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3. LE PMI E L’INSERIMENTO NEL CONTESTO ECONOMICO ATTUALE

3.3 Pmi e crisi aziendale

Il tessuto produttivo europeo e, ancor più in particolare, quello italiano si caratterizzano per una forte prevalenza numerica di piccole-medie e micro imprese, che costituiscono la spina dorsale del sistema economico nazionale e continentale. Nonostante queste realtà minori rappresentino in Italia circa il 90% del numero totale di unità produttive, sono un fenomeno che per molto tempo è stato trascurato. Una maggiore attenzione è sempre stata rivolta alle imprese di grandi dimensioni, per le quali sono stati studiati efficaci strumenti di gestione dei processi aziendali e sofisticati modelli manageriali e di mercato da parte del mondo accademico. D’altro canto la situazione di molte piccole e medie imprese, in particolare quelle italiane, appare critica. Molte di esse sono oggi uscite dal mercato a causa della crisi economica globale; altre faticano ad innovarsi, perdendo in competitività e rischiando di essere escluse dal mercato; altre ancora sono in una situazione di stallo, a causa dell’incapacità dei piccoli imprenditori ad

282 Ibidem, p. 109

adattarsi alla crescente burocratizzazione dei servizi, alle nuove tecnologie dell’informazione e ai nuovi processi di elaborazione dei dati.284

Il modello di sviluppo imprenditoriale italiano, e in parte europeo, è caratterizzato da una piccola industria che cresce moltiplicandosi piuttosto che ingrandendosi, e rappresenta un modello congeniale alle caratteristiche soggettive del nostro Paese. Un modello che ha trovato il suo sviluppo nella presenza di organizzazioni reticolari di piccole imprese, che nella collettività hanno saputo affrontare e superare le principali sfide presentatesi. La flessibilità delle strutture, insieme all’intelligenza, la duttilità e la creatività dei piccoli imprenditori, sono stati i punti di forza che hanno dato enfasi a questo fenomeno e che, per anni, hanno determinato e mantenuto elevati livelli di crescita per l’intero Paese. Però il processo evolutivo, il dinamismo ambientale e gli impulsi innovativi continui (in particolare di matrice tecnologica) hanno determinato una variazione dei fattori critici di successo, che non tutte le piccole e medie imprese hanno recepito e hanno assimilato, determinando, così, il declino di un gran numero di realtà aziendali minori.285

Il principale fattore di ostacolo all’innovazione e allo sviluppo delle Pmi e delle microimprese è la mancanza di una “cultura scientifica d’impresa”, che impedisce al management di percepire e recepire i vantaggi derivanti dall’applicazione di procedure quantitative statistiche rigorose, implementate nei moderni sistemi informatici, i quali incrementano, di fatto, l’efficacia dei processi decisionali e consentono di programmare correttamente l’attività aziendale, rendendo l’impresa più competitiva. Nell’attuale realtà di mercato globalizzato, data la complessità ambientale e la molteplicità delle variabili in gioco, non sono più sufficienti, infatti, l’intuito e le capacità personali dell’imprenditore per l’assunzione di decisioni razionali in condizioni di incertezza e per pianificare l’attività dell’azienda. Le pmi, così, non possono più ignorare, oggi, le metodologie quantitative e le piattaforme informatiche di Business Intelligence, in grado di analizzare ed individuare le complesse relazioni causali che intercorrono tra l’impresa e l’ambiente esterno, macroeconomico e di mercato.286

Fra le cause di declino delle pmi, oltre alle nuove tecnologie, ve ne è una che è da sempre tra le problematiche principali delle imprese minori: la maggior parte delle pmi sono caratterizzate da un’inadeguata struttura finanziaria, risultando, pertanto, carenti di risorse

284 De Luca A., Innovazione e competitività delle pmi in Italia, Franco Angeli, Milano, 2009, p. 15 285 Baccarani C., in Sinergie: la crisi delle piccole e medie imprese, Cueim, Verona, 1995, pp. 60-61 286 De Luca A., Innovazione e competitività delle pmi in Italia, Franco Angeli, Milano, 2009, p. 16-17

(capitale di rischio e di debito) per sostenere nuovi investimenti. Il basso livello di investimenti e la concentrazione degli stessi solo in innovazioni di processo impediscono l’avviamento di un circolo virtuoso, verso uno sviluppo costante; ciò spiegherebbe anche perché i cicli si stanno abbreviando considerevolmente e periodi recessivi si alternano a periodi di ripresa, senza però generare onde lunghe di sviluppo. Da ciò deriva un’attenzione particolare sui problemi finanziari delle imprese, intesi nella loro accezione più ampia: 287

− Difficoltà di accesso al credito; − Sviluppo del capitale di rischio;

− Aumento e qualificazione degli investitori istituzionali; − Creazione di un mercato dei titoli delle imprese minori;

− Realizzazione di efficaci strumenti di sostegno per l’innovazione e l’internazionalizzazione.

Per ovviare a queste problematiche occorre una politica direzionale per l’impresa che si articoli in diversi punti:288

a) Un preciso indirizzo di politica industriale che individui i punti di debolezza del mercato in cui l’azienda opera e fissare gli obiettivi di medio-lungo termine che si vogliono raggiungere;

b) Un forte coordinamento fra le varie politiche che incidono sullo sviluppo dell’impresa: politica della ricerca, politica del lavoro e della formazione professionale, politica ambientale e fiscale, ecc.;

c) Una puntuale definizione di “soggetti” ed un’altrettanta netta suddivisione dei compiti fra soggetti preposti alla programmazione e al controllo, soggetti attuatori, reti di diffusione delle informazioni;

d) Un piano finanziario che a partire dalle risorse che lo Stato può mettere a disposizione assicuri, anche attraverso l’integrazione con altre fonti, ad esempio con le risorse comunitarie, un flusso continuativo di trasferimenti alle imprese in funzione degli obiettivi che si vogliono conseguire;

e) Un sistema di monitoraggio e controllo dell’efficienza e dell’efficacia della spesa.

287 Imperatori G., in Sinergie: la crisi delle piccole e medie imprese, Cueim, Verona, 1995, pp. 103-104; si veda

anche Associazione italiana politiche industriali, Reti d’impresa: profili giuridici, finanziamento e rating, Il Sole 24 Ore, 2011

È del tutto evidente che, nella maggior parte delle aziende minori, un sistema del genere non viene attuato. Alla base delle crisi delle pmi, quindi, vi sono elementi strutturali che hanno direttamente a che vedere con gli assetti proprietari, con le capacità di ricambio generazionale, con le scelte in campo di innovazione di processo o di prodotto e con la capacità di presenza sui mercati internazionali attraverso investimenti esteri diretti. La crisi “finanziaria” delle imprese medio-piccole assume i contorni di una vera crisi del modello di sviluppo. Infatti, la via finanziaria allo sviluppo, basata su un ricorso massiccio al credito, sembra aver esaurito la sua spinta propulsiva.289

Su questo terreno spinge anche Basilea 2 (da ora Basilea 3), cioè quell’insieme di riforme, sviluppate dai governatori delle banche centrali e capi della supervisione, nate per rafforzare la regolazione, supervisione e gestione dei rischi nel settore bancario e finanziario, e che hanno mutato il rapporto tra banche e imprese. Le banche, al fine di migliorare la gestione dei rischi, rafforzare la trasparenza e la capacità informativa, prima di concedere credito, si assicurano che dall’altro lato ci sia un “soggetto”, con una solida e chiara struttura finanziaria, organizzativa e di governance, che abbia, dunque, i requisiti e la capacità di onorare gli impegni contratti (racchiusi in modo sintetico nel rating).290 Strutture che non tutte le pmi sono in grado di garantire.291

Quindi ciò che caratterizza gran parte delle medie e piccole imprese è una carenza strutturale di base, che si sostanzia in una mancata formalizzazione delle corporate governance, nonché di quelle che sono le strutture, gli attori e i processi che regolano i rapporti tra proprietà e controllo, configurando i poteri ed il funzionamento degli organi apicali. La questione, quasi sempre, si associa ad un altro carattere, che è quello della famiglia.292

Il carattere familiare è spesso legato all’unicità del soggetto che esercita la funzione imprenditoriale con la conseguente forte personalizzazione che si riscontra nello stile di direzione dell’impresa. Le strutture organizzative risultano molto spesso non formalizzate e l’imprenditore tende ad accentrare molte delle funzioni aziendali, in particolare quelle connesse alle attività di produzione e di vendita. Una caratteristica tipica del piccolo imprenditore è

289 Ibidem, p.107

290 Cfr. www.bankpedia.org

291 E’ evidente come un’impresa dotata di strumenti di programmazione economica-finanziaria e gestionale

riesca a fornire informazioni di carattere qualitativo e quantitativo in grado di incidere positivamente sui vari aspetti elencati e di conseguenza sul rating finale assegnato all’impresa. Si veda De Luca F. A., Tami A.,

Comunicare con investitori e finanziatori: il ruolo del business plan, Commisione Finanza e controllo di

gestione, n. 53, 2017, p. 70

proprio quella di concentrare molto spesso l’attenzione sugli aspetti produttivi e/o commerciali della gestione aziendale. Al contrario, lo stesso imprenditore difficilmente si cura degli aspetti amministrativi e fiscali della gestione (per i quali si avvale di consulenti specifici) nonché dei problemi di organizzazione, programmazione, pianificazione e controllo della gestione, dei problemi relativi al marketing. Da queste semplici considerazioni si intuisce che i momenti critici della vita della grande maggioranza delle pmi italiane sono costituiti principalmente da:293

− Il momento del ricambio generazionale all’interno della famiglia cui fa capo la gestione dell’impresa: l’identificazione che spesso si riscontra tra l’imprenditore e la sua impresa rende infatti difficili i “passaggi delle consegne”, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con i terzi (clienti e fornitori) e con il personale; in quest’ultimo caso, un diverso “stile di direzione” dei figli rispetto ai genitori potrebbe creare attriti e/o incomprensioni.294

− Il momento in cui si ha una forte crescita dimensionale dell’impresa stessa, nel quale diventa cruciale ridefinire gli aspetti organizzativi dell’impresa, nonché attivare procedure di programmazione e controllo della gestione, senza le quali l’imprenditore non è più in grado di governare l’impresa in modo efficace. A questi due momenti si aggiunge, come è ovvio, la fase di istituzione dell’impresa, ovvero il momento in cui l’imprenditore decide di avviare nuove iniziative (cosa necessaria visto il dinamismo e il continuo cambiamento ambientale). In tal caso, infatti, si rende necessaria un’accurata pianificazione della nuova iniziativa, con particolare riguardo all’analisi della sua fattibilità finanziaria, attraverso la redazione di un business plan.

E’ dunque evidente che le priorità per le pmi, al fine di ridurre potenzialmente situazioni di dissesto e crisi irreversibile, derivano proprio dalla necessità di gestire nel modo meno traumatico possibile queste tre fasi critiche. Tra l’altro, sono queste condizioni strutturali da cui derivano le fragilità organizzative, finanziarie e tecnologiche, che impediscono al sistema aziendale di assimilare i mutamenti dell’ambiente e, conseguentemente, configurare una nuova

293 Fiori G., in Sinergie: la crisi delle piccole e medie imprese, Cueim, Verona, 1995, pp. 133-134

294 Cattini scrive: “Il successivo punto di crisi potrà essere il passaggio generazionale, ma se l’impresa sarà

dotata di una struttura solida e collaudata, se il problema sarà affrontato con tecniche appropriate, anche questa fase, oggettivamente molto delicata, potrà essere superata. Naturalmente ciò non è automatico: affinché si verifichi dovrà permanere, durante la vita dell’impresa e quindi nell’alternarsi dei successivi momenti di crescita e di crisi, un equilibrio economico finanziario tale da alimentare e sostenere lo sviluppo.” Cattini C., Piccole e medie imprese, problemi e soluzioni, Mucchi editore, Modena, 2006, p. 32

formula imprenditoriale, in linea con i fattori critici di successo richiesti dal sistema competitivo.295