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Procurement e competenza delle stazioni appaltanti

Nel documento INFRASTRUTTURE E COMPETITIVITÀ 2013 (pagine 189-192)

Fase propedeutica all’affidamento ed esecuzione delle opere pubbliche *

Proposta 12 : Riallineare i processi di approvazione basati sul Piano nazionale e sulla valutazione degli investimenti delle opere pubbliche e quelli di programmazione di bilancio

5. Procurement e competenza delle stazioni appaltanti

In questo paragrafo non si entrerà nel merito degli affidamenti dei lavori pubblici (cioè, nell’esame delle procedure di gara e dei criteri di aggiudicazione). Rimanendo nei limiti del titolo del capitolo, l’aggiudicazione è stata infatti consi-derata una fase già successiva alle cd “fasi propedeutiche”.

Tuttavia, lo stesso affidamento richiede alla stazione appaltante una specifica “preparazione”, oltre che la sussistenza di determinati prerequisiti. Questi aspetti tendono ad essere sottovalutati da chi concentra la propria attenzione solo sulle norme. E invece, nonostante il notevole dettaglio della normativa italiana in materia di aggiudicazioni (oltre 600 articoli tra codice e regolamento, per la gran parte dedicati proprio alle modalità di affidamento)45, nonostante l’alto numero di istituti previsti e quindi di differenti possibilità offerte alle stazioni appaltanti e nonostante le numerosissi-me e frequenti modifiche introdotte con intenti migliorativi, la performance complessiva del procurenumerosissi-ment nel settore dei lavori pubblici continua a rimanere insoddisfacente. Sia le relazioni dell’AVCP, sia la letteratura confermano l’e-levato livello del contenzioso in fase di affidamento e la diffusa presenza di pratiche corruttive, tipiche patologie che non possono che risalire a difetti del procurement.

La preparazione di un intervento infrastrutturale, da finanziare con fondi privati o pubblici, dovrebbe invece prevede-re un costante utilizzo di metodologie di valutazione ex ante, in itineprevede-re ed ex post, ma anche una specifica strategia del

procurement (e adeguati supporti) che non può limitarsi alla semplice adozione dei bandi tipo previsti dall’art. 64 del

Codice dei contratti pubblici.

Fermo rimanendo che la migliore riforma del procurement passa per una drastica riduzione e qualificazione delle sta-zioni appaltanti – come si dirà più avanti e come viene approfondito, in questo Rapporto, dal contributo di Paolo Ur-bani, Proposte in materia di razionalizzazione ed economicità a livello regionale/locale nell’affidamento di lavori tramite

evidenza pubblica – occorre ammettere che oggi, mediamente, le stazioni appaltanti italiane non dispongono delle

informazioni e delle competenze necessarie ad impostare gli affidamenti nel modo più efficace. Non si tratta solo di scegliere la procedura di gara più idonea, scelta che comunque richiede un livello di chiarezza sulle finalità che si per-seguono e una serie di informazioni che spesso mancano alla stazione appaltante. Si tratta anche di avere una visione più ampia che si estende fino alla rete dei futuri subcontratti – da un lato – e dall’altro è in grado, per gli affidamenti di opere più complesse o in partenariato pubblico-privato di considerare l’intera “catena dell’offerta”, cioè l’insieme delle transazioni e dei soggetti (industriali, finanziari e finanziario-industriali) che saranno coinvolti nella realizzazione, nel finanziamento e nella stessa gestione dell’opera realizzata. Una chiara visione d’insieme, e preventiva, di questi elementi trova poi espressione in una “strategia” del procurement adatta all’intervento che si intende realizzare; tale strategia favorisce il buon andamento successivo delle operazioni e riduce il rischio di insuccessi.

45 Ma bisogna aggiungere anche altre norme, non incluse nel codice ma incidenti sulla stessa materia: dal piano contro le mafie (legge 136 del 2010) alla legge anticorruzione (legge n. 190 del 2012) alla legislazione speciale sugli interventi programmati nell’ambito del Quadro strategico nazionale (legge n. 2 del 2009), fino alle norme speciali per categorie specifiche di lavori (appalti nel settore della difesa, affidamenti in regime di emergenza, ecc.). In questa congerie di norme si collocano anche i commi 5 e 6 dell’art. 15 del Regolamento di attuazione del Codice, dedicati ad un documento preli-minare all’avvio della progettazione, nel quale dovrebbero essere tracciate anche le linee di quella che viene qui definita “strategia del procurement”.

Prima di intervenire normativamente su istituti ormai molto articolati e allineati sulle norme europee (in molti punti anche al di là delle normative europee, in quanto estesi agli appalti “sottosoglia”) si tratterebbe di fornire – dal centro – maggiore supporto concreto alle stazioni appaltanti.

Quella che si propone è una sorta di messa a valore e sistematizzazione in parte dell’attività della AVCP, ma soprat-tutto della ricerca nel campo dell’economica degli appalti, finalizzata all’emanazione di Linee guida (costantemente aggiornate e pubblicate sui principali siti istituzionali) orientate alla gestione del procurement per la realizzazione di opere infrastrutturali da parte delle stazioni appaltanti. Le linee guida (anche attraverso questionari) dovrebbero consentire, in primo luogo, una autovalutazione delle capacità delle singole stazioni rispetto agli obiettivi dati, con una matrice dei rischi (e quindi della complessità dell’intervento programmato) e del livello di capacità richiesto agli altri attori che dovranno intervenire, oltre che delle condizioni del contesto ambientale. Da tale matrice la Guida do-vrebbe giungere alla definizione delle raccomandazioni, sia relativamente alla scelta della procedura di gara, che del criterio di aggiudicazione, nonché a una serie di “percorsi” raccomandati ai fini della organizzazione della strategia complessiva del procurement (organizzazione dei tempi, partnership con altri soggetti o delega di funzioni, gestione delle consulenze, coperture assicurative, raccomandazioni per la prevenzione dei principali rischi, ecc.). Non una gui-da alla normativa e alla giurisprudenza, dunque, ma piuttosto un vero e proprio strumento per la gestione strategica degli affidamenti in ambito infrastrutturale.

Un documento con queste caratteristiche (un esempio è ricavabile dalla Infrastructure Procurement Routemap del Tesoro britannico46) che supporti le stazioni appaltanti nell’utilizzo delle norme ma soprattutto nelle dinamiche del mercato dei lavori pubblici e le indirizzi verso le soluzioni più efficaci può risultare forse più utile di ogni ulteriore innovazione normativa. La sua effettiva implementazione potrebbe offrire, inoltre, una base conoscitiva di orienta-mento per lo stesso legislatore.

Ciò, in particolare, nella prospettiva di quella crescente qualificazione delle stazioni appaltanti che dovrebbe essere indotta dal processo di accorpamento promosso dalle norme sulla Stazione Unica Appaltante: l’art. 13 della legge 136/2010 (Piano straordinario contro le mafie) e il DPCM 30 giugno 2011 attuativo, nonché l’art. 33, comma 3, del Codice (introdotto nel 2011), oltre ad alcune leggi regionali.

Com’è noto, il numero abnorme di stazioni appaltanti (37.000 articolate in oltre 60.000 centri di spesa) rappresenta, di per sé un ostacolo insormontabile sulla via dell’efficienza e della competenza. Il loro stesso censimento è un obbiettivo non semplice, come indicato dall’Atto di Segnalazione n. 1 del 12 gennaio 2012 dell’AVCP, nel quale viene prospettata l’istituzione di uno sportello unico di rilevazione delle stazioni appaltanti, funzionale – a sua volta –all’introduzione di “un sistema che ne valuti le capacità amministrative e gestionali e le classifichi per classi di importo o per tipologia di contratti così da consentire che ogni amministrazione indica gare e gestisca contratti in relazione alle proprie capacità strutturali, in modo rispettoso della normativa e, soprattutto, in modo efficiente, efficace e trasparente”.

Come si può evincere dalla recente “Rilevazione sul funzionamento della Stazione Unica Appaltante” (2012) realizza-ta dal Ministero dell’Interno, in attuazione del DPCM 30 giugno 2011, il processo di accorpamento – per come

to dalle norme vigenti sopra citate – procede molto a rilento: 13 SUA (distribuite nelle quattro tipologie descritte dalla rilevazione: provinciali, regionali, presso il Provveditorato alle OOPP, associazioni di comuni) che hanno accorpato 477 stazioni, di cui 205 comuni. Inoltre non è ancora ampio il campo dei servizi offerti dalle SUA esistenti: spesso tali servizi si limitano alla predisposizione del bando e all’aggiudicazione provvisoria, mentre solo 3 SUA forniscono ser-vizi nel campo del project financing, dove invece si registra una gravissima carenza di adeguate competenze (si rinvia, in proposito al capitolo di questo Rapporto dedicato al PPP).

Del tutto esclusa, anche dall’ambito delle SUA, rimane la marcata carenza delle stazioni appaltanti italiane in materia di project management che è elemento strategico negli appalti infrastrutturali. La figura del RUP (Responsabile Unico del Procedimento) è, nel nostro ordinamento47, debole. Essa andrebbe riqualificata rendendo obbligatori requisiti tec-nici più elevati e qualifiche ed esperienze professionali adeguate alla complessità dell’opera.

La stessa iniziativa andrebbe promossa in direzione della qualificazione del procurement specialist48.

A questo fine, per rendere permanente l’accrescimento della competenza sul procurement pubblico e disseminare le Linee guida, sarebbe utile costituire un centro di formazione – eventualmente presso l’AVCP – con lo scopo di dissemi-nare e aggiordissemi-nare il materiale e formare gli operatori pubblici in prima linea. L’iniziativa potrebbe progressivamente evolversi in un scuola permanente di procurement pubblico per gli affidamenti di opere complesse e per le operazioni di partenariato pubblico-privato (e quindi in collegamento con l’UTFP) in cui siano coinvolti aspetti di contabilità pub-blica, economico-finanziari oltrechè quelli giuridico-amministrativi e di strategie del procurement.

Infine, il processo di accorpamento delle stazioni appaltanti dovrebbe accompagnarsi – secondo le raccomandazioni più volte formulate dall’AVCP – ad un accentramento anche di specifiche funzioni tecniche, quali la valutazione dell’a-nomalia dell’offerta, la progettazione, la valutazione delle offerte per gli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Si ricorda, in proposito, che, a partire dal 1° gennaio 2013, per effetto dell’art. 6 bis del Codice dei contratti pubblici, introdotto dal DL n. 5/2012, tutta la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di carattere generale, tecnico-organizzativo ed economico-finanziario per la partecipazione alle procedure disciplinate dal Codice viene acquisita presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, istituita presso l’Autorità. La BDNCP è quindi diventata il punto di raccordo delle amministrazioni certificanti e permette ormai di centralizzare il processo di controllo dei requisiti, “consentendo, a regime, una verifica in tempo reale delle informazioni relative al possesso di quelli di ordine generale, tecnico ed economico, mediante accesso ad un unico sistema” (Rel. AVCP, p. 83). Si tratta di un processo di centralizzazione che – è auspicabile – potrà preludere ad ulteriori risultati nella medesima direzione.

47 Art. 10 del Codice dei contratti pubblici.

48 Per le ultime due aree di intervento, si rinvia – in questo Rapporto – al contributo Analisi causa-effetto dell’attuale inefficienza del sistema dei lavori

pubblici: le strategie proposte dai consulenti senior indipendenti di “Così, nei progetti internazionali”. Inoltre, è utile fare riferimento anche al contributo Razionalizzazione del ciclo del progetto, a cura dell’Associazione “Così, nei progetti internazionali”, in “10 opere per la ripresa: Osservatorio

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