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Problematiche politico-spaziali dell'industria culturale

4. Spazio e Creative Industries

4.2. Problematiche politico-spaziali dell'industria culturale

"Cultural and Creative industries" (CCI) è un termine omni-comprensivo di fenomeni economici complessi e molto diversi tra loro legati al mondo della cultura e della creatività. Essa si articola attraverso l'operato di attori pubblici e privati, organizzazione profit e no-profit, attività economiche formali e processi sociali e culturali che interessano il modo in cui la cultura viene prodotta e consumata: questa eterogeneità rappresenta una sfida complessa in termini di programmazione e progettazione delle politiche idonee alla gestione e allo sviluppo delle attività economico-culturali.

La dottrina politica dominante in tema di cultura ha professato per decenni la necessità che lo stato intervenisse a correggere le imperfezioni di un mercato che ha sostituito il valore economico a quello culturale (Thorsby, 2001). Tuttavia il recente successo economico del settore creativo ha rivoluzionato il rapporto tra la cultura ed economia, conferendo al settore privato il merito di aver generato un importante valore economico dato dallo sviluppo commerciale di nuovi processi culturali, specialmente legati all'avvenuta rivoluzione digitale nel campo delle tecnologie per la comunicazione (il dibattito sul valore culturale dei prodotti del mercato è sempre molto acceso). Questo successo ha lasciato lo stato in una condizione di grave ritardo organizzativo, tecnologico e gestionale, per quanto riguarda l'amministrazione del patrimonio culturale pubblico. Il crescere dello squilibrio economico tra pubblico e privato, ha esacerbato il rapporto tra i valori della cultura in senso commerciale e quelli invece afferenti al patrimonio di risorse pubbliche dalla cultura, che sono da secoli l'espressione di contesti accademici e istituzionali ben lontani dalle logiche economiche del mercato.

Tuttavia negli anni più recenti le politiche culturali hanno ammesso questa tensione e si sono fatte carico delle esigenze di rinnovamento, e del bisogno di crescita economica e sociale, provenienti specialmente da quei territori vittima del rapido declino economico avvenuto con l'erosione, e la delocalizzazione dei tessuti industriali tradizionali. I decisori politici hanno individuato nella cultura, e nel suo sviluppo industriale, uno strumento sostenibile per promuovere sviluppo e rinnovamento a seguito della crisi. Questa trasformazione è avvenuta a detrimento

della concezione classica di bene culturale, e delle sue pratiche di governance legate ad una logica non di mercato. Tuttavia queste politiche si sono fatte carico di una nuova progettualità e di nuove finalità, che hanno sicuramente moltiplicato e diluito gli obiettivi dell'azione politica sulla cultura, sostituendo i vecchi obiettivi finalizzati alla conservazione del patrimonio, con nuovi obiettivi primari di ordine economico e sociale rivolti alla crescita e allo sviluppo.

Naturalmente il successo di queste politiche risiede anche nell'immaginario di idee e attività positive a cui il termine cultura rimanda: si può affermare che la parola cultura sia stata utilizzata con intento strumentale e propagandistico nel contesto politico-economico globale in quanto i programmi culturali sono stati in grado di raccogliere un consenso unanime a livello mondiale nonostante la professata eccessività delle aspettative riposte nei mezzi della cultura, e nonostante i reali poteri che queste politiche possono esercitare in campo economico.

Due sono gli orientamenti principali che hanno segnato il più recente sviluppo delle politiche culturali a livello globale. Da un lato le politiche associate al allo sviluppo di processi di spatial clustering e agglomerazione nei settori produttivi della cultura (Scott, 2000; Grabehr, 2002; Hutton, 2006; Picard e Karlson, 2011). Questa dottrina politica, detta a impatto primario, afferma che le imprese culturali e i 'sistemi creativi' (creative networks) possano fare da traino allo sviluppo e all'utilizzo delle nuove applicazioni dell'industria tecnologica in campo commerciale, specialmente all'interno di mercati in forte crescita come quello della comunicazione e dell'intrattenimento legati per esempio all'industria cinematografica, alla televisione, all'editoria, alla pubblicità, l'industria dei giochi e dell'animazione, ma anche all'architettura, al design, alle arti visuali, etc. Il potere della tecnologia di influire sulle dinamiche di cambiamento dei processi economici è stato ampiamente riconosciuto e dimostrato (Pratt, 2008), e l'industria creativa illustra perfettamente questo argomento. Esse sono industrie per la maggior parte 'innovative' e in forte crescita, ma che allo stesso tempo evolvono rapidamente anche attraverso la capacità delle competenze e dei servizi creativi di ibridarsi ai settori tradizionali dell'industria (Pratt, 2008; Cunningham, 2010; OECD, 2007). Per questo motivo la politica ripropone nel settore della cultura le strategie di sviluppo già sperimentate nei settori tecnologici e innovativi. Compito dell'attore pubblico è quello di facilitare lo scambio delle informazioni attraverso la creazione di network di collegamento tra i

produttori della cultura esterni al mercato e gli utilizzatori di tali risorse in campo business. Per questo le strategie di clustering risultano le più funzionali ed efficaci nel riproporre le condizioni di successo che caratterizzano il mondo economico dell'innovazione.

Un seconda traiettoria di sviluppo economico a trazione culturale e creativa sottolinea il ruolo dello sviluppo del consumo culturale come fattore di attrazione per una serie di risorse economiche su di un determinato territorio ai fini ella sua rigenerazione economica e sociale (Glaeser, 2011; Florida, 2004; Pine e Gilmore 1998). Questa traiettoria è detta a impatto secondario, o indiretto. L'industria culturale svolge un'importante funzione nella costruzione dell'immagine e delle pratiche creative e culturali di un luogo. La valorizzazione e la comunicazione dell'identità di un luogo e di un territorio passano anche attraverso gli artefatti e i processi culturali che si esprimono all'interno di quel territorio; questi sono in grado di testimoniare della sensibilità tecnica, artistica e creativa della comunità di persone che vive quel determinato territorio. Questa processo identitario costituisce un fattore decisivo per la reputazione e l'attrattività di città, regioni e nazioni. In un'ottica di competizione spaziale-globale, infatti si compete soprattutto sulla capacità dei territori di saper attrarre investimenti, imprese innovative e tecnologiche, e un capitale umano creativo e di talento. In questa prospettiva uno dei paradigmi di sviluppo culturale più esportati dalla geografia economica all'interno della comunità politica e di business è quello delle creative cities (Pratt, 2011). Tuttavia questo non è solo un paradigma teorico visto che l'industria culturale tende realmente ad agglomerarsi specialmente negli spazi urbani, e la sua intera distribuzione è monopolizzata da poche città a livello globale.

Questi temi politici sono profondamente intrecciati e non possono essere facilmente separati nell'analisi dell'azione politica. Così il campo delle politiche culturali si è fatto carico di una serie di attività e finalità molto diverse tra loro i cui risultati sono difficilmente quantificabili e verificabili viste le difficoltà di analisi legate al settore, e vista l'indeterminatezza economica dei paradigmi di sviluppo utilizzati, come quello dei clusters. Allo stesso tempo anche gli effetti secondari delle attività culturali sono difficilmente traducibili su un piano statistico, e la loro reale efficacia trova evidenti smentite empiriche all'interno della ricerca geografica, che continua a produrre dati contrastanti. Dunque non si è sviluppata una reale percezione della

correlazione tra azione politica e performance economica dell'industria culturale, nonostante l'adozione di procedure avanzate di governance e management da parte degli stati più avanzati anche in tema di cultura, una trasformazione che avrebbe dovuto assicurare la nascita di analisi economiche puntuali del fenomeno, che stentano ancora a realizzarsi.