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La varietà di toscano parlata a Pisa è stato oggetto di numerosi studi sia di carattere dialettologico-descrittivo (Giannelli 1989, 2000; Castellani 1980, 1992) che, in tempi più recenti, di tipo acustico e percettivo (Calamai 2001, 2002, 2003a, 2003b, 2004a, 2004b; Dell‟Aglio 2003; Dell‟Aglio, Bertinetto & Agonigi 2002; Calamai, Marotta & Sardelli 2003; Marotta, Calamai, & Sardelli 2004; Marotta, Molino & Bertini 2011).

Tali studi hanno rilevato alcuni aspetti peculiari del vocalismo pisano – e della Toscana occidentale in genere – che contribuiscono a distinguerlo dal vocalismo delle altre varietà toscane, tra cui quella fiorentina. Al già citato carattere conservativo di quest‟ultima (Giannelli 2000) si oppone, infatti, la spinta innovatrice delle varietà occidentali, dal cui epicentro costituito dalla città di Livorno si sono irradiate una serie di tendenze che sono state accolte soprattutto dalle generazioni più giovani e che hanno ormai raggiunto, oltre alla vicina città di Pisa, alcuni territori della Val di Nievole (Giannelli 2000), del Valdarno Inferiore e della fascia costiera fino all‟alta Maremma (Calamai 2004a). Si è osservato, infatti, che, pur condividendo lo stesso sistema fonologico diffuso in tutta la regione, il vocalismo tonico appare in quest‟area più “aperto” e “rilassato” (Giannelli 2000: 63), includendo così una serie di allofoni indicati con [I E æ a ʌO ʋ], i quali “in sede tonica sono gli unici del livornese vero e proprio” mentre “altrove si alternano con quelli fiorentini” (Id).

Le indagini acustiche hanno in parte confermato e in parte smentito queste conclusioni: se è vero, infatti, che si registra un effettivo abbassamento e arretramento delle vocali, si è visto che esso non investe l‟intero sistema bensì soltanto una parte di esso, in particolare la porzione inferiore che comprende le vocali [a], [ɛ] ed [ɔ]82

, le quali dunque vengono realizzate rispettivamente come [æ ɑ ɔ] (Calamai 2004a: 432). Inoltre, si è notato che tali vocali risultano caratterizzate da una notevole escursione della modulazione, il che sembrerebbe indurre nell‟ascoltatore un effetto percettivo corrispondente ad un aumento in durata (Calamai 2004a: 437)83.

Date queste premesse, ci è parsa interessante l‟idea di condurre una ricerca empirico- acustica che avesse come oggetto la varietà parlata a Santa Croce sull‟Arno, cittadina che

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Quest‟ultima viene in realtà colpita dai due fenomeni in misura minore rispetto alle altre due vocali; tale disparità è dovuta alla minore ampiezza dello spazio disponibile per la produzione dei gesti articolatori (Calamai 2004a)

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“Al di sotto di un dato intervallo (circa 2 cs), l‟orecchio umano non è in grado di cogliere le eventuali modulazioni che si sviluppano nella dimensione della frequenza fondamentale. [...] i parlanti tendono a percepire come più lunghe le vocali contenenti una siffatta modulazione, rispetto ad altre vocali di pari durata ma frequenza fondamentale costante (Bertinetto 1981: 34).

si colloca in una zona di transizione tra la parlata pisana e quella fiorentina. Vista la tipicità del vocalismo pisano, abbiamo ritenuto che una eventuale influenza esercitata da questa varietà sul santacrocese potesse risultare immediatamente riconoscibile prendendo in considerazione le caratteristiche acustiche delle vocali, in particolare di quelle che vengono definite vocali “bandiera”, ovvero [a ɛ ɔ], le quali subiscono i fenomeni di abbassamento e arretramento appena descritti.

Sappiamo che una corretta indagine acustica che abbia come oggetto l‟individuazione degli aspetti qualitativi di foni vocalici dovrebbe prendere in considerazione l‟intero sistema piuttosto che una parte di esso, in modo da poter confrontare tra loro spazi acustici di diversi parlanti e non soltanto singoli valori frequenziali. Tuttavia, sarebbe stato troppo ambizioso porci come obiettivo un ricerca esaustiva sulle caratteristiche della varietà santacrocese, per la quale molteplici sarebbero gli aspetti da indagare – per rimanere in ambito fonetico-fonologico oltre al vocalismo, il sistema consonantico, l‟intonazione, e via dicendo; quello che ci interessa primariamente in questo momento è piuttosto riuscire a fornire un primo input dal quale poter sviluppare future ricerche sulla varietà santacrocese e sul rapporto che essa intrattiene con le varietà pisana e fiorentina con le quali si trova a contatto. Abbiamo dunque preferito limitarci ad un‟analisi mirata sui timbri vocalici medio-bassi, ottenendo dei dati che potessero indicare la presenza di elementi pisani o fiorentini nella varietà di toscano parlata a S.Croce sull‟Arno.

A questo scopo, abbiamo raccolto del materiale audio attraverso delle sedute di registrazione, durante le quali i parlanti sono stati sottoposti a due diversi tipi di compiti: il primo prevedeva la lettura di un insieme di frasi create ad hoc in cui erano inserite specifiche parole target che contenevano le tre vocali oggetto d‟esame (corpus di parlato letto), mentre nel secondo il parlante era stimolato ad intraprendere una conversazione con l‟intervistatore attraverso una serie di domande molto comuni e poco impegnative poste da quest‟ultimo (corpus di parlato spontaneo).

I soggetti che hanno partecipato all‟indagine, tutti originari di Santa Croce sull‟Arno, sono stati appositamente selezionati secondo criteri che tenessero in considerazione l‟aspetto sociolinguistico della questione; trattandosi di una cittadina di piccole dimensioni, inserita in un fitto tessuto urbano e industriale e collocata all‟interno dell‟area di passaggio tra le varietà fiorentina e pisana, è stato ritenuto plausibile che fattori come il grado di istruzione o un assiduo contatto con una determinata area linguistica potessero influire sulle modalità di diffusione di specifici tratti linguistici all‟interno della varietà santacrocese, tra cui per l‟appunto la realizzazione più aperta e arretrata delle vocali medio-basse.

Nei capitoli 4 e 5 abbiamo discusso i dati ottenuti dalle misurazioni relative alle caratteristiche qualitative e quantitative delle vocali analizzate. Durante questa ricognizione sono emersi alcuni risultati interessanti che, pur non essendo sufficienti per trarre conclusioni definitive, ci consentono di individuare alcune tendenze in atto nel santacrocese, limitatamente alle tre vocali in esame, che forniscono interessanti spunti per ulteriori e più approfondite indagini sull‟argomento.

Innanzitutto, abbiamo visto che pare effettivamente esistere una certa correlazione tra la frequentazione più o meno costante di una determinata località e le scelte linguistiche dei parlanti che, per ragioni sociali quali l‟accettazione all‟interno di un gruppo o il prestigio attribuito ad una specifica varietà, assumono nel loro modo di parlare alcuni atteggiamenti più tipici del modello linguistico con il quale si trovano a confrontarsi. Nel nostro caso, questo fenomeno è particolarmente evidente per il campione femminile, all‟interno del quale il sotto-campione di informatrici identificate attraverso l‟etichetta studentesse UniPi presenta vocali medio-basse con caratteristiche formantiche e di durata paragonabili a quelle del campione relativo a informatrici pisane analizzato da Calamai (2004a). Ricordiamo che i tre soggetti facenti parte di questo gruppo sono al momento residenti presso la città di Pisa, perciò intrattengono con essa maggiori contatti di quanto avvenga invece nel caso degli informatori maschili appartenenti al gruppo studenti UniPi, i quali difatti non presentano particolari differenze rispetto agli altri due gruppi del campione maschile, a ulteriore conferma del rapporto che intercorre tra lingua e dinamiche sociali.

Assai ridotta risulta l‟influenza esercitata sulla varietà santacrocese dal fiorentino, il quale non sembra agire come polo di attrazione nemmeno per quei soggetti che intrattengono rapporti frequenti con località, come Firenze o Empoli, in cui è diffusa tale varietà; anzi, essi sembrano decisamente orientati verso un vocalismo di tipo pisano, visti i bassi valori di F2 esibiti dalle vocali in esame che corrispondono ad una posteriorizzazione delle stesse.

Si nota, invece, per l‟intero campione costituito da informatori di entrambi i sessi, una generale affinità con le caratteristiche del vocalismo pisano descritte da Calamai (2004a), in particolar modo per quanto riguarda il grado di arretramento sull‟asse orizzontale, mentre i valori di F1 non sembrano indicare lo stesso grado di apertura dei parlanti pisani; ciò rende particolarmente difficile fornire una descrizione precisa di queste vocali attraverso l‟utilizzo di specifici simboli fonetici.

La vocale /a/ si presenta in entrambi i campioni maschile e femminile come non particolarmente aperta e piuttosto arretrata; nel capitolo 4 abbiamo visto che i valori di F1 sono paragonabili a quelli della vocale bassa posteriore [ɑ], i quali non si discostano di

molto dai valori di [a] diffusi in letteratura (di cui un esempio è riportato in Tabella 1 del capitolo4); i valori di F2 indicano invece un discreto grado di posteriorizzazione, che colloca la vocale santacrocese in una posizione intermedia tra [a] ed [ʌ].

Per quanto riguarda la vocale /ɛ/, i dati in nostro possesso sembrerebbero indicare che essa sia realizzata come piuttosto aperta (in misura maggiore nel campione femminile) e particolarmente arretrata sull‟asse orizzontale, essendo realizzata con un timbro più simile ad [æ]. Dal punto di vista articolatorio, non risulta per l‟italiano una descrizione univoca di tale vocale: per Albano Leoni & Maturi (2002: 48) essa risulta “anteriore, bassa, non labializzata”, mentre nell‟alfabeto IPA occupa una posizione intermedia tra le vocali basse e le medio-basse. Uno dei criteri proposti in letteratura (Lisker 1948) per distinguerla dalla vicina vocale [ɛ] è quello di prendere in considerazione la differenza tra F2 e F1, che risulterà inferiore per la vocale [æ]; nei dati relativi alla varietà santacrocese questa differenza si aggira intorno ai 1000-1100 Hz ed è paragonabile a quanto individuato da Calamai (2004a) per il pisano, nel quale, appunto, la vocale medio-bassa anteriore è tipicamente realizzata come [æ] anche se, nel nostro caso i singoli valori formantici indicano una vocale meno aperta e più arretrata che in pisano.

La vocale /ɔ/, infine, appare in linea con le caratteristiche individuate per il pisano da Calamai (2004a); va notato che, tra le tre vocali analizzate, la [ɔ] è quella che maggiormente ha risentito degli effetti coarticolatori esercitati dal contesto circostante, soprattutto sui valori di F2 che sono legati agli spostamenti sull‟asse antero-posteriore.

Le misurazioni di durata effettuate sulle vocali in esame ci indicano un quadro complesso e di difficile interpretazione: in generale non si registrano particolari affinità con le caratteristiche descritte da Calamai (2004a) per il pisano, le cui vocali risultano particolarmente lunghe; inoltre, non si individuano variazioni tra i vari gruppi considerati in base alle variabili sociolinguistiche, eccetto nel caso delle informatrici facenti parte del gruppo studentesse UniPi, le quali presentano vocali più lunghe – oltre che più modulate – rispetto al resto del campione.

Mentre, quindi, nel caso delle caratteristiche qualitative le vocali [a], [ɛ] ed [ɔ] della varietà di Santa Croce sull‟Arno presentano effettivamente numerose affinità con il vocalismo pisano, sul piano della durata questa varietà sembra non essere altrettanto pervasiva, tranne che nel caso appena visto delle studentesse del gruppo UniPi, le quali risiedono presso Pisa e perciò subiscono in misura maggiore l‟influenza della varietà pisana.

La pretesa di essere esaustivi non era certo contemplata tra gli intenti della presente ricerca: sono molti e molteplici, infatti, gli aspetti da indagare per giungere alla descrizione

completa di una determinata varietà. Per quanto riguarda il vocalismo di Santa Croce sull‟Arno, occorrerà innanzitutto prendere in considerazione l‟intero sistema vocalico, utilizzando sia campioni di parlato spontaneo che di parlato controllato e costruendo un corpus mirato ad ottenere il contesto – sia fonetico che intonativo – ottimale all‟interno del quale inserire l‟elemento vocalico di nostro interesse, prestando particolare attenzione alle dinamiche coarticolatorie che potrebbero compromettere i risultati dell‟analisi acustica.

Inoltre, come abbiamo visto nel capitolo 4, anche il consonantismo presenta caratteristiche che andrebbero ulteriormente approfondite, in particolare per quanto riguarda gli esiti della gorgia. È importante anche indagare in maniera più specifica le dinamiche sociolinguistiche che hanno luogo in quest‟area della Toscana, assai dinamica, in cui operano una serie di forze che favoriscono la presenza di tratti bandiera, ad alta frequenza, comuni ad aree anche piuttosto ampie, inducendo allo stesso tempo all‟abbandono di caratteristiche locali marcatamente dialettali che risultano ormai obsolete. Nell‟area di nostro interesse, la transizione tra le varietà fiorentina e pisana è senza dubbio gestita da questo tipo di forze e sarà necessario condurre altri studi prima di poterne stabilire l‟intensità e di determinarne la direzione.

Con il nostro lavoro, speriamo quindi di aver contribuito alla costituzione di un corpus di dati relativo a questa area di transizione all‟interno della Toscana, con il fine ultimo di stabilire quale sia l‟influenza delle due varietà limitrofe sulla lingua parlata nella cittadina di S. Croce, ove sembra mantenersi vivo l‟antico conflitto che da sempre vede contrapposte Pisa e Firenze.

APPENDICE A