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Una ricognizione normativa: le fonti competenti in materia d

4.1. I NELEGGIBILITÀ E INCOMPATIBILITÀ

4.1.1. Una ricognizione normativa: le fonti competenti in materia d

Prima della riforma costituzionale del 1999, l’art. 122 della Carta costituzionale stabiliva in materia di ineleggibilità e incompatibilità (con riferimento alle Regioni a statuto ordinario) una espressa riserva di legge statale. Tale competenza statale aveva determinato la predisposizione di una normativa sull’elettorato passivo tendenzialmente unica per le Regioni e per gli enti locali: le cause di ineleggibilità a consigliere regionale erano infatti (originariamente ed espressamente) individuate nella l. 17 febbraio 1968, n. 108, recante norme per l’elezione dei Consigli delle Regioni a statuto ordinario.

Successivamente, con la l. n. 154 del 19811 («Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e

1 Il senso della legge n. 154 del 1981 è stato, inoltre, quello di raccogliere le numerose suggestioni

pervenute da parte della Corte costituzionale, a partire dal principio basilare di adottare criteri ampliativi in tema di elettorato passivo. Sulla cospicua giurisprudenza costituzionale in materia, si rinvia a E.GRIGLIO,La giurisprudenza costituzionale in materia di ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità negli enti locali, in G. Meloni (a cura di), I sistemi di ineleggibilità e

circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale»), le norme in materia di ineleggibilità e incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale, precedentemente contenute nelle diverse leggi elettorali, sono state concentrate in un unico testo2. In seguito, il nuovo Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ha assorbito gran parte della normativa preesistente, ma soltanto - come è del resto naturale - nella parte relativa alle ipotesi di ineleggibilità, incompatibilità e non candidabilità per gli organi comunali e provinciali3.

Tale circostanza ha, dunque, comportato una scissione fra la normativa in materia di ineleggibilità e incompatibilità relativa a Province e Comuni (TUEL) e quella relativa ai Consigli e alle Giunte regionali (leggi regionali, dopo la revisione del Titolo V della Costituzione). Distinzione che ha, poi, trovato conferma nelle stesse leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001, ai sensi delle quali la disciplina della legislazione elettorale, degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane spetta alla legislazione statale (art. 117, secondo comma, lettera p), mentre per gli organi regionali la competenza spetta alle Regioni stesse, nei limiti dei principi fondamentali previsti dalla legge statale (art. 122 Cost.).

incompatibilità ai differenti livelli rappresentativi: profili normativi e orientamenti giurisprudenziali, su www.amministrazioneincammino.it.

2 Una notazione critica sulla scelta di accomunare le cause di ineleggibilità e incompatibilità dei

diversi livelli territoriali in un’unica disposizione è presente in E. MAGGIORA, Ineleggibilità, incompatibilità, incandidabilità nell’ente locale. Problemi e casi pratici, Milano, 2000, 68, il quale scrive di una «grave anomalia» che ha determinato «una eccessiva generalizzazione» nella previsione delle cause di ineleggibilità e incompatibilità. L’A. esemplifica le sue perplessità richiamando il caso della ineleggibilità prevista per i «ministri di culto», rilevante nei piccoli centri, ma non altrettanto a livello regionale.

3 L’art. 274 del Testo unico degli enti locali ha disposto l’abrogazione dell’intera legge 23 aprile

1981, n. 154, «fatte salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali». A proposito della clausola abrogativa utilizzata, si veda N. LUPO, Il trattamento giurisprudenziale delle fonti del diritto sanitario: alcune prime osservazioni, intervento al convegno di Genova su «Cittadini, Corte e salute», 23-24 novembre 2005, in cui l’A. sottolinea che la clausola «origina qualche problema, dal momento che non si fa carico di individuare quali parti delle disposizioni della legge n. 154 del 1981 restino in vigore e quali siano invece espressamente abrogate». Una critica a tale tipologia di formula abrogativa, in M. MALO, Manutenzione delle fonti mediante testi unici, Torino, 2004, 47, a parere del quale «pur se la prassi dia dimostrazione di testi unici sprovvisti di disposizioni di abrogazione o con mere disposizioni di abrogazione innominata, il fenomeno va censurato in quanto il testo unico, per assolvere al suo precipuo fine di certezza del diritto, deve necessariamente recare disposizioni di abrogazione espressa, da formulare con estrema attenzione, senza omettere fonti o parti di fonti».

Come si è accennato, il nuovo articolo 122, primo comma, della Costituzione4, modificando la distribuzione delle competenze normative in tema di ineleggibilità e incompatibilità alla carica di consigliere regionale vigente prima dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1999, ha sottratto la materia alla legislazione dello Stato e l’ha attribuita a quella delle Regioni, configurandola come una competenza ripartita, cioè da svolgere nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica5.

La configurazione della materia dell’elettorato passivo (come, in generale, di quella elettorale) come una competenza concorrente ha aperto una serie di questioni sulla possibilità per le Regioni di adottare una disciplina di dettaglio in assenza di una «nuova» disciplina statale di principio. Su questi aspetti, invero, ci siamo già soffermati6 e, pertanto, in questo contesto ci limiteremo a richiamare la giurisprudenza per gli aspetti più direttamente legati alla competenza in materia di ineleggibilità e incompatibilità.

In una prima, più generale, sentenza la Corte costituzionale ha anzitutto chiarito che «specie nella fase della transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto delle competenze, la legislazione regionale concorrente dovrà svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali comunque risultanti dalla legislazione statale già in vigore»7.

4 Il nuovo testo dell’articolo 122 Cost., a differenza della versione precedente, che faceva esclusivo

riferimento ai consiglieri regionali, nel prevedere la competenza legislativa concorrente delle Regioni in materia, precisa che spetta ad esse la definizione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità, oltre che dei consiglieri, anche del Presidente e degli altri componenti della Giunta. Analogamente al vecchio testo, il secondo comma dell’articolo 122, individua direttamente alcune cause di incompatibilità: l’appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta ad un altro Consiglio o Giunta regionale, ad una delle Camere del Parlamento o al Parlamento europeo.

5 Sui caratteri della legislazione concorrente, in materia elettorale regionale, si è dibattuto in

dottrina: in particolare, vedi S.MANGIAMELI, Aspetti problematici della forma di governo e della legge elettorale regionale, in Le Regioni, 2000, 580, in cui l’A. ragiona di «competenza ripartita sui generis»; anche M. OLIVETTI, Nuovi statuti e forma di governo delle Regioni. Verso le Costituzioni regionali?, Bologna, 2002, 481, parla di «potestà legislativa atipica».

6 Si rinvia al capitolo 1.

7 Si veda, sent. Corte cost., n. 282 del 2002, in Giurisprudenza costituzionale, 2002, 2012, nella

quale - peraltro - la Corte non nega che «la nuova formulazione dell’art. 117, comma 3, rispetto a quella previgente dell’art. 117, comma 1, esprime l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina», e tuttavia, tale circostanza «non significa però che i principi possano trarsi solo da leggi statali nuove, espressamente rivolte a tale scopo». Nella sentenza citata, il Giudice delle leggi chiarisce altresì che la l’assenza della legge di

Più tardi, con una sentenza successiva (la n. 196 del 2003), riferendosi espressamente alla competenza delle Regioni in materia elettorale, ex articolo 122 della Costituzione, la stessa Corte costituzionale ha specificato che «non vi è ragione per ritenerne precluso l’esercizio fino alla statuizione di nuovi principi, con la conseguenza che il legislatore statale, omettendo di dettare tali principi, potrebbe di fatto paralizzare l’esercizio della competenza regionale a tempo indeterminato». Pertanto, vale «il principio per cui la legislazione regionale può disciplinare le nuove materie – e nella specie l’elezione del Consiglio – nel rispetto dei principi fondamentali che si ricavano dalla preesistente legislazione statale»8.

Dunque, le Regioni avrebbero potuto legiferare in materia elettorale e in merito ai casi di ineleggibilità e di incompatibilità, semplicemente traendo i principi dalla legislazione statale esistente, ma successivamente – in seguito all’approvazione della legge cornice (e dello statuto) – si sarebbero comunque trovate a dover fare i conti con la nuova legislazione di principio9.

principio non giustifica l’intervento statale, nemmeno con la clausola della «cedevolezza», e che dunque nelle materie riservate alla competenza legislativa della Regione anche in assenza della legge cornice le Regioni possono adottare le leggi di dettaglio attenendosi ai principi fondamentali risultanti dalla legislazione statale vigente.

Vale la pena di ricordare che la motivazione addotta dalla Corte è stata poi ripresa dal Capo dello Stato nel messaggio del 5 novembre 2002 con il quale – ai sensi all’art. 74, primo comma, della Costituzione – ha rinviato alle Camere, per una nuova deliberazione, la «leggina» recante «Disposizioni in materia di incompatibilità dei consiglieri regionali», ai sensi della quale si estendevano ai consiglieri regionali le disposizioni dell’art. 3-ter del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 1, in materia di incompatibilità dei sindaci, dei Presidenti delle Province e dei consiglieri comunali, provinciali e circoscrizionali. Sinteticamente, i motivi del rinvio si possono rinvenire: nella violazione dell’articolo 122, primo comma, Costituzione, che attribuisce alla legge regionale la potestà ripartita in materia elettorale regionale; nella circostanza che l’assenza della legge di principio non costituisce «titolo valido per sostituire la legge statale alla legge regionale in una materia riservata alla competenza legislativa della Regione»; nell’impossibilità per lo Stato – anche in assenza della legge di principio – di esercitare una potestà legislativa, seppure «cedevole»; infine, nel fatto che il Governo ha presentato un apposito disegno di legge in materia e che, dunque, «evidenti ragioni di logica» consigliano di attendere che il Parlamento si pronunci su di esso. Per un commento sul rinvio presidenziale, G. TARLI BARBIERI, Legislazione statale e legislazione regionale in un recente rinvio presidenziale, in Quaderni costituzionali, 2003, 155 e ss.

8 Corte costituzionale, sentenza n. 196 del 2003, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 1489. 9 In proposito, B. CARAVITA,

Le Regioni di fronte alla questione della legge elettorale, in B. Caravita (a cura di), La legge quadro n. 165 del 2004 sulle elezioni regionali, Milano 2005, VIII: l’A. giudica «velleitario ed intempestivo» un eventuale esercizio della potestà legislativa regionale in assenza della legge cornice; tanto più che con la – più volte richiamata – sentenza n. 196 del 2003 la Corte costituzionale ha chiarito che, fino all’entrata in vigore dei nuovi statuti regionali (e delle nuove leggi elettorali regionali), l’art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 1999 detta

I problemi legati alla possibilità di desumere i principi – che nel frattempo, come si è visto, avevano comunque trovato soluzione nelle pronunce della giurisprudenza costituzionale – hanno cessato di esistere quando, ad oltre quattro anni di distanza dalle modifiche costituzionali, il legislatore statale, con la legge n. 165, del 2004, ha provveduto a dare attuazione al nuovo testo dell’articolo 122 della Carta costituzionale, dettando i principi fondamentali concernenti il sistema direttamente la disciplina della elezione del Presidente regionale, e che, dunque, fino a questo momento «esigui (sono) gli spazi entro cui può intervenire il legislatore regionale in tema di elezione del Consiglio».

Non era poi mancato in dottrina chi aveva evidenziato che «l’attività estrattiva dei principi, in assenza di principi fondamentali, reca notevoli elementi di discrezionalità, affidati al prudente apprezzamento della Corte». In questo senso, in particolare, C. TUCCIARELLI, L’insostenibile leggerezza della legge (statale). Note a margine della legge 2 luglio 2004, n. 165, in Comuni d’Italia, 2004, 44 e ss.; l’A. esemplifica le sue perplessità circa la «desumibilità» dei principi richiamando la sentenza n. 201 del 2003 (in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 1540), con la quale la Corte costituzionale si è pronunciata su un ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri avverso alcune disposizioni della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4, in materia di «Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative». In particolare, per quanto qui interessa, il Presidente del Consiglio aveva sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 4, della citata l. r. Lombardia, n. 4 del 2002, in quanto tale disposizione, prevedendo l’incompatibilità della carica di consigliere regionale «con quella di presidente e assessore provinciale, di sindaco e assessore di Comuni capoluogo di Provincia, nonché con quella di sindaco e assessore di Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti», «introdurrebbe una fattispecie di incompatibilità nuova e diversa, in senso meno restrittivo, rispetto a quanto è stabilito dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), dal quale deriverebbe il principio generale – vincolante per le Regioni secondo l’art. 122 della Costituzione, che si assume pertanto violato – della «incompatibilità assoluta della carica di consigliere regionale con qualsiasi altra carica negli enti locali».

«Il ricorrente» – si legge nella decisione della Corte – «ritiene che la regola contenuta nella richiamata disposizione dell’art. 65 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che prevede l’incompatibilità alla carica di consigliere regionale di tutti coloro che ricoprono la carica di sindaco e assessore comunale nei Comuni compresi nel territorio della Regione, valga in quanto tale come “principio fondamentale”»; ma, se così fosse, la legge regionale dovrebbe ripetere quanto già determinato dalla legge statale. Al contrario, piuttosto, - motiva la Corte - «non la regola dell’art. 65 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (…) deve assumersi come limite alla potestà legislativa regionale, ma il principio ispiratore di cui essa è espressione». E, in particolare, «(l’)esistenza di ragioni che ostano all’unione nella stessa persona delle cariche di sindaco o assessore comunale e di consigliere regionale e nella necessità conseguente che la legge predisponga cause di incompatibilità idonee a evitare le ripercussioni che da tale unione possano derivare sulla distinzione degli ambiti politico-amministrativi delle istituzioni locali e, in ultima istanza, sull’efficienza e sull’imparzialità delle funzioni, secondo quella che è la ratio delle incompatibilità, riconducibile ai principi indicati in generale nell’art. 97, primo comma, della Costituzione».

I “paletti” posti dalla Corte costituzionale e i dubbi sollevati dalla dottrina si riscontrano nelle scelte compiute dalle Regioni: prima dell’entrata in vigore della legge statale di principio (e in assenza del nuovo statuto) soltanto la Regione Abruzzo e la Regione Toscana hanno adottato una legge in materia di legge elettorale, rispettivamente la n. 1 del 2002 e la n. 25 del 2004. Peraltro, proprio la normativa abruzzese, impugnata dal Governo, ha dato alla Corte costituzionale l’occasione per specificare gli spazi di regolazione regionale. Si veda, in proposito, L.CASTELLI, Le nuove leggi elettorali regionali, in Giornale di diritto amministrativo, 7, 2005, 713 e ss.

di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali.