Discrezionalità sanzionatoria all'interno delle cornici edittal
DELLA PENA: IL CASO «PROBLEMATICO» DEL 41-BIS O.P.
1. Premessa: il paradigma costituzionale dell’esecuzione penitenziaria
La recente casistica giurisprudenziale, elaborata dalla Corti europee, nei leading case Scoppola (n. 2) c. Italia1, Del Rio Prada c. Spagna2, M. c. Germania3, ha dato nuova linfa al dibattito sullo statuto costituzionale (e convenzionale) dell’esecuzione penitenziaria, ridisegnandone, da un lato, il paradigma, oggi fortemente orientato alla tutela dei diritti
1 Cfr. Corte EDU, GC, 17 settembre 2009, Scoppola (n. 2) c. Italia, ric. n. 10249103. Per una bibliografia completa degli aspetti che hanno interessato la vicenda Scoppola, cfr., in ordine, M. BIGNAMI,
Il giudicato e le libertà fondamentali: le Sezioni unite concludono la vicenda Scoppola-Ercolano, in Dir. pen. cont., 16 maggio 2014; L. CANTARINI, Lealtà dell’esecuzione e composizioni sulla pena: la sorte dei
«fratelli minori» di Scoppola?, in Arch. pen. web, 2013; M. GAMBARDELLA, Lex mitior e giustizia penale, Giappichelli, 2011, 30 ss.; ID., Il «caso Scoppola»: per la Corte Europea l’art. 7 CEDU garantisce anche
il principio di retroattività della legge più favorevole, in Cass. pen., 5/2010, 2030 ss.; ID., Overruling
favorevole alla Corte europea e revoca del giudicato di condanna: a proposito dei casi analoghi alla sentenza «Scoppola», in Cass. pen., 2012, 3981 ss.; G. ICHINO, L’«affaire Scoppola c. Italia» e l’obbligo
dell’Italia di conformarsi alla decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Cass. pen., 2/2010,
849 ss.; E. LAMARQUE-F.VIGANÒ, Sulle ricadute interne della sentenza Scoppola, in Dir. pen. cont., 31 marzo 2014; C. MUSIO, Il «caso Scoppola» dalla Corte europea alla Corte di cassazione, in Cass. pen., 1/2011, 128 ss.; C. PECORELLA, Il caso Scoppola davanti alla Corte di Strasburgo (parte II), in Riv. it.
proc. pen., 2010, 405 ss.; G. ROMEO, L’orizzonte dei giuristi e i figli di un dio minore. Ancora sui «fratelli
minori» di Scoppola, aspettando le Sezioni Unite, in Dir. pen. cont., 16 aprile 2012; ID., Le Sezioni Unite
sull’applicabilità in executis della sentenza 17 settembre 2009 della Corte EDU in causa Scoppola c. Italia: una doverosa postilla, ivi, 5 ottobre 2012; F. VIGANÒ, Figli di un dio minore? Sulla sorte dei condannati
all’ergastolo in casi analoghi a quello deciso dalla Corte edu in Scoppola c. Italia, in Dir. pen. cont., 10
aprile 2012; ID., Giudicati e tutela dei diritti fondamentali, ivi, 18 aprile 2012; ID., Pena illegittima e
giudicati. Riflessioni a margine alla pronuncia delle Sezioni Unite che chiude la saga del «fratelli minori» di Scoppola, ivi, 12 maggio 2014; ID., Una prima pronuncia delle Sezioni Unite sui «fratelli minori» di
Scoppola: resta fermo l’ergastolo per chi abbia chiesto il rito abbreviato dopo il 24 novembre 2000, ivi,
10 settembre 2012.
2 Cfr. Corte EDU, GC, 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c. Spagna, ric. n. 42750/09. Sul punto, cfr. F. MAZZACUVA, La Grande Camera della Corte EDU su principio di legalità della pena e mutamenti
giurisprudenziali sfavorevoli, in Dir. pen. cont., 30 ottobre 2013.
3 Cfr. Corte EDU, 17 dicembre 2009, M. c. Germania, ric. n. 19359/04. Per un commento alla sentenza in lingua italiana, cfr. G. ROCCHI, Da una decisione sulle misure di sicurezza una possibile ricaduta
nell’ordinamento italiano – Corte eur. Dir. Uomo, Sez. V, 17 dicembre 2009, n. 19359/04, M. c. Germa- nia, in Cass. pen., 2010, 3275 ss. Per le ricadute sul sistema interno, cfr. S. PORRO, La custodia di sicurezza
nell’ordinamento penale tedesco – Alcune riflessioni alla luce di Bundesverfassungsgericht, II Senato, 4 maggio 2011, 2 BvR 2365/09, in Dir. pen. cont., 9 ss.
fondamentali del detenuto e, accentuando, al contempo, le dinamiche conflittuali tra il potere autoritativo dell’Amministrazione penitenziaria e il sindacato giurisdizionale della Magistratura di sorveglianza, dall’altro.
Nell’iter giurisprudenziale di affermazione della preminenza dei diritti fondamentali della persona detenuta ha assunto un ruolo chiave il principio di proporzionalità4.
La legge 26 luglio 1975, n. 354 non contiene, a ben vedere, alcun riferimento al canone della proporzionalità, facendo, invece, espresso rinvio al diverso principio della necessarietà, da intendersi quale criterio di condotta che si traduce nell’obbligo dell’amministrazione penitenziaria di adottare soltanto quelle misure restrittive che, a parità di efficacia, abbiano forme e modalità tali da arrecare il «minor sacrificio» possibile ai diritti ed alle libertà dei detenuti5.
4 Il principio di proporzionalità va letto in combinato disposto con il finalismo rieducativo e l’umanità della pena. Il principio «umanitario» della pena, contenuto nella prima parte del co. 3 dell’art. 27 Cost., per molti anni non ha ricevuto attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza, dedite, invece, alla valorizzazione del finalismo rieducativo, quasi che il primo fosse dato per scontato e che non vi potesse essere una pena rieducativa se non in un quadro di «non disumanità» (v., sul punto, Corte cost. n. 279/2013). Solo con la sentenza pilota Torreggiani e altri c. Italia della Corte europea dei diritti dell’uomo, il divieto
di trattamenti contrari al senso di umanità ha assunto una portata assiologica autonoma rispetto alla finalità
rieducativa: fattori determinanti della sua valorizzazione sono stati rappresentati dal fenomeno crescente (e patologico) del sovraffollamento carcerario e dalla decrescita della capacità di protezione sociale del sistema del welfare, incapace ormai di garantire a tutti l’esercizio dei propri diritti sociali. Cfr. M. BORTOLATO, sub art. 35-bis, inAA.VV., Ordinamento penitenziario commentato, (a cura di) DELLA CASA, 2015, 399 ss. Il medesimo finalismo rieducativo, inoltre, ha acquisito progressivamente una rilevanza centrale sia nelle dinamiche esecutive, sia in sede di commisurazione della pena giudiziale ed, infine, in chiave normativa, in sede di riforma dell’assetto sanzionatorio e di rimodulazione della disciplina delle misure alternative e dei benefici penitenziari. Principio che potrebbe subire un’ulteriore trasformazione, laddove si riconoscesse una connessione con il principio di irretroattività della legge penale di cui all’art. 25, co. 2 Cost.: in tale prospettiva, si colloca il principio della progressività di trattamento a favore del detenuto (in un’ottica di affidamento preventivo dello stesso all’applicabilità della norma di favore rispetto alla disciplina peggiorativa sopravvenuta). Secondo tale orientamento, il combinato disposto degli artt. 25, co. 2 e 27, co. 3 Cost. dovrebbe condurre ad un generale ripensamento della collocazione normativa delle norme processuali e penitenziarie che incidono direttamente (o rispetto al quantum o al quomodo) sulla pena e, quindi, sulla libertà personale del detenuto in una prospettiva sostanziale e coperta dai princìpi cardini del diritto penale sostanziale. Interpretazione che trova una conferma nella casistica giurisprudenziale della Corte di Strasburgo: i leading case in questione sono Scoppola (n. 2) c. Italia (interpretazione in termini sostanziali dell’art. 442, co. 2 c.p.p.), Del Rio Prada c. Spagna (qualificazione sostanziale, ex art. 7 Cedu, del beneficio penitenziario della redención de penas por trabajo) e M. c.
Germania (divieto di irretroattività sfavorevole della misura di sicurezza della custodia cautelare, Sicherungsverwahrung). Così,A.DELLA BELLA, Emergenza carceri e sistema penale, Giappichelli, 2014, 20 ss. Sui limiti di operatività di tale principio, con riferimento alla materia dei colloqui visivi e telefonici applicabile ai detenuti ex co. 1 dell’art. 4-bis O.P. (in regime di 41-bis O.P.), cfr. F. FIORENTIN, Detenuti
per delitti di particolare gravità e applicazione retroattiva della disciplina di rigore in tema di colloqui, in Giur. merito, 2009, 1353; F. PICOZZI, L’ambito temporale di applicazione delle norme sui colloqui dei
detenuti e degli internati, in Rass. pen. crim., 2010, 1, 71 ss.; ID., Applicabilità del nuovo regime restrittivo
dei colloqui al detenuto erroneamente ammesso al trattamento ordinario, in Cass. pen., 2011, 1538-1539.
5 Frequente è, infatti, il ricorso al concetto di necessità o indispensabilità, quale criterio legale che deve orientare l’autorità amministrativa nella individuazione della misura (restrittiva o coercitiva) più adatta al perseguimento del fine pubblico imposto dalla norma attributiva del potere (vedi, ad es., l’applicazione provvisoria del regime di sorveglianza particolare, che viene disposta in caso di urgenza e necessità, ex art. 14-bis O.P., oppure, la sospensione delle regole normali del trattamento, in cado di rivolta, o, per far fronte ad una grave situazione di emergenza, purchè tale sospensione sia motivata dalla necessità di rispristinare l’ordine e la sicurezza all’interno del carcere e abbia la durata strettamente necessaria al conseguimento di tale fine, ex art. 41-bis, co. 1 O.P.).
La nozione di proporzionalità che si ricava, quindi, da una valutazione complessiva delle disposizioni penitenziarie sarebbe, limitata al solo principio di necessarietà che, in realtà, rappresenta uno degli elementi costitutivi di tale canone, un sistema basato, invece, su plurimi passaggi sequenziali dell’idoneità, della necessarietà e della proporzionalità in senso stretto6.
Si propende, infatti, per un’accezione più ampia del principio: una corretta esegesi del principio di proporzionalità potrebbe rappresentare una soluzione orientativa per individuare un punto di equilibrio tra l’esercizio dei poteri autoritativi conferiti dalla legge all’Amministrazione penitenziaria, in vista del perseguimento di specifiche e legittime finalità pubbliche e l’esigenza di non determinare un’eccessiva compressione dei diritti della persona ristretta7.