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LE VOCALI: ASPETTI QUALITATIVI E QUANTITATIVI 2.1 La qualità vocalica

2.3 Vocali di Pisa e vocali di Firenze

Come abbiamo già discusso nel primo capitolo del presente studio, la varietà linguistica toscana presenta una situazione del tutto particolare all‟interno del panorama italiano.

Italiano standard e varietà locale si dispongono in un continuum mal interpretabile in termini di distribuzione sociale – italiano parlato dai ceti più alti e vernacolo „stretto‟ dagli strati più bassi – o funzionale – variazioni di registro a seconda della situazione comunicativa – e, date le ragioni storiche già esposte, sappiamo che non è possibile operare una distinzione tra lingua e dialetto in questa regione.

Oltre alle ricerche che hanno fornito un quadro generale sull‟italiano regionale di base toscana (tra cui Albano Leoni et alii 1994; 1998), nel corso degli ultimi anni si sono succeduti numerosi studi di impostazione acustica volti ad offrire una caratterizzazione delle diverse varietà linguistiche presenti sul territorio, con particolare attenzione alla varietà occidentale, la quale presenta delle peculiarità che la differenziano dal toscano centrale – nella fattispecie, fiorentino – soprattutto per quanto riguarda il sistema vocalico37. “Una letteratura così ricca invita a compiere raffronti interdialettali, che possano dare una chiave di lettura anche su certe dinamiche sociolinguistiche attive nella regione” (Calamai 2003b: 41), dando spunto a un interessante filone di studi in cui si prendono in considerazione somiglianze e differenze tra sistemi linguistici da più punti di vista.

Le caratteristiche più marcate del vocalismo occidentale sono principalmente due: - un consistente abbassamento delle vocali medio-basse, il cui esito più evidente è la

realizzazione del fono /ɛ/ come /æ/;

- una posteriorizzazione della vocale bassa centrale /a/; - una maggiore durata delle vocali toniche38

.

Tutte questi fenomeni sono presi in considerazione e confermati in Calamai (2003b), in cui l‟autrice si occupa di confrontare gli spazi acustici dei sistemi vocalici pisano e fiorentino. Attraverso una serie di test condotti su un campione di studenti universitari si è potuto verificare che effettivamente il vocalismo tonico pisano presenta un abbassamento evidente limitato alle vocali medio-basse, che si ripercuote anche sulla vocale /a/, la quale risulta essere più velare che in fiorentino; anche le misurazioni di durata effettuate riconfermano valori maggiori per la varietà pisana, indipendentemente dal timbro vocalico. Per quanto riguarda il sistema atono, invece, Calamai non individua particolari differenze tra le due varietà in esame, le quali mostrano entrambe uno spazio acustico ridotto, collocato all‟interno di quello tonico. Soltanto la vocale /a/ si presenta “leggermente più

37

(Calamai 2001, 2002, 2003a, 2003b, 2004a, 2004b, 2004c; Dell‟Aglio 2003; Dell‟Aglio et alii 2002)

38

In Calamai, Marotta & Sardelli (2003) si nota anche come la varietà pisana presenti, rispetto a quella fiorentina alla quale viene comparata, una maggiore modulazione di frequenza particolarmente marcata, soprattutto a livelli diafasici bassi.

posteriore e abbassata” (Id.: 49), in maniera simile a quanto avviene nel sistema tonico. Infine, l‟autrice paragona i dati da lei raccolti sul fiorentino con quelli riportati in Ferrero et alii (1978), sempre relativi al fiorentino, notando come in questa comunità linguistica non sembrano registrarsi mutamenti significativi sul piano del vocalismo tonico.

Rimandando una discussione più ampia, in relazione ai dati raccolti per la presente ricerca, al capitolo 5, riportiamo di seguito i valori medi rilevati in Calamai (2004c) per le prime due formanti delle vocali toniche pisane e fiorentine:

Fiorentino /i/ = F1 310 / F2 2351 /e/ = F1 391 / F2 2200 /ɛ/ = F1 532 / F2 2007 /a/ = F1 785 / F2 1480 /ɔ/ = F1 516 / F2 978 /o/ = F1 422 / F2 886 /u/ = F1 330 / F2 708 Pisano /i/ = F1 299 / F2 2195 /e/ = F1 390 / F2 2100 /ɛ/ = F1 666 / F2 1787 /a/ = F1 810 / F2 1311 /ɔ/ = F1 619 / F2 1017 /o/ = F1 437 / F2 945 /u/ = F1 311 / F2 752

CAPITOLO 3

INTRODUZIONE ALL’ANALISI

3.1 La raccolta dei dati 3.1.1 Il corpus

La costituzione del corpus rappresenta sicuramente una fase fondamentale per il nostro tipo di studio. In effetti, se l‟obiettivo principale è quello di avvalersi dell‟analisi acustica di un campione di parlato, la fase della registrazione del materiale dovrà essere preceduta dall‟elaborazione di un corpus adatto al reperimento dei contesti che si vogliono analizzare. E‟ chiaro che anche registrazioni effettuate in maniera non pianificata possono comunque costituire un interessante oggetto di indagine per un linguista, ma in quel caso si tratta più di un processo bottom-up che di uno top-down: lo studioso, cioè, nell‟ascolto di un campione di parlato, può essere indotto alla formulazione di ipotesi sulla base di un fenomeno osservato e quindi decidere di procedere a un‟indagine metodica; al contrario, se si ha ben chiaro fin dall‟inizio lo scopo di un‟indagine, la creazione del corpus è un momento imprescindibile, durante il quale si gettano le basi per l‟intero studio.

La progettazione del corpus, infatti, deve tener conto di una grande quantità di variabili ed è composta da tappe differenti: la scelta del tipo di parlato che si vuole prendere in considerazione (spontaneo vs letto), la scelta degli informatori (a seconda del sesso, dell‟età, dell‟estrazione sociale, etc.), l‟elaborazione di un questionario da sottoporre ai soggetti, sono tutti aspetti da considerare per ottenere un campione di parlato che soddisfi le nostre esigenze.

Per quanto riguarda il tipo di parlato, vale la pena ricordare la teoria della „variabilità adattiva‟ formulata da Lindblom (1990), secondo la quale il parlato letto può essere visto come listener directed, mentre quello spontaneo come speaker directed: il primo tende a soddisfare la chiarezza comunicativa richiesta dall‟ascoltatore, perciò è caratterizzato da movimenti articolatori ampi, che consentono un preciso raggiungimento dei targets prefissati (hyperspeech); il secondo, invece, sottende al principio dell‟economia articolatoria, implicando spesso il mancato raggiungimento dei bersagli a causa del minore sforzo articolatorio impiegato (hypospeech). Ciò significa che nel parlato spontaneo il parlante è più soggetto a un aumento della velocità di elocuzione e a fenomeni di cancellazione, assimilazione e centralizzazione dei foni; inoltre, utilizzando un corpus costituito esclusivamente da parlato spontaneo si corre il rischio di non riuscire ad ottenere la realizzazione dei contesti o dei fenomeni che stiamo ricercando. Un altro problema difficilmente superabile che riguarda questo tipo di parlato è che, per risultare veramente