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Strumenti di uniformazione giuridica internazionale: la responsabilità

Cap I: Spunti di riflessione dai sistemi di common law

7. Strumenti di uniformazione giuridica internazionale: la responsabilità

precontrattuale nella Convenzione di Vienna e nei Principi UNIDROIT.

Prima di verificare cosa la proposta di regolamento avente ad oggetto la vendita europea (CESL) abbia riservato in termini di disciplina e di temi affrontati rispetto all’istituto della responsabilità precontrattuale643, al fine di collocare la figura in un contesto più ampio, occorre porre l’attenzione su alcuni processi di uniformazione giuridica internazionale e su

640E’ stato posto in evidenza come “alle previsioni del Draft Common Frame of Reference concernenti gli

obblighi di informazione e in particolare i rimedi per la loro violazione la dottrina tende in generale a riconoscere il merito di essere andate oltre il semplice rinvio alle legislazioni nazionali”: in questo senso R.

ALESSI, Gli obblighi di informazione tra regole di protezione del consumatore e diritto contrattuale

europeo uniforme e opzionale, in Europa e diritto privato, 2013, p. 340 e ss.

641La disposizione letteralmente recita “if a business has failed to comply with any duty imposed by the preceding Articles of this Sections and a contract has been cocnluded, the business has such obligation under the contract as the other party has reasonably expected as a consequence of the absence or incorrectness of the information”.

642Per una distinzione fra la previsione richiamata in tema di DRAFT e l’art. 1340 del codice civile cfr. le osservazioni di E. LUCCHINI GUASTALLA, Marketing and Precontractual Duties nel Draft Common

Frame of Reference, cit., p. 153 e ss.; sul tema della clausole d’uso ex multis, G. GITTI, Le clausole d’uso come fonti del diritto, in Riv. Dir. Civ., 2003, I, p. 115 e ss. Appare evidente che la distinzione fra le due

fattispecie - quella interna e quella prevista dal documento di armonizzazione- risiede nel fatto che la determinazione del contenuto del contratto è effettuata in un caso sulla base di quanto sia o meno usuale per quel dato tipo di contratto; nell’altro caso su un criterio, che potremmo dire più soggettivo, basato su quanto la controparte si sarebbe ragionevolmente attesa, indipendentemente dal fatto che quel contenuto sia considerato o meno usuale.

643In argomento cfr. le considerazioni di P. GILIKER, Pre-contractual Good Faith and the Common

come gli stessi abbiano trattato il tema dell’illecito precontrattuale.

Al di là delle letture offerte dal formante dottrinale e sulle quali ci soffermeremo subito a seguire, la Convenzione di Vienna non pare contenere, al suo interno, alcun riferimento esplicito al tema oggetto di riflessione.

La CISG, nella sezione dedicata alla formation of contract, tralascia la questione relativa ai profili patologici derivanti dalla violazione di regole comportamentali nella fase precedente la conclusione del contratto644; si limita a disciplinare aspetti e criteri che attengano i profili identificativi dell’avvenuta o meno conclusione del contratto.

La rilevanza della scelta operata sul tema dalla Convenzione assume particolare rilievo in ragione del fatto che essa, per effetto dell’adesione da parte degli stati firmatari, ha assunto il ruolo di legge uniforme.

Occorre tuttavia osservare che – analogamente a quanto rilevato per i sistemi di common

law, nei quali le declamazioni di principio non vanno sempre di pari passo alle soluzioni

concretamente adottate – malgrado l’assenza di un concreta disciplina della fase precontrattuale, il formante dottrinario645 impiega alcuni espliciti riferimenti contenuti nella CISG al fine di confermare la presenza dell’istituto della responsabilità precontrattuale nel documento normativo.

In particolare si è concentrata l’attenzione sull’art. 7 che, sebbene non faccia riferimento al concetto di buona fede quale principio inclusivo dei doveri precontrattuali, esplicitamente afferma:“(1) Nella interpretazione della presente Convenzione si deve aver riguardo al

suo carattere internazionale, e alla necessità di promuovere l’uniformità della sua applicazione e l’osservanza della buona fede nel commercio internazionale. (2) Le questioni concernenti materie disciplinate dalla presente Convenzione che non sono espressamente risolte da essa devono essere risolte in conformità con i principi generali

644Malgrado questo, come ricorda la dottrina interna “la CISG è stata addirittura presa a modello dai primi

compilatori di principi di diritto europeo dei contratti, proprio perché primo esempio di un diritto uniforme particolarmente riuscito, basato anch’esso sul metodo comparatistico, ma caratterizzato soprattutto dal suo taglio pragmatico”; sul punto M. MELI, op. cit., p. 199 e ss.

645Per un quadro delle diverse impostazioni dottrinarie D. M. GODERRE, “International Negotiations Gone Sour: Pre-contractual Liability under the United Nations Sales Convention”, 66 U.Cincinnati Law Review

sui quali essa si basa, ovvero, in mancanza di tali principi, in conformità con la legge applicabile in virtù delle norme di diritto internazionale privato”.

La soluzione adottata è stata quindi quella dell’impiego del principio della buona fede, non come regola avente carattere sostanziale, ma come disposizione volta ad orientare modelli interpretativi relativi alla complessa strutturazione del materiale offerto dalla Convenzione. Si tratterebbe di una soluzione di compromesso fra le differenti anime emerse all’interno della Commissione di redazione, riconducibili nella sostanza a due differenti impostazioni: la prima, quella espressione delle istanze proprie dei Paesi di Civil Law, secondo cui anche all’interno delle regole di uniformazione giuridica internazionale sarebbe ravvisabile la sussistenza di un principio di buona fede quale modello regolatore – nel senso di previsione avente carattere sostanziale - della fase c.d. pre-contrattuale.

L’impostazione dei Paesi di Common Law si palesava, invece, attraverso la negazione esplicita della sussistenza del medesimo principio, in quanto estraneo alla tradizione culturale giuridica espressa da questi modelli646.

Abbiamo già accennato in diversi punti della trattazione al differente atteggiamento che i diversi sistemi o gruppi di sistemi riservano alle clausole generali come tecniche di normazione.

Il testo della disposizione ha dato luogo così a diverse interpretazioni, alcune basate su meri riferimenti letterali che di fatto tenderebbero a escludere ogni rilevanza del modello della buona fede quale strumento produttivo di doveri riconducibili alla fase precontrattuale.

Con diversità di sfumature, altre letture tendono invece a conferire rilievo al principio di buona fede, mantenendo sempre un’interpretazione letterale della disposizione e valorizzando invece il ruolo dei principi generali sottesi al diritto internazionale; ovvero a estendere il valore precettivo della disposizione, disancorandolo dal mero riferimento alla funzione di sostegno per il giudice ai fini dell’interpretazione della Convenzione, con

646In argomento cfr. E. A. FARNSWORTH,“Problems of Unification of Sales Law from the Standpoint of the

Common Law Countries”, in 7 Digest of Commercial Laws of the world, 1980, p. 19; P. J. POWERS,

“Defining the Indefinable: Good Faith and the United Nations Convention on Contracts for the International

l’effetto di ampliare il riferimento soggettivo del dovere di buona fede ai contraenti nelle differenti fasi contrattuali, anche in quella precontrattuale647.

8. (segue) I Principi UNIDROIT e la culpa in contrahendo.

Anche nel contesto della disciplina dei contratti commerciali internazionali si è storicamente affermato il principio generale di buona fede con una vigenza che si estende alla fase delle trattative precontrattuali: questo principio si estrinseca essenzialmente pel tramite della previsione di una pluralità di sanzioni derivanti dalla sua violazione648.

L’affermazione del principio trova un’espressa conferma nella giurisprudenza arbitrale internazionale649: in particolare, e qui per meri cenni, il lodo n. 2508 del 1976 e il lodo n. 2291 del 1975 affermano l’obbligo di lealtà nelle trattative650.

Il formante giurisprudenziale pare conformare l’opera dei redattori dei c.d. Principi UNIDROIT; l’art. 2.1.15 - malgrado affermi la regola per cui il principio di libertà contrattuale si esplichi anche in senso negativo come libertà per i contraenti di non addivenire alla conclusione del contratto - esprime, al contempo, il divieto di condurre o interrompere le trattative in mala fede.

Anche in questo contesto, come per altri strumenti, la tecnica di bilanciamento degli interessi impone di porre un limite alla libertà di contrarre, anche nella sua accezione negativa, al fine di evitare che la medesima libertà si tramuti in arbitrio.

La sanzione per la violazione di tale divieto è rappresentata dalla responsabilità per le perdite cagionate a controparte, eccezione fatta per gli expectation interests651.

647Per un quadro delle diverse posizioni riassunte dalla tassonomia richiamata ed espresse dalla dottrina sul punto, cfr. per tutti, D. M. GODERRE, International Negotiations Gone Sour: Pre-contractual Liability

under the United Nations Sales Convention”, cit., p. 274 e ss.

648Fra queste, per citarne alcune, possiamo fare riferimento al recesso delle trattative, imposizioni di penali, risarcimento del danno e obbligo di riprendere le trattative.

649In argomento, A. FRIGNANI, M. TORSELLO, Il contratto internazionale – Diritto comparato e prassi

commerciale, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F.

GALGANO, Padova, 2010, p. 161 e ss. 650In JDI, 1977, p.943; JDI, 1976, p. 989.

Il commento all’art. 2.1.15 conferma l’importanza del ruolo giocato dai doveri di informazione nel contesto della responsabilità precontrattuale e ancor prima dei doveri che caratterizzerebbero la fase precontrattuale: si afferma infatti che “quando una parte

deliberatamente o per negligenza ha ingannato l’altra parte sulla natura o sulle condizioni del contratto proposto, vuoi travisando, vuoi non rilevando fatti che, per la qualità delle parti e/o la natura del contratto, avrebbero dovuto essere rilevati” può sorgere una

concreta ipotesi di responsabilità precontrattuale per trattative condotte in mala fede652.

I Principi UNIDROIT dedicano anche una particolare disciplina all’obbligo di riservatezza: in particolare l’art. 2.1.16 dispone che in caso di rivelazione di un’informazione riservata, la parte che riceve l’informazione ha l’obbligo di non divulgare l’informazione o di non utilizzarla in modo scorretto a proprio vantaggio653.

Rinviamo anche rispetto a questo aspetto, alle osservazioni che abbaimo dedicato al tema durante la trattazione istituzionale della figura della responsabilità precontrattuale.

UNIDROIT su contratti commerciali internazionali, in BONELL, BONELLI (a cura di ) Contratti commerciali internazionali e Principi UNIDROIT, Milano, 1997, p. 143.

652Sul punto cfr. A. FRIGNANI, M. TORSELLO, op. cit., p. 163.

Cap. III: Proposta di regolamentazione sulla vendita europea (CESL) e

disciplina degli illeciti precontrattuali.

Sommario:1.La Common European Sales Law: l’iter della proposta. 2.La responsabilità

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