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Don Luigi ha nutrito sempre grande amore per il monastero di Carpenedo Lo confermava puntualmente la sua perpetua, Teresa Don Bosio vi andava anche prima di diventare canonico a

Nel documento Don Luigi Bosio a Belfiore d'Adige (pagine 92-97)

tenere delle istruzioni, poi la sua presenza è diventata mensile o bimestrale. A ogni visita le mona-

che si confessavano da lui.

223 Prima di giungere a Carpenedo (Mestre) nel 1939, le monache di clausura Serve di Maria, Eremitane Scalze,

hanno dimorato in tre monasteri. Il primo a Burano (1619); un secondo è aperto a Venezia (1658). Nel 1821 i due mona- steri di Burano e Venezia si fondono, abbandonando i precedenti siti per occupare un monastero fatiscente e malsano in Campo della Lana a Venezia, da cui usciranno nel 1939 per andare a Carpenedo. Fondatrice nel 1619 fu una Tiepolo, Suor Maria Benedetta della Croce, della quale nel 1996 il monastero di Carpenedo ha pubblicato una biografi a. Nel 1939 le Serve di Maria si sono installate in villa Botner, debitamente trasformata secondo le esigenze della vita claustrale. Cfr.

Due campanili, una sola chiesa. Monastero di Maria SS. Addolorata. Serve di Maria Eremitane Scalze. 70 anni di presenza in Carpenedo. 1939 25 novembre 2009, Carpenedo, Parrocchia dei Ss. Gervasio e Protasio, 2009. Nella seconda di copertina di

questo opuscolo sono riportate due frasi, che le monache mi assicurano essere di don Luigi Bosio. La prima recita: « Se

io sapessi che Tu sei ai confi ni del mondo, andrei a cercarti là. Ma Tu sei nel mio cuore »; la seconda: « Gesù in noi. Per un tesoro così grande si va, si vende tutto quello che si ha, e soprattutto quello che si è e si cammina nell’amore, si vive nell’amore per sè, per tutti ». Si veda anche Marco Carraro, Una chiesa tra le case racconta la fede cristiana. La

chiesa arcipretale dei santi Gervasio e Protasio a Carpenedo, Venezia, Marcianum Press, 2006, p. 141.

224 Regina Rossi nasce a Santa Caterina di Tretto (Vicenza).

225 Maria Nazarena dell’Addolorata, Autobiografi a, a cura di Giorgio Fedalto, Introduzione di Pietro

† Nella Arduini, genitori Marino e Maria Emilia Recchia, nata in Avesa (Verona), il 18 marzo 1912, ingresso 27 maggio 1940, vestizione 11 dicembre 1940, nome religioso Suor Maria Cecilia dei Santi Angeli, professione semplice 12 dicembre 1941, professione solenne 14 giugno 1945, morte 10 aprile 1987. Note: corista, è stata a Roma con la Madre Federale dal 6 - 12 - 1958 al 2 - 8 - 1967. † Bruna Battocchia, genitori Luciano e Elvira Dalla Chiara, nata a Colognola ai Colli (Verona),

il 7 dicembre 1900, ingresso 15 ottobre 1941, vestizione 22 aprile 1942, nome religioso Suor Maria

Luciana di Gesù Crocifi sso, professione semplice 29 aprile 1943, professione solenne 30 aprile 1946, morte domenica 27 settembre 1992, ore 5. Note: corista, abbadessa 1952, è stata eletta Madre

Federale il 6 - 7 - 1955. Andata a Roma il 20 - 10 - 1958, tornata il 4 - 8 - 1958. Abbadessa fi no al 1973.

Rosalia Daverda, genitori Antonio e Angelica Sottrù, nata a Marebbe (Bolzano), il 15 giugno 1927, ingresso 8 dicembre 1971, vestizione 19 giugno 1972, nome religioso Suor Maria Rosalia del Santo Silenzio, professione semplice 24 giugno 1974, professione solenne 17 giugno 1977. Note: corista, dal 30 - 10 - 1980 al 25 - 9 - 1981 ad Arco per aiuto con la Madre Federale.

† Enrica Savazzi, genitori Italo e Rosina Alba, nata a Dosolo (Mantova), il 28 dicembre 1911, ingresso 19 giugno 1972, vestizione 27 dicembre 1972, nome religioso Suor Maria Enrica della Divina Serietà, professione semplice 7 ottobre 1974, professione solenne 7 ottobre 1977, morte

28 agosto 1991. Note: corista, ha lasciato un ricordo incancellabile dopo una santa ed esemplare vita di vera Serva di Maria.

Elisabetta Vittadello, genitori Agostino e Celestina Costa, nata a Campodarsego (Padova), il 6

novembre 1929, ingresso 27 dicembre 1974, vestizione 21 luglio 1975, nome religioso Suor Maria

Francesca dell’Annunciazione, professione semplice 6 giugno 1977, professione solenne 7 giu-

gno 1980. Note: corista, è stata nel Noviziato comune a Roma dal 27 - 10 - 1977 al 22 - 5 - 1978. Madre

Abbadessa dall’1 ottobre 1993. È tuttora Abbadessa (novembre 2011).

Elisabetta Loredan, genitori Giuseppe e Vera Becvarovska, nata a Caldiero (Verona), il 19

novembre 1941, ingresso 10 aprile 1978, vestizione 30 ottobre 1978, nome religioso Suor Maria

Elisabetta della Divina Tenerezza, professione semplice 22 ottobre 1980, professione solenne

10 ottobre 1983. Note: corista, è stata nel Noviziato comune a Roma dall’11 - 6 - 1980 al 29 - 9 - 1980.

Madre Abbadessa Vicaria dal 29 - 9 - 2011.

* * *

Suor Maria Enrica della Divina Serietà (al secolo Enrica Savazzi), di fu Italo ed Alba Rosina,

nacque a Dosolo in provincia di Mantova 226 il 28 dicembre 1911, festa dei Santi Innocenti, seconda

di 5 sorelle e un fratello, da buona famiglia dove ricevette un’ottima educazione ed una soda cultu- ra, che nella sua modestia non esternava.

In età giovanissima aspirava di essere missionaria, nell’Istituto Comboniano, dove era già stata accettata.

Ma il Signore aveva altri disegni. Il giovane fratello Giulio morì improvvisamente per un incidente stradale, e dopo questa disgrazia la mamma non le permise di partire, ed ella vide così che per il momento la volontà del Signore era che rimanesse a lei accanto.

226 Si trova nella parte meridionale della provincia di Mantova lungo il Po, al confi ne con comuni già in provincia

Decise così di entrare a far parte di un istituto secolare, « La Piccola Famiglia Francescana », con voti privati. Alla morte della mamma una sua consorella della Piccola Famiglia entrò nel nostro monastero, ed ella si sentì ispirata a seguirla. Così dopo 6 mesi, il 19 giugno 1972, solennità di santa Giuliana Falconieri, entrò in monastero.

Vestì il santo abito con tanta gioia il 27 dicembre 1972, emise i voti temporanei il 7 ottobre 1974, e quelli solenni il 7 ottobre 1977, dopo essersi preparata con grande impegno.

Era di una rara bontà, generosa, umile e rispettosissima verso tutti, gentile ed aff ettuosa, ricono- scente per il minimo servizio che riceveva, che cercava sempre di ricambiare anche nei suoi ultimi giorni, almeno con lo sguardo ed il cenno della mano. Nel monastero si adattava a qualunque lavoro, la sua gioia era di poter essere utile e aiutare.

Fu consigliera per un triennio, e nel 1980 accompagnò la Madre Abbadessa al monastero di Roma per un incontro della Federazione, delegata della nostra comunità.

Quando si ricorreva a lei per un consiglio o una buona parola, donava sempre una grande pace, nutriva stima e fi ducia di tutte le sorelle.

Di profonda pietà, pregava sempre assorta come un angelo. Nessuna esigenza, sempre contenta di tutto, silenziosa, riservata.

Accettò le sue lunghe soff erenze – una scogliosi progressiva che insieme ad altri fattori la portò all’immobilità totale – senza un lamento con serenità e pace.

La Vergine, che ha tanto amato, venne a cogliere questa umile anima il 28 agosto 1991 alle ore 6.10, festa del nostro Legislatore S. Agostino, alla presenza di tutta la comunità devota e commossa in preghiera.

Ha lasciato un vuoto fra noi ed un ricordo incancellabile per le sue doti morali e spirituali, per le quali si è fatta amare e stimare da tutti. Soltanto la certezza di ritrovarla un giorno in Cielo ci consola, sicure che nell’attesa ella prega per noi, che l’avremo sempre nel cuore come vivo esempio di esemplare vita monastica.

Chiediamo a tutti, a quanti l’hanno conosciuta ed amata, un ricordo nella preghiera.

Le esequie solenni sono state celebrate il giorno 30 agosto con larga e commossa partecipazione di 7 sacerdoti, due diaconi e la nostra chiesa piena di fedeli.

La salma è stata tumulata nella tomba di famiglia del cimitero di Dosolo (Mantova), suo paese natale.

* * *

È la Madre Vicaria, suor Elisabetta Loredan, a off rirci qualche spunto su suor Rosalia. La Lore- dan aveva sentito il richiamo al monastero in occasione dell’entrata di suor Maria Rosalia del Divi-

no Silenzio. Era venuta anche lei. Nell’entrare in chiesa, nel momento in cui suor Rosalia le porgeva l’acqua santa, ha sentito dentro di sè queste parole: « Questo è il tuo posto ».

Suor Rosalia era originaria di Marebbe ed è stata per un certo periodo ospite a Belfi ore in casa della

custode del Santuario della Strà. Ritornata a casa, è passato molto tempo prima che prendesse una decisione, perché era a volte imprevedibile. Un giorno addirittura don Luigi l’aveva avvertita che sarebbe andato a trovarla a Marebbe, ma quando arrivò, lei non c’era.

Nel momento in cui ha preso la decisione fi nale di entrare in monastero, è stato lo stesso don Luigi ad accompagnarla, nel giorno dell’Immacolata del 1971. L’ha chiamata del Divino Silenzio. In quell’occasione ha fatto un’omelia stupenda. Suor Rosalia è stata un dono per il monastero, però bisogna portarla spiritualmente avanti, ha bisogno di aiuto spirituale, uma- no, e di preghiere. Se don Luigi l’ha messa qua – dice convinta la Vicaria – signifi ca che non avrebbe trovato un posto più accogliente. Lui ha visto lontano. Don Luigi ha visto tutto il percorso di suor Rosalia, prima ancora che lei entrasse. Aveva provato in certi altri posti, ma senza successo.

Suor Maria Francesca dell’Annunciazione. Anche l’attuale Madre Priora, suor Francesca Vitta- dello, è una fi glia di don Luigi. « È straordinaria questa Madre », dice la Vicaria.

La Vittadello era fi glia di Padre Pio, andava una volta al mese a S. Giovanni Rotondo; prendeva a Padova il treno delle 23 in cuccetta; al mattino era a Foggia. Aveva un’attività di ricerca sui tumori in ospedale a Padova per cui venerdì, sabato e domenica non lavorava. Non aveva più i genitori, era l’ultima di una famiglia di undici, di cui sette donne. Quando Padre Pio è morto, lei era là 227.

Tornata non aveva più la guidasse.

Persone di Padova nel 1970 le hanno chiesto se le accompagnava a Verona da un sacerdote. Arrivate, hanno voluto che salisse, anche se lei era un pò restia in quanto non lo conosceva. Si siedono a un tavolo. Da lato don Luigi, dall’altro loro tre. Invece che parlare alle due che conosceva, don Luigi si rivolge a lei, chiedendole: « Perché non sei venuta prima? » A lei che si schermiva, spiegandogli che non era venuta perché non lo conosceva, con un’espressione di straordinaria soff erenza escla- ma: « Come non mi conoscevi? » Prosegue suor Francesca Vittadello: « Mi ha fatto un momento di silenzio alla mia persona, mi ha mostrato come ho fatto a conoscerlo. Infatti io l’avevo visto in una situazione come quella dove eravamo, tanti anni prima quando ancora lavoravo all’ospedale di San Bonifacio. Mi è venuto in mente che era vero che l’avevo conosciuto. Mi aveva mostrato chi era ». Ad un certo punto don Luigi ha fatto: « Adesso basta », e basta è stato. Lei aveva sentito la vocazione che avrà avuto sei anni, ma le cose della vita sono andate così. « Si vede che era necessario che io arrivassi dove sono andata. Lo dico con umiltà, per il posto che io occupavo non c’era una superiore. Dopo quel basta, mi sono come svegliata. La scelta di questo monastero è stata un’altra cosa. Lui una volta mi ha chiesto: “Ma tu che vocazione hai? ” “Se avessi una vocazione mi farei prete, ma non posso”. Abbiamo sorriso ed è fi nita là. Invece la vocazione c’era, ma non gliel’ho mai detto, lo sapeva per suo, ma non che io gliel’abbia mai detto. Quando ho deciso di non stare più al lavoro, mi sono rivolta al Signore e gli ho chiesto che mi indicasse dove andare. Io venivo qui a Carpenedo e l’8 settembre del ’74, al mattino sono andata a messa da Mons. Bosio a Verona; sono partita alle 4 del mattino per essere lì alle 6; poi sono tornata indietro e mi sono fermata a Monteberico perché c’era la possibilità di pranzare. Al pomeriggio ero libera e allora ho deciso di venire a Carpenedo. Strada facendo mi sentivo attratta. Ma mi chiedevo “Che roba è questa, non ci vengo più”. Questa attrazione non mi sembrava… Cos’è questa roba? Al pomeriggio c’era la Madre con una sorella. Madre Dolores dice a un certo punto “Vado via perché ho da fare”. Io ho salutato ed è andata via. Io sono rimasta con un’altra che c’era. Dopo un pò che era uscita, Madre Dolores torna indietro, e con forza dice: “Una forza superiore alle mie capacità mi fa tornare indietro per dirle queste parole. Lei venga qua che questo è il suo posto”. Mi sono un pò commossa, ma di rimando le dico: “Quando devo venire? ” “Subito, perché lei si fa suora. Glielo dica a don Bosio”. “E no, io non dico niente a nessuno”. Il Signore ci ha pensato. Le suore infatti hanno detto: “Lo avvertiamo noi”. Monsignore mi ha telefonato e mi ha detto: “Vieni che ho bisogno di parlarti”. Sono andata e subito si è deciso la mia entrata per il 27 dicembre del ’74. C’erano pochi mesi da settembre a dicembre. Ho fatto domanda per un anno di aspettativa all’ospedale e poi sono entrata. Ma non ho detto niente neanche in famiglia. Quaranta giorni dopo l’ingresso, ho scritto al mio fratello più grande: “Questo è il mio nuovo indirizzo”. Lavoravo in ospedale, dove avevo un ambiente per dormire. Non era un letto, ma solo un divano. Ho dormito lì un pò di notti, perché dove ero a pensione avevo fatto portare via la roba che avevo, mentre io ho lavorato fi no all’ultimo giorno ».

Suor Maria Elisabetta della Divina Tenerezza. « Sono venuta anch’io per l’entrata di Madre Fran-

cesca Vittadello. C’era Mons. Bosio, che l’ha fatta entrare, ha celebrato la messa in coro, e ha con-

sentito che venissi anch’io. Elisabetta e Francesca si erano conosciute a Carpenedo sempre per via di suor Rosalia. Eravamo in ingresso, don Luigi ci ha presentato e guardando me ha detto: “Elisa-

betta”, poi guardando lei ha detto ancora “Elisabetta”, perché si chiamava Elisabetta anche lei. A lei hanno cambiato nome in previsione che entrassi anch’io, così è diventata suor Maria Francesca

dell’Annunciazione. Suor Francesca ha visto S. Francesco prima di prendere il nome. Non sapeva

che nome prendere. Ha visto San Francesco, però lui non ha parlato, non le ha detto niente. Era piccoletto di statura, grigio di abito ».

Suor Maria Francesca dell’Annunciazione. « Mons. Bosio diceva ogni volta che veniva: “Tu ti

chiamerai così”. E ogni volta mi cambiava nome. E io, sempre: “E va bene, basta che capisca che chiamano me”. Poi quel giorno che lui è venuto perché sono entrata, ha detto: “Allora tu ti chiame-

rai Francesca”. Mi è venuto da sorridere perché ho pensato che lo sapevo già che avrei preso quel nome perché Francesco era venuto a conoscermi probabilmente, non so… ».

Suor Maria Elisabetta della Divina Tenerezza. « Ho tenuto il nome di battesimo. Anche a me

il nome lo ha messo don Bosio. Ero andata un paio di volte a Belfi ore, da Caldiero dove abitavo. Il mio cognome è Loredan. Mia sorella ci andava da tempo. Io ne avevo sentito parlare, ma un poco… così… Per questo non ci volevo andare. Poi dopo ho cominciato ad andare, quando era a Verona, era proprio il mio Padre. Un giorno è successo che ho avuto un grande dolore. Mi sono detta: “Io con questo grande dolore non ce la faccio”. Allora sono andata subito da lui. Lui mi ha preso la mano. Ad un certo momento sento che non ho più quel dolore. Sto bene. Lui mi dice: “Vedi,

non soff ri più”. Così è cominciata un’avventura meravigliosa. Ho conosciuto Dio. Prima andavo a messa, ma da allora è diventata una pienezza maggiore e anzi quando pensavo indietro mi veniva tristezza, quando guardavo verso il futuro una gioia, una gioia, che non potevo neanche contenere. Insomma, non stavo neanche in me stessa da tanto che ero contenta. Però ero ancora un pò lon- tana dall’idea di farmi suora. Poi però ho conosciuto questa suor Rosalia più o meno nello stesso anno, ho cominciato a pensare di consacrarmi a Dio, e allora ho preso sul serio questo monastero. Nel ’71 ho conosciuto questo monastero nel giorno dell’Immacolata, poi però sono entrata nel ’78. Qui c’era come prima del concilio, c’era tanta soff erenza e non riuscivo a capire, non capivo, non mi vedevo, insomma. Poi dopo invece la vita è diventata meno rigida. Lo capivo perché venendo qua vedevo che c’era una Madre molto austera, la Madre, prima della Dolores. Loro erano abituate così, per loro andava bene, ma io non riuscivo a capire questa cosa, perché noi siamo libere, più libere di noi non c’è nessuno fuori nel mondo. Siamo libere con l’amore dentro nel cuore. Si fa, non si bada a se stesse, si va avanti, tutto è possibile, tutto possiamo fare, ma non sotto il regime della… Poi è cambiato un pò alla volta, un pò alla volta, poi è arrivata la Madre, questa qua, che siamo proprio nel regime dell’amore divino. Non manca l’austerità, anzi, si fa più…, niente pesa, si fa tutto volentieri. Poi c’è il silenzio che è elemento essenziale della nostra vita, c’è la solitudine, che anche quello è un elemento essenziale. Per poter stare con gli altri dobbiamo prima essere noi, poi possiamo comunicare, vivere insieme agli altri. Sono i due aspetti, questo del silenzio e della solitudine, personale interiore, e quello della comunione fraterna.

Prima di entrare lavoravo in un uffi cio a Verona. Come studi ho fatto segretaria d’azienda alle Seghetti ».

A Carpenedo hanno il calco del busto di don Luigi, che è stato collocato nella chiesa di Presìna. Suor Maria Francesca non è contenta perché è brutto, non gli assomiglia. Suor Maria Elisabetta ha trovato conforto, anche se eff ettivamente non gli assomiglia, pensando che anche per la Madonna ci sono tanti volti. Il busto che hanno nel monastero non è rassomigliante, però è ugualmente con- tenta perché don Luigi ha voluto andare da loro. Quel calco poteva fi nire anche in un altro posto,

invece don Luigi ha voluto fi nire lì. Quando andavano a confessarsi non vedevano il volto di don Luigi, adesso sarà anche non somigliante, però almeno lo vedono.

« Fatíma Vecchiato è venuta a salutarci un anno prima di morire ».

« M. Teresa Lavagnoli ha portato a Verona, al Pestrino, 9 religiose di Carpenedo, dove era priora. C’è stata una grande soff erenza. Lei è entrata con l’intenzione di fondare una sua comunità ». La biblioteca della comunità l’ha comprata Mons. Bosio. Lungo un grande corridoio sono stati col- locati armadi a scaff ale tutti con porta a vetro, molto belli, dopo un sopraluogo di don Luigi, con il quale si lamentavano che la stanza adibita a biblioteca era insuffi ciente. Don Luigi ha rinnovato anche il mobilio della stanza dove prima c’erano mobili di fortuna. Ora tutte e quattro le pareti hanno mobili perfettamente uguali e molto belli. Quando c’era bisogno di qualche cosa, prima di tutto si chiedeva a lui. Prima veniva ogni mese, poi ha diradato e veniva ogni due, poi non ce l’ha più fatta, quando era ormai già ammalato grave.

23.3. Serve di Maria Oblate Sacerdotali del Pestrino

Suor Maria di Gesù Sommo Sacerdote

(al secolo Maria Schiavetti)

Suor Maria di Gesù Sommo Sacerdote, al secolo Maria Schiavetti, nata a Trevenzuolo, il 4 ottobre

Nel documento Don Luigi Bosio a Belfiore d'Adige (pagine 92-97)

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