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La Priora ha fatto un semplice cenno a suor Franca Il resto è racconto autobiografi co di suor Gemma Righetti, laureata in Lingue e Letterature Straniere nell’ateneo veronese.

Nel documento Don Luigi Bosio a Belfiore d'Adige (pagine 122-128)

Suor Maria dell’Assunta, al secolo Franca Malaspina, defunta nel 2008 a 82 anni, non ha voluto

che il monastero stendesse un suo profi lo. Ha avuto sempre Mons. Bosio come guida. A parlare di Mons. Bosio si illuminava. Per merito suo avevamo sempre le omelie di Mons. Bosio. Le persone che in duomo le registravano, poi le ciclostilavano e portavano copie a suor Franca, che ovviamen- te le condivideva con le consorelle. Da Motta di Livenza – dove abitava – andava giù a S. Giovanni Rotondo da Padre Pio. Poi è entrata in monastero. Un giorno è venuto Mons. Bosio mentre la stavano portando in ospedale. Deve averle dato qualche benedizione particolare perché è guarita e da lì è iniziato che lei è diventata la sua fi glia spirituale.

Mons. Bosio veniva spesso a celebrare la messa. Una data fi ssa era il 25 marzo. Si sentiva che era un santo che celebrava e trasmetteva la sua passione per la liturgia e il canto gregoriano.

Sono Gemma Righetti, nata a Isola della Scala, nel ’66 trasferita con la famiglia a Verona in via Oberdan, e perciò nella parrocchia dei Santi Apostoli. Il papà aveva campagna, mio fratello ha stu- diato agraria e poi ha insegnato all’Istituto Agrario, ma per tantissimi anni ai geometri.

Io invece mi sono laureata in Lingue. Avevo cominciato a Venezia e poi mi sono trasferita a Verona. Sono entrata in monastero nel 1973. Ho conosciuto Mons. Bosio come parroco di Belfi ore. Ho visitato la sua chiesa, piena di simboli liturgici, bellissima, perché conoscevo lì a Belfi ore Gianna

Bianconi, una santa donna molto malata. Conosceva Mons. Bosio, off riva tutto. Andavo a trovare

lei e poi don Bosio, non come direzione spirituale, ma per la fama di santo sacerdote che aveva. Andavamo là magari in Quaresima e allora ci dava un sacchettino della cenere.

Con un gruppo di amiche siamo entrate in sei in clausura. Le due sorelle Loredan di Caldie-

ro, che facevano riferimento a lui; una è suor Elisabetta entrata nel 1978 dalle Serve di Maria a

Carpenedo; l’altra, Anna, della quale ero più amica, perché mia coetanea, e ha fatto Lingue anche lei, ha fatto tedesco, a Verona; si chiama suor Anna Grazia ed è entrata circa dieci anni fa. Lei ha aspettato un poco perché voleva che prima la mamma morisse, per non lasciarla sola. Invece dopo

262 Professione temporanea di Sr. Maria Anna Grazia Loredan, « Vita nostra », Periodico mensile della Federazione

anche la mamma l’ha incitata, Ma senti, ad un certo punto decidi, se la tua strada è quella. Era morto il marito, ma c’era sempre il fi glio maschio. È entrata dalle Cistercensi di S. Giacomo di Veglia. Altre due compagne di università, una è suor Martina di Castel d’Azzano e sarebbe Gabriella

Venturi, che ha anche una sorella comboniana, e l’altra suor Maria Donata, suor Grazia Sorio,

che è di S. Lucia Extra. Queste erano tutte due dirette da Mons. Ilario Salvetti, e ora tutte e due si trovano a Rosano a Firenze. Ma hanno due storie diverse.

Suor Gabriella Venturi è entrata subito dalle Trappiste di Vitorchiano, ma non ce l’ha fatta per la

salute. Aveva bisogno di qualche cosa di più per il mangiare, così… Allora è passata a Rosano, dove c’era già l’altra, dalle benedettine, sempre stessa spiritualità. Si sono trovate a Rosano queste due mie compagne di università. Queste sono quelle con le quali ho fatto i primi due anni di università a Venezia. Dopo loro hanno interrotto gli studi perché sono entrate, mentre io ho fi nito gli studi.

Suor Maria Donata ha una storia tutta sua. È uscita perché c’era la mamma da assistere. Poi non la

volevano più prendere, perché là non riprendono. Invece è intervenuto Mons. Bernardo Antoni-

ni, e allora lui con tutte le sue conoscenze di vescovi e non vescovi, ha ottenuto che la riprendessero.

Pensi che le hanno fatto rifare tutto il cammino. Comunque lei è là.

Ho avuto contatti recentemente perché fi no a due anni fa era tra le suore del monastero del Vaticano, denominato Mater Ecclesiae. Giovanni Paolo II ha voluto un monastero di claustrali che pregassero in Vaticano e ha dato una casa. Lì si alternano ogni cinque anni le monache di vari ordini. Ci sono state già anche le nostre Carmelitane e a un certo punto, quando è toccato alle Benedettine, ho visto dal giornale che c’era anche questa suor Maria Grazia Sorio, tra quelle scelte, che sono sei o sette. Vengono da varie parti del mondo. Lì ce n’erano tre di Rosano, e le altre da varie parti. Mi diceva la Badessa che era lì, che, ad esempio, un’americana non ce l’ha fatta, ed è tornata subito indietro. Due anni fa circa hanno fi nito il loro turno le Benedettine e sono subentrate le Visitandine. Infatti, adesso sull’Osservatore Romano del 21 novembre, se vede, nella pagina dove ci sono le testimonianze delle claustrali, ce n’è una che è del Mater Ecclesiae del Vaticano, ed è appunto una Visitandina. Finché sono state lì le Benedettine, si vede che hanno una regola non dico un pò più rilassata, ma più permissiva, io come priora ho avuto modo attraverso la priora del Vaticano di parlare con suor

Maria Donata, anche perché io avendo amiche e parenti che andavano a Roma glieli ho mandati

là. Si attraversano i giardini per andare da loro. Ci vuole un permesso speciale. Le guardie svizzere chiedono i motivi e poi telefonano per accertarsi che si abbia un appuntamento. Comunque, ecco, li ho messi in comunicazione e anch’io mi sono messo in comunicazione con lei. È una persona felicissima, riuscita bene, e adesso è rientrata a Rosano.

Del nostro gruppo di sei amiche c’erano poi due aderenti al Terz’Ordine Carmelitano di Tombetta, delle quali una sono io e l’altra è suor Maria Rosa Antonelli, che è di Tombetta ed è entrata al Car-

melo di Monselice. È là anche lei dal ’78. Metta che io sono entrata a gennaio e lei a ottobre. Era

più giovane di me, comunque. Lì a Monselice ci sono anche altre veronesi. Eravamo dirette da Padre

Virgino Bodei, un santo sacerdote, carmelitano, morto l’anno scorso, mi pare, a novant’anni. Era

anche musicista, tanto che adesso al suo paese, a Serle – era bresciano – gli hanno dedicato una piazza. Lui era di comunità agli Scalzi. Una mattina, l’hanno trovato morto mentre scendeva dal letto 263.

263 « È nato il 18 febbraio del 1920 e nei giorni scorsi avrebbe compiuto i novant’anni, Non ce l’ha fatta, è scom-

parso alla fi ne di dicembre dell’anno scorso. Sono in molti tuttavia a ricordarlo a Serle… Si direbbe una vita votata al silenzio la sua: nato a Cariadeghe… poi nella buia cella di un convento. Ma padre Virginio, religioso gentile, aff abile, silenzioso e dalla profonda dimensione spirituale, aveva un dono: la musica… Compose messe, mottetti, inni, litanie, tantum ergo e ampi pezzi su testi di santi o di autori cristiani, fra i quali prediligeva il Manzoni… Alcuni anni fa fu lo stesso padre Virginio a donare copia di tutta la sua produzione musicale alla biblioteca di Serle ». Ubaldo Vallini,

Novant’anni fa nasceva Padre Virginio Bodei, 25 febbraio 2010. www.vallesabbianews.it. Il 23 maggio 2011 il comune di

Noi sei facevamo gruppo. Ce n’erano anche altre. Una faceva la telefonista ed è lì che fa la per-

petua a Mons. Fusina a S. Stefano, quello che una volta era all’Azione Cattolica. Adesso questa telefonista è lì che lo aiuta. Finché è stato parroco lì, aveva come aiutante questa signorina. Era Terziaria carmelitana e faceva la telefonista. Adesso lei è andata in pensione ed è rimasta lì con lui.

Avevamo un cerchio così, comunque; noi sei compagne, oggi claustrali, e queste altre amiche, por- tate alla preghiera tanto che Mons. Ilario Salvetti ci diceva di pregare meno e di andare un pò in giro. Allora noi gli spiegavamo che andavamo anche sulle Torricelle a pregare alle volte.

Andavamo anche tutte insieme a S. Elena dal Padre, quando era in duomo. C’erano queste due

Loredan dirette da lui. Poi lui sapeva di noi, di questo cerchio che c’era. Ci conosceva, sapeva i

nostri nomi. Lui ci riceveva nel suo studio, alla domenica, soprattutto al pomeriggio; era più libero, si vede. Si interessava un pò di noi e dopo prendeva S. Giovanni della Croce – era innamorato di S. Giovanni della Croce – e diceva, Ditemi un numero dall’1 al 40. Noi dicevamo un numero. Le prime volte dicevamo numeri bassi, ma dopo apposta quelli alti perché era più interessante e lui ci faceva il commento alla strofa del Cantico dei Cantici corrispondente al numero da noi indicato. Leggeva la strofa e si ispirava. Era bellissimo.

Siccome si interessava anche dei nostri studi, quando ha saputo che io ormai ero alla tesi e la facevo su Joris Karl Huysmans 264, un convertito francese dell’epoca di Paul Claudel, don Luigi

mi ha chiesto se c’erano dei brani belli e se glieli mandavo, soprattutto là dove racconta della sua conversione. Glieli ho mandati e li ha messi nel bollettino. Poi mi ha mandato il bollettino stam- pato con i testi riprodotti. Joris Karl Huysmans è stato anche in corrispondenza con Claudel. È fi nito oblato benedettino nella Trappa di Ligugé. Huysmans, una volta convertito, le prime volte che faceva la Comunione si sentiva trasfi gurare, non solo quando era lì in raccoglimento, ma anche quando andava fuori nella Trappa dove c’era questo viale con tutti gli alberi, lungo il quale gli pareva proprio di toccare il cielo. La sua vocazione la racconta in En route. Io ho fatto la tesi sull’autore complessivamente non su un’opera in particolare. Ho messo anche un capito- lo, dove ho parlato della sua relazione epistolare con Claudel 265. La tesi l’ho discussa con Enea

Balmas nel ’71.

Io ho studiato francese e spagnolo. I nostri santi sono spagnoli. Il francese lo avevo invece fatto alle superiori. Ho fatto le magistrali a Mantova in collegio dalle suore Le Pie Signore. Adesso sono venute via da Mantova. Abitando a Isola della Scala, per non farmi andare avanti e indietro in corriera, mi hanno messo in collegio. Brave suore. Un ambiente anche bello e aperto. I man- tovani sono persone buone e sorridenti. Loro sono state fondate per le ragazze che si perdono. Il loro centro è a Milano e mi dicevano allora che la polizia quando c’erano delle giovani che non potevano portare in prigione, le portavano lì da loro, e loro dovevano anche rieducarle. Loro con il ricavato dei collegi che avevano, mantenevano queste opere. Il loro carisma era di raccogliere le ragazze traviate. Noi eravamo solo il supporto per il fatto economico. Fondatori sono Carlo Salerio

264 Joris Karl Huysmans nasce a Parigi nel 1848 da padre olandese. I suoi primi romanzi, ispirati al naturalismo,

descrivono la realtà miserabile di Parigi. Nel 1884 pubblica À rebours (A ritroso), considerato il manifesto del Deca- dentismo. Nel 1891 il suo romanzo sul satanismo Laggiù, prelude alla conversione al cattolicesimo del 1892. Divenne

oblato benedettino nell’abbazia di Ligugé presso Poitiers. I successivi romanzi sono densi di riferimenti autobiogra-

fi ci. En route del 1895 è la storia della sua conversione, La cathédrale del 1898, incentrato sulla storia della cattedrale di Chartres, L’oblat del 1903, Les foules de Lourdes del 1906. Muore nel 1907 per un cancro alla gola.

e Carolina Orsenigo 266. Padre Carlo Salerio dovrebbe essere beato 267. L’opera deve essere iniziata a

Milano, ma la fondazione è stata poi fatta a Venezia.

Io sono nata nel 1946. Ai miei tempi certi problemi non c’erano. I nostri genitori vivevano tranquilli. I pericoli erano molto pochi a diff erenza di adesso. Io ho fatto anche la scuola di teologia prima di entra- re. Attraversavo tutta la città per andare in seminario. Tornavo a sera inoltrata. Mai nessun problema per la strada a diff erenza di oggi. Oggi avrei dovuto essere accompagnata o andare in automobile. Prima che entrassi io, don Luigi deve essere venuto qui con il gruppo di Belfi ore, che lui aveva istruito sul canto gregoriano. Lui ha celebrato, accompagnato dal suo coro, fatto venire da Belfi ore per cantare al Carmelo.

Voleva bene alla nostra comunità e ci faceva anche dei regali, come paramenti liturgici, libri, la collana del commento dei Salmi di S. Agostino. In chiesa si era accorto che c’era bisogno dei vetri nuovi. Allora ha detto alla Madre, Io sono disposto a regalarveli e vi faccio fare dei simboli litur-

gici sopra. Solo che poi guardando meglio abbiamo detto anche noi, Ci sono già dei simboli perché fuori c’è l’inferriata con una colomba o altro. C’è già il simbolo. Sarebbe stato un doppione. Allora lui ci ha regalato i vetri semplici, perché ha detto, No, sta bene così. Lui aveva il gusto liturgico. Inoltre, ci ha fatto, ad esempio, l’ambone e una casula dipinta a mano con sopra la Pentecoste. Una cosa bellissima. C’erano due architetti che venivano a seguirlo anche nella messa, certe volte, Raff aele Bonente e un altro. Noi li chiamavamo i due angeli.

Una volta o due sono andata anche a confessarmi e veramente con grande profi tto mio spirituale. Mi ricordo che mi rimanevano incise le domande che faceva. Faceva domande così, Di chi sei ? Lui sapeva che io ero orientata al Carmelo. Però uno già orientato, con una vocazione specifi ca, deve mettere il punto. Di chi sei ? Se sei di Gesù, basta. Non ci sono più problemi. Questo l’ho sempre portato nella vita, perché questo ti risolve ogni problema. Ad un certo punto hai tanti problemi e ti trovi imbrogliata. Ti chiedi di chi sei. Ma se sei di Gesù, basta. Finisce tutto. Per carità, i problemi ti restano, però è tutta un’altra cosa.

Dopo la mia entrata l’ho visto solo all’altare e qualche volta in parlatorio, però assieme a tutta la comunità. Io l’ho sempre considerato un santo.

Ho letto un libro di Medjugorje, nel quale c’è la testimonianza anche su Mons. Bosio.

Antonietta Baietta, diretta da Mons. Bosio, ogni tanto mi faceva qualche confi denza. Mi ha rife-

rito ad esempio che un giorno nel quale era scoraggiata, don Luigi le ha detto, Io ho bisogno di un

vaso vuoto. Questo ha risolto la situazione. Il Signore ha bisogno di te proprio perché sei vuota. Parlava come se fosse lui Gesù. So che a qualcuno dava fastidio. Ma se uno capiva…

266 L’istituto delle Suore della Riparazione, chiamato delle Pie Signore, è sorto a Milano il 2 ottobre 1859 per ini-

ziativa di padre Carlo Salerio e madre Carolina Orsenigo. Carlo Salerio, nasce a Milano nel 1827. Partecipa alle 5 giornate di Milano e alla Prima guerra d’indipendenza. Ordinato sacerdote entra nel PIME (Pontifi cio istituto per le missioni estere) e parte per l’Oceania, ma deve ben presto rientrare a causa delle febbri che lo debilitano. Madre Carolina Orsenigo nasce a Milano nel 1822 e nel momento in cui sta per entrare dalle Clarisse un sacerdote la ferma annunciando che altra è la volontà di Dio. Si consacra allora alle giovani milanesi, fi nché non incontra Carlo Salerio rientrato dall’Oceania. Il loro istituto, avviato il 2 ottobre 1859, a Milano, si fonde più tardi con quello delle Riparatrici del Cuore santissimo di Gesù, fondato a Venezia da Anna Maria Marovich. La nuova congregazione si dedicò all’accoglienza delle ragazze orfane o “cadute” (molte di loro venivano strappate alla prostituzione). www.parrocchiasantamarianuova.it.

267 Per Padre Carlo Salerio si è chiuso il 2 ottobre 2004 il processo informativo diocesano sulla vita e le virtù ed

C’era suor Franca che quando ha avuto in mano il testamento spirituale di Mons. Luigi, lei ha detto: Qui lui parla di qualche cosa di straordinario. Di una ferita. La folgore del testamento secondo

suor Franca è in riferimento alle stimmate o comunque a qualche cosa di soprannaturale che lo ha

segnato.

Suor Franca si è servita molto dei libri di S. Agostino regalati, perché don Luigi faceva riferimento a un passo o l’altro e lei aveva modo di andare a rileggersi le citazioni.

Nostro confessore adesso è padre Roberto Bozzolan, priore di Tombetta fi no all’anno scorso. Anche Mons. Bernardo Antonini era fi glio spirituale di Mons. Bosio. Ridevamo perché veniva Mons. Bosio e scriveva Ubi Verbum, ibi Silentium. Dopo veniva Mons. Antonini che invece era tutto per la parola e faceva tutta un’altra dedica, eppure uno era fi glio spirituale dell’altro.

Ci mandava santini per la Pasqua, il Natale con quelle belle frasi e citazioni.

Io sono andata a Lourdes con don Bernardo Antonini con l’Unitalsi. Ero dama. Avevo la divisa di Elisabetta Loredan, che è rimasta a casa. Più o meno ha la mia statura. Mi ha imprestato la sua divisa, perché sapeva che sarei entrata nel Carmelo e quindi per evitarmi un acquisto che non avrei dopo sfruttato. Neanche la sorella è venuta in quella circostanza. Nessuno di quel nostro gruppo di preghiera è venuto a Lourdes con me. Don Antonini era uno dei sacerdoti del gruppo. Lui sapeva di me, ci siamo incontrati lì, mi ha anche fi lmata mentre stavo scrivendo una cartolina sulla car- rozzella di una ammalata. Tornati, siamo andati qua alla Madonna di Lourdes per vedere il fi lmato. Voleva dirlo alla gente. E io, Guardi, don Antonini, non lo dica, se no i miei, siccome non sono del parere, li mando in crisi. Non devono saperlo dagli altri. Glielo dirò io e al momento anche più giusto che il Signore mi indicherà. E allora non l’ha detto, ma era lì lì per farlo. Don Antonini era venuto anche qui in monastero. Ci ha fatto dei corsi sulla Dei Verbum, e su altre cose. Una volta che io ho posto una questione teologica, mi ha portato non so quanti volumi per sviscerarmi l’argomento. E dopo è venuto a prenderseli anche. Aveva tutto in ordine, tutto sottolineato. Una roba bellissima. Era un uomo di preghiera. Si addormentava con il rosario in mano.

Il sindaco di Belfi ore Gianfranco Carbognin è stato sindaco fi no all’anno scorso. Quando è venuto qua per farmi pregare per una certa cosa, mi ha raccontato che era tantissimi anni che era sindaco e che la prima volta che è stato fatto sindaco, lui non voleva accettare, ed era parroco don Bosio. Allora è andato da don Bosio e gli ha chiesto, Devo accettare o no? E don Bosio gli ha detto,

Sta tranquillo, accetta. E poi come sindaco senz’altro ha avuto altri contatti e me ne ha parlato con una grandissima stima.

Mons. Bosio aveva una predilezione per le Benedettine di Ferrara, però era molto aperto, per-

ché anche le mie amiche ora della fi ne le ha mandate da altre parti. Siccome lui aveva una grande stima della Liturgia, logicamente l’Ordine Benedettino era al primo posto.

La mia scelta del Carmelo è venuta prima di conoscere Mons. Bosio. Io sono andata a Tombet- ta, perché volevo un direttore spirituale. Mi avevano detto di un certo Padre Teodoro, sempre carmelitano. Fino ai 18 anni io pensavo alle missioni. Ero diretta da don Mario Soriolo, che era parroco di San Giorgio in Braida 268, perché mia nonna abitava in via Anzani. Io quando venivo

da mia nonna e restavo anche per dei periodi, andavo a S. Giorgio, e quindi ho fatto amicizia con

268 « Mario Soriolo, n. Soave 11 Giugno 1915 o. 10 Luglio 1938. Cooperatore a Bolca, S. Stefano, Parroco di Roma-

don Soriolo. Io con lui ero già d’accordo che andavo missionaria. Però lui stesso un giorno mi

Nel documento Don Luigi Bosio a Belfiore d'Adige (pagine 122-128)

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