L’approccio metodologico che abbiamo scelto non è certamente il più adatto a fotografare dall’alto i nuovi sistemi elettorali. Cercando di non incorrere in inutili duplicazioni, nelle ultime considerazioni che seguono proveremo, allora, a “tirare le fila” di quanto detto finora e di fornire una valutazione complessiva delle riforme approvate dalle Regioni in ambito elettorale82.
Complessivamente, lo abbiamo già detto, l’impianto generale definito dalla disciplina statale sembra rimanere valido, caratterizzato dal permanere di un sistema a «bipolarismo-frammentato»83. Nessuno dei nuovi sistemi elettorali ha adottato soluzioni che possano indebolire gli incentivi al mantenimento di un assetto bipolare (rimangono invariate le scelte sull’elezione diretta del Presidente della Giunta, sui meccanismi elettorali in grado di assicurare una solida maggioranza consiliare al Presidente eletto ed alla coalizione che lo sostiene e sull’utilizzo di un sistema “misto”). Da questo punto di vista, peraltro, i «nuovi» sistemi elettorali si rivelano in larga misura rispettosi di uno dei principi individuati dalla legge n. 165 del 2004, se si considera che tutti hanno riproposto quegli aspetti del sistema statale che hanno permesso alle maggioranze politiche regionali di garantire una certa stabilità.
In generale, comunque, il tasso di innovazione regionale è stato abbastanza modesto e, per lo più, volto ad introdurre “correttivi” e a razionalizzare soltanto alcuni degli aspetti della disciplina statale: le modalità di espressione del voto, il funzionamento del premio di maggioranza, le soglie di sbarramento (in entrata e
82 Ci sembra utile proporre, al termine di questa trattazione, una Tabella riassuntiva, già proposta
da A. CHIARAMONTE, I sistemi elettorali nella Regioni a statuto ordinario, in M. Carli – G. Carpani – A. Siniscalchi, (a cura di), in cui sono raffrontate Regione per Regione le principali modifiche.
83 In dottrina si è parlato di «un processo riformatore di stampo “incrementale”, nel suo insieme
improntato alla razionalizzazione dell’esistente piuttosto che ad una vera e propria innovazione». Così, A. CHIARAMONTE – G. TARLI BARBIERI, Bilancio di una stagione di riforme, in A. Chiaramonte – G. Tarli Barbieri (a cura di), cit., 263 e ss., a parere dei quali le ragioni di questa “prudenza” mostrata dalle Regioni risiede, principalmente, in tre spiegazioni: la presenza di vincoli di natura costituzionale e giurisprudenziale; un giudizio sostanzialmente positivo dell’assetto istituzionale disegnato dalla disciplina statale; da ultimo, l’«impraticabilità politica di costruire un consenso intorno a soluzioni chiaramente alternative, costituzionalmente percorribili e non impopolari agli occhi dell’opinione pubblica».
quelle “legali”). Gli aspetti della legge n. 43 del 1995 che hanno contribuito a creare un assetto competitivo bipolare non sono stati toccati dalle Regioni e poco (o, quasi, niente) è stato fatto per arginare la frammentazione84.
Poco soddisfacenti (ed anzi, a volte, discutibili) le scelte compiute dalle Regioni per assicurare la «rappresentanza delle minoranze». Se è vero, infatti, che tutti i sistemi elettorali utilizzano una formula mista, in cui gli elementi proporzionali sono in grado di garantire in buona parte la rappresentanza del tessuto politico regionale, è pur vero però che poco (o niente) hanno fatto le Regioni per porre rimedio alla sotto-rappresentazione di due «minoranze»: quella femminile e quella territoriale.
Le Regioni che non lo hanno ancora fatto, nel riscrivere la propria legge elettorale è bene che tengano conto del principio statale e che abbiano a mente gli esempi più virtuosi che i primi “esperimenti” regionali hanno prodotto: la composizione paritaria della lista regionale in Lazio; la previsione di una sorta di clausola di “salvaguardia” della rappresentanza territoriale in Toscana; sempre nella Regione Toscana la previsione della formula Adams che consente l’attribuzione di un seggio a tutte le liste che hanno superato la soglia di sbarramento, insieme alla previsione di un premio di «minoranza».
Una prima impressione su questa stagione “costituente”«non può dirsi deludente, ma neanche soddisfacente»85. E’, senz’altro, vero che le Regioni si sono discostate poco dal modello statale e, laddove lo hanno fatto, in modo tendenzialmente omogeneo, non è detto però che questo modo di procedere sia necessariamente passibile di critiche86.
84 In questa direzione si muovono l’innalzamento al 4 per cento (indifferenziato) della soglia di
sbarramento in Calabria e l’abolizione del voto di preferenza in Toscana. Su questo aspetto vale la pena evidenziare che anche laddove le leggi elettorali dovessero introdurre meccanismi in grado di arginare la frammentazione, a tali strumenti andrebbe affiancata una modifica dei regolamenti consiliari, ad oggi indubbiamente molto permissivi riguardo alla composizione dei gruppi. Sul punto, G. RIVOSECCHI, Organizzazione e funzionamento dei Consigli regionali: principio maggioritario, statuti regionali e regolamenti consiliari, in R. Bifulco (a cura di), Gli statuti di seconda generazione. Le Regioni alla prova della nuova autonomia, Torino, 2006.
85 A. CHIARAMONTE, I sistemi elettorali nella Regioni a statuto ordinario, in M. Carli – G. Carpani
– A. Siniscalchi, (a cura di), cit., 153.
86 A questo proposito, ci sembra valga la pena di sollevare almeno un paio di questioni. Una prima
riguarda una rapida comparazione con le altre esperienze regionali (o federali), nelle quali si riscontra una sostanziale omogeneità, fra il livello federale e quello sub-statale, se si guarda ai principali meccanismi istituzionali e, perfino, al sistema elettorale. Approfonditamente, sul punto,
125 Quello che emerge con altrettanta evidenza è, inoltre, che le Regioni si sono premurate, laddove hanno introdotto strumenti più restrittivi di accesso alla rappresentanza, di trovare dei correttivi che potessero, in qualche modo, “bilanciare” tali limitazioni (basti pensare all’aumento generalizzato del numero dei componenti del Consiglio). Probabilmente, se volessimo riassumere l’atteggiamento di fondo mostrato dalle Regioni, la “prudenza” è il concetto meglio in grado di sintetizzarlo.
A.CHIARAMONTE –S.VASSALLO, Consolidare il bipolarismo limitando la frammentazione. Sobri suggerimenti sul sistema elettorale, in Le istituzioni del federalismo, 2001, 57 e ss. La seconda, alla prima strettamente connessa, riguarda gli effetti (negativi e destabilizzanti) che un assetto istituzionale molto differente da Regione a Regione potrebbe comportare. Si veda in proposito, A. CHIARAMONTE –G. TARLI BARBIERI, Conclusioni. Bilancio di una stagione di riforme, in A. Chiaramonte – G. Tarli Barbieri (a cura di), cit., 264. Condivisibile la preoccupazione e, insieme, l’auspicio espresso da quella parte della dottrina, a parere della quale «i vincoli costituzionali imposti dal legislatore nazionale, poi chiariti e specificati dalle sentenze della Corte costituzionale, non sono un elemento di rigidità del quale è necessario liberarsi, bensì un elemento imprescindibile per stabilizzare ed omogeneizzare il quadro istituzionale regionale e italiano». Così, C.FUSARO, La forma di governo regionale: pregi e difetti di una soluzione che funziona, in S. Ceccanti – S. Vassallo (a cura di), Come chiudere la transizione, Bologna, 173.
CAPITOLO 4
ALCUNI ASPETTI DELLA DISCIPLINA DI «CONTORNO»:
VINCOLI COSTITUZIONALI E LEGISLATIVISOMMARIO: 4.1.Ineleggibilità e incompatibilità; 4.1.1. Una ricognizione
normativa: le fonti competenti in materia di elettorato passivo (prima e dopo la novella dell’articolo 122 Cost.); 4.1.2. Lo stato dell’arte; 4.1.3. Quali disposizioni si applicano nell’inerzia delle Regioni? 4.2. Il principio di parità tra uomini e donne e la questione delle “quote rosa”; 4.2.1. I primi tentativi di «agevolare» la rappresentanza femminile e lo «stop» della giurisprudenza; 4.2.2. La «svolta femminista»: vincoli costituzionali, orientamento giurisprudenziale, contesto comunitario. Le Regioni «vincolate» a garantire la pari opportunità; 4.2.3. La promozione delle pari opportunità nella legislazione elettorale: misure di sostegno (vere o presunte); 4.3. La disciplina delle primarie: l’esempio toscano; 4.3.1.La legge toscana sulle primarie alla prova dei fatti