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Osservazioni in tema di risarcimento del danno e Common European Sales

Cap I: Spunti di riflessione dai sistemi di common law

4. Osservazioni in tema di risarcimento del danno e Common European Sales

Neppure il tema del risarcimento del danno derivante da “illecito precontrattuale” trova nella CESL una trattazione sistematica ed esauriente che aiuti a risolvere in modo netto alcune delle tematiche sottese alla questione già emersa nel corso della trattazione: la risarcibilità esclusiva o meno dell’interesse negativo.

706P. SIRENA, Il contratto alieno del diritto comune europeo della vendita (CESL), in NGCC, 2013, p. 611. 707R. B. SCHLESINGER, Research on the General Principles of Law Recognized by Civilized Nations, in

American Journal of Comparative Law, 1957, 51, p. 734 e ss.

708Sul rapporto fra clausole generali e principi del diritto, le osservazioni di V. VELLUZZI, Le clausole

generali. Semantica e politica del diritto, Milano, 2010, passim ;V. inoltre già S. RODOTA’, Il tempo delle clausole generali, cit., p. 721. Considera i suddetti strumenti sostanzialmente identici dal punto di vista

“operativo funzionale”, G. MERUZZI, L’exceptio doli dal diritto civile al diritto commerciale, Padova, 2005, p. 3

Dall’esame delle disposizioni emerge in modo evidente la mancata previsione di una regola che si occupi in maniera esclusiva del risarcimento del danno per violazione dei doveri precontrattuali, in cui sarebbe quindi coinvolta la buona fede precontrattuale, ma, come accennato, ritroviamo una singola disposizione in tema di violazione degli obblighi di informazione precontrattuale e di cui agli artt. 13-28 della CESL.

Mentre gli articoli 13-28, per come modificati dal recente intervento emendativo del Parlamento Europeo, disciplinano i singoli doveri, dettagliandone il contenuto, l’articolo 29 si concentra sui rimedi.

La disposizione, per quel che qui interessa, prevede che “a party which has failed to

comply with any duty imposed by this Chapter is liable for any loss caused to the other party by such failure”.

La previsione parrebbe confermare la neutralità dell’impostazione adottata dallo strumento rispetto all’alternativa della possibilità o meno di limitare all’interesse negativo il danno risarcibile per il caso di violazione di doveri precontrattuali.

Vale tuttavia sottolineare, anche in questo ambito, quanto abbiamo sostentuto quando ci siamo soffermati sulle modalità con cui il DCFR abbia risolto il tema in analisi.

Il parallelo si impone anche in ragione della spiccata somiglianza fra le disposizioni: in effetti il comma terzo dell’art. II.-3:301 del DCFR si occupa del tema del danno risarcibile, disponendo che il medesimo si estenda a “any loss caused to the other party to the

negotiations”.

Il parallelo d’altro canto si apprezza nell’ottica di un’interpretazione basata su una peculiare attenzione prestata allo sviluppo diacronico e quindi al metodo storico709 che pare debba essere applicato, non soltanto agli strumenti normativi interni, ma anche ai documenti normativi710 frutto dei processi di armonizzazione giuridica.

L’ampiezza della formula, in entrambi i casi, pare indice di una volontà esplicita di voler disancorare il concetto di responsabilità precontrattuale e quindi il risarcimento del danno dalle strettoie sancite dal ricorso al concetto di interesse negativo che già nei confini

709Cfr. recentemente sul punto F. MARINELLI, Il mugnaio di Sans-souci. La storia come metodo

nell’interpretazione giuridica, in Giust. Civ., 2014, p. 629 e ss.

710Anche prescindendosi dal concetto di normatività da applicarsi allo strumento di armonizzazione giuridica nel senso dell’attribuzione o meno a quest’ultimo del carattere o meno della vincolatività.

dell’ordinamento interno subisce forti critiche.

Abbiamo del resto già chiarito il ruolo meramente descrittivo che la formula assumerebbe, anche sulla scia di una coerente interpretazione del pensiero dell’Autore tedesco che ha trattato per primo l’istituo della culpa in contrahendo.

Il risarcimento del danno non deve essere pertanto limitato alle c.d. spese sostenute, ma deve coprire anche le perdite di profitto che la violazione dei doveri precontrattuali ha provocato.

Così l’ampiezza della formula non sottende l’esigenza di prendere espressa posizione su un punto controverso e dibatutto – anche perché il dialogo pare meramente interno - ma la convinzione che traspare dal documento è quella della necessità di soddisfare con pienezza tutte le esigenze di tutela che l’istituto della responsabilità precontrattuale ha la funzione di garantire e concretizzare.

5. Ambiguità e limiti della CESL.

E’ possibile a questo punto anticipare un primo bilancio sull’impostazione adottata dalla Proposta di Regolamento, anche in riferimento al tema di analisi.

In primo luogo, una notazione critica si attaglia alla tendenza evidente di continuo e progressivo restringimento del campo operativo dei processi di armonizzazione (fra questi ovviamente la CESL).

Pare che il trend appena evidenziato influisca negativamente sulla realizzazione degli effetti benefici che proprio gli intendimenti sottesi a quei medesimi processi pongono alla concreta attenzione.

In questo senso il restringimento operato dalla Common European Sales Law – rispetto anche all’ambito oggettivo molto più ampio del DCFR - al mero contratto di compravendita e in quest’ultimo contesto essenzialmente ai contratti on line – sembra non debba essere considerata tendenza degna di apprezzamento positivo.

Di sicuro elemento di valorizzazione è invece l’estensione degli obblighi informativi al professionista; ciò contribuirebbe a dare maggiore certezza ad un ambito disciplinare nel

quale le soluzioni prospettabili non paiono così chiare e univoche, proprio a cagione delle difficoltà di individuazione di un valido e unitario modello di disciplina.

Al contempo merita un plauso la previsione di un apparato rimediale auto-sufficiente e munito di un’interna coerenza logico-sistematica; allo stesso tempo il principio di necessaria integrale riparazione del danno pare debba essere considerato elemento in grado di contribuire a sciogliere i dubbi interpretativi711 interni in tema di interesse positivo e/o interesse negativo712.

Ulteriore elemento da valutarsi in senso critico discende invece, questa volta, dalla constatazione per cui la CESL non pare abbia accolto la sollecitazione proveniente dai

drafters del Draft Common Frame of Reference rispetto alle conseguenze del mancato

rispetto dei doveri di informazione da parte del professionista.

Da questo punto di vista si è osservato713 che la ricognizione del carattere vincolante dell’obbligazione che la parte si sarebbe in modo legittimo atteso sarebbe rimedio certamente più efficace rispetto al riconoscimento del mero risarcimento del danno714. La circostanza che la Proposta di regolamento abbia nella sostanza circoscritto l’ambito di applicazione ai soli contratti conclusi fa emergere, inoltre, il problema della necessità di garantire a ogni modo ed in ogni caso adeguati livelli di tutela anche nelle ipotesi di mancata conclusione del contratto: ciò in quanto anche in queste fattispecie potrebbe concretamente ricorrere un danno che necessiterebbe di essere reintegrato alla luce della teoria degli illeciti precontrattuali715.

Infine potrebbe essere considerato elemento da valutarsi in chiave critica la circostanza che

711In questo senso, per come abbiamo già avuto modo di apprezzare, anche le sollecitazioni provenienti dal

Draft Common Frame of Reference paiono elementi in grado di favorire modelli interpretativi in grado a loro

volta di essere positivamente applicabili nel contesto interno. 712Cfr. su questi aspetti A. ADDANTE, op. cit., p. 59 e ss. 713In questi termini A. ADDANTE, op. cit., p. 60.

714Soluzione quest’ultima che pare essere adottata dalla Common European Sales Law.

715 A riguardo il considerando 22 modificato a mezzo dell’emendamento 12 del parlamento europeo prevede che l’intenzione di volersi avvalere del regolamento opzionale sia contenuta in una dichiarazione separata che viene a far parte di un accordo scritto dalle parti. Il tema parrebbe quello di verificare se si debbano considerare in due negozi come assolutamente collegati ovvero si possa adottare la regolamentazione europea proprio sulla base di questo specifico accordo, anche per il caso di mancata stipulazione del contratto principale.

la proposta non abbia considerato come immanente all’articolato il principio di buona fede716 nelle trattative contrattuali.

A questa considerazione deve opporsi, oltre le valutazioni già espresse, principalmente la considerazione del carattere generale della previsione dell’art. 2 CESL, malgrado l’intento limitatorio dell’emendamento parlamentare, che consentirebbe un’applicazione estensiva del principio anche alla fase della quale ci stiamo occupando; in secondo luogo meritano di essere riprese le riflessioni già richiamate con specifico riferimento ai potenziali effetti distorsivi che l’applicazione del principio potrebbe avere sulla certezza del diritto e quindi sulla realizzazione degli scopi ultimi che i progetti di uniformazione o armonizzazione si sono posti e si pongono.

Per meri cenni le diverse interpretazioni che il principio di buona fede potrebbe avere da parte delle corti interne rischierebbero di vanificare le istanze di armonizzazione delle soluzioni giuridiche ai fini della consolidazione di un mercato unico funzionale all’agevolazione degli scambi commerciali fra gli stati membri717.

Funzione di supporto all’attività delle corti interne avrebbe la Corte di Giustizia che, sulla scia della competenza individuata dall’art. 234 (ex 177) del Trattato, dovrebbe concretizzare le clausole generali, in modo da rendere possibile la formazione di un autonomo diritto privato europeo718.

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