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Problematiche famigliari: caso del signor N , del signor A, del signor

STORIE DI MALATI NEOPLASTICI IN FASE TERMINALE E ANALISI DEI LORO BISOGNI

2.2 Situazioni problematiche

2.2.3 Problematiche famigliari: caso del signor N , del signor A, del signor

E

, del signor

C

, del signor

Z

, del signor

W

, del signor

R

, della signora

R

e del signor

G

Non è possibile aiutare, realmente, il malato inguaribile senza includere la sua famiglia.

Essa ha un ruolo importante durante il tempo della malattia e le sue reazioni contribuiranno molto all‟atteggiamento che il malato assumerà nell‟affrontare la sua situazione.

Il famigliare si trova nella difficile condizione di gestire la propria sofferenza, ridistribuire ruoli, funzioni famigliari e, nello stesso tempo, sostenere il proprio congiunto, garantendogli un‟assistenza continua, a cominciare dalla preparazione all‟elaborazione del lutto.

Nel tentativo di difendere il morente dalla dolorosa consapevolezza della sua condizione, all‟interno della famiglia possono svilupparsi forme distorte di comunicazione che hanno l‟effetto di amplificare e intensificare l‟angoscia, la sofferenza e il senso di solitudine, sia nel morente, che nel famigliare.

Spesso si assiste alla “congiura del silenzio” in cui vi è il tacito accordo di non informare il paziente, temendo che egli non possa reggere il carico emozionale conseguente alla diagnosi.

Il bisogno di relazioni significative del paziente può essere frustrato dal loro deteriorarsi a causa della patologia, in alcuni casi, ma, in altri, dalla presenza di rapporti difficili o interrotti prima dell‟insorgenza della malattia.

Famiglie numerose non sono garanzia di buona assistenza, in quanto possono complicare ulteriormente il rapporto tra il paziente e gli operatori dell‟équipe; il malato, seppur circondato da molti famigliari, può continuare a sentirsi profondamente solo e abbandonato per il clima conflittuale che si crea.

All‟estremo opposto si trovano i pazienti anziani, realmente soli, senza più parenti diretti; ad occuparsi di loro sono, spesso, parenti acquisiti o amici che, a volte, si rivelano comunque buoni caregivers.

Caso del signor

N

M N L

(assistente notturno)

A D

(assistente diurno)

MASCHIO AFFETTO DA CANCRO

MASCHIO NON AFFETTO FEMMINA AFFETTADA CANCRO

FEMMINA NON AFFETTA

AIUTI ESTERNI

A MASCHIO ADOTTATO

DECEDUTI

GEMELLI

RELAZ. FUSIONALE (SIMBIOTICA) RELAZ. CONFLITTUALE RELAZ. INTERROTTA (LITIGI) RELAZIONE STRETTA AFFETTUOSA RELAZIONE DISTANTE (FISICAMENTE)

DATO IPOTIZZATO

RELAZ. CONIUGALE RELAZIONE DI ALTRO TIPO DIVORZIO

SEPARAZIONE

REL GENITORE/FIGLIO

Quadro clinico

Il signor N è un uomo di 91 anni affetto da una forma di demenza senile e da un mieloma multiplo diagnosticato nel 1995; dopo alcuni trattamenti, nel dicembre 2000, gli interventi volti alla guarigione sono stati sospesi e nel gennaio 2001 N è entrato a far parte del programma di cure domiciliari garantito dall‟UOCP.

Lo schema famigliare

Il signor N è rimasto vedovo e convive con un‟altra donna, la signora M di 76 anni che ha instaurato dei rapporti molto conflittuali con la figlia A di 68 anni, mentre l‟altra figlia D vive lontana dal nucleo famigliare.

E‟ stato questo un caso particolare proprio per il tipo relazioni problematiche presenti all‟interno di questo nucleo famigliare; durante le riunioni dell‟équipe UOCP si è discusso a lungo sul fatto che il paziente non sembrava adeguatamente accudito.

Anche per questi motivi è stata richiesta un‟assistenza notturna per seguire il paziente in modo più adeguato.

Inoltre un anziano infermiere, residente e molto conosciuto in paese, faceva visita al signor N aiutando la convivente ad assisterlo e consigliando nuove terapie, ma la sua presenza ha complicato ulteriormente i rapporti già difficoltosi fra l‟équipe e la famiglia.

Il medico di medicina generale, la dottoressa F, si è sentita, probabilmente, molto a disagio dal punto di vista relazionale con questa famiglia perché

“scaricava” la propria frustrazione sul medico dell‟équipe; anche quest‟ultimo riferisce difficoltà a gestire tale situazione, non riuscendo, inoltre, a supportare la collega.

Caregiver

Il famigliare di riferimento di questo paziente è rappresentato dalla convivente;

facendo sempre riferimento allo schema famigliare, è chiaramente visibile la presenza di una relazione molto stretta fra la signora M e il paziente, un rapporto quasi esclusivo che tiene a distanza le figlie che sembra non possano nemmeno

“avvicinarsi” al padre.

Epilogo

L‟assistenza del signor N è durata complessivamente quarantacinque giorni, quando il 23 marzo si è spento.

Analisi dei bisogni

Analizzeremo ora i principali bisogni del signor N.

Bisogna precisare che questo signore, a causa della demenza, non era considerato, dalla convivente, in grado di comprendere la sua situazione di malato terminale; per tanto è stato tenuto all‟oscuro della diagnosi, non potendo, così, partecipare alle scelte terapeutico-assistenziali che lo riguardavano in prima persona.

Dal punto di vista fisiologico e assistenziale i sintomi sono stati ben controllati;

il dolore fisico è stato trattato farmacologicamente, ottenendo buoni risultati, mentre il clima fortemente carico di tensioni è andato probabilmente a incidere sul disagio psicologico del paziente.

La convivente, aiutata dagli assistenti retribuiti, ha provveduto a garantire un aiuto concreto per la cura personale, il nutrimento e la gestione della casa.

Dal punto di vista emotivo il bisogno di vicinanza è stato soddisfatto solo per quello che concerne la componente “fisica”: la signora M era sempre presente per il “corpo” del malato, cosa comunque fondamentale per un paziente demente.

Per quel che concerne i bisogni economici si può supporre che questa famiglia non avesse problemi finanziari in quanto la convivente poteva permettersi il lusso di due assistenti retribuiti e rifiutare l‟assistenza gratuita delle due figlie.

Non disponiamo di informazioni sufficienti per poter analizzare i bisogni spirituali di questo paziente.

Dal punto di vista relazionale, problema cruciale di questa famiglia, il conflitto ed il groviglio nelle relazioni affettive hanno reso questo caso di difficile gestione per gli operatori che se ne sono occupati.

La signora M ha incentrato su di sé ogni tipo di responsabilità e di decisione per quel che riguardava la presa in carico di N; in questo modo anche i parenti più prossimi, le figlie, si sono trovate escluse da ogni tipo di rapporto con il padre.

Le relazioni di tipo assistenziale sono state garantite grazie alla presenza del personale retribuito diurno e notturno e da quello fornito dall‟UOCP, ma ci domandiamo se dal punto di vista emotivo si sarebbe potuto fare di più per questo paziente.

Commento

In conclusione sono rimasti aperti alcuni interrogativi relativi alla situazione famigliare del signor N.

La nostra impressione è che il signor N sia stato ben seguito per quanto riguarda le mansioni medico-infermieristiche, ma non abbia ricevuto il calore della vicinanza degli operatori.

A nostro avviso il problema principale è rappresentato dalla forte conflittualità di questa famiglia che non ha permesso all‟équipe di trovare un “filo d‟Arianna”

per allearsi con la convivente nell‟assistenza di questo paziente.

I tentativi di controllo della signora M. fanno pensare a possibili tratti ossessivi di personalità: era fondamentale per lei mantenere il controllo su tutto ma, elementi quali la demenza di N e la forte opposizione delle figlie la disorientavano fortemente.

Gli assistenti retribuiti, infatti, sembrerebbero gli unici ad essere accettati da M in quanto pagati da lei e per tanto, probabilmente, “controllati.”

Caso del signor

A

G

A

D

P

N C

MASCHIO AFFETTO DA CANCRO

MASCHIO NON AFFETTO FEMMINA AFFETTADA CANCRO

FEMMINA NON AFFETTA

AIUTI ESTERNI

A MASCHIO ADOTTATO

DECEDUTI

GEMELLI

RELAZ. FUSIONALE (SIMBIOTICA) RELAZ. CONFLITTUALE RELAZ. INTERROTTA (LITIGI) RELAZIONE STRETTA AFFETTUOSA RELAZIONE DISTANTE (FISICAMENTE)

DATO IPOTIZZATO RELAZ. CONIUGALE RELAZIONE DI ALTRO TIPO DIVORZIO

SEPARAZIONE

REL GENITORE/FIGLIO

Quadro clinico

A è un uomo di 63 anni, affetto da una neoplasia polmonare con metastasi diffuse a livello linfonodale, cerebrale e cerebellare. Dopo essere stato dimesso dal reparto di medicina dell‟ospedale di Biella viene ammesso nel programma di cure palliative domiciliari.

Lo schema famigliare

Questa famiglia è composta dalla moglie del paziente, il figlio e la nuora che vivono nella stessa abitazione.

Tra di loro le relazioni sono buone ed in particolare l‟infermiera riporta, nella scheda, la presenza di relazioni strette e affettuose tra il paziente, la moglie e il figlio.

Saltuariamente si recano dal paziente anche due fratelli che vivono lontani.

Caregiver

In questa famiglia la persona di riferimento per l‟équipe è stato il figlio, che ha collaborato attivamente per la buona riuscita dell‟assistenza.

Il signor A non ha mai verbalizzato la propria sofferenza tranne, negli ultimi giorni, quando il dolore si è acutizzato al punto tale da non essere più controllato;

questo ha mandato in crisi il figlio che ha preso piena coscienza della condizione terminale del padre.

Epilogo

A è morto nel sonno il 28 marzo dopo sessantasette giorni di assistenza; non sappiamo se la sua morte sia stata serena, ma sappiamo che negli ultimi giorni ha provato un dolore intenso e acuto.

Analisi dei bisogni

Partendo dai bisogni cognitivi, sappiamo che A era stato informato circa la propria condizione di malattia dal medico dell‟UOCP, ma il paziente sembrava non accettare tale situazione, l‟infermiera che lo ha seguito dichiara che A. “non voleva sentirsi dire che aveva un tumore.”

Il signor A non aveva mai espresso a parole il dolore che probabilmente aveva sempre sentito, quando la malattia è avanzata, negli ultimi giorni, ha fissato negli occhi l‟infermiera chiedendole pietà; in questa occasione il figlio è “crollato” e ha realizzato che suo padre stava per morire.

Il dolore di A era di tipo totale e per quel che concerne quello fisico è stato trattato farmacologicamente con morfina, ottenendo discreti risultati.

A è stato supportato da una buona famiglia che lo ha seguito con dedizione e lo ha accompagnato fino alla fine mantenendo una stretta collaborazione con l‟infermiera e il medico referente dell‟équipe.

Dai pochi dati raccolti non emergono necessità di tipo economico e spirituale.

Commento

La particolarità di questo caso sta nel fatto che, nonostante il lungo periodo di assistenza di questo paziente, nelle riunioni d‟équipe non se ne è mai parlato, in quanto A stava “relativamente bene”; solo in un‟occasione se ne è discusso molto, quando è comparso, dirompente, il dolore.

Prima di allora pensiamo che l‟equilibrio di questa famiglia si basasse sulla negazione della malattia e del dolore da parte del paziente che ad un certo punto ha esternato una fortissima sofferenza, mettendo in crisi l‟omeostasi di questo nucleo.

La negazione del paziente ha permesso a questa famiglia di strutturarsi su un piano illusorio: quando la realtà della malattia grave ha fatto il suo ingresso sulla scena, tutto è crollato come un castello di carte.

Caso del signor

E

Quadro clinico

Il signor E ha 85 anni ed è affetto da due neoplasie, una a livello del cardias e l‟altra polmonare, con una diffusione metastatica ossea ed epatica.

Nel febbraio di quest‟anno i trattamenti volti alla guarigione sono stati sospesi e il paziente è entrato a far parte del programma di cure palliative a domicilio.

Lo schema famigliare

Il clima generale di questa famiglia è buono, in quanto la maggioranza dei rapporti è di colore verde, simbolo, questo, di relazioni strette ed affettuose.

Quello che salta subito all‟occhio è la relazione conflittuale fra la nuora del paziente e la figlia: probabilmente, da quanto riportato durante le riunioni, sembra che il problema sia un senso di estromissione provato dalla figlia nella gestione dell‟assistenza del padre.

Da notare anche il fatto che la coniuge del paziente è morta otto mesi prima sempre per una neoplasia; presumiamo che questo fatto possa aver influenzato la decisione della famiglia di non informare il congiunto sul suo stato di malattia.

Caregiver

Il famigliare di riferimento di questo paziente è stata la nuora fino all‟arrivo della figlia del signor E dalla Sardegna; questo ha causato molti problemi, in quanto il nuovo caregiver era molto ansiosa, insicura e creava non pochi disagi, opponendosi all‟utilizzo della morfina per calmare il dolore del padre, come riporta l‟infermiera che aveva in carico tale paziente.

Epilogo

Il signor E muore il 31 marzo in ospedale dopo un breve ricovero; la sua presa in carico nell‟UOCP è durata poco più di un mese.

Analisi dei bisogni

Come già accennato, questo paziente non è stato informato sulla sua condizione di malattia per volere della famiglia, ma aveva ottenuto, comunque, una parziale consapevolezza del suo stato; l‟infermiera riporta che E diceva spesso che tutti i suoi compagni di miniera erano morti e ora toccava a lui.

Per quanto riguarda i bisogni fisiologici, il dolore fisico del signor E è stato trattato con Contramal e morfina, ottenendo un buon controllo.

Il buon equilibrio relazionale di questa famiglia è stato parzialmente alterato dal rapporto conflittuale tra la nuora e la figlia del paziente e dai messaggi contraddittori che quest‟ultima inviava al padre: viene riportato dal medico dell‟équipe un senso di forte fastidio che R trasmetteva nel rapportarsi al padre e alla sua malattia, nonostante pretendesse di essere il famigliare di riferimento.

Questo è il secondo caso, da noi analizzato, in cui la dimensione spirituale viene esplicitata dai famigliari: la figlia, infatti, riteneva che il dolore fosse un fatto normale di vita e che dovesse essere accettato come una “croce”; per questo motivo era estremamente contraria alla somministrazione di antidolorifici.

Commento

Questo caso ci ha offerto la possibilità di riflettere sul fatto che sufficiente una famiglia numerosa non sempre è garanzia di una buona assistenza: ciò che conta è la buona qualità dei legami esistenti fra i membri che la compongono. Il paziente può avere anche molti familiari attorno, ma continuare a provare un profondo senso di solitudine e vedersi come abbondato nella sua situazione di sofferenza.

Caso del signor

C

Quadro clinico

Il signor C è un uomo di 73 anni affetto da una sindrome di pancoast: una neoplasia polmonare con metastasi linfonodali diagnosticata lo scorso anno.

Il paziente ha problemi di comunicazione a causa di una corda vocale lesa.

Nel gennaio di quest‟anno vengono interrotti i trattamenti volti alla guarigione e il 23 febbraio C viene seguito a domicilio dall‟équipe multidisciplinare.

Lo schema famigliare.

La famiglia del signor C è composta dall‟ex moglie, dalla figlia e dal genero.

E‟ interessante sottolineare che la signora F è tornata a casa dopo vent‟anni di separazione solo ed esclusivamente per fornire un aiuto alla figlia nell‟assistenza al padre; ipotizziamo che la loro relazione sia conflittuale e non di facile gestione.

C. può contare, quindi, su una buona relazione con la figlia (caregiver) che cerca in ogni modo di favorire la comunicazione con l‟ausilio di lettere magnetiche, nonostante l‟opposizione del padre ad utilizzare un mezzo ritenuto da lui, così infantile.

Epilogo

Il signor C si è spento il 5 marzo, nella propria abitazione dopo undici giorni di assistenza.

Analisi dei bisogni

Per quanto concerne i bisogni cognitivi sappiamo che C non era stato informato sulle proprie reali condizioni per volere della famiglia e, in casi come questo, ci domandiamo quanto possa giovare al paziente non conoscere il proprio stato e ignorare la propria terminalità.

Il dolore fisico si è manifestato dalla presa in carico ed è stato trattato con morfina, ottenendo così un buon controllo.

Il paziente poteva contare sulla vicinanza della figlia che si è dimostrata attenta e collaborante con l‟équipe e sulla moglie, anche se crediamo che con quest‟ultima vi siano state difficoltà relazionali dopo vent‟anni di separazione.

Commento

Come si può notare, la comunicazione della diagnosi ad un paziente terminale è una questione molto delicata e comporta la considerazione caso per caso della necessità o meno di soddisfare il bisogno del paziente di essere informato.

Oltretutto in questo caso l‟assistenza è durata davvero molto poco, undici giorni appena, e disponiamo di poche informazioni che non ci permettono di condurre profonde osservazioni aggiuntive.

Caso del signor

Z

Quadro clinico

Il signor Z è un uomo di 74 anni affetto da una neoplasia renale, è stato sottoposto a una nefrostomia sinistra e nel 1998 sono stati sospesi i trattamenti volti alla guarigione.

Ad aggravare la situazione, una grave demenza senile affligge il paziente rendendo difficoltosa la gestione della relazione.

Il 20 marzo di quest‟anno è avvenuta l‟entrata nel programma domiciliare.

Lo schema famigliare

Il quadro famigliare del signor Z è particolare in quanto la moglie, anch‟essa demente, non è in grado di occuparsi dell‟assistenza del marito; la figlia vive lontana dai genitori e, come riferisce l‟infermiera, “non si è mai fatta viva” se non al telefono.

Caregiver

Il famigliare di riferimento per l‟équipe è la figlia, ma chi si occupa realmente dell‟assistenza del paziente è una signora straniera retribuita che vive con Z e provvede anche alla moglie.

Epilogo

Z è deceduto a casa il 31 marzo dopo undici giorni di assistenza.

Analisi dei bisogni

Il paziente non era a conoscenza della propria condizione, non era stato informato a causa della sua grave demenza.

Tenendo conto di questa situazione, non possiamo sapere nulla sui reali bisogni che Z poteva avere sia di ordine emotivo e relazionale, sia fisiologico ed economico.

Commento

Ci siamo chieste, se il paziente non fosse stato demente, come avrebbe vissuto la situazione di avere accanto una moglie demente, di non avere una figlia presente e di avere un‟unica relazione buona con un‟assistente retribuita, per lo più straniera.

Probabilmente sarebbe stata una situazione ancor più problematica per Z a causa della totale assenza di relazioni significative.

Caso del signor

W

Quadro clinico

Il signor W è un uomo di 66 anni affetto da una neoplasia al retto con metastasi a livello osseo e polmonari, diagnosticato nell‟agosto del 2000.

W viene sottoposto a chemioterapia e cobaltoterapia, fino al dicembre del 2000, quando vengono sospesi i trattamenti volti alla guarigione e il 12 marzo avviene l‟entrata in UOCP.

Lo schema famigliare

Il quadro familiare del paziente è molto complesso, W è vedovo ed ha avuto due figli dal suo primo matrimonio, con i quali però ha interrotto ogni tipo di relazione a causa di continui litigi ed incomprensioni, così riporta l‟infermiera dell‟équipe che ha in carico questo paziente.

La relazione tra W ed uno dei due fratelli viene definita conflittuale mentre stretta, quasi simbiotica, quella con la seconda moglie A, anch‟essa vedova con due figlie avute dal primo matrimonio.

Nonostante si tratti di un numeroso nucleo famigliare appare immediata la mancanza di relazioni “buone” tra il paziente e i suoi familiari.

Il caregiver

La signora A si occupa del paziente, la donna viene descritta come estremamente ansiosa e, a volte, ostacolante l‟operato dell‟équipe in quanto fornisce “versioni”

differenti riguardo la condizione del marito.

Epilogo

L‟infermiera riporta che negli ultimi giorni di vita W appariva confuso, molto disorientato ed estremamente ansioso fino a quando il 30 marzo si è spento nella propria abitazione dopo diciotto giorni di assistenza da parte dell‟équipe multidisciplinare.

Analisi dei bisogni

W non era stato informato circa la propria condizione per volere della moglie che

“controllava” molto la situazione, quasi a voler un rapporto esclusivo con il marito; l‟infermiera dichiara che il paziente non aveva consapevolezza della propria condizione, ci domandiamo se “sapere la verità” avrebbe agitato ulteriormente il paziente, estremamente ansioso, o se lo avrebbe calmato, trovando una risposta alla propria sofferenza.

Per quel che concerne i bisogni emotivi e relazionali del paziente abbiamo notato come, direttamente ed indirettamente, molte persone gravitassero attorno a W, ma come questi non avesse intrecciato buone relazione (denotate da colore verde nello schema famigliare) con nessuno dei famigliari tranne che un forte legame con la seconda moglie.

W soffriva di un dolore globale, che sopportava “cristianamente”, manifestatosi dalla presa in carico e che è stato trattato farmacologicamente con Durogesic e morfina non ottenendo però un controllo soddisfacente.

Commento

Anche in questo caso abbiamo avuto modo di riflettere come, non basti una famiglia numerosa per non far sentire il paziente solo; un buon nucleo non si valuta dal numero di componenti che gravitano attorno al malato ma da quelli che collaborano positivamente ed attivamente.

Nel caso di W è stato difficile per i componenti dell‟équipe gestire il rapporto con A estremamente ansiosa ed a volte ostacolante.

Probabilmente l‟équipe avrebbe dovuto tenere più in considerazione la moglie, entrando in relazione empatica con lei per capire la ragione del suo modo di agire.

Caso del signor

R

P R

MASCHIO AFFETTO DA CANCRO

MASCHIO NON AFFETTO

FEMMINA AFFETTADA CANCRO

FEMMINA NON AFFETTA

AIUTI ESTERNI

A MASCHIO ADOTTATO

A MASCHIO ADOTTATO