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LE MODIFICHE DI BASILEA 3 AL SISTEMA DI ADEGUATEZZA

1. LA GESTIONE DEL CAPITALE DELLE BANCHE IN UN CONTESTO NORMATIVO

1.3 LA CRISI FINANZIARIA E LA NECESSITÀ DI NUOVE DISPOSIZION

1.3.2 LE MODIFICHE DI BASILEA 3 AL SISTEMA DI ADEGUATEZZA

QUANTITA’ DEL CAPITALE

Il Nuovo Accordo di Basilea è volto a rafforzare i presidi a tutela della stabilità del settore bancario, incidendo sia su una dimensione microprudenziale, ovvero sul singolo operatore, sia su quella macroprudenziale, ovvero sulla resilienza del sistema nel suo complesso, in quanto gli eventi verificatisi durante l’ultima crisi finanziaria hanno evidenziato come i pericoli maggiori per il sistema finanziario si presentino in corrispondenza del verificarsi di rischi sistemici, in grado, cioè, di colpire un numero potenzialmente illimitato di banche e generare perdite nello stesso momento su tutti gli intermediari. In questo scenario, è chiaro che non sarebbe di alcuna utilità il fatto che ciascuna banca presentasse una dotazione patrimoniale idonea a sopportare una quota parte delle perdite: se il verificarsi di un rischio sistemico genera perdite sufficienti a intaccare la continuità aziendale di un certo numero di banche, l’intero sistema finanziario collassa33.

Per questo, tra tutte le direttrici lungo le quali si è mosso il nuovo impianto regolamentare, l’intervento sulla definizione di capitale utilizzato a fini di vigilanza rappresenta forse quello più significativo. L’insufficienza della quantità e della qualità del patrimonio degli intermediari rispetto alle perdite sostenute è stato uno dei problemi più gravi emersi durante la crisi: la definizione di “patrimonio di vigilanza” non era sufficientemente armonizzata a livello internazionale e molti degli strumenti riconosciuti nel capitale regolamentare hanno dimostrato, alla prova dei fatti, di non possedere una qualità sufficiente per assorbire le perdite34.

Come già sottolineato in precedenza, gli elementi qualificanti del complesso di riforme riguardano:

 il rafforzamento patrimoniale, attraverso:

- l’innalzamento della qualità del patrimonio di vigilanza; - l’ampliamento della copertura dei rischi;

32Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza per le banche, Circolare n° 285 del 17dicembre 2013.

33C.Frigeni, Natura e funzione del capitale delle banche nella nuova regolamentazione, rivista Banca Impresa Società, n°1/2015.

34S. Mieli, L’attuazione in Europa delle regole di Basilea 3, Commissione 6° della Camera dei Deputati (Finanze), 23 febbraio 2012.

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- l’aumento dei requisiti patrimoniali minimi;

- l’accantonamento di risorse patrimoniali aggiuntive nelle fasi di crescita economica;

 il contenimento del grado di leva finanziaria, con l’introduzione di un indice (leverage ratio) dato dal rapporto tra capitale di qualità primaria (Tier 1) e attività complessive (in bilancio e fuori bilancio, inclusi i derivati), fissato a un livello minimo del 3%, al fine prioritario di evitare, come invece accaduto negli anni precedenti la crisi, un eccesso di indebitamento nei bilanci delle banche;  la definizione di nuovi standard di liquidità, tramite l’introduzione di due

indicatori tra loro complementari: il Liquidity Coverage Ratio (LCR) e il Net Stable Funding Ratio (NSFR).

Volendo in questa sede concentrarci sulle tematiche relative al capitale, il miglioramento della qualità del capitale regolamentare35 mirava ad aumentare la capacità delle banche di assorbire le perdite nel caso di continuità aziendale (going concern) o nell’eventualità di una liquidazione dell’intermediario (gone concern). Tale obiettivo è stato perseguito sia attraverso la ricomposizione del capitale delle banche a favore di un concetto armonizzato di capitale bancario di primaria qualità composto da azioni ordinarie con relativo sovrapprezzo e riserve di utili (common equity) al netto di una lista ampliata di elementi da dedurre, sia tramite l’adozione di criteri più stringenti per la computabilità degli altri strumenti di capitale. Inoltre, le deduzioni regolamentari, che in precedenza potevano indifferentemente essere imputate al patrimonio di base a quello supplementare, ora avrebbero dovuto decurtare direttamente la componente di qualità primaria, cosicchè non sarebbe stato più possibile per le banche esibire coefficienti patrimoniali elevati in presenza di una base patrimoniale primaria netta contenuta.

Inoltre, nel confermare la ripartizione del patrimonio di vigilanza (PV) in patrimonio di base (Tier1 o capitale di classe 1) – formato dalla somma del capitale primario di classe 1 e del capitale aggiuntivo di classe 1, a copertura delle perdite in un’ottica di continuità aziendale – e patrimonio supplementare (Tier 2 o capitale di

35Il patrimonio di vigilanza, cioè il capitale bancario valido ai fini prudenziali, è definito come la somma algebrica di elementi positivi e negativi che, in relazione alla qualità patrimoniale riconosciuta a ciascuno di essi e alla loro capacità di assorbire le perdite, possono entrare nel calcolo con alcune limitazioni. Ricordiamo che prima di Basilea 3 il patrimonio di vigilanza era distinto in patrimonio di base – o Tier 1 – e patrimonio supplementare – o Tier 2 – più un ulteriore componente – Tier 3 – costituita da prestiti subordinati a breve scadenza, riconosciuta ai fini del rispetto del requisito patrimoniale a fronte dei rischi di mercato.

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classe 2) – a copertura delle perdite in caso di liquidazione, la necessità che esso riesca ad assorbire meglio le perdite ha portato all’eliminazione del Tier 3 e all’irrigidimento dei criteri per l’imputazione degli elementi a Tier 1 e Tier 236. Ma un capitale migliore non basta. La crisi finanziaria ha drammaticamente messo in luce che il settore bancario ha bisogno di una maggiore patrimonializzazione.A tal proposito, a fronte del mantenimento di un coefficiente di solvibilità pari all’8% delle attività ponderate per il rischio37, Basilea 3 ha previsto una ricomposizione interna dello stesso a favore della quota di common equity, passata dal 2% al 4,5% e, più in generale, a favore del tier 1, accresciutosi dal 4% al 6% del patrimonio di vigilanza complessivo.

Nell’ambito della riforma, elevata attenzione è stata posta anche al denominatore del solvency ratio, ossia alle attività ponderate per il rischio. Basilea 3 infatti ha ampliato la copertura dei rischi con riferimento ad attività di trading, cartolarizzazioni, esposizioni verso veicoli fuori bilancio e rischi di controparte su derivati, in quanto l’incapacità di cogliere la presenza di rischi rilevanti in bilancio e fuori bilancio, nonché le esposizioni connesse a strumenti derivati, aveva concorso in misura significativa ad accentuare la crisi. Al fine di prevenire che in futuro le banche si trovino a detenere ingenti quantità di prodotti creditizi complessi e illiquidi di difficile valutazione in bilancio senza però di contro disporre di quantità di capitale proporzionale al rischio assunto, sono state introdotte modifiche volte ad inasprire i requisiti patrimoniali per le cartolarizzazioni complesse, innalzare le ponderazioni di rischio sulle esposizioni connesse a operazioni di ricartolarizzazione e imporre alle banche di effettuare analisi più rigorose delle posizioni in cartolarizzazioni con rating esterni38.

36F. Tutino, G. Birindelli, P.Ferretti, Basilea 3 Gli impatti sulle banche, Egea, Milano, 2011.

37Le attività ponderate per il rischio, o Risk-Weighted Assets (RWA), rappresentano la sintesi dei principali fattori di rischio riconducibili a una data attività finanziaria. Tali fattori vengono contemplati allo scopo di “correggere” il valore nominale dell’attività in modo da poter esprimere una più appropriata misurazione del suo valore. La logica di inclusione del rischio all’interno del valore degli assets è quella di attribuire un coefficiente di ponderazione via via crescente all’aumentare della rischiosità stessa, in modo che il calcolo produca un incremento degli RWA all’aumentare del rischio delle attività, e via via decrescente al diminuire di essa. L’ammontare degli RWA influenza quindi l’entità del patrimonio che le banche dovranno detenere per soddisfare i requisiti di adeguatezza patrimoniale richiesti dal Comitato di Basilea. Essi fanno sì che una parte del patrimonio - quella che deve essere accantonata a fronte degli impieghi rischiosi - diventi di natura indisponibile (non può cioè essere impiegata in attività rischiose). La banca dovrà quindi coprire con del patrimonio di base una determinata percentuale dei propri RWA, la quale aumenterà al crescere dei rischi assunti.

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Infine, ribadendo la necessità di evitare effetti prociclici e di contagio dell’economia, manifestatisi già in seguito al primo Accordo e accentuatisi con l’introduzione di Basilea 2, il Nuovo Accordo di Basilea 3 ha introdotto due buffer patrimoniali aggiuntivi rispetto ai requisiti minimi atti a fronteggiarli. Il primo è il buffer di conservazione del capitale (Capital Conservation Buffer), che è pari al 2,5 per cento del common equity in rapporto ai RWA39 e mira a garantire che in periodi economici positivi le banche accumulino riserve patrimoniali in eccesso rispetto ai requisiti minimi cui poter attingere in fasi di tensione40. Il secondo è il buffer anticiclico (Counter-Cyclical Buffer) e rappresenta anch’esso un requisito di capitale aggiuntivo calibrato in un intervallo dello 0 - 2,5% degli attivi ponderati. Rispetto al capital conservation buffer, il ricorso al counter-cyclical buffer non è in alcun modo automatico, ma può essere imposto a discrezione delle Autorità di vigilanza in periodi di eccessiva espansione del credito per contrastare fasi congiunturali negative e inoltre potrebbe essere coperto anche con strumenti diversi dal common equity ma con alta capacità di assorbire le perdite41.

Il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2013/36/UE , rispettivamente, “CRR” e “CRD IV”, che traspongono nell’ordinamento comunitario, tra l’altro, le regole sul capitale di “Basilea 3”, hanno previsto un regime transitorio per l’applicazione delle disposizioni in materia di patrimonio di vigilanza e di riserve di capitale (“buffer”) per le banche e le imprese di investimento a partire dal 2013 con un periodo di transizione che si concluderà nel 2018, in modo tale da dare alle autorità nazionali il tempo sufficiente per recepire i nuovi principi e alle banche la possibilità di abituarsi al nuovo assetto normativo senza ostacolare la ripresa economica.

Il regime transitorio è, in sintesi, articolato come segue:

 la nuova e più stringente definizione di patrimonio di vigilanza ha previsto un phasing in nella maggior parte dei casi articolato su 4 anni, a partire dal primo gennaio 2014;

39Il requisito complessivo per il common equity risulta pari al 7 per cento dell’attivo ponderato.

40le banche che non dispongono di tale “cuscinetto” aggiuntivo devono tuttavia rispettare limiti alla distribuzione dei dividendi, all’acquisto di azioni proprie e all’attribuzione di bonus, che diverranno tanto più stringenti quanto più il buffer si riduce.

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 la disciplina del capital conservation buffer e del counter-cyclical capital buffer è stata applicata gradualmente a partire dal 2016 ed entrerà in vigore in via definitiva nel 201942;

 gli strumenti di capitale oggetto di c.d. grandfathering43 verranno gradualmente esclusi dall’aggregato patrimoniale utile a fini di vigilanza entro il 202144. Relativamente al primo punto, per quanto riguarda i requisiti patrimoniali minimi, il loro innalzamento per il common equity e il patrimonio tier 1 doveva essere progressivamente applicato a partire dal 2013 per divenire pienamente operativo all’inizio del 2015. Il programma di Basilea 3 ha previsto che:

 i requisiti minimi relativi al common equity e al patrimonio tier 1 aumentassero dai livelli del 2 e 4% al 3,5 e 4,5%, rispettivamente, agli inizi del 2013;

 dal 2014 i requisiti minimi relativi al common equity e al patrimonio tier 1 passassero rispettivamente al 4 e 5,5%;

 dall’inizio del 2015 i requisiti minimi relativi al common equity e al patrimonio tier 1 si sarebbero attestati in via definitiva al 4,5 e 6% rispettivamente45.

Considerando il requisito minimo di CET1 e Capital Conservation Buffer, la regolamentazione introduce quindi direttamente nel Primo Pilastro un requisito del 7%, anziché lasciarlo nel Secondo Pilastro, mentre per quanto riguarda i requisiti minimi per il Tier 1 Capital e per il Total Capital, questi sono stati innalzati rispettivamente dal 4% all’8,5%, e dall’8% al 10,5% se consideriamo anche il buffer di conservazione del capitale (si veda la sintesi nella Tabella 1.1).

42La direttiva ha consentito alle competent authorities di anticipare l’entrata in vigore della disciplina del capital conservation buffer e del countercyclical capital buffer. Con particolare riferimento al capital conservation buffer (CCB), gli Stati membri potevano decidere di applicare sin dal 1° gennaio 2014 l’intera riserva di capitale (pari al 2,5% degli RWA) ovvero di seguire il phasing-in ordinario, che sarebbe stato avviato gradualmente a partire dal 2016.

43Si tratta degli strumenti di capitale non più ammessi al patrimonio tier 1 diverso dal common equity o al patrimonio tier 2.

44Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, BASILEA 3: Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, 2010.

45Jaime Caruana Direttore generale della BRI, Basilea 3: verso un sistema finanziario più sicuro, 3° Conferenza bancaria internazionale Santander, Madrid 15 settembre 2010.

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Tabella 1.1 – La tempistica di Basilea 3 (tutte le date decorrono dal 1°Gennaio)

2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 Requisito minimo per il Common Equity (CE) 3,5% 4,0% 4,5% 4,5% 4,5% 4,5% 4,5% Capital Conservation Buffer (CCB) 0,6% 1,3% 1,9% 2,5% CE + CCB 3,5% 4,0% 4,5% 5,1% 5,8% 6,4% 7,0% Deduzioni dal Common Equity 20% 40% 60% 80% 100% 100% Requisito minimo per il patrimonio di base (Tier 1) 4,5% 5,5% 6% Requisito minimo per il capitale totale 8% Requisito minimo per il capitale totale + CCB 8% 8,6% 9,3% 9,9% 10,5% Strumenti di capitale non più computabili nel non-core Tier 1 e nel Tier 2

Esclusione graduale in 10 anni con inizio dal 2013

Fonte: Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, comunicato stampa, Il Gruppo dei Governatori e dei Capi della vigilanza annuncia un rafforzamento dei requisiti patrimoniali minimi a livello mondiale, 12 Settembre 2010.

Il regime transitorio di CRR/CRD IV, pur ricalcando l’analoga disciplina di Basilea 3, se ne discosta per un aspetto essenziale: mentre l’Accordo di Basilea ha fissato in modo tassativo, per ogni anno del periodo transitorio, i livelli dei ratio di capitale e le regole per la graduale applicazione di deduzioni e filtri prudenziali, la normativa comunitaria ha consentito alle autorità nazionali di imporre requisiti più restrittivi ove ritenuto appropriato in funzione delle circostanze locali e delle condizioni economiche correnti e, analogamente, di accelerare, in tutto o in parte, l’entrata in vigore della nuova disciplina laddove ciò si riteneva opportuno. In particolare, il CRR ha indicato, per ciascun anno del periodo transitorio, valori percentuali minimi

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e massimi da applicare alle singole voci da escludere/includere nel patrimonio di vigilanza46.