata della pubblicità online, al fine di stimare il livello di efficacia nel generare lead e conversioni.
I social media sono strumenti dinamici, in continua evoluzione o “beta perenne” (Tuten e Solomon, 2014). Sotto questo aspetto, è comprensibile che le banche siano diffidenti nell’investire in nuove piattaforme che non esistevano fino a dieci anni fa e la cui permanenza è correlata sostanzialmente alla volubilità degli utenti che, per l’effetto rete, popolano una piattaforma finché in essa sono presenti network di relazioni che generano valore.
Tuttavia, per le banche presidiare un luogo virtuale nel quale i loro clienti sono già presenti e parlano delle aziende è ormai una necessità imprescindibile; gli istituti di credito ne stanno prendendo atto in misura sempre maggiore e, infatti, secondo KPMG “nel lungo termine, i social media saranno sempre più parte del tessuto organizzativo delle banche come è accaduto per il telefono, per Internet e per le email. Anche questi, all’epoca, erano visti come dirompenti e innovativi e poi sono diventati di uso comune e fanno oggi parte dei canali tradizionali” (“Social Banking 2.0”, 2014).