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Per cogliere appieno il radicamento delle convinzioni relative ai servi di cui sto cercando di tratteggiare caratteristiche e dimensioni, conviene ora fare un salto di circa un secolo e mezzo, passando da quel laboratorio di categorie e linguaggi politi- ci che fu la Prima Rivoluzione inglese a quell’altro fondamentale laboratorio politico che fu la Rivoluzione francese54. Al fine di valutare la tenuta di elementi tradizionali e l’emergere di elementi innovativi in un periodo tanto denso di appassionati con- fronti e violenti scontri tra “vecchio” e “nuovo”, vale la pena di seguire passo passo le discussioni relative ai domestici, al loro ruolo e al loro status. Tra le fonti possibili, mi è parso che i dibattiti parlamentari potessero costituire un osservatorio privilegia- to55. Non mancheranno, comunque, riferimenti a molte altre fonti prodotte in quel periodo di straordinaria intensificazione del confronto politico. La densità e la ric-

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Le questioni qui analizzate non sono completamente nuove né per gli storici del pensiero politico, della Rivoluzione e/o del servizio domestico, né per la sottoscritta. La ricostruzione qui proposta scende tuttavia a un livello di dettaglio particolarmente approfondito, che non mi risulta raggiunto in altri studi. In merito si veda, senza alcuna pretesa di completezza: P. ROSANVALLON, La Rivoluzione dell’uguaglianza. Storia del suffragio universale in Francia (1992), Milano, Anabasi, 1994; A. VERJUS, Les femmes, épouses et mères de citoyens ou de la famille comme catégorie politique dans la construction de la citoyenneté (1789-1848), Thèse de Doctorat d’Etudes politiques sous la direction de M. Pierre Rosanvallon, Paris, École des Hautes Études en Sciences Sociales, 1997, vol. I, pp. 224-235; A. VERJUS, Vote familialiste et vote familial. Contribution à l’étude du processus d’individualisation des femmes dans la première partie du XIXe siècle, «Genèses», 31/1998, pp. 29-47; A. TIANO, Les pratiques publiques d’exclusion depuis la Révolution française. La fin des exclusions est proche, Paris, L’Harmattan, 1999, p. 45; R. MONNIER (ed) Citoyen et citoyenneté sous la Révo- lution française, Paris, Société des études robespierristes, 2006, passim; J.P. GROSS, Domesticité, travail et citoyenneté en l’an II, (versione sintetica del successivo); J.P. GROSS, L’émancipation des domestiques sous la Révolution française, in M.BELISSA –Y.BOSC –F.GAUTHIER (eds), Républicanismes et droit naturel, Paris, Kimé, 2009, pp. 175-187; J.P. GUTTON, Domestiques et serviteurs dans la France de l’ancien régime, pp. 217- 218; S.C. MAZA, Servants and Masters in Eighteenth-Century France. The Uses of Loyalty, Princeton, Prince- ton University Press, 1983, in part. pp. 305-314; C. FAIRCHILDS, Domestic Enemies. Servants and Their Mas- ters in Old Regime France, Baltimore-London, Johns’ Hopkins University Press, 1984, pp. 229-244; C. PETIT- FRÈRE, L’oeil du maître, pp. 189-199; C. PETITFRÈRE, Liberté, égalité, domesticité, in M. VOVELLE – G. CHIANÉA (eds), Les droits de l’Homme et la conquête des libertés: des lumières aux révolutions de 1848, Grenoble, Presses Universitaires de Grenoble, 1988, pp. 249-256. Quanto ai miei studi, una primissima analisi dei temi qui analizzati risale ai tempi della mia tesi di laurea (1988). Tra i saggi in cui vi ho dedicato più attenzione cfr. R. SARTI, Quali diritti per ‘la donna’?; R. SARTI, Who are Servants?. Come accennato, una prima versione, molto più breve, della parte di questo lavoro dedicata alla Rivoluzione francese è stata inclusa nel saggio Servo e/o cittadino?.

chezza delle discussioni e degli avvenimenti fu tale che saranno necessarie non po- che pagine per darne conto.

Liberi e uguali?

«Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti. Le distin- zioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune». «Il fine di ogni as- sociazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione». I principi della dichiarazione dei diritti votata il 26 agosto 1789 non paiono lasciare spazio alle antiche gerarchie tra servi e padroni. Contrariamente alle attese, se e quando coinvolge i servi, l’enfasi sulla libertà e l’uguaglianza tipica della Rivoluzione francese si traduce invece in esiti ambivalenti. Da un lato, non mancano i tentativi di riformare i rapporti tradizionali, o addirittura di cancellarli. Dall’altro, tuttavia, come già era avvenuto durante la Rivoluzione inglese, la tradizione appare vischiosa e difficile da superare. Inoltre, quanto più si afferma l’idea che gli uomini siano liberi e uguali, tanto più i servitori sono visti con sospetto poiché accettano un rapporto asimmetrico che costituisce uno schiaffo all’uguaglianza e limita drastica- mente la loro libertà. Tali sospetti non possono peraltro che infittirsi in un’epoca du- rante la quale molti dei loro padroni finiscono per venir considerati (a torto o a ra- gione) nemici della Rivoluzione. Ce ne danno misura, anche in questo caso, le di- scussioni relative a chi debba godere dei diritti politici.

Come è noto, il 17 giugno 1789 i deputati del terzo stato agli Stati Generali (aperti in maggio), hanno dato vita, insieme a una parte del basso clero e a qualche aristo- cratico, all’Assemblea nazionale costituente, e il 20 giugno, riuniti nella sala della pallacorda, hanno giurato di non separarsi fino a quando non avranno dato una co- stituzione al paese. Il 14 luglio, lo stesso giorno della presa della Bastiglia, l’Assemblea nazionale elegge un comitato di otto membri con il compito di prepara- re il testo della costituzione. Il 29 settembre, Jacques-Guillaume Thouret, a nome di tale comitato, presenta un rapporto all’Assemblea nazionale relativo alle basi della rappresentanza. Il comitato propone, tra i requisiti necessari per partecipare alle as- semblee primarie, quello «di non essere, per il momento, in uno stato servile (1), vale

a dire in rapporti personali assolutamente incompatibili con l’indipendenza necessa- ria all’esercizio dei diritti politici»56. E una nota spiega che non ci si riferisce allo sta- to servile delle antiche manimorte, la servitù delle quali è stata abolita con il decreto dell’Assemblea nazionale del 4 agosto – cioè il decreto che ha cancellato i diritti feu- dali57. Detto altrimenti, il rapporto servo-padrone continua ad apparire incompatibi- le con l’indipendenza di cui, così si pensa, il cittadino deve disporre per operare scel- te autonome. E questo anche in un mondo che sta cercando di eliminare le relazioni sociali che implicano strutturalmente la disuguaglianza degli individui, in particolare quelle feudali. Ecco allora che il principio proposto dal comitato viene accettato, e nelle sedute successive si lavora a migliorarne la formulazione.

Il 27 ottobre, Jérôme Pétion de Villeneuve ricorda che il comitato ha proposto la formulazione «N’être pas dans une condition servile», mentre in un’altra seduta se ne è suggerita una diversa: «N’être pas dans un état de domesticité». Le due espres- sioni necessitano, a suo avviso, di qualche chiarimento: «Con domestique, si inten- dono i commensali, quali gli istitutori, segretari, bibliotecari, etc., e con serviteur, co- lui che attende a opere servili. Quest’ultimo non può essere eletto, ma questa esclu- sione non si deve estendere ai commensali»58. Anche Mirabeau distingue tra dome-

sticité e état servile59. Bertrand Barrère de Vieuzac sostiene che il termine domesti-

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Archives Parlementaires de 1787 à 1860: recueil complet des débats législatifs et politiques des Chambres françaises. Première série, 1787 à 1799, Paris, P. Dupont, puis CNRS, 1867- (d’ora in poi AP), tome IX, p. 204: «Le comité propose que les qualités nécessaires pour entrer, à titre de citoyen actif, dans l’assemblée pri- maire de son canton, soient: [...] 5e de n’être pas pour le moment, dans un état servile (1), c’est à-dire, dans des rapports personnels, trop incompatibles avec l’indépendance nécessarire [sic] à l’exercice des droits po- litiques». Ove non diversamente indicato, le traduzioni dagli atti parlamentari sono mie. Si noti che, nel 1789, in occasione delle elezioni degli Stati generali, i domestici erano stati di fatto esclusi dal voto. Le con- dizioni di acceso alle assemblee primarie prevedevano infatti, accanto a un’età minima di 25 anni, l’obbligo di essere domiciliati e iscritti nei ruoli delle imposte, condizioni che tagliavano fuori i domestici. A Parigi inoltre era prevista l’ulteriore condizione di pagare un testatico (capitation) di almeno 6 livres; cfr. C. PE- TITFRÈRE, L’oeil du maître, p. 191.

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AP, tome IX, p. 204, nota 1: «L’état servile, exclus ici, ne peut pas s’entendre, sous aucun rapport, des an- ciens main-moriables, dont la servitude a d’ailleurs été abolie par le décret de l’Assemblée nationale du 4 août dernier».

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AP, tome IX, p. 589, corsivo nel testo: «Par domestique, on entend les commensaux, tels que les institu- teurs, secrétaires, bibliothécaires, etc., et par serviteur, celui qui vaque à des œuvres serviles. Celui-ci ne peut être élu; mais cette exclusion ne doit pas s’étendre aux commensaux».

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que, allora comunissimo in Francia, va evitato; quelli che devono essere esclusi per-

ché «privi di una volontà libera e indipendente», sono – pure per lui – i servitori sala- riati60:

«lo stato di servitore salariato [serviteur à gages] comprende [...] la classe degli individui che devono essere esclusi dalla rappresentanza politica, perché i servitori salariati non hanno una volontà propria libera e indipendente, quale è necessaria per l’esercizio del di- ritto di cittadinanza. La definizione di domestico [domestique], più vicina alla definizione colloquiale, è una parola vaga, la cui accezione è troppo ampia. Domesticità e domestici comprendono, in effetti, nel linguaggio giuridico [l’idiome des lois], una folla di cittadini ri- spettabili che non è vostra intenzione privare dell’esercizio dei diritti politici. I domestici sono quelli che vivono nella stessa casa e mangiano alla stessa tavola senza essere servito-

ri»61.

Evidentemente, a suo avviso, i servitori non sono cittadini rispettabili. Sono loro quelli che l’esclusione deve espressamente colpire, gli individui impiegati nei servizi personali e domestici, oppure in attività servili nel mondo produttivo («les individus attachés aux personnes des citoyens, aux valets de service, aux valets laboreurs et aux

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Il termine francese gages, che al singolare significa pegno, garanzia, al plurale indica il tipo di pagamento specifico dei domestici: «Au plur. somme que l’on donne à un domestique pour paiement de ses services». La locuzione à gages indica «qui est payé pour remplir tel ou tel rôle»: ad esempio «tuer à gages», cfr., ad vocem, P. ROBERT, Dictionnaire alphabétique et analogique de la langue française, vol. 3, Casablanca, Société du Nouveau Littré – Paris, Presses Universitaires de France, 1957. Spiega P. ROSANVALLON, La Rivoluzione dell’uguaglianza, p. 127: «La natura giuridica del soldo quale categoria di rimunerazione esprime bene la peculiarità della condizione di domestico. Mentre il salario costituisce il prezzo di un lavoro chiaramente identificato, il soldo è il compenso per una messa a disposizione della persona». Vedasi anche M. SONENSCHER, Work and Wages. Natural Law, Politics and the Eighteenth-Century French Trades (1989), Cambridge, Cambridge University Press, 2011, p. 70. In francese, i termini domestiques e salariés tenden- zialmente identificano due gruppi diversi, cfr., ad esempio l’uso di questi due termini da parte di D. ROCHE, Il popolo di Parigi. Cultura popolare e civiltà materiale alla vigilia della Rivoluzione (1981), Bologna, il Muli- no, 1986. Tuttavia, sebbene la locuzione “al soldo di” sia quella che teoricamente rende meglio il concetto espresso dalla locuzione à gages, resta il fatto che nell’italiano settecentesco-ottocentesco la locuzione “al soldo” non era usata in riferimento ai domestici, mentre erano comuni le definizioni di “domestici salariati” e “servitori salariati” che avevano significato analogo a domestiques à gages e serviteurs à gages. Nel rendere in italiano tali termini ricorrerò pertanto sia alla locuzione “domestici salariati” e “servitori salariati” sia alla locuzione “al soldo di”, indicando comunque sempre tra parentesi il termine originale. Talvolta lascerò il termine à gages in francese.

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AP, tome IX, p. 590, corsivo nel testo: «l’état de serviteur à gages comprend [...] la classe des individus qui doivent être exclus de la représentation politique, parce que les serviteurs à gages n’ont pas une volonté propre, libre et indépendante, telle qu’elle est nécessaire pour l’exercice du droit de cité. Le nom de domes- tique, plus rapproché de l’expression vulgaire, est un mot vague dont l’acception est trop étendue. Domesti- cité et domestiques comprennent, en effet, dans l’idiome des lois, une foule de citoyennes respectables que votre intention n’est pas de priver de l’exercice des droits politiques. Les domestiques sont ceux qui vivent dans la même maison et mangent à la même table sans être serviteurs».

valets vignerons»). Essa non deve affatto toccare, invece, «les fermiers particuliers et les colons partiaires», dunque i contadini proprietari e i coloni, uomini utili e neces- sari, che non possono certo essere annoverati tra i dipendenti la cui volontà non è libera62. Il marchese di Foucault sottolinea che vignaioli, coloni e mezzadri («les vi- gnerons, les colons, les métayers») non devono essere esclusi, a meno che non siano al soldo (à gages) di qualcuno. Tutte queste precisazioni rivelano quale confusa ne- bulosa potesse evocare il termine domestique63. Torneremo più avanti sul tema. Con- centriamo ora invece l’attenzione sul dibattito relativo all’esclusione. Camus propo- ne di escludere solo i servitori à gages privi di un domicilio personale; de La Ville-au- Bois non è d’accordo a distinguere tra domestici e servitori e suggerisce di escluderli entrambi, ricordando che le ordinanze reali non li ammettono a molte funzioni civi- li; un deputato non meglio identificato consiglia di usare l’espressione «domesticité servile»64. La versione definitiva, approvata quello stesso 27 ottobre 1789, pare una soluzione di mediazione che non recepisce la distinzione ma, al contrario, fonde le due proposte iniziali assimilando domestici e servitori salariati. Eccola: «N’être pas dans un état de domesticité, c’est-à-dire serviteur à gages»65. Permangono tuttavia difficoltà interpretative: il 20 marzo 1790, pertanto, il deputato Target propone ulte- riori specificazioni e si approva il seguente articolo: «Non saranno considerati dome- stici o servitori salariati (à gages), gli intendenti o amministratori, gli ex-feudisti, i segretari, i carrettieri o capofattori impiegati dai proprietari, fittavoli o mezzadri, se

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AP, tome IX, p. 590, corsivo nel testo: «Il faut que l’exclusion de la loi frappe expressément sur les servi- teurs à gages, ce qui comprendra les individus attachés aux personnes des citoyens, aux valets de service, aux valets laboureurs et aux valets vignerons. Mais il faut bien distinguer de cette classe les fermiers parti- culiers et les colons partiaires. Ces hommes utiles et nécessaires, qui exercent le premier des arts, ne peu- vent pas être compris parmi ces hommes dépendants, dont la volonté n’est pas libre».

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Ibidem. Cfr., per esempio, Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, vol. V, 1755, p. 29, voce «Domestique». Si veda anche R. SARTI, Who are Servants?.

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AP, tome IX, p. 590. 65

Ibidem. Vedi inoltre costituzione del 3 settembre 1791, tit. III, cap. I, sez. II, art. 2: «Article 2. – Pour être citoyen actif, il faut: – Etre né ou devenu Français; – Etre âgé de vingt-cinq ans accomplis; – Etre domicilié dans la ville ou dans le canton depuis le temps déterminé par la loi; – Payer, dans un lieu quelconque du Royaume, une contribution directe au moins égale à la valeur de trois journées de travail, et en représenter la quittance; – N’être pas dans un état de domesticité, c’est-à-dire de serviteur à gages; – Etre inscrit dans la municipalité de son domicile au rôle des gardes nationales; – Avoir prêté le serment civique».

peraltro presentino gli altri requisiti richiesti»66. Requisiti, è bene ricordarlo, che so- no anche di tipo censitario67.

Fino a che punto deve arrivare la sottomissione agli ordini del padro-

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