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Ovunque il domestico è meno libero del padrone, ci sono degli abusi.

Il clima politico però sta cambiando. Le rivendicazioni dei diritti da parte dei dome- stici si infittiscono, il fronte che li vuole esclusi comincia a cedere, i discorsi di aper- tura nei loro confronti si moltiplicano. L’8 settembre 1792, negli atti parlamentari è registrata la lettura di un appello di un certo signor Picho, il quale, a «nome di tutti i cittadini in stato di domesticità», chiede che «l’uguaglianza degli uomini sia comple- ta e che la numerosa classe delle persone di servizio possa godere, come tutti gli altri membri del corpo sociale, di tutti i diritti inalienabili e imperscrittibili dell’uomo»141. Soprattutto, in questa fase di straordinaria accelerazione dell’elaborazione politica, si fa strada la convinzione che, in uno stato libero, le relazioni sociali che implicano forme di dipendenza tali da impedire la libertà di scelta semplicemente non siano possibili. Si tratta di un mutamento di prospettiva radicale, che implica il supera- mento di uno dei pilastri ideologici di quell’antico regime che la Rivoluzione sta ab- battendo. Durante la seduta della Convenzione del 7 novembre, viene messa agli atti

138 Il nome tedesco è Johann Baptist Hermann Maria Baron de Cloots (1755-1794). Tra i profili più recenti cfr.

R. MORTIER, Anacharsis Cloots ou l’utopie foudroyée, Paris, Stock, 1995; F. LABBÉ, Anacharsis Cloots, le Prussien francophile: un philosophe au service de la Révolution française et universelle, Paris-Montréal, l’Harmattan, 1999; A. BEVILACQUA, Conceiving the Republic of Mankind: The Political Thought of Anacharsis Cloots, «History of European Ideas», 38/2012, pp. 550-569. Cloots fu ghigliottinato il 24 marzo 1794 insieme a Hébert e altri hébertisti.

139 AP, tome XLIX, p. 10 (26 agosto 1792) e p. 41 (27 agosto 1792). 140

AP, tome XLIX, p. 355 (5 settembre 1792).

141

AP, tome XLIX, p. 463, Adresse du sieur Picho, au nom de tous les citoyens qui sont en état de domesticité, «qui demande que l’égalité des hommes soit entière et que la classe nombreuse des gens de service puisse, comme tous les autres membres du Corps social, jouir de tous les droits inaliénables et imprescriptibles de l’homme».

una lunga lettera dello scrittore e futuro diplomatico americano Joel Barlow sui di- fetti della costituzione del 1791 e sugli emendamenti da apportarvi. A proposito dell’esclusione dei domestici dal voto, Barlow sostiene di essere pienamente convin- to che:

«l’Assemblea aveva torto a supporre che lo stato di domesticità dovesse privare l’uomo di tutti i suoi diritti di uomo libero. [Tale supposizione] è ancora un residuo delle idee che l’antico regime aveva ispirato all’Assemblea. Nel caso in cui il domestico dipenda comple- tamente dal capriccio del suo padrone per quel che riguarda la conservazione del posto, e di conseguenza, il sostentamento [lett. pain], in tal caso, dico, l’argomento secondo il qua- le il domestico non sarebbe in grado di avere una volontà propria e si lascerebbe influen- zare dal padrone nel dare il voto ha molta forza. Ma allorché ogni uomo sarà assolutamen- te libero di scegliere una professione qualunque, essendo ogni tipo di industria ugualmen- te incoraggiata e remunerata, e particolarmente quando ogni uomo sarà ben istruito circa i suoi doveri e i suoi diritti – cosa che certamente sarà conseguenza di questo sistema al quale voi [legislatori] avete dato inizio –, tali argomenti crolleranno insieme al sistema che difendono. Il domestico e il padrone, benché non siano affatto eguali quanto a fortuna e talenti, possono essere perfettamente eguali quanto a libertà e virtù. Ovunque il domestico dipenda dal padrone più di quanto il padrone dipenda dal domestico, nel sistema politico

[gouvernment] c’è qualcosa di sospetto»142.

Il 15 febbraio 1793, Condorcet, a nome del «comité de Constitution»143, dà lettura del Rapport contenant l’exposition des principes et des motifs du plan de ce comité sur

le nouveau pacte social, il rapporto, cioè, relativo al progetto della costituzione gi-

rondina di cui sarebbe stata approvata solo la dichiarazione dei diritti. In esso non mancano argomenti simili a quelli portati da Barlow. In particolare, si spiega che, se-

142

AP, tome LIII, pp. 286-297, Lettre à la Convention nationale sur les vices de la Constitution de 1791 et sur l’étendue des amendements à y porter, pour lesquels cette Convention a été convoquée, par Jorl [sic] Barlow...: «l’Assemblée avait tort en supposant que l’état de domesticité dut priver l’homme des droits d’un homme libre. C’est encore un reste des idées que l’ancien régime lui avait inspirées. Dans les cas où le domestique dépend absolument du caprice de son maître pour conserver sa place, et par conséquent, son pain, dans ce cas-là, dis-je, il y a, en vérité, grande force dans l’argument: que le domestique ne saurait avoir une volonté à lui, et qu’il donnera ses suffrages sous l’influence de son maître. Mais lorsque tout homme sera absolument libre d’adopter une profession quelconque, toute espèce d’industrie étant également encouragée et récom- pensée, et particulièrement lorsque tout homme sera bien instruit sur ses devoirs et ses droits, ce qui cer- tainement sera la conséquence de ce système que vous avez commencé, de tels arguments s’écrouleront avec le système qu’ils défendent. Le domestique et le maître, quoique point égaux, quant à la fortune et aux ta- lents, peuvent être parfaitement égaux quant à la liberté et à la vertu. Partout où le domestique dépend plus de son maître, que le maître ne dépend du domestique, il y a quelque chose de louche dans le gouverne- ment» (pp. 291-292). La lettera è datata Londra, 26 settembre 1792.

143

Si tratta del Comité des Neuf creato nel settembre 1792 e formato da Sieyès, Brissot, Pétion, Vergniaud, Gensonné, Thomas Paine, Barrère, Danton e Condorcet.

condo alcuni pubblicisti, devono godere dei diritti politici solo i cittadini in grado di esercitarli al meglio in vista dell’interesse generale; altri pubblicisti sono schierati a favore di una completa eguaglianza tra gli individui. Tutti i «popoli liberi» hanno sempre seguito la prima opinione e così ha fatto la costituzione del 1791. La seconda opinione, tuttavia, riporta Condorcet, «ci pare più conforme alla ragione, alla giusti- zia e anche a una politica veramente illuminata». E poi i membri del comitato «non hanno creduto che fosse legittimo sacrificare un diritto naturale» «a delle considera- zioni la cui realtà è perlomeno incerta». E comunque, da un lato in un regime politi- co libero non ci possono essere forme di dipendenza estrema, dall’altro introdurre la perfetta uguaglianza politica permette di far piazza pulita di quanto resta delle vec- chie forme di dipendenza.

«La dipendenza che non permette di credere che un individuo obbedisca alla propria vo- lontà potrebbe senza dubbio essere un motivo legittimo di esclusione; ma noi non abbia- mo creduto che fosse possibile supporre l’esistenza di una tale dipendenza sotto una Costi- tuzione veramente libera, e in un popolo in cui l’amore dell’uguaglianza è il carattere di- stintivo dello spirito pubblico. Le relazioni sociali che supporrebbero una tale umiliazione non possono esistere tra noi. Infine, poiché l’intero codice delle nostre leggi consacra l’uguaglianza civile, non è meglio che l’uguaglianza politica vi regni anch’essa completa, e serva a far scomparire quel che resta di questa dipendenza, invece che consacrarla in qual-

che modo nelle nostre nuove leggi?»144.

La proposta non manca di suscitare critiche: il deputato Jean-Marie Calès sostie- ne, tra l’altro, che – poiché secondo il progetto le liste si formano al primo giro –, «non sarà possibile illuminare la coscienza dei cittadini poco istruiti, ai quali dei pa- droni privi di spirito civico o una fiducia mal riposta avranno consigliato una cattiva

144

AP, tome LVIII, pp. 583-596 per la parte letta da Condorcet, che poi, stanco, passa la parola a Barère, che continua la lettura del rapporto, in part. 594-595: «mais la seconde nous a paru plus conforme à la raison, à la justice, et même à une politique vraiment éclairée. Nous n’avons pas cru qu’il fût légitime de sacrifier un droit naturel [...] à des considérations dont la réalité est au moins incertaine». «La dépendance qui ne per- met pas de croire qu’un individu obéisse à la volonté propre, pourrait sans doute être un motif légitime d’exclusion; mais nous n’avons pas cru qu’il fût possible de supposer l’existence d’une telle dépendance sous une Constitution vraiment libre, et chez un peuple où l’amour de l’égalité est le caractère distinctif de l’esprit public. Les relations sociales qui supposeraient une telle humiliation ne peuvent subsister parmi nous. Enfin, puisque le code entier de nos lois consacre l’égalité civile, ne vaut-il pas mieux que l’égalité po- litique y règne aussi toute entière, et serve à faire disparaitre ce qui reste de cette dépendance, au lieu de la consacrer en quelque sorte dans nos lois nouvelles?».

scelta»145. Il nuovo sistema elettorale proposto e la previsione che i domestici non possano votare «ha già fatto dire e scrivere a molti che il progetto del comitato favo- rirebbe i ricchi a danno dei poveri», nota il deputato Durand Maillone. Egli, tuttavia, dopo aver esaminato in modo approfondito tale critica, si dice convinto che sia giu- sto dare il voto anche ai domestici. Di più: la scelta di «ristabilire tutti i francesi, sen- za distinzione, nella pienezza dei loro diritti civili e politici» è una «conseguenza ne- cessaria dei nuovi principi»146. Non è l’unico a riflettere attentamente in merito. C’è addirittura chi ammette di aver cambiato idea e di essersi persuaso che l’argomento secondo il quale i domestici sarebbero influenzabili dai padroni più facilmente di ogni altra classe cittadini è sbagliato: i domestici che vivono nella casa padronale, di solito celibi, sono anzi più indipendenti di altre persone di servizio e dei lavoratori che, essendo sposati con famiglia, per paura di perdere il lavoro possono essere me- no in grado di esprimere le loro opinioni147. Pierre Claude François Daunou interpre-

145

AP, tome LXII [questo il numero indicato sul frontespizio, ma il volume è schedato alla Bibliothèque Nationale come tome 57], (17 aprile 1793), pp. 319-325, Notes de Jean-Marie Calès, député de la Haute- Garonne, sur le plan de Constitution présenté par le comité, in part. p. 321: «et comme les listes se forment au premier tour, il ne sera pas possible d’éclairer la conscience des citoyens peu instruits, a qui des maîtres inciviques ou une confiance mal basée auront conseillé un mauvais choix». Non mancano proposte che mantengono l’esclusione dei domestici, cfr., ad esempio, ivi, pp. 420-429, De la Constitution et du Gouver- nement qui pourraient convenir à la République française, par A. Guy Kersaint, député à la Convention na- tionale, in part. p. 424: «Le droit de cité [...] sera suspendu par la domesticité»; AP, tome LXIII, pp. 599-601 (29 aprile 1793), Projet de Décret sur la Constitution par le citoyen Joseph Cusset, député du département de Rhône-et-Loire, tit. II, art. 4 (p. 599): «Ne pourront voter ceux qui seront en état de domesticité».

146

AP, tome LXII [tome 57], pp. 374-407 (17 aprile 1793). Examen critique du Project de Constitution présen- té à la Convention nationale par son comité, avec un ordre nouveau dans le plan, par Durand-Maillane, dépu- té du départment des Bouches-du-Rhône, le 16 mars 1793, l’an II de la République française, in part. p. 389: «Le comité a retranché encore de la précédente Constitution l’article qui, sans priver les domestiques de leurs droits de citoyen, leur en ôtait l’exercice dans leur état de domesticité! Cela, et la nouvelle forme d’élection proposée dans le titre suivant, a déjà fait dire et écrire par plusieurs que le projet du comité fa- vorisait les riches au préjudice des pauvres. Cependant, après un examen très approfondi de ce reproche, je n’ai pu me persuader qu’il était juste; j’en dirai les raisons sous le titre suivant pour ce qui regarde la nou- velle forme d’élection; mais ici, où vient l’article des domestiques, j’observe que c’est encore par une suite ou une conséquence nécessaire des nouveaux principes, que l’on a dû rétablir tous les Français, sans dis- tinction, dans toute la plénitude de leurs droits civils et politiques».

147 AP, tome LXII [tome 57], pp. 570-574 (17 aprile 1793), Remarques sur la Constitution de 1791, par J. Smith,

traduites de l’anglais par le citoyen Mandru, in part. p. 572 (proposta di esclusione) e pp. 573-574 (ripensa- mento): «J’avais déjà mis sur le papier les remarques précédentes [che prevedevano l’esclusione dei domes- tici]; lorsque plusieurs amis, gens sages, m’ont fait sentir que l’on n’était point fondé en justice à exclure, du droit de voter dans les assemblées primaires, les serviteurs domestiques. La seule raison apparente que l’on allègue en faveur d’une semblable exclusion, c’est qu’ils sont plus exposés à l’influence de leurs maîtres

ta il rapporto tra servo e padrone come un contratto di lavoro e non come una rela- zione di dominio: un modo decisamente innovativo di considerare la questione.

«Io non escludo i servitori se riuniscono le condizioni precedenti nelle quali le leggi della natura sono riconosciute e rispettate; in questo caso lo stato di domesticità non presuppo- ne una relazione di dominio domestico [puissance domestique], ma consiste soltanto in un contratto o in una lunga serie di contratti con i quali due uomini scambiano i lavori dell’uno con qualche proprietà dell’altro, cosa che non può avere influenza sulla modalità della loro esistenza sociale. Ma i servitori darebbero il loro voto al loro padrone. Ebbene! i presunti padroni sarebbero più dolci, più giusti, più attenti, e l’ambizione imporrebbe loro un certo riguardo per la sfortuna; e, dopo tutto, quand’anche voi offriste questo mezzo di acquisire due o tre voti all’intrigo di un individuo, questo disordine è dunque così sicuro e così enorme da dover immolare i sacri diritti di parecchie migliaia di Francesi al timore che ci ispira?»148.

Sostiene una posizione simile anche Antoine-Joseph Thorillon, che era stato de- putato all’Assemblea legislativa. In un documento sottoposto alla Convenzione, si chiede in che cosa differisca il domestico da un lavoratore a giornata, da un artigia- no, da un artista e perché dovrebbe essere più schiavo di loro. Quanto alla questione dei diritti elettorali, ricorda che sarebbe contrario a ogni morale non prevedere lo scrutinio segreto, che rende impossibile sapere per chi voti ciascun elettore. Siccome

qu’aucune autre classe de citoyens. Mais c’est une objection à laquelle en répond solidement; quand on observe que les serviteurs domestiques, étant généralement célibataires, sont plus indépendants que d’autres classes de serviteurs, qui, mariés et ayant famille, peuvent être censés moins capables d’avancer leurs propres opinions, par la crainte d’un plus grand inconvénient que pourrait causer un changement de maîtres ou de situation. Tels sont les ouvriers dans les manufactures, les fermiers qui cultivent les terres, et d’autres classes de laboureurs. J’avoue que leurs arguments me paraissent d’un grand poids; et comme j’aime à embrasser toutes les classes possibles de citoyens, de manière à faire sentir à chaque classe qu’il est de son intérêt de contribuer au soutien et à la prospérité de la République et de la Constitution qu’elle se donnera, je suis porté à me ranger à leur opinion». Sulla diffusione del celibato tra i domestici cfr. R. SARTI, "All masters discourage the marrying of their male servants", pp. 417-449.

148

AP, tome LXII [tome 57], pp. 343-350, Vues rapides sur l’organisation de la République par P.C.F. Daunou, député à la Convention nationale, in part. p. 347: «Je n’exclus pas les serviteurs à gages s’ils réunissent les conditions précédentes où les lois de la nature sont reconnues et respectées, là l’état de domesticité ne suppose pas une puissance domestique, mais il ne consiste que dans un contrat ou dans une longue suite de contrats, par lesquels deux hommes échangent les travaux de l’un contre quelque propriété de l’autre, ce qui ne peut influer sur le mode de leur existence sociale. Mais le serviteur donnerait son suffrage à son maître. Eh bien! les prétendus maîtres en seraient plus doux, plus justes, plus attentifs, et l’ambition leur commanderait des égards pour l’infortune; et, après tout quand vous offririez, en effet, à l’intrigue d’un individu, ce moyen d’acheter deux ou trois suffrages; ce désordre est-il donc si certain et si énorme qu’il faille immoler à la crainte qu’il nous inspire, les droits sacrés de plusieurs milliers de Français?» (corsivo nel testo).

poi la legge deve essere espressione della volontà generale, se una classe di uomini non vi concorre, non vi può poi essere sottoposta149.

Il 29 aprile 1793, il deputato Jean-Denis Lanjuinais, a nome del comitato incarica- to di analizzare i numerosi progetti di costituzione presentati alla Convenzione, pre- senta un rapporto e propone un decreto relativo alla cittadinanza. Introduce l’argomento con alcune rapide ma illuminanti note di carattere storico. Quando si rifletta al diritto di cittadinanza, osserva, e si volga lo sguardo ai secoli passati, la tri- ste verità è che «un’aristocrazia più o meno tirannica ha, in tutti i tempi, avvolto la terra con i suoi veli funebri. Le prime pagine della storia sono insozzate da padroni e schiavi, re e sudditi». Le forme di governo non gli appaiono altro che delle «forme di schiavitù o di aristocrazia»; a suo avviso, fino al 10 agosto dell’anno precedente,

149

AP, tome LXII [tome 57], (17 aprile 1793), pp. 582-598, Idées ou bases d’une nouvelle déclaration des droits de l’homme, de celle de ses devoirs et d’une nouvelle Constitution pour la République française, où l’on traite, entre autres choses, de la liberté, de l’égalité, des insurrections, de l’éducation nationale, du Code civil, et no- tamment des enfants naturels, de l’adoption, d’une seule substitution officieuse, de l’organisation d’un nouvel ordre judiciaire, etc., par Antoine-Joseph Thorillon, électeur réuni le 14 juillet 1789 et député à l’Assemblée législative, et membre de son comité de législation, in part. pp. 593-594, che vale la pena riportare per esteso: «2° Des domestiques. Il en existe pourtant encore une [=exception] qui me blesse; c’est celle concernant ces citoyens qui travaillent dans l’intérieur des maisons et que le domus des latins nous a fait appeler domes- tiques. Je voudrais bien savoir, en bonne logique, si le citoyen qui fait mes travaux intérieurs, moyennant sa nourriture et une paye, ou moyennant une paye pour tout, comme il y en a beaucoup, est plus mon esclave que le journalier, l’artisan et l’artiste qui, moyennant une paye, me font un habit, une pendule, cultivent mon champ, bâtissent ma maison, font mon portrait? Ces derniers qui donnent au vice les traits de la ver- tu ne sont-ils pas esclaves de l’or qui en est le prix? Les juristes qui écrivent mes mensonges et les débitent, ne sont-ils pas plus esclaves que l’homme simple et pur qui reste chez moi, tant que nous nous conve- nons? Il faut tous nous entr’aider; si je vieillis dans l’ombre du cabinet, il convient que quelqu’un prépare mes restaurants. Et cet homme de qui dépend ma vie et ma fortune, ne serait point appelé à participer à l’activité publique, comme ceux qui s’occupent de nos plaisirs ou de nos affaires privées ou publiques! Cela résiste à la raison et blesse l’égalité en droit. La seule objection qui retient au premier coup d’oeil est celle que l’ouvrier de la maison ou le domestique, dans une assemblée primaire, n’osera pas refuser son suffrage. D’abord je réponds, pourquoi cet homme, libre de rester, craindrait de me refuser sa voix; et pourquoi je ne craindrais pas de ne pas lui donner la mienne? Notre commune habitation cesse lorsque l’un est mé- content de l’autre. D’ailleurs, le scrutin étant secret, rien ne dit que nous nous sommes refusés nos suf- frages. Contre toutes morales, contre la politique, établirait-on le scrutin à haute voix dans les assemblées primaires: pourquoi lui et moi, nous donnerions-nous nos voix! L’idée de faiblesse, de séduction, de servile

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