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Tempo della stipula della clausola della prova rispetto alla costituzione del rapporto di lavoro.

LA DISCIPLINA DEL PATTO DI PROVA NEL RAPPORTO DI LAVORO

6. Requisito formale della clausola di prova ed eventuale deroga prevista dalle norme collettive

6.4 Tempo della stipula della clausola della prova rispetto alla costituzione del rapporto di lavoro.

Merita di essere preso in considerazione un ulteriore requisito necessario della clausola contenente il patto di prova, non esplicitato dall'art. 2096 c.c., ma oggetto dell'interesse di giurisprudenza e dottrina, ovvero la necessaria contestualità della prova rispetto al momento della stipulazione del contratto di lavoro.

Qualora datore e prestatore di lavoro concordino nella previsione di un periodo di prova nel contratto di lavoro individuale, l'atto scritto ad substantiam che lo contiene dovrà essere cioè sottoscritto al momento della stipulazione del contratto stesso, pena la nullità della clausola e l'assunzione del lavoratore da intendersi a tempo indeterminato.

La Suprema Corte di Cassazione ha più volte confermato tale assunto con le proprie pronunce, statuendo che la sottoscrizione della clausola di prova deve essere di data anteriore160

, o al massimo contestuale, alla nascita del rapporto di lavoro161

e deve indicare le mansioni specifiche alle quali la prova si riferisce162.

Si è però approdati all'affermazione di questo principio attraverso un mutamento dell'orientamento giurisprudenziale originariamente sostenuto dalla Suprema Corte.

Ci fu infatti una prima corrente di pensiero che intendeva la contestualità della stipula del patto di prova come non afferente alla stipula del contratto di lavoro, ma all'inizio della sua esecuzione. Operava cioè il principio della necessaria contestualità della clausola della prova rispetto all'esecuzione del rapporto lavorativo.

La prova, per poter validamente produrre i propri effetti, doveva dunque essere prevista in un momento anteriore o coevo all'esecuzione dell'attività

160 Cass. Civ., n. 22308/04, in G.L., 2004, n. 45, pag. 51, Cass. Civ., n. 5591/01, in G.L., 2001, n. 25, pag. 30,Cass. Civ., n. 5939/83, in Foro It., 1983, I, pag. 2700.

161 L'apposizione della prova successivamente all'inizio del rapporto di lavoro determina la nullità del patto stesso, come sancito da Cassazione Civ., Sez. Lavoro, n. 25 del 03.01.1995.

162 VALLEBONA A., “Istituzioni di diritto del lavoro”, op. cit., pag. 93. Ma anche Cass. Civ., n. 13498/03 in RFI, voce Lavoro (rapporto), 2003, n. 1279; Cass. Civ., n. 2357/03.

lavorativa e con forma scritta ad substantiam “senza alcuna possibilità di equipollenti o sanatorie, potendosi ammettere soltanto la non contestualità della sottoscrizione di entrambe le parti prima dell'esecuzione del contratto, ma non anche la successiva documentazione della clausola orale mediante la sottoscrizione di una delle parti, atteso che ciò si risolverebbe nella inammissibile convalida di un atto nullo, con sostanziale diminuzione della tutela del lavoratore”163

.

La Suprema Corte di Cassazione concordava inoltre nel ritenere non necessario che le dichiarazioni delle parti fossero contenute in un documento cartolare unico sottoscritto contestualmente da entrambe, essendo sufficiente uno scambio di lettere attestante l'accettazione della proposta164

, nonché legittima la sottoscrizione della clausola contenuta in atti separati, purché precedenti l'inizio dell'esecuzione del rapporto di lavoro165.

L'inammissibilità di sanatorie e/o accordi orali relativi alla sottoscrizione - originariamente mancante - da parte del prestatore, della clausola in parola costituiva lo strumento attraverso cui impedire una inammissibile conversione dell'atto nullo e soprattutto una inaccettabile compressione della tutela riconosciuta dal nostro ordinamento al lavoratore.

In concreto qualora il periodo di prova fosse stato previsto nel contratto di lavoro, sarebbe stata sufficiente la sottoscrizione dello stesso da parte del prestatore negandosi la natura vessatoria della clausola in parola, qualora fosse invece stato inserito in altro patto autonomo rispetto all'assunzione, la prova avrebbe necessitato di apposita accettazione scritta del dipendente166

. La flessibilità con la quale la giurisprudenza di legittimità riteneva valida ed efficace la modalità della prova inserita nel rapporto contrattuale successivamente rispetto alla sottoscrizione del contratto, ma prima della sua esecuzione, prendeva le mosse dalla fisiologica dinamica della

163 Cass. Civ., 12 ottobre 1983, n. 5939.

164 Cass. Civ., n. 3699, in L.P.O., 1985, pag. 2002.

165 Cass. Civ., n. 681 del 24.01.1964, in A.C., 1994, pag. 528.

166 ARIOTI BRANCIFORTI M., “Patto di prova: invalidità in caso di stipulazione non contestuale al

formazione del contratto di lavoro.

In genere, infatti, la sua conclusione avviene mediante sottoscrizione da parte del lavoratore della lettera di assunzione, con una proposta ed accettazione che non vengono espresse contestualmente.

Per cui si riteneva legittima la previsione di un periodo di prova che, pur introdotta fuori dal contesto documentale del contratto di lavoro e successivamente ad esso, precedeva comunque l'inizio dell'attività lavorativa.

Era sufficiente che al momento dell'inizio dell'attività, tanto il datore che il prestatore avessero apposto la propria sottoscrizione al contratto di assunzione e all'eventuale clausola di prova, inserita o autonoma dal contratto medesimo, rendendo incontrovertibile – soprattutto per il contraente debole - l'avvenuta conoscenza delle modalità di esecuzione del rapporto.

Non mancarono però Giudici di merito che espressero un'impostazione maggiormente garantistica in favore dei lavoratori, spingendosi fino a ritenere inammissibile la statuizione della prova, anche nell'ipotesi in cui fosse stata convenuta successivamente alla stipula del contratto di lavoro ma prima della sua decorrenza167

.

Questa strada è stata percorsa dalla Corte di Cassazione che, superando il proprio precedente orientamento, ha massimizzato la protezione del lavoratore, negando la validità del patto di prova qualora esso non sia apposto contestualmente alla predisposizione del contratto di lavoro, ossia al momento della esternazione scritta del consenso, respingendo quindi ogni possibilità di formazione progressiva del contratto, anche preventiva alla sua esecuzione.

La pronuncia cui si fa riferimento, risalente al 2004, prevede che “il contratto di lavoro con clausola di prova, costituendo una fattispecie negoziale unitaria e ab initio completa, non può che essere stipulato uno actu, nel quale sia definito lo specifico assetto d'interessi perseguito dalle parti; ne 167 Pret. Torino, 20 dicembre 1982, in L. 80, 1984, pag. 194; Pret. Torino, 14 aprile 1986, in L. 80,

1986, pag. 1097. Contra ex plurimis Cass. Civ. n. 5591/01, in Giust. Civ. Mass., 2001, pag. 794; Cass. Civ., n. 1670/87, in Foro It. Rep., 1987, voce Lavoro (rapporto), n. 551.

consegue che la espressa previsione della prova deve essere apposta non solo prima, o almeno contestualmente all'inizio della prestazione, ma sin dal momento della formazione del consenso tra le parti”168

.

L'intervento della Suprema Corte rappresenta un passaggio fondamentale volto a prevenire un uso distorto e strumentale del patto di prova, e ad evitare l'indiretta forzatura morale del prestatore alla sottoscrizione dello stesso, derivante dal timore di veder sfumare, per ritorsione, l'aspettativa di stabilità prospettata nell'offerta di lavoro precedentemente accettata169

. E' evidente l'impronta protettiva che il Legislatore ha voluto imprimere al disposto del 1^ comma dell'art. 2096 c.c., affermando un principio di necessaria contestualità del patto di prova rispetto alla nascita del contratto di lavoro, con lo scopo di evitare l'elusione della limitativa normativa vigente in materia di licenziamenti individuali.

La forma scritta a pena di nullità e la contestuale sottoscrizione della clausola, impediscono di fatto pattuizioni postume e la possibilità di fornire successivamente la rappresentazione documentale di una clausola ipoteticamente pattuita, in modo tempestivo, ma in forma orale tra le parti. Se ciò fosse consentito si autorizzerebbe il datore di lavoro, dotato di maggior forza contrattuale, a tenere sotto scacco il proprio dipendente, il quale potrebbe trovarsi sottoposto alla forzatura morale - rappresentata dalla sottoscrizione del patto di prova – per evitare di perdere il lavoro a tempo indeterminato o determinato già offertogli.

Proprio per prevenire tale distorsione la Cassazione si è orientata per il rifiuto della formazione progressiva del contratto di lavoro, nelle cui more si presume che il dipendente potrebbe essere raggirato o coartato, tanto da perdere o veder diminuite le garanzie che gli vengono riconosciute per legge.

L'inserimento della clausola della prova, qualora le parti intendano ricorrervi, all'interno del contratto di lavoro e nel momento della sua esplicitazione, sembrerebbe rafforzata anche dalla previsione del D.Lgs. n. 152/97, art. 1, 168 Cass. Civ., 26.11.2004, n. 22308, in A.D.L., 2005, pag. 659.

169 ARIOTI BRANCIFORTI M., “Patto di prova: invalidità in caso di stipulazione non contestuale al

lettera e), in cui si prevede tra gli obblighi di informazione del datore di lavoro, “la comunicazione della durata del periodo di prova, se previsto”. Vi è stato dunque un intervento protettivo in favore del lavoratore operante sia sul piano sostanziale, sia sul piano probatorio prevedendo che, in caso di contestazioni in merito alla tempestività della pattuizione della prova, spetterà al datore di lavoro provare l'esistenza, la legittimità e il tempo della stipula della clausola di prova170

.

Nell'ipotesi in cui la stipulazione della clausola della prova sia avvenuta invece a rapporto di lavoro già iniziato con l'esecuzione della prestazione, essa è stata ritenuta nulla per mancanza del requisito della contestualità, anche qualora la sottoscrizione della pattuizione sia avvenuta il primo giorno di lavoro, alcune ore dopo l'inizio dell'attività lavorativa171

.

Conseguenza della detta nullità del patto di prova sottoscritto dopo l'inizio effettivo delle prestazioni lavorative sarà l'automatica conversione ab initio del rapporto di lavoro subordinato precario in rapporto stabile e definitivo172

, con inapplicabilità del regime di libera recedibilità che caratterizza il lavoro in prova, a meno che non ricorrano le ipotesi di giusta causa e/o giustificato motivo173.

L'irrigidimento della giurisprudenza di legittimità in merito al tempo della stipulazione del patto di prova nel lavoro subordinato, è stato argomentato dalla Suprema Corte facendo riferimento ai principi che l'ordinamento pone a tutela del lavoratore, in particolar modo negli artt. 2103174 e 2113 c.c.

In relazione alla prima delle disposizioni succitate, la Cassazione ha tentato una sorta di equazione tra il divieto di variabilità in peius delle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto e l'immutabilità verso una disciplina peggiorativa del rapporto con clausole apposte successivamente rispetto alla data del contratto di lavoro175

.

170 Cass. Civ., 16 ottobre 1998, n. 10260; Cass. Civ., 3 giugno 2002, n. 8083.

171 Cass. Civ., 26 febbraio 1986, n. 1230.

172 Cass. Civ., Sez. Lavoro, n. 22308 del 26.11.2004.

173 MEOLI I., “Periodo di prova”, cit.

174 Art. 2103 c.c. “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato

assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte....”.

Vi sono state però forti critiche a tale impostazione, soprattutto fondate sulla esigenza di sempre maggior flessibilità che ad oggi necessita nella regolamentazione e gestione della forza lavoro.

La sentenza della Suprema Corte del 2004 in esame, ha avuto però il proprio fulcro motivazionale nel richiamo alla disciplina vigente in materia di rinunzie e transazioni di cui all'art. 2113 c.c.176

La Corte ritiene che la sottoscrizione temporalmente successiva, rispetto al contratto di lavoro subordinato, della clausola della prova, costituisca una rinuncia ad un diritto inderogabilmente riconosciuto al lavoratore, ovvero il diritto alla stabilità del posto di lavoro ed alla tutela obbligatoria o reale prevista in caso di licenziamento individuale.

Ciò significa che il periodo di prova pattuito successivamente all'assunzione del lavoratore, sarebbe da ritenersi invalido in quanto determinerebbe una rinuncia del dipendente alla tutela dall'illegittimità del licenziamento lui riconosciuta da una norma inderogabile di legge ovvero l'art. 2113 c.c.

Pertanto mentre l'apposizione della clausola della prova in uno al contratto di lavoro ne rappresenterebbe un elemento condizionante; la sua stipulazione successiva concretizzerebbe una rinuncia illegittima ad un diritto già acquisito dal lavoratore subordinato e già parte del suo patrimonio sin dalla sottoscrizione del contratto.

In quest'ultimo caso la clausola della prova sottoscritta successivamente al contratto di lavoro potrà essere sanzionata con l'annullabilità, chiaramente a seguito di impugnazione da parte dell'interessato entro i termini di decadenza previsti177

.

contratto di lavoro”, cit., pag. 492.

176 Art. 2113 c.c. “Le rinunzie e transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro

derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'art. 409 c.p.c. non sono valide”.

177 Cass. Civ., 14 dicembre 1996, n. 11181, in R.I.D.L., 1997, II, pag. 589; Cass. Civ., 17 aprile 2000, n. 4942, in R.I.D.L., 2001, II, pag. 45.

7.

L'oggetto della prova: oneri di allegazione e contenuto delle

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