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Traffici e commerci: Come ritrovare i mercati e i mercanti *

Nel documento INFRASTRUTTURE E COMPETITIVITÀ 2013 (pagine 27-35)

Sedici proposte per lo sviluppo dei porti e la crescita dei traffici e dei commerci Intervento del sistema pubblico

Proposta 15: Creazione di condizioni stimolanti e incentivanti per gli operatori privati

1. Traffici e commerci: Come ritrovare i mercati e i mercanti *

Per favorire il “tempo per la crescita” e cogliere pienamente le opportunità di ripresa dell’Italia occorre puntare sullo sviluppo dei traffici e dei commerci, in particolare i traffici marittimi, sfruttando la favorevole posizione e il vantaggio competitivo dell’Italia rispetto ai porti e ai mercati del Nord Europa nei traffici da e per il Far East e per il Mediterraneo.

Alla base di questo processo dovrebbe essere posto un principio non controvertibile: è necessario che il Paese recuperi competitività nei traffici e nel mercantilismo, attraverso un’azione coordinata e concordata, che faccia leva anche sulle opportunità offerte dalla Connecting Europe Facility.

Per far ciò è necessario indagare su quali ostacoli si frappongano fra la situazione attuale – in cui la nostra economia, rinunciando ad una politica portuale e logistica accorta, si priva di una considerevole risorsa di ricchezza – e uno sce-nario futuro in cui l’Italia ritrovi un ruolo mercantile di rilievo.

Scopo della ricerca e delle nostre proposte è dare un segnale inequivocabile, e quindi fuori dai soli aspetti normativi ordinari, sulla volontà del Paese e delle sue Istituzioni di rimuovere i principali ostacoli a questa crescita e riconqui-stare questi traffici.

Affinché tali obiettivi siano credibili occorre collocarli nel tempo: a tale proposito si è deciso di assumere a riferimento il prossimo quinquennio al 2018.

Sette concetti base

- lo sviluppo dei traffici è fonte di ricchezza e riporta in Italia le attività mercantili nel tempo perdute;

- i porti sono integratori del sistema logistico, devono diventare affidabili e competitivi riducendo i costi, evitando gli sprechi e migliorando l’efficienza;

- la governance dei porti deve essere orientata allo sviluppo dei traffici e rafforzata da un livello di autonomia, fun-zionale e finanziaria, superiore all’attuale e premiare i comportamenti orientati al mercato;

- l’amministrazione pubblica deve snellire procedure e interventi e operare in maniera coordinata;

* Coordinatore e responsabile del lavoro: Eugenio Belloni, Presidente Fondazione ResPublica; Hanno contributo: Fabrizio BALASSONE Banca d’Italia; Alessandro Stefano BARBINA Fondazione ResPublica; Roberta BELLO Fondazione ResPublica; Enrico BERETTA Banca d’Italia; Simonetta BIGAZZI Camera dei deputati; Daniela BONI UniCredit; Franco CASTAGNETTI New Opera; Simona CAMERANO Cassa Depositi e Prestiti; Attilio CELANT Università La Sapienza di Roma; Fabio CROCCOLO: Ministero delle Infrastrutture e Trasporti; Paolo COSTA Autorità Portuale di Venezia; Elena D’AL-FONSO UniCredit; Laura GHIO Autorità Portuale di Genova; Maurizio MARESCA Università degli Studi di Udine; Luigi MERLO Autorità Portuale di Genova; Mauro MORETTI Ferrovie dello Stato Italiane; Barbara MORGANTE Ferrovie dello Stato Italiane; Alessandro PALANZA italiadecide, Maria Elena PERRETTI Cassa Depositi e Prestiti; Sergio PRETE Autorità Portuale di Taranto; Laura TORCHIO UniCredit; Enrico SETA; italiadecide; Jacopo SCE Fondazione Astrid; Fabrizio SOLARI CGIL.

Un particolare ringraziamento a Alessandro Stefano Barbina, Simona Camerano, Maria Elena Perretti e a Enrico Seta per il lavoro svolto. Si ringrazia inoltre Cassa Depositi e Prestiti e UniCredit Banca per l’autorizzazione all’utilizzo di alcune parti di loro recenti pubblicazioni.

- per sfruttare le economie di scala è necessario recuperare il traffico a Nord delle Alpi;

- le ferrovie devono essere messe in grado di fornire i servizi necessari con i principali hub a Nord delle Alpi. Questi servizi per essere sostenibili devono assicurare una remunerazione agli operatori ferroviari;

- le infrastrutture attuali sono in grado con modesti investimenti in tecnologia di far fronte a un raddoppio dei traf-fici nel prossimo quinquennio. Le grandi infrastrutture strategiche si realizzeranno più velocemente se l’aumento dei traffici rischierà di saturare la capacità esistente.

Gli obiettivi strategici che si ritiene necessario perseguire sono:

- raddoppiare il traffico container dei porti italiani sulla base di investimenti infrastrutturali esistenti (o già avviati e/o finanziati);

- migliorare l’affidabilità e l’efficienza del servizio dei nostri porti per favorire la competitività delle imprese italiane che esportano;

- considerare i porti non solo punti di transito, ma creatori di valore;

- proporre una offerta logistica efficace ed affidabile per i trasporti inland da/per le destinazioni finali. Questa offer-ta logistica deve essere sistemica per tutoffer-ta la catena del trasporto aggiungendo “valore” e non “costo”;

- creare una massa critica che consenta economie di scala e convinca i grandi armatori a portare sevizi diretti, non

feeder, nei nostri porti per il Far East con le nuove grandi navi portacontainer;

- conquistare all’Italia i traffici dell’area geograficamente contendibile a Nord delle Alpi (Svizzera, Baviera, Austria, Ungheria e Balcani) che ora vanno nei porti del Nord;

- stimolare il mercantilismo e i commerci affinché i traffici non siano solo di transito ma diano un significativo valore aggiunto alla nostra economia.

Il ruolo del fattore umano

Necessità di una forte volontà condivisa di tutti i soggetti coinvolti: - una chiara politica industriale del Governo;

- un quadro normativo vincolante;

- il contributo delle Istituzioni ministeriali coinvolte;

- un responsabile Istituzionale dedicato (Sottosegretario?, Commissario?);

- la revisione della natura giuridica dell’Autorità Portuale dei suoi ruoli e funzioni;

- il supporto delle Ferrovie dello Stato Italiane, degli Enti pubblici del trasporto e delle Dogane; - la condivisione degli obiettivi con i lavoratori coinvolti;

Figura 1 - Traffico container marittimo tra i porti dell’UE e l’Estremo Oriente

Nella storia passata di molte città d’Italia, i traffici e i commerci dall’Oriente destinati ai mercati del Nord Europa, sono stati fonte di fortuna e di ricchezza per il Paese.

Non solo le Repubbliche Marinare, Genova e Venezia in primis, ma anche Milano e Firenze vivevano delle merci e dei prodotti destinati alle Fiandre e al Nord Europa grazie all’attività dei grandi mercanti. Il mutamento del vantaggio ge-ografico, l’evoluzione della navigazione oceanica e una graduale decadenza avevano fatto svanire la coscienza di tale ricchezza andata perduta: l’Italia unita del secolo scorso, era diventata più forte economicamente per l’esportazione nel mondo dei propri manufatti e prodotti industriali, ma aveva tralasciato il ruolo dei commerci e il contributo del Mercantilismo.

In questo secolo la situazione è di nuovo cambiata radicalmente con la globalizzazione dell’economia mondiale, il crescere vorticoso della produzione dei Paesi emergenti e del Far East, il lento passaggio per la nostra economia da un sistema produttivo industriale ad uno più dedicato ai servizi.

È importante sottolineare il ruolo che l’Italia svolge al servizio del bacino Mediterraneo. Un bacino che, se da un lato è stato tuttora investito da profonde trasformazioni che ne condizionano la stabilità e il consolidamento delle relazioni economiche e tra le imprese, rappresenta senza alcun dubbio un “mercato” alternativo rispetto a quello europeo sul quale i porti italiani potranno svolgere un ruolo di primo piano. Si tratta, in particolare, di sviluppare una funzione di “cerniera” all’interno di filiere di produzione di alcuni settori che vedono in Italia e in Germania i principali punti di distribuzione dei prodotti finiti ed in Nord Africa l’area economica dedicata al decentramento di alcune importanti fasi di produzione.

La proposta della ricerca parte da un esame generale dei traffici portuali (inserita in appendice) ma vuole soprattutto mettere in evidenza le possibilità di sviluppo dei traffici portuali di merci varie che viaggiano in container e che rap-presentano la quota più ricca e più interessante. La proposta vuole sfruttare la possibilità dell’Italia di divenire hub logistico del Mediterraneo, “slogan” sintetico per abbattere l’attuale barriera psicologica di generale disinteresse e far decollare una pianificazione organizzativa dello sviluppo dei traffici e dei commerci.

Oggi un fiume di ricco traffico sempre più importante dal Far East passa per il Canale di Sicilia destinato, via Gibilter-ra, al Nord Europa. Anche molto traffico con i Paesi del Sud del Mediterraneo, che avrebbe i nostri porti come sbocco naturale, preferisce imbarcarsi al Nord, con un percorso molto più lungo.

I commerci potranno essere i maggiori beneficiari dei nuovi traffici con il Far East che ora passano per i porti del Nord Europa. A causa di ciò, ora il trading mondiale delle merci ha le sue basi in Nord Europa.

Riportare una parte di questo trading in Italia costituisce un progetto non costoso, ambizioso ma non irrealizzabile, che riprende la cultura mercantilistica che è stata parte importante della storia della nostra economia.

L’Italia ha concepito, insieme all’Unione Europea, una serie importante di infrastrutture strategiche attraverso le Alpi, non solo per favorire i collegamenti tra la nostra economia e l’Europa, ma anche per recuperare i traffici marittimi che sono naturali per il Paese.

Se si vuole veramente promuovere la realizzazione di queste infrastrutture strategiche è indispensabile prima pro-muovere i traffici, stimolare la domanda e saturare le capacità di trasporto oggi inutilizzate.

L’iter avviato per la realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche dovrà essere portato avanti con energia, ma solo la crescita della domanda e la prospettiva della saturazione delle infrastrutture esistenti, creerà le condizioni per la rapida realizzazione delle nuove infrastrutture.

Il raddoppio del traffico nei prossimi cinque anni deve stimolare questi importanti investimenti infrastrutturali capaci di far diventare competitivo il Paese nel lungo periodo.

Fortunatamente le infrastrutture attuali, con modesti investimenti solamente sui nodi e sui colli di bottiglia e grazie al contributo della tecnologia e dell’elettronica, sono in grado di far fronte nel prossimo quinquennio al raddoppio dei volumi di traffico nei nostri porti e alla conquista di una parte importante del traffico generato nell’area contendibile a Nord delle Alpi che abbiamo trascurato.

Questo è possibile nella prospettiva di medio periodo considerata, nonostante il grado di obsolescenza della struttura portuale e logistica che si deve sradicare.

L’export negli ultimi anni ha costituito il progresso più significativo della nostra economia produttiva. Le nostre im-prese a questo fine dovranno assumere un maggiore controllo della loro logistica, eliminando l’abitudine di vendere franco fabbrica2 le loro esportazioni ed evitando di acquistare CIF (Cost Insurance Freight) le loro importazioni.

Il recupero dei traffici marittimi consentirà di conseguire altri vantaggi significativi connessi anche ad un aumento della massa critica che favorirà:

- l’insediamento di nuove attività mercantili e commerciali;

- la crescita delle attività dei retroporti e lo sviluppo di nuovi distripark che danno un significativo valore aggiunto al transito dei container;

- la localizzazione in Italia dei luoghi di distribuzione delle merci varie, destinate all’Europa;

- la creazione di centri ricambio e di centri di adattamento dei prodotti agli standard di singoli Paesi.

Importanti infine i vantaggi per il mondo del lavoro: la domanda e la qualità del lavoro beneficeranno non solo nell’am-bito delle città portuali, ma anche del lavoro indotto della catena logistica e nei terminal interni. L’importanza di coin-volgere il mondo del lavoro nell’implementazione di questo progetto è determinante per il suo successo. L’aumento esponenziale del traffico permetterà, infatti, di poter coniugare gli interessi dei lavoratori con i problemi che la com-petizione globale impone.

Un cambio di cultura

Si deve porre mano a cambiamenti radicali di mentalità: si richiede una cultura innovativa che tenga conto dei profon-di cambiamenti intervenuti a livello globale. In questo senso occorre puntare su:

• Competitività e affidabilità: i due termini chiave che devono accompagnare questo cambiamento.

• Maggiore disponibilità al rischio: la competizione internazionale richiede una sempre più elevata disponibilità a mettersi in gioco, abbandonando le situazioni protette e la difesa di molti privilegi. Gran parte del corporativismo presente in Italia, in tutta la filiera dei trasporti sia pubblica che privata, trascura questo aspetto. Si deve riportare in Italia una cultura aggressiva della crescita.

• Visione condivisa e gioco di squadra: tutti i singoli attori sia pubblici che privati nei trasporti e nei commerci devono condividere questa prospettiva; se vogliamo essere un Paese competitivo dobbiamo agire in modo collettivo e tutte le componenti del processo devono concorrere tra loro.

2 Il venditore provvede alla consegna e mette la merce a disposizione del compratore nei suoi locali o in altro luogo convenuto (cioè lo stabilimento, la fabbrica, il magazzino, etc.) non sdoganata all’esportazione e non caricata su un qualsiasi mezzo di trasporto. Il compratore deve sostenere tutti i costi ed i rischi derivanti dalla presa in consegna della merce a partire dai locali del venditore.

La quantificazione dei vantaggi economici

Nel 2010 il contributo che il sistema marittimo nazionale nel suo complesso ha offerto alla formazione del PIL è stato pari al 2,6%, superiore a quello di altri settori di attività economica come, ad esempio, l’industria automobilistica. Anche a livello occupazionale la rilevanza di questo settore è significativa con oltre 213 mila unità di lavoro occupate direttamente (pari a circa l’1% dell’occupazione totale).

Secondo il Censis3 il cluster marittimo genera un contributo alla formazione del PIL pari a 39,5 miliardi di euro con un valore delle esportazioni che si attesta sui 9,7 miliardi di euro.

L’economia del mare utilizza in via diretta l’1% delle unità di lavoro rilevate nel Paese, quota che può raggiungere il 2% considerando l’impatto dell’impiego interno al settore. Dei 39,5 miliardi di euro generati dal sistema, l’89% pari a 34,9 miliardi di euro, riguarda attività che seguono prevalentemente una logica di mercato. Censis sottolinea che “grazie al proprio carattere complesso e multiforme il cluster marittimo ha attraversato la fase di crisi iniziata nel 2008 attivando strategie di riposizionamento dinamico che gli consentono oggi di riprendere la marcia”.

Si tratta di un settore contraddistinto da un’elevata capacità di generare reddito (ogni 100 euro di investimenti/servi-zi attiva tra i 254 e i 275 euro di spesa nel sistema) e occupainvestimenti/servi-zione (100 persone impiegate nei due comparti generano in media 200 nuovi posti di lavoro nell’indotto) circostanza che giustifica la necessità di sostenere questa industria nell’attuale fase congiunturale negativa.

Principali aggregati economici del cluster marittimo italiano4, 2004-2009 2004

Val. % sul totale

Italia (2004) 2009

Val. % sul totale Italia (2009)

Pil a netto delle duplicazioni (milioni di euro correnti) 36.518 2,7 39.545 2,6 Costi intermedi e investimenti fissi lordi (milioni di euro correnti) 11.616 4,4 13.941 4,9 Esportazioni (milioni di euro correnti) 14.088 5,0 9.718 3,3 Importazioni (milioni di euro correnti) 4.046 1,4 3.193 1,1

Unità di lavoro corrette 164.070 0,7 213.638 0,9

Unità di lavoro totali 394.9505 1,6 476.916 2,0

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat, Assonave, Ucina, Ipsema (oggi Inal), Assoporti

3 IV Rapporto sull’economia del mare. 2011. Censis.

4 Il cluster marittimo comprende le attività industriali di produzione di beni e servizi ed i soggetti istituzionali, oltre alla ricchezza generata dall’indotto

L’obbiettivo di un raddoppio al 2018 delle attività di movimentazione di contenitori apporterebbe un significativo miglioramento alle cifre indicate dal Censis, senza considerare i vantaggi per le attività logistiche e mercantili indotte nel circuito logistico.

Il differenziale tra il valore aggiunto connesso alla sola attività di transhipment di un container e quello prodotto dalla lavorazione dello stesso (sdoganamento, stoccaggio, manipolazione e distribuzione) è, infatti, molto ampio. Un

contai-ner “logisticizzato” gecontai-nera, secondo stime condotte nel 2008 dal Ministero delle Infrastrutture, un fatturato otto volte

superiore a quello derivante dalla sola attività di movimentazione (circa 2.300 euro contro 300 euro per TEU) e un beneficio per lo Stato quantificabile in 1.000 euro rispetto ai 110 euro prodotti dalla semplice attività di transhipment). Dato un volume stimato di circa 5 milioni di TEU in transito nei porti italiani, senza subire stoccaggi e manipolazioni, è evidente il delta di produttività potenziale che potrebbe derivare alla nostra economia sviluppando un mercato logi-stico a supporto del business marittimo. Si tratta, dunque, di un’opportunità per il Sistema Italia, che giustificherebbe sia azioni decise sotto il profilo infrastrutturale sia l’adozione di adeguati interventi normativi di sostegno.

Il sistema portuale italiano deve recuperare, almeno in parte, il suo ruolo nei traffici e nei commerci internazionali. I motivi di urgenza per un intervento rapido sono molteplici:

• favorire l’export italiano, unico settore in espansione, con una maggiore efficienza dei porti; • adeguare i porti alla rapida espansione dei traffici e acquisire quote di mercato;

• confrontarsi con l’evoluzione delle infrastrutture navali e l’aumento delle navi di grandi dimensioni ULCC6: 60 navi

portacontainer da 11.000 TEU entrate in servizio nel 2011 e 150 navi in consegna nei prossimi 3 anni;

• contrastare la competizione internazionale: l’entrata in servizio nel 2016 della nuova Galleria del Gottardo pone nuove sfide e non deve portare a un vantaggio per i porti del Nord Europa favorendo in tal modo la loro penetrazione nella Pianura Padana;

• fronteggiare tempestivamente la competizione con i porti del Nord Europa e con i porti di transhipment della spon-da Sud del Mediterraneo.

Questo documento si propone di analizzare nel dettaglio i provvedimenti e gli interventi necessari per realizzare questi obiettivi. Si compone di una parte analitica che riprende in parte la fotografia della situazione dei porti italiani condotta dalla Cassa Depositi e Presiti nel 20127, e di una parte propositiva che, sulla base di un’ipotesi di aumento dei traffici da qui al 2018, affronta i diversi ostacoli da affrontare per recuperare quote di traffico ai porti italiani.

6 ULCC: Ultra Large Container Carrier

7 Il sistema portuale e logistico italiano nel contesto competitivo euro mediterraneo: potenzialità e presupposti per il rilancio. Studio di Settore 01. Porti e logistica. Cassa depositi e prestiti. Maggio 2012.

PARTE ANALITICA

Nel documento INFRASTRUTTURE E COMPETITIVITÀ 2013 (pagine 27-35)