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Riportiamo la conversazione avuta con suor Micaela, al secolo Gabriella Battistella, nata a Bonavi go, e poi andata con la famiglia ad abitare a Legnago La priora delle Clarisse ci parla di don Luigi,

Nel documento Don Luigi Bosio a Belfiore d'Adige (pagine 99-109)

di cui è stata fi glia spirituale e al quale deve la sua vocazione monastica, ma racconta anche quanto

le ebbe a confi dare Maria Pompeo Vecchiato, mamma di Francesco Vecchiato.

Siamo in quattro, cinque, qui, che siamo state fi glie spirituali di don Bosio. Ho rilasciato una testi- monianza, ma non ho tenuto la copia.

Delle Serve di Maria di Carpenedo ho conosciuto suor Rosalia. Era entrata anziana. Ero ancora fuori nel mondo. Non ci pensavo di farmi suora. Quando ho deciso, Mons. Bosio non sapeva come farmi capire la bellezza di questa vocazione. Avevo deciso di farmi suora, però avevo un’idea ancora molto molto vaga. Allora mi ha mandato a Folgaria, dove c’era questa suora di Carpenedo,

suor Rosa, la chiamavano, petalo di Rosa, perché era proprio una donna delicata. Bisognava stare

attenti a parlare. Era proprio tanto bella come persona, spiritualmente, e delicata, fi sicamente. Poi sono andata a Carpenedo per salutarla, perché io stavo per entrare. Avevo deciso ormai di entrare qui. Dopo non l’ho più vista. Però mi è sempre rimasta impressa. Lei per motivi di salute l’avevano mandata a Folgaria, dove c’era Madre Matilde, pure fi glia spirituale di don Bosio, che teneva la

casa eremo del silenzio. Andava spesso Mons. Bosio a Folgaria. Vi si ritirava spesso per pregare, per avere giorni di silenzio. Mi avevano fatto vedere una croce molto alta nel giardino. Lui quando ero lì andava spesso a riposarsi e a pregare sotto questa croce. Era un bel posto, un pò fuori dal cen- tro. Lei aveva anche un istituto, forse un laboratorio, a Priabona, dove accoglieva ragazze madri. Era una laica, ma la chiamavano Madre Matilde. Aveva un fratello sacerdote. Ha fatto una brutta fi ne. Forse se parla con Padre Gianni Sgreva, lui sa. Io sono stata con una mia amica a Priabona. Andavo dove don Luigi mi mandava. Abbiamo visitato anche il laboratorio di Madre Matilde, dove le ragazze producevano peluche. Lei aveva tanta affi nità spirituale con don Bosio. Io entrata in monastero ho chiesto ripetutamente di lei, perché so che veniva anche qui. Mi sarebbe piaciuto rivederla, parlare, chiedere notizie. Non mi dissero mai niente. Poi da una persona ho saputo che fi ne aveva fatto. Una brutta fi ne! Allora ho capito perché qui in monastero non mi dicevano niente. Non ho chiesto altro. Chissà che momento di soff erenza può aver vissuto.

Io volevo entrare nell’eremo del silenzio di Madre Matilde, perché aspettavano vocazioni. Non c’era nessuno, solo questa Matilde. Io dicevo a Mons. Bosio A me piace tanto il silenzio. Mi piace- rebbe andare. E lui come al solito, mi ha detto… Lui sapeva già dove dovevo morire.

Io sono di Legnago. Io non ho conosciuto don Luigi tramite Lucia Bruschetta, ma tramite una mia cugina in due momenti della mia vita. Prima avevo forse sedici anni e mi trovavo in una grande crisi e lei mi ha accompagnata da lui, che era ancora a Belfi ore. Io ci credevo poco, credevo in Dio, ma poco nei sacerdoti, perché non riuscivo a inquadrare la fi gura del sacerdote. Mi chiedevo a volte Ma perché quello fa il sacerdote? Ma non capivo che c’era tutto un cammino di discernimento e una chiamata, soprattutto. Comunque, con insistenza mia cugina è riuscita a portarmi da questo sacerdote. L’ho visto così di sfuggita, tanto che lui non mi ha chiesto come stavo. Mi ha detto solo Cosa vuoi? Io l’ho guardato e mi sono chiesta che cosa gli dovevo rispon- dere. Lui ha abbassato la testa e se n’è andato. Non mi ha detto altro! C’erano anche mia cugina e mia zia. Gli dissero che erano lì per problemi di famiglia. Lui assicurò che avrebbe pregato, però a me non disse nulla.

Poi – avevo vent’anni circa – ero ancora in una crisi terribile. Mi truccavo tantissimo. Ero una maschera, mi truccavo tanto. Mia cugina mi ha detto Dai, insomma, vieni, torna da don Bosio. E io Guarda che è un prete come gli altri. Che cosa vuoi che mi faccia lui? Sono problemi miei, me li devo risolvere io. E lei insisteva, e allora ho detto Va bene, perché lei diceva Ma dai butta via un’ora della tua vita, vieni e dopo, se non riesci a risolvere i problemi, pazienza. Vieni, dammi questa soddisfazione. E da lì è partito il tutto.

Era in duomo, allora. Infatti, lei mi disse ad un certo momento – era già iniziata la messa, c’era tanta gente come il solito, lì al confessionale – lei mi ha detto Guarda che è entrato dalla portici- na. Adesso tu vai avanti perché lui ti ha già vista e viene verso di te. Così m’ha detto! Che poi io mi chiedo sempre come faceva lei a sapere, mia cugina, che lui mi aveva già vista e che veniva verso di me. Ma! Ho detto, è tutto un mistero! Ma mi è rimasto… È uno di quei momenti che non si dimenticano. Infatti, lui veniva verso di me. Io non lo conoscevo, o meglio, non me lo ricordavo più. Quando ho visto questo sacerdote, che mi fi ssava, e io andavo avanti e lui mi fi ssava e veniva verso di me, allora ho detto È proprio lui, insomma. Ma mi fi ssava con quei due occhioni! Mamma mia! Io, truccata come ero, mi sentivo in imbarazzo enorme. Il fatto è che mi si è avvicinato, mi si è piazzato davanti, e io sono rimasta lì. Mi ricordo che sono scoppiata in un pianto a vedere che lui che non mi conosceva, mi veniva incontro, mentre mia cugina mi diceva Va avanti! È stata una cosa straordinaria, per me. Dicevo dentro di me Ma questo è un santo! Che poi non sapevo neanche chi è il santo, niente. Però mi dicevo È un santo, è un santo, e giù lacrime, col rimmel che colava

giù, in duomo nel passaggio in centro. Poi è sparito tutto. Solo la confusione di quel momento. Mi sono inginocchiata, mi ricordo. E lui mi ha detto Alzati! No, mi sono detta, e tenevo la testa abbassata. Alzati! Alzati! Allora mi ha messo una mano sotto il mento e me l’ha fatto alzare. Ero una maschera, prendevo un fazzoletto e lui mi diceva Lascia stare! Dopo un pò mi ha detto Ti

aspetto in confessionale! E da lì…

Però, non è che con questo… Ho detto È un santo. Però sono passati mesi prima che ritornassi, per- ché non ero mica facile. Che ho capito – veramente, no, capito no, perché non l’ho mai capito, l’ho capito qui in monastero chi poteva essere – che era una persona straordinaria, l’ho capito un anno prima di entrare. Ma prima, sono passati anni. Mi chiedevo sempre come faceva a sapere tutte quelle cose su di me. Mi dicevo Forse gliele ha dette mia cugina. Ma queste cose qua non dovrebbe saperle mia cugina. Erano cose così personali, che solo io le conoscevo. Lui mi diceva tutto, insomma. Però non mi convinceva. Mi dicevo Sarà telepatia. Ero cocciuta. Anche perché non ci credevo a queste cose. Per esempio, avevo delle mie amiche – dopo mi sono aggregata a un gruppetto che andava da Mons. Bosio – loro ci credevano, ma io non riuscivo a credere. Proprio scettica. E sì che andavo in chiesa, volevo bene al Signore, però che oggi come oggi ci fossero ancora dei santi di questo livello non ci credevo. Non so, non entrava nel mio pensiero. Però dopo lentamente l’ho capito bene. Forse adesso lo capisco ancora meglio di prima. Adesso perché tante cose che mi diceva rimanevano profe-

zie, ma lentamente si sono realizzate tutte. Beh, questo è stato una cosa… È per quello che dico che

adesso sempre di più capisco la grandezza della sua santità, della sua unione con il Signore, perché vedo che quello che mi diceva, veramente ha trovato una concretezza. Non sono parole astratte, ma si sono concretizzate. Ero proprio nella mente di Dio. E questo mi ha ancora di più…

Infatti dicevo a un sacerdote con il quale ho confi denza Ho ancora una cosa da realizzare; Mons. Bosio con me ha ancora una cosa da realizzare. Adesso ha realizzato anche quella. Cioè praticamente il messaggio che mi aveva dato… Si prova una grande fi ducia, perché so che mi è vicino. Pensi la fortuna che ho avuto, perché veramente io ritengo tutte fortune.

Io ho fatto le magistrali dalle canossiane lì a Legnago e veniva una contessa. Era brutta, era stata insegnante di musica. Prima che io entrassi, le suore volevano che imparassi a suonare un pochino, quel tanto possibile nel breve tempo che mi restava. Mancava un mese al mio ingresso. In un mese, andando poi una volta alla settimana, quel pochino, ma tanto per conoscere un pò la tastiera, così. Mi sono detta Beh, provo andare da questa contessa, ex insegnante. Sono andata a casa sua. Le avevo telefonato e subito mi aveva detto Sì, sì, vieni, vieni, sono contenta. Che poi a scuola la prendevamo in giro, gliene abbiamo fatto passare di tutti i colori. Poveretta! Beh!

E allora sono andata da lei, e lei era interessata a sapere perché volevo imparare a suonare. Le dissi che appunto dovevo entrare in monastero. Mi chiese chi era il mio padre spirituale. Glielo dissi e lei Oh, sai che è anche il mio. Tra me ho pensato Guarda un pò dove sono caduta. Comunque, dopo un pò io sono entrata in convento e lei non l’ho più vista. Dopo anni, saranno passati dieci, dodici anni, ma anche di più, mi viene a suonare e a trovare qui in parlatorio, prima che Mons. Bosio morisse. Forse un anno prima o anche meno probabilmente. Non ho neanche tenuto il foglietto perché io sono molto… Mi viene a trovare e mi fa Sai, dice, sono stata da Mons. Bosio e mi ha scritto queste parole. Aveva una scrittura un pò particolare don Bosio e lei non riusciva a capire e poi era anziana. Era già vecchia quando l’ho lasciata io. Si lamentava per la calligrafi a e mi chiedeva Mi aiuti? E io Ma certo, molto volentieri. E allora ho letto. È stato un messaggio anche per me. C’era scritto – quello che ricordo, no? – Io parto, dunque mancava del tempo prima che lui morisse, perché lui andava ancora in confessionale e lei lo ha incontrato in confessionale. Io parto, vado

in cielo, però ricordati che ti sarò più vicino di quanto non lo sono stato in vita. E me le sono tenute in mente queste parole. Grazie, ho detto a lei. E lei Ma no, sono io che ti devo ringraziare. E

io No, sono io che la devo ringraziare, perché è un messaggio anche per me, fa bene anche a me. Intanto nessuno sapeva che lui sarebbe morto in breve tempo.

E mi ricordo che le ultime volte che veniva diceva sempre Arriverò all’anno prossimo. Dunque, lui è morto nel 1994. Eravamo nel ‘93. E lui diceva Arriverò all’anno prossimo. Ma, dico io, cosa vuol dire? perché era un discorso molto buttato lì, non era in un contesto. E poi, leggendo il fogliet- to di questa contessa, ex insegnante, ho collegato. Vedrai, ho detto, che lui morirà all’inizio dell’anno prossimo. Collegando le due cose, in eff etti, quando mi hanno detto all’ospedale che stava male, non è stata una sorpresa, perché già sapevo. Ma pensa, dico, come lui sapeva anche quando moriva! Sono cose così, che dopo magari si ripensano in un più ampio contesto. Ah, io ero contenta quando è morto. Tutte piangevano, disperate, infelici, io ero felice perché uno così poteva andare solo in paradiso.

Poi chi ha toccato con mano la grandezza della sua santità… Perché veramente lui vedeva tutto

in Dio ormai, era tutto perso in Dio.

Di fenomeni straordinari Lei, suor Micaela, è stata testimone?

Beh, io con il mio scetticismo, lui lo sapeva benissimo, avrei messo tutto in dubbio. Però dei fatti sì, ne ho avuti. Uno perché, mi ricordo, ero andata lì – dovevo confessarmi – e quel giorno avevo una bocca cattiva, con l’alito, sa quando è cattivo, cattivo?, e io dicevo Ma andare a confessarmi. Lui poverino deve sopportare anche questo mio cattivo odore che ho in bocca, e non volevo neanche andare a confessarmi. Poi Beh, mi sono detta, vado e non apro bocca. Non avevo né una caramella, né niente. Ho detto se vado fuori perdo il posto, magari va anche via. Ho detto, meglio che stia qui, non apro bocca. Già parla sempre lui, come al solito, mi sono detta. E così almeno prendo la benedizione. Sono venuta a Verona apposta. E così ho fatto. Beh, come mi sono inginocchiata, un profumo è entrato in bocca, dappertutto. Ma io non ci ho pensato subito, no. Mi sono detta Ma guarda oggi quanto profumo si è dato Mons. Bosio. Che ho capito che era un fatto straordinario, l’ho capito qui in monastero dopo anni. Ma, per dire, no? Io ero scettica, poi non sapevo niente di queste cose, ero ingenua in tutto. Invece, in monastero, un giorno, stavo facendo qualche cosa e mi è venuto in mente quel profumo. Mi sono detta Ma non era il profumo di Mons. Bosio, era profumo di Dio, quello. E ho capito.

Poi la grande luce che c’era dentro nel confessionale. Sì, sì, ma poi conosceva la vita delle perso- ne. Guardi io le dico solo un particolare, gli altri non glieli dico.

Per un problema mio personale… Ero ancora lontana dal fatto della vocazione… Che ho detto il mio sì, è stato neanche un anno prima di entrare… Avevo tutt’altro programma per la mia vita… Mi ricordo che dissi quel giorno, era d’estate, vado tutti i giorni a messa per un mese e faccio la comu- nione. Me lo sono detto tra me e me, perché il Signore dice Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato. Queste sono le parole e io ferma lì. Allora così ho fatto. A lui non ho detto niente.

In confessione non dicevo niente. Lui me lo diceva, che io ero fatta per il convento. E io un giorno gli ho detto Guarda, facciamo i patti chiari, se tu me lo dici ancora, non mi vedrai mai più. Così gli ho detto. Dopo un pò di tempo sono ritornata e me l’ha ridetto. Io l’ho piantato lì a metà confessione

e me ne sono uscita! Per dire il caratterino che avevo…! Ha faticato tanto, comunque c’è riuscito.

Avevo fatto un mio patto con il Signore e l’ho mantenuto. Dopo mesi sono tornata da lui, perché non è che io andassi spesso da Mons. Bosio. Andavo ogni due, tre mesi, proprio quando sentivo che dovevo andare. Era una forza più forte di me. E così andai e lui mi disse Per un mese sei venuta a

trovarmi e mi hai ricevuto, per un mese. Al che io sono scoppiata a piangere. Ma chi sei tu?, mi chiedevo. Come fai a sapere queste cose?

Poi ha guarito mia mamma. Era ammalata di esaurimento. È stata anche in casa di cura. E sempre a proposito che lui voleva che io entrassi, e io non sapevo più che cosa tirare fuori, gli ho anche detto Guarda che ho la mamma ammalata; io sono la più vecchia dei fratelli e non posso lasciarla in queste condizioni. Devo stare a casa. E lui mi disse Ma che cosa ha tua mamma? E gliel’ho detto. Lui è stato zitto, poi mi fa Diciamo una Salve Regina, insieme. L’abbiamo detta.

Poi… ma io non credevo, perché ero sempre… Poteva anche risuscitare un morto, ma io ancora ero cocciuta. Infatti, lui alla fi ne mi disse Ce l’abbiamo fatta. Continuava a dirmelo, l’ho sapeva che testa ero.

Abbiamo detto la Salve Regina, poi io sono andata a casa. Mia mamma periodicamente, una volta al mese, doveva andare dal medico per il controllo. Un giorno mi chiama il medico, dopo appunto che c’era stato questo controllo e mi fa Ma te ne sei accorta di tua mamma? Io Che cosa? Sai che è guarita, sta guarendo, mi fa. Io resto lì. Vieni che ci parliamo a quattr’occhi, dice il medico. Vado dal dottore e mi fa Guarda che veramente tua mamma… Le ho lasciato delle medicine, ma solamente per dormire, ma è guarita tua mamma. E infatti era guarita.

Il mio problema era sempre lo stesso. Adesso che cosa vado a dire a Mons. Bosio che mi chiederà ancora di entrare in monastero. E allora è stato, quando io gli ho detto Guarda che se me lo dici ancora non mi vedrai più. Della guarigione di mia mamma a lui non ho detto niente perché avevo paura di non avere altri argomenti per dire di no al monastero.

La luce in confessionale anche le altre mie amiche la vedevano. Si illuminava tutto il confessionale

all’interno. Io vedevo attraverso i buchetti tutta luce dentro. Anche lui a volte lo si vedeva avvolto da una luce.

Trasfigurato no, io non l’ho mai visto. Ah, sarei morta.

C’è stata una volta… Penso che sia stata una mia impressione… Era venuto qui in monastero e mi ricordo che mi ha detto… Però non le scriva ste cose, dice suor Micaela rivolta al prof. Vecchia-

to. Guardi che non le ho mai dette a nessuno. La Madre mi aveva chiamato. Non so se era stato lui

a volere parlare con me.. Io non lo cercavo mai. Era lui che chiedeva di me.

Una volta c’è stato un fatto straordinario. Non l’ho mai detto a nessuno, neanche al vescovo, già tanto loro non le scrivono queste cose, perché sono cose talmente…

Eravamo in questa stanzetta… 232 Mi sembrava di abbracciare la Croce. Ho preso uno spavento,

perché io sono molto, come dico, scettica, e quando mi trovo di fronte a queste cose mi spaven-

to. Io non ci credo. Sono scappata via, disperata, scappata via. Ho avuto l’impressione proprio di abbracciare la Croce. So che ho alzato gli occhi e l’ho guardato, ma ero proprio spaventata, eh, e

sono scappata. Io non ho mai avuto queste esperienze. Io poi incredula come ero, trovarmi… Anche un’altra volta è successa una cosa e sono scappata via e lui – era durante la messa – se n’è accorto, per forza, non poteva non accorgersene. Sono scappata via e sono andata su per la colli- na, dopo la messa, tanto ero sconvolta. Dopo, me le sono prese dalla Madre che m’ha detto Dove sei corsa? Ti ha aspettato, ti ha chiamato, è stato qui un bel pò, ma che coraggio. Ma, dico, non avevo nessun appuntamento con lui. A lei non ho detto niente. Ma lui probabilmente l’ha vissuto, come

232 Col più vivo rammarico mi vedo costretto a omettere una parte del racconto, essendo stato pregato in tal senso

l’ho vissuto io, quel momento. È stato una cosa…! Cioè… 233. Ma queste cose non si dicono sa,

non le scriva.

Non si scrivono. È grande la santità, comunque. Vecchiato. Invece sono cose che andrebbero raccontate. Priora. Ma di fatti ce ne sono talmente tanti…

Vecchiato. Per un santo sarebbe giusto raccogliere tutto ciò che si può sapere. Priora. Lui non era così, sa!

Vecchiato. No, ma non è per lui, per onorare lui. Queste testimonianze, questi avvenimenti servono a noi.

Nel documento Don Luigi Bosio a Belfiore d'Adige (pagine 99-109)

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