2.5. C OSA « RIMANE » AGLI STATUTI REGIONALI ( PER « CONDIZIONARE » IL
2.5.4. Prorogatio
La durata degli organi elettivi regionali – l’abbiamo già visto – è fissata, per espressa previsione costituzionale, dalla legge statale di attuazione dell’articolo 12288. Rientra, però, fra gli aspetti di funzionamento degli organi elettivi e, dunque, fra gli oggetti della forma di governo, la disciplina della continuità e della prorogatio degli organi stessi89.
La riforma costituzionale non detta disposizioni specifiche in materia di prorogatio. L’occasione per porre una serie di paletti e delimitare gli spazi di competenza in materia è stata offerta alla Corte costituzionale da due ricorsi promossi dal Governo nei confronti di due leggi regionali: la legge 15 marzo 2002, n. 14 della Regione Calabria («Disposizioni sulla prorogatio degli organi regionali») e la legge 19 marzo 2002, n. 1 della Regione Abruzzo («Disposizioni sulla durata degli Organi e sull’indizione delle elezioni regionali»). La prima
88 Nonostante, sul punto, la Costituzione sia puntuale, la giurisprudenza costituzionale ha
rimarcato l’attribuzione di detta competenza, ribadendo nella sentenza n. 196 del 2003 che «la disciplina della durata in carica del Consiglio è infatti attribuita, dall’art. 122, primo comma, della Costituzione, alla competenza della legge statale. Né, evidentemente, spetta alla legge regionale non tanto riprodurre la norma statale, quanto prevedere la competenza ed il contenuto della legge statale (…)».
89 Sulla continuità dei Consigli regionali, F.GABRIELE, Elezioni – V) Elezioni regionali,cit., 11 e
ss. Si ricorda che la disposizione di cui alla legge n. 108 del 1968, ai sensi della quale i Consigli «esercitano le loro funzioni fino al quarantaseiesimo giorno antecedente alla data delle elezioni per la loro rinnovazione» a lungo è stata letta nel senso di escludere la continuità dei Consigli. Peraltro, parte della dottrina (per tutti, L. PALADIN, Diritto regionale, Padova, 1973, 219 e ss.) riteneva tale scelta corretta, dal momento che la Costituzione nulla disponeva al contrario.
Più di recente, però, la stessa dottrina (L.PALADIN, Diritto regionale, Padova, 2000, 304 e ss.) ha tratto la conclusione che benché esclusa dalla legge, la prorogatio è stata introdotta dalla Corte costituzionale. Il riferimento è in particolare a due pronunce: la sentenza n. 468 del 1991 nella quale si afferma esplicitamente che «se i Consigli sono abilitati a svolgere tutte le funzioni loro spettanti fino al 46° giorno antecedente al giorno fissato per le elezioni ai fini del loro rinnovo, dopo tale data e fino alla loro cessazione essi dispongono di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensità di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio». Il principio di rappresentatività, alla luce del quale un’Assemblea rappresentativa non può «vincolare quelle successive alle decisioni prese da essa» - chiarisce la Corte in una successiva sentenza del 1995, la n. 515 – deve essere bilanciato con il principio di continuità funzionale dell’organo, che esclude che «il depotenziamento possa spingersi ragionevolmente fino comportare una indiscriminata e totale paralisi dell’organo stesso». Sulla sentenza n. 515 del 1995, si veda il commento di E.GIANFRANCESCO, Legge regionale approvata a fine legislatura e sindacabilità dei motivi posti a fondamento del suo rinvio, in Giurisprudenza costituzionale, 1996, 2683 e ss.
Prima ancora delle pronunce giurisprudenziali, già la legge costituzionale n. 1 del 1972 si era pronunciata sul tema della continuità, con riferimento ai soli Consigli delle Regioni speciali. L’articolo 4 della legge appena citata prorogava, infatti, i poteri della precedente Assemblea siciliana e dei precedenti Consigli delle Regioni speciali fino alla riunione della nuova Assemblea e dei nuovi Consigli.
stabiliva, in caso di scioglimento del Consiglio, la proroga dei poteri di Presidente, Giunta e Consiglio «fino all’insediamento del nuovo Presidente della Regione e del nuovo Consiglio regionale». L’altra (la legge abruzzese) recepiva e modificava il contenuto della legge elettorale statale, prevedendo disposizioni che incidevano anche sulla durata e sulla prorogatio del Consiglio regionale.
La Corte con la sentenza n. 196 del 2003 chiarisce, anzitutto, che essendo «parte della disciplina della forma di governo regionale», l’eventuale «prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni», come anche degli eventuali limiti all’attività degli organi prorogati, spetta alla fonte statutaria, allo stresso modo di come è la Costituzione la fonte abilitata a regolare la prorogatio delle Camere90.
Spetta, dunque, allo statuto l’individuare del dies ad quem in cui cessa la prorogatio91, come anche la specificazione dei poteri degli organi in prorogatio92.
90 A parere della Corte, infatti, «non può condividersi la tesi secondo cui tale competenza sarebbe
attribuita alla legge statale, cui spetta, ai sensi dell’art. 122, primo comma, Cost. stabilire "la durata degli organi elettivi" regionali», poiché «l’istituto della prorogatio, a differenza della vera e propria proroga (…), non incide infatti sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l’esercizio dei poteri nell’intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale mandato, e l’entrata in carica del nuovo organo eletto». La Corte chiarisce, inoltre, che anche nel caso di annullamento giurisdizionale della elezione, la disciplina dell’esercizio delle funzioni regionali fino alla nuova elezione rientra in linea di principio nella competenza statutaria della Regione. In questo caso, però, - specifica la Corte costituzionale - si verifica non la scadenza o lo scioglimento o la rimozione di un Consiglio o di un Presidente legittimamente eletti ed in carica, ma il venir meno ex tunc, secondo i principi, dello stesso titolo di investitura dell’organo elettivo.
Si ricorda che, in realtà, il caso di annullamento delle operazioni elettorali dopo l’elezione del Consiglio, non ha avuto finora una disciplina apposita. Tanto che, nel caso dell’annullamento delle elezioni regionali in Molise, il Governo, invocando il carattere necessario dell’ente con la conseguente necessità di assicurare il compimento degli atti improrogabili, nel silenzio dello statuto regionale, e i «poteri residuali del Governo», in base ad un «principio generale dell’ordinamento che attribuisce al Governo un potere di intervento per assicurare l’adempimento degli obblighi attinenti a interessi di rilievo costituzionale», dispose (con il d.P.R. 16 luglio 2001, recante «Disposizioni per assicurare il compimento di atti urgenti e improrogabili da parte della Regione Molise») che la Giunta e il Presidente, la cui elezione era stata annullata, provvedessero «agli atti urgenti e improrogabili sino alla proclamazione del nuovo Consiglio e del Presidente della Regione».
Per un commento della sentenza n. 196 del 2003, A.MORRONE, Sistema elettorale e prorogatio degli organi regionali, in Le Regioni, 2003, 1269 e ss.
91 Per quanto riguarda l’individuazione del dies ad quem per la cessazione della prorogatio del
Consiglio regionale, si segnalano gli statuti Lazio (art. 28) e Liguria (art. 25) entrambi i quali prevedono che i consiglieri restano in carica «fino all’insediamento del nuovo Consiglio». A differenza degli statuti Puglia (art. 24), Calabria (art. 18), Umbria (art. 44) e Toscana (art 7) nei quali la proroga dei poteri del “vecchio” Consiglio è prevista «fino alla data di proclamazione degli eletti».
Diversa – chiarisce la Corte nella medesima pronuncia – è, però, la situazione nell’ipotesi di scioglimento o rimozione "sanzionatori", previsti dall’art. 126, primo comma, della Costituzione. In tal caso «trattandosi di un intervento repressivo statale (…) è logico che le conseguenze, anche in ordine all’esercizio delle funzioni fino all’elezione dei nuovi organi, siano disciplinate dalla legge statale, cui si deve ritenere che l’art. 126, primo comma, della Costituzione implicitamente rinvii (…) non potendosi supporre che resti nella disponibilità della Regione disporre la proroga dei poteri di organi sciolti o dimessi a seguito di gravi illeciti, o la cui permanenza in carica rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale»93.