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Il processo valutativo alla base di “OPERA” – 2.2 La predeterminazione del

TRATTAMENTO ECONOMICO AZIENDALE

LA VALORIZZAZIONE DELLA PROFESSIONALITÀ E DELLA PRESTAZIONE COME FATTORE COMPETITIVO

2.1. Il processo valutativo alla base di “OPERA” – 2.2 La predeterminazione del

budget di spesa complessivo ed il numero massimo dei premiabili. – 2.3. Linee evolutive e prospettive di cambiamento nel nuovo Accordo Integrativo Aziendale del 2013.

Premessa

La continua evoluzione tecnologica ed organizzativa dei sistemi impresa e la marcata complessità ed integrazione dei processi industriali, indotte dalla concorrenza su scala globale, hanno indubbiamente accelerato negli ultimi anni, soprattutto in quei settori di attività ad alto contenuto tecnologico, il processo di obsolescenza delle competenze e qualifiche dei lavoratori.

I moderni paradigmi produttivi basati sull’impiego di tecnologie specializzate e le moderne forme di organizzazione del lavoro sempre più incentrate sulle risorse umane e sul loro Know-how, richiedono lo sviluppo, anche nelle funzioni operaie ed esecutive, di nuove e sofisticate competenze, sensibilità ed attitudini professionali, quali l’adattabilità e flessibilità operativa, la capacità di lavoro in team, di problem solving, un forte backgroundtecnico-professionale integrato da un mindset orientato alla formazione continua, nonché l’emersione

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di una “intelligenza collaborativa”(1), che si traduce anche nella

cooperazione, nella condivisione dei risultati e nella gestione dei conflitti.

L’accresciuta importanza delle skills professionali, da cui dipendono in misura sempre maggiore il valore e la qualità del lavoro, rende necessaria l’adozione di adeguati strumenti di gestione e valorizzazione delle stesse risorse umane, che assurgono così a fattore primario per lo sviluppo organizzativo e competitivo di un’azienda.

A questa necessità non sembra, però, essere in grado di offrire risposte concrete ed esaustive la contrattazione collettiva nazionale, e ciò a causa dell’impostazione statica e poco meritocratica dei tradizionali sistemi di classificazione del personale di settore, ingessati in “categorie professionali” all’interno di ognuna delle quali un lavoratore pare valere l’altro, essendo loro accordata la medesima retribuzione (salvo eventuali superminimi o importi una tantum).

Prevedendo l’allocazione del dipendente sempre nella stessa posizione e concependone la crescita solo in linea verticale mediante il passaggio alla categoria professionale superiore, le strutture classificatorie nazionali non consentono, infatti, di apprezzare economicamente, mediante trattamenti diversificati, chi fa meglio il suo lavoro grazie ad una più ricca dotazione di skills o a una spinta motivazionale superiore. Risulta così impossibile remunerare e valorizzare gli incrementi di competenze in senso orizzontale (cioè all’interno del medesimo inquadramento contrattuale quale progressivo e graduale miglioramento qualitativo del lavoro svolto), rispondenti alle nuove logiche produttive che, come è noto, richiedono una maggiore flessibilizzazione della prestazione, ed in modo particolare mansioni polivalenti e polifunzionali relative a più posizioni organizzative e dunque competenze più trasversali.

Orbene, tutto ciò ha fatto sì che spesso l’attribuzione della categoria superiore ad un lavoratore non fosse determinata

      

(1) Per un approfondimento sul concetto di “intelligenza collaborativa” si veda M. MINGHETTI, L’intelligenza collaborativa. Verso la social organization, EGEA, 2013.

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dall’effettivo cambiamento di mansione e di declaratoria, ma da pure logiche premianti, con l’inevitabile conseguenza di snaturare il rapporto mansione/inquadramento, innescando nel contempo un innalzamento costante del parametro medio della classificazione di settore e dunque del costo del lavoro.

La stessa esigenza di ampliamento e fungibilità delle mansioni, sempre più avvertita dalle moderne organizzazioni del lavoro che richiedono l’accorpamento di compiti appartenenti a profili diversi per consentire un impiego più flessibile del personale, non trovando piena rispondenza nelle attuali declaratorie contrattuali di settore, tenuto anche conto dei vincoli legali di cui all’art. 2103 c.c., ed in modo particolare del principio di equivalenza delle mansioni affidate, implicherebbe un cambio di inquadramento.

Quest’ultimo finirebbe così per assumere la dimensione di un mero apprezzamento meritocratico per premiare il lavoratore, del tutto assimilabile ai meccanismi retributivi incentivanti, piuttosto che quella di uno strumento di classificazione della professionalità concretamente espletata.

Nella rigidità di questo contesto, ove risulterebbe dunque impossibile il riconoscimento di eventuali differenze quali/quantitative nell’esecuzione della prestazione a parità di livello inquadramentale, se non tramite il passaggio di categoria, assume importanza strategica la contrattazione collettiva aziendale quale strumento di Human Resource Managament (HRM) e di governance dei cambiamenti organizzativi imposti dalle nuove sfide competitive che gli strumenti tradizionali non sempre sono in grado di gestire.

Segnatamente, diviene cruciale il ruolo svolto dalla stessa nella individuazione di appositi percorsi di valorizzazione professionale alternativi alla semplice crescita verticale (determinata spesso dal mero trascorrere del tempo), quali forme di mobilità e di retribuzione orizzontale, cioè diversificate all’interno della medesima categoria di inquadramento, correlate alla professionalità e alla performance dei singoli lavoratori, nonché alle competenze dagli stessi espresse nell’interpretazione del proprio ruolo, in un’ottica di “broadbanding”.

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Dette forme, infatti, valorizzando accanto agli aspetti oggettivamente misurabili delle prestazioni (grado di complessità, autonomia e specializzazione, livello di scolarità e di esperienza pregressa, ecc.) anche quelli soggettivi (impegno, proattività, senso di responsabilità, assiduità, qualità del lavoro prestato, ecc.), consentono di passare dalla logica del “pay for position” a quella del “pay for competence”, superando in tal modo le rigide classificazioni previste dai CCNL, per certi versi ormai anacronistiche ed inadeguate ai reali fabbisogni formativi e professionali del mercato.

Torna, dunque, qui il tema della flessibilità, ma questa volta di tipo organizzativo, cioè riconducibile a modelli di inquadramento professionale dinamici, rectius variabili in funzione della tipologia del contributo professionale che il lavoratore realmente offre o che potenzialmente può offrire all’azienda cui appartiene.

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I PARTE

1. Il sistema di valorizzazione della professionalità in