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Le partnership come arene politiche: il mezzo dei costi di concertazione.

LE PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATO NELLE POLITICHE SOCIALI COME RELAZIONI TRA AGENTI CORPORAT

3.3. Le partnership come arene politiche: il mezzo dei costi di concertazione.

In Italia, le partnership pubblico-privato hanno assunto una notevole rilevanza a partire dalla metà degli anni ’90, soprattutto grazie al diffondersi dei Patti Territoriali43. In particolare la scuola torinese di realismo analitico di Filippo Barbera (Barbera 2001 e 2004) e l’Unità di Ricerca sulla Governance Europea (www.urge.it) hanno lavorato per concettualizzare i meccanismi sociali attivati nella produzione di politiche locali di sviluppo socio-economico. All’interno di questo gruppo di ricerca Paolo Graziano, Patrick Vesan, Valeria Sparano e Matteo Bassoli si sono occupati di partnership pubblico-privato (d’ora in poi, PPP). !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

43 Il Patto territoriale è uno strumento della programmazione negoziata, definito come “l’accordo tra soggetti pubblici e privati per l’individuazione, ai fini di una realizzazione coordinata, di interventi di diversa natura finalizzati alla promozione dello sviluppo locale nelle aree depresse del territorio nazionale” (art. 8, l. 341/1995). Per un panorama completo delle politiche di sviluppo locale e territoriale in Italia si veda Sparano (2005).

Questi autori si appoggiano allo studio dell’Audit Commission del 1998 per individuare le proprietà specifiche del concetto. Il partenariato è infatti inteso come una forma di joint working arrangement la cui caratteristica saliente è la cooperazione concertativa. I membri di una PPP:

«(a) risultano attori che godono comunque di indipendenza e autonomia funzionale;

(b) cooperano al fine di realizzare uno scopo comune;

(c) creano una nuova struttura organizzativa o processo al fine di realizzare gli obiettivi collettivamente convenuti;

(d) programmano e attuano un piano d’azione comune;

(e) condividono le informazioni rilevanti, i rischi e le ricompense connesse all’impresa cooperativa» (Vesan e Sparano 2007, 2)

I partenariati sono, quindi, modalità di cooperazione formale tra vari attori, pubblici e privati, che avviano un processo di co-regolazione e creano alcune strutture amministrative ad hoc. Le PPP si differenziano sia dai processi consultativi sia dai rapporti “principale-agente” perché hanno un’organizzazione formale e perché pur ufficialmente strutturate non si organizzano sulla base di rapporti gerarchici diretti. Questi autori si soffermano su tre dimensioni di analisi: gli scopi, gli attori e i meccanismi delle partnership. Gli scopi sono gli obiettivi perseguiti dalla PPP solitamente definiti in un atto formale, anche se gli scopi espliciti non è scontato che siano anche quelli realmente perseguiti dalla partnership. Gli attori sono i «key players in the partnership game» (Vesan e Graziano 2008, 4): almeno una commistione di attori pubblici e privati. I meccanismi riguardano il coinvolgimento degli attori nelle diverse fasi della PPP. La ricerca teorica porta questi autori a individuare tre principali filoni di studio: la partnership come network governance system, come experimental context e come political arena (tabella 24). Nel primo, i partenariati sono definiti come meccanismi sociali di coordinamento, i cui strumenti sono comunicazione, condivisione di risorse e concentrazione delle attività. Il networked governance system è un tipo di «social regulation where public and private actors depend on each other and are connected in a non hierarchical mode with the aim of sharing resources and coordinate interests and activities» (Ibidem, 5). In questi studi le

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due questioni centrali sono relative al rapporto pubblico-privato; essenzialmente riguardano come si struttura la relazione di interconnessione e come può essere garantita la democratic accountability del sistema quando ci sono più attori che intervengono nel processo decisionale. Nel secondo filone di studi, il focus è spostato sulle innovazioni prodotte dalle PPP negli specifici campi di azione. I partenariati sono considerati experimental context in cui i processi decisionali classici vengono rivisti e reinventati. Le questioni più rilevanti diventano allora relative al processo di cambiamento organizzativo. È cambiato qualcosa nel processo decisionale con l’arrivo di nuovi attori? Com’è cambiato? Cosa lo ha fatto cambiare? Alla base di questo filone di studi scientifici sta l’ipotesi che «a partnership can have a “transformative potential” for community development: cooperative arrangements can enhance the capacity to build trust among the actors involved and promote, by this way, the pooling of resources in common integrated projects or programmes». Il terzo filone di studi è quello meno esplorato: «partnership experiences are seen as new political arenas where power resources are distributed or redistributed» (Ibidem). Il focus dell’analisi tende a descrivere la partnership come un’arena di scambio politico. Questo framework di analisi porta a sottolineare le distribuzioni di potere e di risorse come fattori decisivi.

Analytical focus Research focus

Networked governance system • Public-private spheres interaction • Democratic accountability

Experimental contexts • “Transformative potential” of partnership experiences • Partnership experiences’ evaluation Political arena • Political determinants of partnership initiation

• Power distribution

Tabella 24 – Lo stato dell’arte: filoni letterari e ricerca (Vesan e Graziano 2008, 6)

Gli autori riprendono proprio il focus analitico delle PPP come arena politica. L’interesse di ricerca è soprattutto legato agli incentivi alla partecipazione ad un partenariato. Il ragionamento alla base è lineare: i partenariati per lo sviluppo

locale producono alcuni beni, definiti come “beni collettivi per la competitività”, con i quali i partecipanti alla PPP possono ottenere un vantaggio competitivo nei confronti di altre aree o soggetti o imprese. L’incentivo iniziale è quindi legato alla creazione di un vantaggio: politico per gli amministratori pubblici, economico per gli imprenditori, sociale per i responsabili del Terzo settore. Più specificatamente nello svolgersi della partnership, i politici cercheranno di aumentare il proprio prestigio e la propria visibilità, di assicurarsi la collaborazione dei partner, di accedere a nuove risorse finanziarie per mettere in campo nuovi progetti; invece gli attori socio-economici tenteranno di allineare gli obiettivi della partnership con le proprie preferenze, così da ottenere i propri interessi. Allo stesso tempo ogni attore dovrà lasciare sul campo qualcosa delle proprie aspettative. Da questi incentivi nascerà la partecipazione ad una PPP.

Figura 21 – Lo scambio politico nelle esperienze di cooperazione partenariale (Vesan e Sparano 2007, 7)

L’immagine utilizzata per descrivere questo processo è quella dello scambio politico (figura 21). «Da una parte, la condotta degli attori socio-economici è principalmente guidata dal conferimento al partenariato di sostegno ed altre risorse possedute (ad esempio, risorse finanziarie o di expertise), in cambio della possibilità di poter orientare a proprio vantaggio determinate scelte collettive (finanziamenti, servizi, agevolazioni o infrastrutture logistiche). Dall’altra, le amministrazioni locali sono indotte ad investire sia una porzione del tempo, delle

! Investono risorse (tempo, energie, risorse materiali) e cedono un “quantum” della loro

discrezionalità

Maggiori opportunità di

stabilizzare e accrescere il proprio consenso PARTENARIATO Amministrazioni Locali Attori Socio- economici

Decisioni favorevoli riguardo alla produzione e distribuzione di beni collettivi

Conferiscono sostegno ed altre risorse privata

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energie e delle risorse materiali a loro disposizione, sottraendole ad altre iniziative presenti nella loro agenda politica, sia a rinunciare ad un quantum della loro discrezionalità decisionale, al fine di trarre “vantaggi politici” che permettano la stabilizzazione e la crescita del consenso goduto» (Vesan e Sparano 2007, 6-7). Se nella fase iniziale non è arduo produrre un vantaggio competitivo attraverso lo scambio politico, l’equilibrio delle convenienze è più difficile da mantenere nelle fasi successive. Questo è uno dei motivi che spinge Graziano, Vesan, Sparano e Bassoli a studiare la fase di consolidamento di una partnership, definita come il primo passo nel processo di istituzionalizzazione. Il consolidamento è la fase intermedia tra un’organizzazione e/o un processo inteso come puro strumento per la realizzazione di alcuni scopi e una vera e propria istituzione, che ha già incorporato i propri scopi. Ai Nostri, quindi, interessa il processo di formazione di un’istituzione e i meccanismi che lo favoriscono.

Il consolidamento della partnership ha due dimensioni: una organizzativa e una operativa. La prima è legata all’institution-building ed è stata misurata con due variabili, il grado di complessità e il grado di autonomia. La seconda è, invece, pensata come effettiva continuazione della partnership e come sua incidenza sul problema affrontato; la misurazione è avvenuta tramite le due variabili dell’intensità della cooperazione e della diversificazione funzionale.

Il modello proposto da questi autori è un ottimo contributo per lo studio dei meccanismi attivi in una partnership, soprattutto dal lato della valutazione del processo di consolidamento. In particolare possono essere utilizzati i criteri e le variabili strutturati per la ricerca empirica. Il focus dell’analisi è politologico e dà quindi notevole importanza allo scambio politico. Sotto questo punto di vista, l’analisi è ristretta alle relazioni di potere e di scambio, non ampliandosi oltre il campo dell’interesse. Il consolidamento dell’oggetto di studio (i Patti Territoriali) viene, infatti, fatto risalire ad un equilibrio di forze ed interessi: solo se i costi della concertazione tra attori sono costantemente in simmetria tra interesse individuale (ego su ego) e aspettative sull’interesse del partner (ego su alter) allora si potrà definire consolidata una PPP. Anche la fiducia, «elemento cruciale di queste politiche per lo sviluppo locale», è letta in termini derivati: la fiducia è un’aspettativa «circa il comportamento cooperativo degli altri attori locali»

(Barbera 2001, 419). Dato che la fiducia è un’aspettativa può essere garantita da un controvalore. Chi coopera in modo attivo lo fa perché è garantito da alcuni meccanismi che assicurano sulla partecipazione cooperativa degli altri attori. Nella fase iniziale di una partnership le politiche rendono razionale la fiducia reciproca attraverso l’aumento dei rendimenti della cooperazione. Solo se la strategia cooperativa ha rendimenti relativamente più elevati di una strategia individualista, allora si potrà formare la fiducia. «In altri termini: la cooperazione non presuppone necessariamente la fiducia. Al contrario, la fiducia può essere il risultato di un periodo di cooperazione monitorata tra attori opportunisti» (Ibidem, 420). E qual è nei Patti Territoriali il mezzo di interscambio che produce e poi garantisce la fiducia? I Nostri risponderebbero “i costi di concertazione”: nelle partnership ben funzionanti gli attori hanno dovuto pagare dei costi e rischiare delle risorse nel progetto. Il rischio di proprie risorse è inteso come un atto di fiducia che rigenera fiducia. Di fronte al rischio - anche inteso come rinuncia ad un proprio progetto -si crea un circolo fiduciario; i costi di concertazione sono proprio il mezzo che può garantire che tutti gli attori rischino. Questa idea di fiducia commisurata alle aspettative sull’azione di alter, che pure è l’asse portante di questi studi, è limitata: nelle partnership si creano relazioni sociali che forgiano, almeno in parte, l’identità delle organizzazioni e delle persone che le rappresentano. Ciò avviene tramite il processo riflessivo individuale e societario, come tenterò di dire più avanti. Il limite di questo approccio – che è poi anche la sua notevole utilità – è proprio quello di fermarsi ai meccanismi istituzionali di funzionamento delle partnership e di non andare al significato riflessivo ed identitario del processo, cosa che peraltro lo stesso Barbera annota nelle conclusioni del suo articolo. Paragonando i Patti Territoriali ai Distretti industriali, Barbera asserisce che la cooperazione nei Distretti «non era solo funzione dell’allineamento degli incentivi, o degli “effetti reputazione” dei reticoli sociali. Cooperare era un fine in sé, che costituiva l’identità dell’attore, e la defezione negava questa stessa identità. Su questo stretto crinale, i patti e le politiche per lo sviluppo locale si trovano oggi a transitare» (Ibidem, 446). Parole da tenere in considerazione: i meccanismi sociali funzionano se entrano

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nell’identità dell’attore, altrimenti sono solo espedienti momentanei per la soddisfazione di un interesse individuale.

3.4. Le partnership come vettori innovativi di buone pratiche: la costruzione