Indizione delle elezioni e convocazione dei comizi; 3.3. Ripartizione ed assegnazione dei seggi alle circoscrizioni; 3.4. Liste e candidature; 3.4.1. «Pari opportunità»; 3.4.2. Rappresentanza territoriale; 3.4.3. Sottoscrizioni; 3.4.4. Collegamenti, simboli e contrassegni; 3.5. Esame ed ammissione delle liste e ricorsi; 3.6. Schede elettorali e modalità di votazione; 3.7. Spoglio dei voti; 3.7.1. Clausola di sbarramento; 3.7.2. Assegnazione dei seggi «maggioritari»; 3.7.2.a. Abolizione della lista regionale e assegnazione del premio di maggioranza in Puglia; 3.7.2.b. Abolizione della lista regionale e assegnazione del premio di maggioranza in Toscana; 3.7.2.c. Abolizione della lista regionale e assegnazione del premio di maggioranza nelle Marche; 3.8. Un quadro d’insieme
3.1. PREMESSA. UN QUADRO D’INSIEME: I «PROBLEMI» NON RISOLTI DALLA LEGISLAZIONE STATALE E I (POSSIBILI) «OBIETTIVI» DELLE «NUOVE» LEGGI REGIONALI
Dopo aver ricostruito il quadro normativo all’interno del quale collocare la potestà legislativa in materia elettorale che l’articolo 122 della Costituzione affida alle Regioni (cap. I) e delimitato l’oggetto di tale “materia elettorale”, anche ponendolo a raffronto con la disciplina elettorale statale (cap. II), nel presente capitolo ci proponiamo di soffermarci analiticamente sulle «nuove» discipline regionali.
Invero, al solo fine di individuare l’oggetto specifico del nostro lavoro, abbiamo già iniziato ad anticipare alcuni aspetti delle «nuove» leggi elettorali e, in particolare, ne abbiamo più volte evidenziato il carattere talvolta meramente modificativo ed integrativo rispetto alla disciplina statale.
Benché, dunque, spesso le normative regionali non siano discipline organiche, ma mere novelle della legge n. 108 del 1968 (e delle successive modifiche), ci sembra che i mutamenti dei meccanismi e dei procedimenti di voto siano in grado
di produrre sul procedimento elettorale e sul funzionamento dell’intero sistema politico-istituzionale cambiamenti, comunque, meritevoli di attenzione.
Ecco perché nell’esposizione che segue proveremo a svolgere una ricognizione e, poi, un’analisi delle novità regionali, volta ad indagare gli effetti (desiderati o indiretti) che le stesse hanno prodotto (o dovrebbero produrre) una volta applicate.
Nell’analisi che segue è bene ricordare che terremo, anzitutto, conto delle due discipline organiche (quelle delle Regioni Toscana e Marche1), nonché delle riforme elettorali «minori», ossia di Calabria, Lazio e Puglia. Ai soli fini metodologici, prima di procedere, ci sembra utile chiarire che l’approccio che si è scelto è quello di un’analisi non per disciplina, ma per “fasi”. In altre parole, tenteremo di analizzare i sistemi elettorali nelle loro singole parti o, meglio, cercheremo di “scomporre” il momento elettorale (inteso nel suo complesso, e dunque come formula e procedimento) e di evidenziare di volta in volta gli aspetti di novità (talvolta, dove possibile, supportando la comparazione fra sistemi con i dati delle ultime consultazioni regionali)2.
1 Ricordiamo che nella Regione Marche, il nuovo statuto era stato approvato in seconda lettura il 4
dicembre 2004, ed è entrato in vigore tre mesi dopo, decorso il termine previsto dall’art. 123 della Costituzione per la promozione di un eventuale referendum. Il Consiglio regionale delle Marche aveva approvato una nuova legge elettorale il 16 dicembre 2004, ma la legge è stata impugnata dal Consiglio dei Ministri, il 28 gennaio 2005, sulla base di motivazioni che riprendevano la sentenza n. 196/2003 della Corte Costituzionale, relativa alla Regione Abruzzo. Tale sentenza aveva valutato gli effetti derivanti, sulla potestà legislativa delle Regioni in materia di sistema elettorale, dalla mancanza di un nuovo statuto. La Corte, in quell’occasione, affermava testualmente essere «esigui gli spazi entro cui può intervenire il legislatore regionale in tema di elezione del Consiglio, prima dell’approvazione del nuovo statuto», non escludendo tuttavia che le Regioni potessero modificare la disciplina delle leggi statali vigenti, purché tali modifiche riguardassero «aspetti di dettaglio». Il Consiglio regionale delle Marche prendeva atto dell’impugnazione governativa e, con la l. r. n. 5 del 1° febbraio 2005, stabiliva che la nuova legge elettorale regionale sarebbe stata applicata dopo l’entrata in vigore del nuovo statuto, e quindi con le elezioni regionali successive a quelle del 2005.
Nell’analisi delle discipline elettorali, invece, tralasceremo la legge elettorale della Regione Abruzzo, abrogata dal Consiglio regionale, in seguito all’impugnativa del Governo e sulla quale rinviamo a quanto già detto al § 1.4 del capitolo 1.
2 Per essere ancora più chiari, e al fine di meglio consentire una comparazione con la disciplina
statale – come già ricordato, ancora in vigore nella stragrande maggioranza delle Regioni – riprenderemo, in linea di massima, la suddivisione che abbiamo già utilizzato al capitolo II: ripartizione ed assegnazione dei seggi alle circoscrizioni; indizione delle elezioni; presentazione delle liste e delle candidature; esame ed ammissione delle liste e ricorsi; schede elettorali e modalità di votazione; spoglio dei voti; operazioni dell’ufficio centrale circoscrizionale e dell’ufficio centrale regionale; clausole di sbarramento; premio - eventuale - di maggioranza. L’approccio utilizzato ci sembra, peraltro, rispecchiare un’impostazione consolidata in dottrina, secondo cui le operazioni elettorali, per loro natura, si caratterizzano anzitutto come
Al fine di meglio comprendere i motivi che hanno spinto le Regioni a muoversi in determinate direzioni, preliminarmente, ci sia consentito ricordare brevemente quelle che sono state individuate come le principali «disfunzioni» – se così si può dire – del sistema elettorale statale, perché – nella maggior parte dei casi – è proprio partendo da queste che le Regioni si sono mosse nella modifica della disciplina elettorale.
In generale, l’analisi dei risultati elettorali delle consultazioni regionali del 1995 e del 2000 ha persuaso dottrina e attori politici di un funzionamento (abbastanza) positivo della disciplina elettorale statale3. Stando ai dati delle consultazioni del 1995 e del 2000 (le due elezioni successive all’introduzione dell’elezione diretta del Presidente della Giunta), la disciplina statale di elezione dei Consigli regionali è stata considerata, per molti versi, all’altezza delle aspettative e degli obiettivi che il legislatore si era prefissato4.
A partire dalle elezioni del 1995, il sistema politico regionale sembra anzitutto aver conseguito, insieme ad un più stabile livello di governabilità5, un assetto «procedimentali», ossia composte da varie fasi e da numerosi sub-procedimenti. Così, L. CIAURRO, Elezioni. III) Elezioni politiche: operazioni elettorali (voce), in Enciclopedia giuridica, XII, 1990, p. 5, il quale nell’ordinare le fasi del procedimento elettorale, ricorda come preliminare sia la «fase preparatoria» alle procedure elettorali, durante la quale si costituiscono gli organi, si predispongono le liste elettorali, e si depositano i contrassegni e le liste dei candidati. A questa segue poi una fase che è possibile definire «costitutiva», ossia quella in cui avvengono le operazioni di voto e di scrutinio, presupposti per arrivare alla proclamazione, atto conclusivo di questa seconda fase.
3 Da ultimo, M.C.PACINI, Nuovi (e vecchi) sistemi elettorali regionali, in A. Chiaramente - G.
Tarli Barbieri (a cura di), Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, Bologna, 2007, 73.
4 Se la valutazione complessiva risulta positiva, non si possono sottacere le critiche che il sistema
elettorale ha sollevato. In questo senso, S.VASSALLO, Le giunte regionali in cerca di stabilità, in A. Chiaramonte – R. D’Alimonte (a cura di), Il maggioritario regionale, Bologna, 2000, 77, a parere del quale «non si possono, in conclusione, trarre considerazioni entusiastiche in merito all’impatto del nuovo sistema elettorale delle Regioni a statuto ordinario sulla stabilità e il ricambio delle giunte». Lo stesso A., però, evidenzia come al contempo la legge n. 43 del 1995 «ha contribuito a ridurre l’instabilità di governo, riconducendo – in misure variabili – alla logica delle coalizioni alternative sistemi partitici regionali in fase di destrutturazione».
5 Su concetto di governabilità, R. D’ALIMONTE, Il sistema elettorale: grandi premi e piccole
soglie, in A. Chiaramonte – R. D’Alimonte (a cura di), cit., 11 e 18. L’A. mette in evidenza come il concetto di «governabilità», nell’accezione corrente «è assimilato alla stabilità e indirettamente al rendimento degli esecutivi. In una accezione più ristretta, e più tecnica, si riferisce alla capacità di un sistema elettorale di produrre un risultato tale per cui ci sia sempre un vincente». A parere della stessa dottrina, invero, una maggiore governabilità è piuttosto da imputare alle innovazioni introdotte sul piano della forma di governo. Basti richiamare la forma di governo basata sul principio simul simul, insieme alla garanzia per la coalizione vincente di ottenere almeno il 55 per cento dei seggi del Consiglio, disposizioni che creano senz’altro le condizioni per una continuità
bipolare6. Accanto a due grandi coalizioni, nelle quali i partiti hanno via via imparato ad allearsi e sulle quali gli elettori hanno concentrato il loro voto, rimane però non arginato un elevato grado di frammentazione7.
Quello appena richiamato è, senz’altro, uno dei principali problemi non risolti dalla legislazione elettorale statale. A questo vanno poi ad aggiungersi una serie di ulteriori questioni: la complessità del sistema elettorale (anzitutto con riferimento ai meccanismi di assegnazione dei seggi) 8; i problemi legati al premio di maggioranza, ossia il difetto di «monotonicità»9 e la natura del «listino» regionale10; non ultimo, il problema dello «slittamento» dei seggi tra le circoscrizioni e la questione, ad esso connessa, relativa alla scarsa rappresentanza dei territori.
governativa. In questo senso, anche M.C.PACINI, Nuovi (e vecchi) sistemi elettorali regionali, in A. Chiaramente - G. Tarli Barbieri (a cura di), Riforme istituzionali e rappresentanza politica nelle Regioni italiane, cit., 73.
6 Mette bene in evidenza D’Alimonte (R. D’ALIMONTE, Il sistema elettorale: grandi premi e
piccole soglie, cit., 29) che in Italia, a tutti i livelli della rappresentanza politica, si è consolidato un «modello di bipolarismo frammentato basato su due coalizioni catch-all, coalizioni “achiappatutto”». E’ forse ancora troppo presto per tirare delle conclusioni, ma probabilmente questa affermazione andrà verificata alla luce delle ultime consultazioni nazionali dello scorso aprile.
7 E’ bene, comunque, evidenziare fin da subito che la riduzione della frammentazione partitica non
era certo uno degli obiettivi che il legislatore statale del 1995 si era prioritariamente posto. Al contrario, probabilmente perché «congeniale alla realtà politica italiana», la legge n. 43 del 1995 contiene una serie di elementi che alimentano la frammentazione, non ultimo le soglie di sbarramento previste. P. FELTRIN - D. FABRIZIO, Questioni di soglia: sistemi elettorali e comportamento strategico degli attori partitici, in S. Amorosino – G. Morbidelli – M. Morisi (a cura di), Istituzioni, mercato e democrazia: liber amicorum per gli ottanta anni di Alberto Predieri, Torino, 2002, 205 e ss; R. DE LUCA, I sistemi elettorali regionali: effetti e comportamenti di voto, Paper presentato al Convegno annuale della Sisp, Cagliari, 21-23 settembre 2005.
8 M.GIAMPIERETTI, Sistemi elettorali regionali: le riforme possibili, in L.CARLASSARE –A.DI
BLASI –M.GIAMPIERETTI, La rappresentanza democratica nelle scelte elettorali delle Regioni, Padova, 2002, 79 e ss. A parere dell’A. il sistema delineato dalla legge n. 43 del 1995 «tende a confondere l’elettore e a condizionarne in un certo senso le scelte».
9 Il riferimento è all’effetto che talvolta consegue dall’attribuzione del premio di maggioranza, che
in taluni casi consente ad una coalizione di conseguire più seggi avendo meno voti. Già all’indomani dell’approvazione della legge n. 43 del 1995, in dottrina (A. DI GIOVINE – S. SICARDI, Sistema elettorale e forma di governo a livello regionale, in M. Lucani – M. Volpi (a cura di), Riforme elettorali, Roma-Bari, 1995, 251) era stato fatto notare che il premio di maggioranza è congegnato in modo tale che «l’aver conquistato meno seggi nella competizione proporzionale comporta il “premio” di un maggior numero di seggi in Consiglio»; G. TARLI BARBIERI, Le riforme elettorali della Regione Toscana (I), in Democrazia e diritto, n. 4/2004, 201.
10 Lungi dal rappresentare la «squadra» del Presidente, la lista regionale ha funzionato come una
sorta di camera di compensazione, attraverso la quale garantire un seggio a candidati espressi, ad esempio, da partiti minori (che rischiano di non conquistare nessun seggio nella quota proporzionale). Si veda, A.DI GIOVINE –F.PIZZETTI, Osservazioni sulla nuova legge elettorale per i Consigli regionali, in Le Regioni, 1996, 40 e ss.
Su ciascuna delle questioni appena soltanto elencate avremo modo di soffermarci nel prosieguo, man mano che analizzeremo le modifiche introdotte dalle Regioni. Intanto, volendo completare il quadro di insieme già delineato al capitolo I, ricordiamo che – come la legge Tatarella n. 43 del 1995 – i «nuovi» sistemi elettorali introdotti dalle cinque Regioni richiamate sono tutti sistemi misti, caratterizzati dalla combinazione di elementi tipici del principio maggioritario e di quello proporzionale.
In tutti i nuovi sistemi elettorali regionali è, poi, possibile rintracciare meccanismi che incentivano al mantenimento di un assetto bipolare. Tutte le riforme attuate, infatti, mantengono gli elementi della legislazione elettorale che hanno concorso a concentrare l’attenzione di partiti ed elettori intorno a due coalizioni alternative: l’elezione diretta del Presidente della Giunta, il premio di maggioranza e le soglie di sbarramento.
Su alcune più immediate differenze, di «forma», fra le nuove leggi elettorali abbiamo già avuto modo di soffermarci11. In questa sede ci limiteremo a ricordare due aspetti che emergono già da una prima superficiale analisi delle cinque discipline elettorali: la diversa tecnica normativa utilizzata dalle Regioni e le differenti dimensioni degli articolati legislativi. I due aspetti, peraltro (come è normale che sia), risultano a ben vedere correlati: in altri termini, in linea di massima, ad articolati di dimensioni ridotte corrispondono mere «novelle» della legge statale (è il caso di Calabria, Lazio e Puglia rispettivamente composte da un solo articolo di otto commi, dieci e dodici articoli), mentre laddove si è optato per riforme organiche e, per molti versi, autonome ci troviamo di fronte ad articolati di ampie dimensioni (così nelle Marche, dove la legge elettorale consta di 26 articoli, e in Toscana dove addirittura sono stati approvati due distinti provvedimenti legislativi: uno sul sistema elettorale e l’altro sul procedimento)12.
11 Si rinvia al Capitolo 1.
12 A questo proposito, A.FLORIDIA, Le nuove leggi elettorali regionali: molte occasioni mancate,
alcune novità positive, cit., 844. L’A. fa notare che la portata innovativa delle cinque leggi elettorali è già riscontrabile dalle «dimensioni dell’articolato legislativo»: la legge della Calabria (n. 1, del 7 febbraio 2005) è composta da un solo articolo e da otto commi; quella del Lazio (l.r. n. 2, 13 gennaio 2005) da 10 articoli; da 12 articoli quella della Puglia (l.r. n. 2, 28 gennaio 2005), e da 26 quella delle Marche (l.r. n. 27, del 16 dicembre 2004). La Toscana, poi, ha approvato due distinte leggi, la n. 25 del 13 maggio 2004, relativa al sistema elettorale, e la n. 74 del 22 dicembre 2004, relativa al procedimento elettorale. Riguardo gli aspetti più propriamente legati al
Diverso anche il grado di «assunzione di responsabilità», mostrato dalle Regioni con riguardo alla gestione organizzativa13: vedremo, infatti, come nella stragrande maggioranza dei casi la gestione del procedimento elettorale sia rimasta a carico degli organi statali14.
Come vedremo a breve, poi, dove le Regioni sono intervenute più incisivamente è riguardo ad alcuni aspetti della formula elettorale, lasciando invece alla gestione statale tutto quanto attiene più propriamente al procedimento.