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Olivier ou le secret

A 3 Anonimo, "Claire de

1.5. Olivier ou le secret

Incoraggiata dagli ottimi riscontri avuti dai suoi primi lettori circa le proprie storie sull’impossibilità d’amare, la nobildonna pensò che fosse giusto non lasciare a metà l’indagine. Fu perciò da lei ideato un racconto che si focalizzasse sull’ostacolo all’affettività per antonomasia, l’impotenza sessuale del maschio. Che il racconto avrebbe diviso le opinioni e che si sarebbe tirato addosso aspre critiche, era un rischio che la duchessa aveva calcolato; eppure non cambiò idea. Eccola quindi esporre il progetto piena di entusiasmo all’amica di penna Rosalie de Constant:

C’est un défi, un sujet qu’on prétendait ne pouvoir être traité. Je vous dirai seulement le titre59.

Ovviamente il libro che avrebbe gettato il guanto di sfida all’opinione comune era

Olivier ou le secret, una delle perle della letteratura romanzesca della Restaurazione, a

lungo, forse troppo, misconosciuto. A ridarcene memoria è stata Denise Virieux nel 1971, anno in cui la casa editrice Corti, alla quale la studiosa si era rivolta, lo aveva mandato per la prima volta in stampa. Sino a quel momento, del racconto si erano perse totalmente le tracce. Per ricostruirne la genesi non ci si può che affidare alle lettere autografe che della sua autrice ci sono pervenute e che ne collocano la stesura al 1821- ’22; dunque, in quella fase di grande fervore creativo che aveva prodotto anche Ourika ed Édouard.

Nell’affermare che questa datazione è valida ci giunge a conforto Stendhal medesimo, perché se si incrocia la datazione delle lettere che la Duras invia a Rosalie de Constant con alcuni passi estrapolati dalle cronache inglesi del poliedrico autore di Grenoble si arriva ad un’evidenza. Beyle per i suoi lettori inglesi infatti registra:

Le noble auteur [Mme de Duras], encouragé par l’histoire de cette histoire simple [Ourika], se prépare à en publier une autre intitulée Valère, dont le héros n’est point

59 Frase riportata un po’ da tutti i commentatori di Olivier, ed estrapolata dall’inaccessibile carteggio di

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comme Ourika, mais se trouve dans une situation aussi embarrassante : il ne peut pas être aimé ! et cela pour une cause que le roman révélera60.

Lo stralcio succitato in cui Stendhal riporta la data del giugno 1824, significa che per allora Olivier ou le secret (che qui viene erroneamente indicato con il nome di Valère) doveva necessariamente essere già stato redatto parzialmente, se non del tutto, giacché veniva presentata la sua pubblicazione come imminente.

En passant, e a scanso di equivoci, precisiamo che l’errore nel riportare il titolo

dell’opera durassiana commesso da Stendhal si giustificava con la sua estromissione dal microcosmo salottiero della duchessa. Giacché questi “n’était certainement pas admis chez Mme de Duras”61

come rimarcano i curatori della collana della Pléaide nella notice che fanno seguire all’edizione critica, le informazioni che aveva potuto ricavare prestando orecchio al tam-tam di indiscrezioni scatenatosi con la diffusione, nel 1825, delle rarissime venticinque copie d’anteprima, potevano non essere attendibili.

1.5.1. Un secondo Olivier

In aggiunta alla collocazione in un tempo preciso, l’intervento giornalistico stendhaliano ci dà conferma dell’esistenza di due versioni della storia di Olivier: una in cui il segreto non viene svelato (si tratta della narrazione che Denise Virieux recupera e divulga nel 1971) e una seconda in cui esso viene a galla. Stendhal disse a questo proposito che sarebbe stato il romanzo stesso a dare notizia del segreto. Va detto comunque che l’“Olivier 2” affida lo svelamento ad una nota formulata alla terza persona, in segno di discontinuità con il resto del tessuto epistolare; nota che segue a mo’ di postilla la conclusione e che per i toni che la caratterizzano invita ad essere raccolta con beneficio di inventario.

La versione alternativa o “Olivier 2”, come per semplificare l’abbiamo soprannominata, è ad oggi in mano alla discendente parigina di un ramo cadetto della famiglia, la contessa di Lubersac. Anch’essa venne rinvenuta “at the Château de Chastellux along with the other handwritten version”62

e fortunatamente da una manciata di anni è stata messa a disposizione del grande pubblico grazie ad un’edizione

60

Stendhal, Paris-Londres : Croniques, op. cit., p. 172.

61 Ivi, p. 877.

62 Lauren Pinzka, “Armance and the Unspeakable”, in Altered Narratives, London (Ontario) Mestengo

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Gallimard del 200763. Prima che la sua consegna al lettorato avesse avuto corso, soltanto un estraneo alla famiglia ha avuto accesso al manoscritto del racconto epistolare, nel 1969. Stiamo parlando del critico americano Grant Critchfield che si fece conseguentemente carico di illustrarne le linee principali nel saggio dedicato alla produzione della duchessa64.

Critchfield approntava sì, per il suo pubblico, un rapido sunto di questa sua seconda versione di Olivier, ma non si avventurava in una sua analisi. Non discostandosi dalla tradizione critica precedente, preferì concentrarsi sul manoscritto portato alla luce e alle stampe da Denise Virieux.

1.5.2. L’impotenza sessuale è il segreto

Se stiamo al canovaccio di “Olivier 2” le varianti rispetto al manoscritto parigino studiato dalla Virieux sono davvero minime; tutto corrisponde, eccetto la sostituzione dell’“epilogo” con una “conclusione” annotata. Il diverso finale, sul quale ci siamo in precedenza profusi, non infici all’impianto sul quale poggia la tesi principe circa il segreto di Sancerre.

Il rapporto adelfico tra i due protagonisti cui qui si accenna pare più che un’idea narrativa, uno stratagemma atto a confondere le acque e a far scemare le accuse di oltraggio che erano cominciate a piovere sulla Duras per aver ardito parlare di un tema che tanto poco si addiceva ad un membro dell’alta società, a maggior ragione se donna, benché il legame incestuoso, essendo divenuto oramai un cliché della letteratura romantica – anche per via del peso che ebbe quello di Chateaubriand con la sorella – non destasse particolare stupefazione.

A convincerci di ciò sono i molteplici, quasi impercettibili, indizi che l’aristocratica dissemina nelle lettere che compongono la sua storia epistolare. Recuperiamo dunque queste tracce con pazienza, anticipando che sono tutte contraddistinte da una spiccata vena ironica.

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Si tratta del libro già ampiamente chiamato da noi in causa con la sigla OEO per la ricchissima introduzione di Marc Fumaroli.

64 V. Grant Critchfield, Three Novels of Madame de Duras: Ourika, Édouard, Olivier, The Hague,

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L’indulgere della Duras “for constant humour through the use of double meaning”65

è stato messo in valore in maniera magistrale da Lauren Pinzka. Quello che vogliamo fare noi, invece, è porre in primo piano l’allusione inequivocabile all’impotenza che in queste manifestazioni è insita; in ciascuna di esse è rintracciabile infatti un riferimento obliquo alla delicata condizione che l’impotente vive e, di conseguenza, un tassello in più a favore dell’identificazione, in questa patologia, del problema che tormenta il conte di Sancerre.

Nelle lettere, infatti, non si contano le occorrenze del verbo “manquer”66, a cui la lingua francese vincola due accezioni: l’idea di “mancare” e quella di “non riuscire”, la quale può tranquillamente applicarsi anche al contesto di un rapporto sessuale; Louise, poi, nelle lettere di doglianza che indirizza alla sorella, sostanzialmente si lamenta del fatto di sapere “qu’on peut le [Olivier] posséder sans en jouir” (OS, 145). Le sfugge detto, per giunta, che Olivier non riesce ad avere esperienza diretta della felicità; cruccio dalle risonanze assai ambigue.

Ancora, proprio dalle epistole del conte vengono le parole più significative per un’interpretazione dei suoi “désespoirs croniques” (OEO, 233) come un’odiosa impotenza sessuale. Alla cugina Adèle confida: “plus misérable que le roseau, je plie et ne me lève pas” (OS, 238), ammissione che è riferita alla sua mancanza di fermezza nel privarsi della compagnia di Louise, ma che ovviamente, come suggerisce la gentile similitudine botanica, anche alla condizione del fallo nell’impotens.

A rendere i due Olivier ou le secret prossimi sono gli aspetti stilistici: a partire dalla polifonia che scaturisce dalla scelta formale del genere epistolare, per finire con la forte carica introspettiva che dalla narrazione in prima persona deriva; Ivanna Rosi mette in rilievo, nelle righe che dedica all’“Olivier 1”, nel suo interessantissimo saggio

Il gioco del doppio, come queste scelte formali siano funzionali alla costruzione e al

mantenimento della paralessi; lasciamo dunque la parola alla studiosa:

La prospettiva multipla offerta dal roman par lettres, nella sua versione polifonica, impedisce ogni approccio troppo diretto al segreto, frammentando la vicenda tra diverse soggettività; evita la lineare sintesi retrospettiva, grazie alla prossimità del tempo della scrittura a quello degli eventi narrati.67

65 Pinzka, op. cit., p. 97.

66 Ad esempio v. OS, alle pagine 136 e 155 il termine ricorre per ben due volte. 67

Ivanna Rosi, “Il gioco del doppio senso nei romanzi di Madame de Duras”, in Rivista di letterature

moderne e comparate, Pisa, Pacini, 1987, vol. XL, fasc. 2, p. 143. Teniamo a dire che l’intero saggio è

mirabile nella lucidità con cui dimostra come tutti e tre i romans-nouvelles maggiori della scrittrice, a dispetto delle differenziazioni nella fabula e nella forma narrativa, siano lo svolgimento del medesimo

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Ciò detto, a essere davvero divergente fra i due Olivier è la conclusione. A suggellare l’ipotesi che quella del manoscritto noto sia da prediligere sta la seguente, semplice quanto fondata, osservazione: se tutte le carte fossero state svelate, come avviene se si prendesse per buono l’epilogo della versione parigina in apparenza incentrato sull’incesto, allora non si vede perché i fidatissimi sodali che avevano avuto modo di leggerlo nel ’25 si fossero tanto interrogati sulla natura del malessere di Sancerre, cominciando da Sainte-Beuve. E anche Rosi sembra darci conforto:

Con la fine contenuta nella versione del ’71 il lettore non potrà sapere se Olivier ha finalmente rivelato a Louise il proprio segreto, negli istanti che precedono il suo suicidio, perché la scena è ellittica, grazie alla follia dell’unico testimone, Louise.68