LA DISCIPLINA DEL PATTO DI PROVA NEL RAPPORTO DI LAVORO
7. L'oggetto della prova: oneri di allegazione e contenuto delle prestazion
Incidentalmente legato al problema della forma della clausola della prova è quello del suo oggetto: se la funzione cui assolve il patto di prova è quella di consentire alle parti la sperimentazione del rapporto, è evidente che esse devono indicare i fatti su cui si fonderà la valutazione del loro gradimento. In questa fase il dipendente è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo all'esecuzione della prestazione, che deriva dal complesso di diritti e doveri di cui è titolare per aver sottoscritto il contratto di lavoro con prova178 ed
entrambe le parti soggiacciono all'obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede.
Abbiamo visto che per il datore di lavoro avranno importanza non soltanto le capacità professionali del lavoratore, ma anche le sue qualità personali, per poterne valutare l'attitudine allo svolgimento delle mansioni corrispondenti alla qualifica lui attribuita e la capacità di operare nel contesto aziendale diligentemente e fedelmente179.
La valutazione datoriale non verrà perciò compiuta solo sulle capacità tecniche, ma anche sulla sua personalità complessiva del dipendente, entro cui rileveranno indici comportamentali anche di carattere extralavorativo180
. Il rendimento del lavoratore costituisce pertanto il vero oggetto della prova ed in caso di esito negativo della stessa, ovvero di un risultato incongruente rispetto alle aspettative dell'imprenditore, si concretizzerà un motivo di licenziamento sia sotto il profilo della giusta causa e del giustificato motivo soggettivo (relativamente alla condotta del prestatore), sia sotto il profilo del giustificato motivo oggettivo (relativamente alla attitudine professionale ed adattabilità del lavoratore al contesto organizzativo).
178 ASSANTI C., “Il contratto di lavoro a prova”, op.cit., pag. 78; RIVA SANSEVERINO L.,
“Commentario del codice civile art. 2096”, op.cit.; DEL PUNTA R., “Lavoro in prova” (voce),
op.cit.
179 FEDERICI A., “Lo scarso rendimento e il rendimento inadeguato nelle causali di giustificazione
del licenziamento”, in R.G.L., 2003, pag. 512.
180 Anche se non sono mancate pronunce di merito secondo cui il patto di prova mirerebbe esclusivamente a valutare le capacità professionali del lavoratore, come Tribunale di Milano, 16 maggio 2005, in O.G.L., 2005, pag. 594.
D'altro canto il prestatore avrà interesse a svolgere la prova eseguendo specifiche prestazioni, onde poter ponderare l'opportunità e la convenienza ad instaurare un rapporto di lavoro definitivo. Ne consegue che in caso di mancato gradimento egli potrà liberamente dimettersi nel corso del periodo previsto dalle parti per lo svolgimento della prova.
In questa prospettiva è dunque essenziale individuare l'esatta prestazione cui è tenuto il lavoratore in quanto, affinché un esperimento possa dirsi efficacemente espletato dal lavoratore e legittimamente valutabile dal datore di lavoro, esso deve vertere in concreto su mansioni specificamente indicate nel contratto181.
Come sottolineato dalla Cassazione vi è l'esigenza di garantire la coerenza della clausola della prova con la sua funzione, prevedendo “la possibilità per il lavoratore di impegnarsi secondo un programma ben definito in ordine al quale poter dimostrare le proprie attitudini, e la facoltà del datore di lavoro di esprimere la propria valutazione sull'esito della prova”, esigenze che “presuppongono che questa debba effettuarsi in ordine a compiti esattamente identificati”182
.
Il requisito della specificità delle mansioni, non normativamente sancito, è stato più volte ritenuto necessario ai fini della efficacia e validità della prova dalla giurisprudenza di legittimità, tanto che la stessa Suprema Corte lo definisce ormai come “diritto vivente183
”.
Preso atto di tale necessità si sono susseguite diverse pronunce che si sono occupate di stabilire cosa dovesse intendersi per specifica indicazione delle mansioni da svolgere nel corso del lavoro in prova.
Una prima corrente di pensiero riteneva legittimo il patto di prova qualora in esso vi fosse stata la semplice indicazione scritta della categoria e dell'inquadramento contrattuale riconosciuto al prestatore di lavoro al
181 Ex plurimis Cass. Civ., n. 6982/87, in N.G.L., 1988, I, pag. 232; Cass. Civ., n. 200/86, in R.G.L., 1986, II, pag. 345.
182 Cass. Civ., n. 14538/99, in Foro It. Mass., 1999, Lavoro (rapporto), n. 1301. Anche se non sono mancate opinioni dottrinali discordi come quella del BURRAGATO, “Patto di prova e relativi
oneri formali”, in R.I.D.L., pag. 342, secondo cui la cristallizzazione preventiva delle mansioni
costituirebbe una violazione dello jus variandi datoriale.
momento dell'assunzione184
.
Partendo dal presupposto secondo cui l'art. 2096 c.c. richiede espressamente la stipula per iscritto del patto di prova, senza disporre nulla sulle modalità di indicazione dell'oggetto della stessa, la giurisprudenza ha ritenuto che le parti potessero fornirla per relationem, mediante rinvio al contratto collettivo, che è in grado di determinare le singole mansioni, nonché la preventiva conoscenza da parte del lavoratore, dei compiti lui attribuiti185
.
L'obiezione che è stata sollevata in merito è che il generico riferimento al sistema classificatorio adottato dalla contrattazione collettiva, non consentirebbe di delimitare con certezza le attività sul cui svolgimento il datore di lavoro potrà esprimere la propria valutazione ed impedirebbe al lavoratore di impegnarsi in un programma ben definito, in ordine al quale dimostrare la propria validità professionale.
Ciò soprattutto qualora i contratti collettivi prevedessero in uno stesso livello contrattuale distinti profili professionali, con mansioni variegate e diverse tra loro, impedendo alle parti contrattuali di controllare ed osservare puntualmente le statuizioni contenute nella clausola della prova186.
Sulla base delle antecedenti considerazioni critiche, quindi, il rinvio al contratto collettivo sarà da ritenersi legittimo e condivisibile solo a condizione che esso consenta di determinare chiaramente la prestazione esigibile187. Il rinvio alle qualifiche ed ai livelli professionali dei sistemi di
inquadramento contenuti nei contratti collettivi non dovrà tradursi in una generica indicazione di categorie generali, ma dovrà contenere una nozione dettagliata delle specifiche posizioni professionali188
.
La giurisprudenza di legittimità ha voluto salvaguardare l'obbligo di
184 Cass. Civ., Sez. Lav., 24 settembre 2004, n. 19279; Cass. Civ., Sez. Lav., 17 febbraio 2003, n. 2357; Cass. Civ., Sez. Lav., 22 marzo 2000, n. 3451; Cass. Civ., Sez. Lav., 20 febbraio 1999, n. 1464.
185 Tribunale di Roma, 10 aprile 2003, in D.L., 2003, II, pag. 182, confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “integra il requisito della specificità l'indicazione del
livello contrattuale del lavoratore”. Cass. Civ., n. 15307/01, in Foro It., 2002, I, pag. 716; Cass.
Civ., n. 3451/00, in Foro It. Rep., 2000, Lavoro (rapporto), n. 1222 .
186 Cass. Civ., Sez. Lav., 17 febbraio 2003, n. 2357.
187 Cass. Civ., n. 2597/00, in N.G.L., 2000, pag. 433.
specificità nell'indicazione scritta delle mansioni sancendo che tali oneri potranno ritenersi assolti mediante rinvio al sistema classificatorio della contrattazione collettiva, a patto che ciò consenta di “integrare la necessaria specificazione delle mansioni, ove le classificazioni contengano una nozione dettagliata del profilo professionale, idonea a specificare l'effettiva struttura delle mansioni e non si limitino ad un'indicazione positiva o negativa della preparazione professionale necessaria allo svolgimento delle mansioni medesime”189
e purché “rispetto alla scala definitoria di categorie, qualifiche, livelli, profili professionali, il richiamo contenuto nel patto di prova sia fatto alla nozione più dettagliata”190.
Minoritaria è rimasta dunque la giurisprudenza di merito che ritiene integrato il requisito della indicazione delle mansioni indipendentemente dalla specificità e completezza delle disposizioni contrattuali collettive, in presenza della mera enunciazione di qualifica e livello di inquadramento in sede di assunzione191
.
L'indicazione delle mansioni, ovvero l'oggetto del periodo di prova, potrà passare tramite il rinvio alle previsioni del contratto collettivo qualora esse siano sufficientemente chiare e specifiche. Valutazione della sufficienza che spetterà ai Giudici di merito, i quali potranno verificare in concreto se, in un determinato contesto lavorativo, il rinvio alla contrattazione collettiva possa ritenersi sufficiente a determinare i compiti del prestatore192
.
Ne deriva che ai fini della corretta esecuzione del patto di prova è necessaria, non solo una durata dell'esperimento adeguata, ma anche l'adibizione effettiva del lavoratore allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale è stato assunto – evitando i fenomeni dell'inattività o della sottrazione di mansioni.
Saranno cioè patologiche le situazioni nelle quali il datore ometta di affidare
189 Cass. Civ., n. 15307/01, in Foro It., 2002, I, pag. 716.
190 Cass. Civ., n. 14950/00, in R.G.L., 2001, II, pag. 313.
191 Tribunale di Milano, 21 marzo 2001, in Orientamenti 2001, pag. 107.
192 Cass. Civ., Sez. Lav., 10 ottobre 2006, n. 21698, in cui si stabilisce, tra l'altro, che qualora i Giudici di merito motivino adeguatamente la loro valutazione in merito alla sufficiente chiarezza e specificità delle previsioni del C.C.N.L., la loro decisione non sarà suscettibile di riesame in sede di legittimità.
al lavoratore le sue mansioni (inattività) o perpetri in suo danno un demansionamento o una dequalificazione (sottrazione), impedendogli di dimostrare compiutamente la sua attitudine al lavoro contemplato nel rapporto contrattuale193
.
Se ciò non avviene, ovvero se la prova non è stata correttamente espletata, non sarà configurabile né un esito negativo della stessa né l'eventuale licenziamento ad nutum dal rapporto di lavoro in prova, non potendo il datore di lavoro avvalersi del patto di prova cui non abbia dato corretta esecuzione194
.
Nella menzionata ipotesi vi sarà, infatti, una violazione consistente nella illegittima modifica dell'oggetto della prova riconducibile all'art. 2096 c.c. e la violazione dei principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del contratto, sanzionata con l'illegittimità dell'eventuale recesso datoriale produttiva di un duplice ordine di conseguenze esplicitato in una recente pronuncia della Suprema Corte195
.
Nel caso di recesso esercitato dopo la scadenza della prova o per motivi illeciti o nel caso di assegnazione a mansioni radicalmente diverse rispetto a quelle contrattualmente previste, il rapporto di lavoro dovrà considerarsi a tempo indeterminato con tutte le conseguenze del caso, ivi compresa la reintegra nel posto di lavoro196
; nel caso invece di assegnazione a mansioni diverse da quelle di assunzione, il lavoratore avrà diritto, se possibile, alla prosecuzione della prova o al risarcimento del danno197.
Chiaramente nel rispetto del principio dell'autonomia contrattuale delle parti esse potranno, concordemente e per iscritto, decidere di modificare il patto di prova in ordine all'oggetto dell'esperimento.
Quanto alla forma da adottare per la specificazione delle mansioni, non vi è
193 Cass. Civ., Sez. Lav., 8 febbraio 2000, n. 1387, in O.G.L., 2000, I, pag. 193.
194 Cass. Civ., Sez. Lav., 17 febbraio 2003, n. 2357.
195 Cass. Civ., Sez. Lav., 5 dicembre 2007, n. 25301.
196 Il rapporto di lavoro convertito da provvisorio in stabile determina infatti l'applicabilità della legislazione vigente in materia di licenziamento individuale che deve essere pertanto sorretto da giusta causa o giustificato motivo, pena la reintegra o riassunzione nel posto di lavoro, a seconda che operi una tutela obbligatoria o reale in favore del prestatore di lavoro.
197 BELLINI G., “Periodo di prova: illegittimo il recesso se non si rispettano le mansioni”, in LaPrevidenza.it, 27 dicembre 2007.
a tutt'oggi un'impostazione uniforme della giurisprudenza di merito: vi è chi sostiene che l'onere della forma scritta previsto dall'art. 2096 c.c. riguardi solamente l'apposizione della clausola della prova e non tutti gli elementi della stessa198
; e chi ritiene invece che sia previsto anche per l'indicazione delle specifiche mansioni assegnate al lavoratore.
La Suprema Corte ha invece previsto, a tutela del prestatore, un rigoroso formalismo in merito alla necessaria indicazione, in forma scritta, delle mansioni lui richieste nel corso del periodo di prova, pena la nullità dello stesso e l'assunzione del lavoratore da intendersi come definitiva ab origine199
.
Nello specifico è stato asserito che “il patto di prova apposto al contratto di lavoro deve non solo risultare da atto scritto, ma contenere anche la specifica indicazione delle mansioni da espletarsi, la cui mancanza costituisce motivo di nullità del patto”, in caso contrario vi sarà “l'automatica conversione dell'assunzione in definitiva fin dall'inizio”200
.
La sanzione prevista nel caso di mancata indicazione scritta dei compiti esattamente richiesti al prestatore nel corso della prova, sarà quella della nullità della clausola della prova201.
Viene dunque richiesta una forma scritta ad substantiam non soltanto della clausola della prova ma anche delle specifiche mansioni per le quali il lavoratore viene assunto202
– sempre nel rispetto del principio della necessaria contestualità rispetto all'inizio dell'attività lavorativa203 - allo
scopo di evitare che il recesso del datore possa essere arbitrario204
.
198 Corte Appello Milano, 16 novembre 2000, in L.G., 2001, pag. 695; Pretore di Milano, 16 marzo 1995, in L.G., 1995, pag. 778, che ha ritenuto necessaria un'indicazione sommaria delle mansioni o della figura professionale o del settore nel cui ambito doveva svolgersi la prova, seppur non necessariamente in forma scritta.
199 Ex plurimis Cass. Civ., n. 5811/95, in G.I., 1996, I, 1, pag. 28; Cass. Civ., n. 6982/87, in N.G.L., 1988, pag. 19.
200 Cass. Civ., n. 5811/95, in G.I., 1996, I, 1, pag. 28.
201 Cass. Civ., Sez. Lav., 10 ottobre 2006, n. 21698.
202 Cass. Civ., 26 maggio 1995, n. 5811; Cass. Civ., 15 gennaio 1986, n. 200.
203 Contra si veda Trib. Milano, 31 gennaio 1997, in R.I.D.L., 1998, II, pag. 791, secondo cui “....per quel che concerne le mansioni nulla è previsto dalla legge; per il principio di libertà della
forma, l'indicazione può dunque avvenire anche con patto orale”.