Fase propedeutica all’affidamento ed esecuzione delle opere pubbliche *
Proposta 12 : Riallineare i processi di approvazione basati sul Piano nazionale e sulla valutazione degli investimenti delle opere pubbliche e quelli di programmazione di bilancio
2. Valutazione dei progetti
Una gestione efficace ed efficiente di un progetto infrastrutturale, finanziato con fondi privati o pubblici, dovrebbe comportare un costante utilizzo di metodologie di valutazione ex ante, in itinere ed ex post.
Nell’ambito pubblico italiano, le decisioni principali sono prese sul progetto preliminare. È qui che si concentra la ten-sione massima fra gli interessi e quindi l’interesse della politica.
Il concentramento delle decisioni principali sul preliminare, o sul preliminare rafforzato della Legge Obbiettivo, ha rin-corso l’illusione di abbreviare i tempi della procedura e – per la legge obbiettivo – ha immaginato che l’eventuale general
contractor, titolare del progetto, potesse mostrarsi più efficiente nel raccogliere le autorizzazioni necessarie per passare dal
preliminare al definitivo. Ipotesi che si sono rivelate errate e che hanno contribuito all’esplosione dei costi.
Oggi occorre forse ripensare questa esperienza e prendere in considerazione un’altra strada, basata invece su un raffor-zamento delle stazioni appaltanti – da ridurre di numero14 — e su una procedura di gara successiva all’approvazione del definitivo con progetti di qualità, tale da non ammettere sorprese né in materia di tempi né in materia di costi. Si rinvia, in proposito, al successivo par. 3 nel quale si ricorda fra l’altro che, nella migliore prassi internazionale, la decisione di finan-ziare l’opera avviene normalmente a valle della formulazione definitiva del progetto.
Utile potrebbe essere anche una norma che affidasse a stazione appaltante diversa da quella di promozione del progetto le competenze di aggiudicazione o almeno delle valutazioni di congruità tra preliminare e definitivo o tra definitivo ed esecutivo.
12 Sulle criticità delle funzioni e delle strutture di pianificazione strategica nei Ministeri, sulla insufficienza di raccordo con la programmazione finan-ziaria e sulla scarsa capacità di comunicazione esterna, vedi “La pianificazione strategica nei Ministeri. Rapporto del Comitato tecnico-scientifico per il
controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato” (aprile 2008).
13 Vedi – ad esempio – il nuovo comma 4 dell’art. 3 del DPR 383 del 1994, introdotto dal decreto legge 185/2008.
Ma la prassi italiana presenta un doppio problema: da un lato, il progetto preliminare, così com’è ora impostato, non dà alcuna certezza sui costi e sui tempi finali, dall’altro le fasi che dovrebbero precederlo (conoscenza generale e pre-fattibilità) sono cancellate, “risucchiate” dalla decisione di finanziamento dell’opera, ne diventano un “di cui”: le attività di valutazione di fattibilità (così come quelle di pre-procurement15) vengono prevalentemente viste come un obbligo meramente burocratico, da sviluppare solo alla fine della fase di formulazione del progetto, a giochi già fatti, senza il pieno coinvolgimento dei tecnici e di tutti gli altri stakeholders. Conseguentemente, tutte le analisi e i con-fronti comparativi risultano falsati sin dall’inizio a scapito della stessa credibilità del progetto e della sua bancabilità. Questa distorsione è stata denunciata in innumerevoli scritti, è stata segnalata anche nelle sedi più autorevoli (Banca d’Italia)16, ed è stata messa a fuoco di recente dalle fondazioni/associazioni 17.
Ma il dato più significativo è oggi ancora un altro: il fatto che lo stesso legislatore abbia dato un importante segnale con due decreti legislativi (n. 228 e n. 229 del 2011) e con un primo decreto attuativo del decreto legislativo n. 228, il DPCM 3 agosto 2012.
In primo luogo ci si sofferma sul d.lgs. n. 228 e sul DPCM di attuazione, dedicati alla valutazione degli investimenti relativi ad opere pubbliche18.
L’obbiettivo della nuova disciplina è molto ambizioso, in quanto la norma di delega (art. 30, commi 8 e 9 della legge n. 196 del 2009 che ha avviato un nuovo processo di riforma della contabilità pubblica e di armonizzazione dei sistemi contabili) fa riferimento alla finalità di “garantire la razionalizzazione, la trasparenza, l’efficienza e l’efficacia delle procedure di spesa relative ai finanziamenti in conto capitale destinati alla realizzazione di opere pubbliche”.
La nuova normativa è imperniata su un Documento pluriennale di pianificazione che deve essere predisposto da ogni Ministero (e che includerà il “Programma triennale dei lavori” già previsto dalle norme vigenti19). La nuova normativa – in sostanza – è volta a:
1) uniformare i documenti prodotti dai Ministeri secondo una struttura comune; 2) incorporare in questi documenti:
a. un’analisi ex ante dei fabbisogni infrastrutturali;
b. una esplicita valutazione e selezione delle singole opere da realizzare; c. un’indicazione delle priorità;
d. una esplicitazione dei criteri per la valutazione ex post.
15 Vedi il successivo par. 5.
16 “Per assicurare l’efficienza della spesa occorrono analisi integrate, che consentano di individuare i fabbisogni sulla base della domanda, effettiva e po-tenziale; vanno inoltre valutati i costi e i benefici di soluzioni alternative per il soddisfacimento dei fabbisogni” (Relazione annuale 2010). Vedi inoltre:
L’efficienza della spesa per infrastrutture (Seminari e convegni, n. 10), giugno 2012.
17 Pierluigi Coppola, Fattibilità e priorità nelle infrastrutture, in “Infrastrutture e competitività: 10 opere per la ripresa”, italiadecide, 2012; Fabrizio Ba-lassone, Programmazione e gestione degli investimenti pubblici: un’agenda aperta, idem.
18 Più avanti ci si riferirà invece al d.lgs. n. 229, dedicato al monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche. 19 Art. 128 del Codice dei contratti pubblici..
3) coordinare le valutazioni sui fabbisogni infrastrutturali con il completamento della revisione della struttura del bilancio, disposto dalla stessa legge n. 196 del 2009, e con i nuovi meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica sistematizzati e potenziati dalla recente evoluzione della spending review.
Ma un solo decreto di pochi articoli non poteva disciplinare per intero procedimenti così complessi, ed infatti l’art. 8 del decreto stesso fa rinvio a Linee guida standardizzate per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche che dovranno essere predisposte dai singoli Ministeri, sulla base di un Modello di riferimento uniforme. Il DPCM 3 agosto 2012 ha rilasciato tale Modello di riferimento. Pertanto, il processo è in corso: spetterà ora a ciascun Ministero predi-sporre le proprie Linee guida.
Un commento alle nuove norme
In un contesto che sotto questo profilo risulta – dalla comparazione internazionale20 – arretrato e poco strutturato, il decreto 228 rappresenta un passo in avanti rispetto alle procedure di formazione dei piani triennali di cui all’articolo 128 del Codice dei contratti pubblici.
Da notare, fra l’altro, che la disciplina si estende anche alle opere “legge obbiettivo” (comma 7, dell’art. 2 del decreto 228) e quindi può contribuire a porre le basi di un effettivo meccanismo trasparente e oggettivo di “prioritarizzazio-ne” e gerarchizzazione delle opere strategiche di valenza nazionale e internazionale (attualmente assente, come si è detto nel paragrafo precedente).
Fatte queste premesse, l’analisi condotta dal Gruppo di lavoro ha fatto emergere i seguenti rilievi:
1. Non risulta prevista né la comparazione dei Documenti proposti dai vari Ministeri né forme di coordinamento e consultazione con gli enti territoriali: ogni Ministero predispone il suo Documento e lo invia al CIPE per la appro-vazione. I passaggi successivi rimangono impregiudicati.
2. Gli Sdf continuano ad essere concepiti, da un lato come strumenti per ottenere i fondi per la progettazione (e non come studi fortemente correlati al primo livello di progettazione, del quale dovrebbe utilizzare, come input, dati affidabili su tempi e costi dell’intervento)21, dall’altro come strumenti interni alle amministrazioni, in sé “chiusi”, e con scarsi raccordi con la rete dei soggetti presenti sul territorio e con quelli che dovranno approvare i successivi progetti.
3. L’articolo 14 del Regolamento prevede inoltre che l’analisi costi-benefici venga attuata solo nel caso la fattibilità sia posta a base di gara ai sensi degli articoli 58 e 153 del Codice dei contratti pubblici. Sembrerebbe emergere un’ in-terpretazione, alla luce dell’articolato del decreto 228, secondo cui per la predisposizione del Documento plurien-nale di Pianificazione sia necessario utilizzare quantomeno studi di fattibilità estesi alle previsioni di cui all’articolo 14 del regolamento nel caso di gara, a differenza di quanto previsto dall’articolo 128 del Codice per la stesura del Programma triennale.
20 Ancora una volta si rinvia allo Studio comparato, citato per esteso alla nota 6. 21 Vedi infra, par. 3. Strumenti per la gestione del ciclo del progetto.
4. Le norme non specificano se il Documento pluriennale debba essere sottoposto a VAS ai sensi del Codice dell’am-biente.
5. Non viene dato rilievo sufficiente alla valutazione ex ante di profili finanziari che rivestono un’importanza crescen-te in questo campo (PPP crescen-test, applicabilità di meccanismi di “cattura di valore”, etc.).
Cattura di valore
In un altro capitolo di questo Rapporto vengono specificamente affrontate le tematiche del PPP.
Invece, per quanto riguarda la “cattura di valore” – che ha trovato finora in Italia ancora limitata applicazione22 – è possibile, per ora, sottolineare l’importanza del tema, rinviando ogni approfondimento ai futuri lavori dell’Osservatorio.
Infatti, sempre di più la realizzabilità stessa delle opere pubbliche sarà affidata alla capacità di adottare meccanismi tramite cui un’am-ministrazione pubblica, responsabile della realizzazione di un’infrastruttura (soprattutto di trasporto), trasforma in risorse finanzia-rie parte delle esternalità positive di cui beneficiano i propfinanzia-rietari dei terreni o immobili posti in prossimità dell’infrastruttura. Tali meccanismi si classificano in tre categorie:
1) impositive 2) negoziali 3) immobiliari
Nel primo caso – meccanismi impositivi – la “cattura” avviene adoperando tributi che sono applicati a coloro che beneficiano degli ef-fetti positivi derivanti dalla realizzazione dell’infrastruttura (proprietari di immobili, di attività comerciali e developers). I meccanismi negoziali sono basati, invece, su contributi monetari negoziati tra il soggetto realizzatore dell’infrastruttura e particolari beneficiari delle esternalità prodotta dall’opera: il coinvolgimento quindi non è imposto ma avviene su base consensuale. Infine i meccanismi di tipo immobiliare sono basati sulla internalizzazione delle esternalità tramite l’acquisizione in capo al soggetto che si occupa di realiz-zare l’infrastruttura di tutte o parte delle proprietà fondiarie che saranno interessate dagli effetti positivi.
Una precisa calibrazione di tali meccanismi è quindi funzionale a una valutazione preliminare e affidabile dei flussi di traffico che inte-resseranno l’infrastruttura, associata ad un’analisi economica delle aree attraversate. È attraverso tali analisi infatti che si definiscono al meglio i benefici economici prodotti dall’infrastruttura e i potenziali beneficiari.
Resta quindi fermo il principio che i meccanismi di cattura del valore dovrebbero essere adottati laddove i beneficiari individuabili siano limitati nel numero e le esternalità prodotte siano altrettanto limitate e valutabili. Gli esiti “politici” finali sono costituiti da: per-seguimento di obiettivi di equità fiscale, atteso che al finanziamento dell’infrastruttura contribuiscono anche coloro che beneficiano in maniera più rilevante delle esternalità generate dall’opera; migliore organizzazione e utilizzazione del territorio posto in prossimità dell’infrastruttura.
Attualmente le esternalità positive prodotte dall’opera vengono di fatto catturate dai privati che si avvantaggiano dei flussi di traffico, realizzando ad esempio strutture commerciali, oppure dagli enti locali i cui territori sono interessati dall’attraversamento dell’infra-struttura viaria e che beneficiano di una crescita dei gettiti tributari. Sarebbe invece necessario che anche tali sogetti partecipassero al finanziamento dell’infrastruttura di trasporto.
In questo quadro, risulterebbero molto funzionali Linee guida per la valutazione ex ante della possibilità di attivare meccanismi di questo genere. Le norme in esame non considerano, invece, tale tematica.
22 Si rinvia, in questo stesso Rapporto e nel volume dello scorso anno (“Infrastrutture e competitività 2012”) ai Report opera e alle note di aggiornamento relative alle opere: Quadrilatero Marche Umbria e Nuova stazione Tiburtina.
Ma, oltre a queste osservazioni puntuali sulle norme appena emanate, che possono apparire facilmente emendabili, rimangono ancora irrisolti problemi di un certo rilievo, che futuri interventi normativi potranno chiarire, quale ad esempio il fatto che – in materia trasportistica – i principali programmi triennali delle opere pubbliche vengono oggi predisposti dagli enti gestori (contratti di programma RFI e ANAS) e un percorso andrà comunque previsto per ricon-durre questo dato alla logica di sistema che il decreto intende introricon-durre.
Tuttavia, la ricerca di quest’anno del Gruppo di lavoro23 si è concentrata su tre aspetti – di fondamentale importanza e di valenza “sistemica” – che le norme in esame lasciano invece irrisolti:
Primo: Sul meccanismo delineato dalle norme sono destinati a scaricarsi difetti che stanno a monte: insufficienza e inaffidabilità delle valutazioni ex ante prodotte dal nostro sistema, le quali – se non superate – inficeranno inevi-tabilmente anche le valutazioni prodotte d’ora in avanti;
Secondo: Tali difetti risalgono, a loro volta, alla perdurante sovrapposizione e ambiguità (anche terminologica)
relativa alle varie fasi del ciclo del progetto (argomento affrontato nel successivo par. 3 e nel contributo Analisi
causa-effetto dell’attuale inefficienza del sistema dei lavori pubblici: le strategie proposte dai consulenti senior di “Così, nei progetti internazionali);
Terzo: Non viene affrontato da questo decreto il nodo del rapporto fra valutazione tecnica (oggettiva) e autonomia della scelta politica.
Sul punto Primo:
Lo studio di fattibilità, così come definito dall’articolo 14 del Regolamento anche nella sua accezione più ampia, non consente certamente di ottenere la precisione (+/- 10%) e l’attendibilità necessarie ad assumere decisioni stabili: il livello degli studi tecnici (geologia, geotecnica, idraulica, ecc..) si limita ad analisi sommarie, la verifica dei vincoli (ambientali, storici archeologici, urbanistici, ecc.) non prevede alcuna forma di consultazione e la definizione dei costi è realizzata in via parametrica. Esso al massimo può garantire una graduatoria di massima, utile ai fini di una prima selezione delle opere da finanziare, accompagnata da un’analisi dei rischi che ciascuna opera presenta e da una iden-tificazione dell’ordine di grandezza dei costi da sostenere. Ma ogni scelta impegnativa (decisione di finanziare l’opera) assunta su questa base può rivelarsi molto instabile, soprattutto per determinate categorie di opere.
Un secondo aspetto da considerare è la perdurante assenza di Linee guida uniformi24, che consentano la comparazio-ne fra le valutazioni e il loro allicomparazio-neamento sulla base di parametri comuni.
Finché questo problema non sarà risolto, ben pochi progressi potranno essere fatti.
23 Che si è riallacciata a quanto analizzato e discusso già lo scorso anno all’interno dell’“Osservatorio”. Su questi specifici aspetti: Pierluigi Coppola,
Fat-tibilità e priorità delle infrastrutture, in Osservatorio Infrastrutture e Competitività 2012: 10 Opere per la ripresa, italiadecide, 2012, p. 189-206.
24 Da apprezzare il risultato recentemente realizzato da ITACA con la pubblicazione delle Linee Guida per la realizzazione degli Studi di fattibilità (24 gennaio 2013). http://www.itaca.org/documenti/news/LG%20ITACA%20SDF_Completo_240113.pdf che mettono a sistema l’esperienza maturata
Le diverse categorie (e le diverse dimensioni) delle opere fa si che non si possa pensare a un unico documento di Linee guida valido per la valutazione di infrastrutture di trasporto, energetiche, ambientali, ecc., così come non potranno essere valutate col supporto dello stesso strumento una rotatoria e un’autostrada.
Infine, le norme non considerano il problema della validazione esterna delle valutazioni, che dovrebbe rappresentare invece un presidio di serietà e oggettività delle stesse.
Sul punto Secondo:
Il decreto n. 228 “poggia” sulla disciplina oggi recata dall’art. 128 del Codice che però presenta alcune ambiguità e non definisce in modo adeguato i due diversi momenti decisionali: quello di avviare e finanziare la progettazione di un’opera e quello – successivo e distinto – di finanziare l’opera per realizzarla. In questo quadro di ambiguità si collo-cano alcune vere e proprie distorsioni normative (come il comma 6 dello stesso art. 128) che hanno portato ad assimi-lare lo Sdf ad una sorta di progetto pre-preliminare, portando così a 4 (ridondanti ed eccessivamente onerosi) i livelli di progettazione e quindi incentivando l’elusione delle norme.
Comunque, su questo punto si rinvia interamente al par. successivo di questo capitolo. Qui basta affermare che la so-luzione corretta andrebbe trovata nella previsione di due distinte valutazioni dell’intervento (si evita volutamente la parola progetto): la prima all’interno dello studio di pre-fattibilità e di supporto alla decisione se avviare o meno la progettazione vera e propria; la seconda invece (Sdf) avente ad oggetto un progetto “stabile” e stime di costi e benefici affidabili, di supporto alla decisione di investimento e alle procedure di affidamento: questa “stabilità” si rifletterebbe – con effetti positivi – su tutto il seguito dell’iter.
Sul punto Terzo:
Senza ovviamente ripercorrere – neanche in termini sintetici – il dibattito teorico sui rapporti fra ACB e decisione poli-tica e sull’alternativa ACB / Analisi Multi-Criteri (AMC), la vera difficoltà sta nel trovare nel nostro sistema un migliore equilibrio di quello attuale fra dati di fonte tecnica e sfera decisionale della politica. In primo luogo, questo obbiettivo può essere raggiunto solo investendo di più nella fase propedeutica e nella valutazione ex ante dei progetti (che è una scelta politica di alto profilo): Studi di fattibilità e ACB fatte meglio e al momento giusto.
In secondo luogo, va rivalutato il ruolo della politica nella definizione delle scelte strategiche, riempiendo di contenuti la funzione di identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale e facendone un riferimento vincolante per tutti. In terzo luogo, le procedure di valutazione ex ante devono essere pensate come strumenti che servono ad aiutare (e non sostituire) il decisore politico in queste essenziali funzioni:
• portare alla luce una serie di dati conoscitivi che rendono trasparente il dibattito pubblico sulle infrastrutture e sui loro benefici sociali;
• elaborare più raffinate “gerarchie” di preferibilità entro le quali si deve comunque poter esercitare l’autonomia della decisione politica;
• mettere in moto un processo virtuoso per cui le analisi ex ante alimentano e arricchiscono le analisi ex post, le quali a loro volta rendono sempre più attendibili le future analisi ex ante;
• impedire spreco di denaro pubblico attraverso la determinazione di soglie sotto le quali la decisione politica non è libera, ma deve uniformarsi ad una regola;
Il sistema dovrebbe essere chiuso: cioè essere disegnato in modo da conseguire tutte queste finalità. Se il sistema ri-mane aperto (limitandosi a disporre che i progetti finanziati debbano essere accompagnati da Sdf, o anche da ACB) i suoi benefici rischiano di andare persi. È quindi necessario che si fissino – con norma vincolante – le regole di compa-tibilità fra singole opere e strumenti di pianificazione e le regole del ranking che dovrà risultare dalla comparazione delle valutazioni, nonché le soglie di esclusione/inclusione dalla decisione di finanziamento.
Tutto ciò manca nella normativa esaminata, ma dovrebbe essere rapidamente messo a punto se si vuole impedire che anche il nuovo filone normativo sia burocratizzato e venga vanificato dai soliti e consolidatissimi meccanismi elusivi. Un sistema “chiuso” è invece quello descritto nelle pag. 152 e ss. dello “Studio comparato …” del MIT, più volte citato (nota 6), dal quale dovrebbe invece partire il legislatore che volesse riformare il sistema in modo incisivo.
Una ulteriore criticità è rappresentata dalla insufficienza dei riferimenti alle iniziative di partenariato pubblico-priva-to. La estrema debolezza di una seria valutazione ex ante in questo ambito rappresenta una delle cause principali dei risultati davvero insoddisfacenti raggiunti finora dal nostro paese in questo campo. Ma su questo punto si rinvia ad altra parte del Rapporto.
Per quanto riguarda le valutazioni ex post, esse rappresentano, com’è ampiamente argomentato in letteratura, un complemento necessario di quelle ex ante poiché offrono il feedback necessario a migliorare progressivamente il siste-ma, evitandone lo scadimento a mera routine burocratica. Un manuale molto apprezzato a livello internazionale – il
Green Book del Ministero del Tesoro britannico – include, infatti, in un unico organico documento entrambe i profili: appraisal (valutazione ex ante) e evaluation (valutazione ex post)25. Può risultare anche interessante la consultazione del documento francese “Evaluation des grands projets publics: diagnostic et propositions” che mostra come l’approccio inglese – manuale metodologico, semplice e inclusivo delle due tematiche – sia stato studiato e mutuato in Francia26. Le nuove norme italiane sulla valutazione ex post sono recate dall’art. 6 del d. lgs. 228 e dalla sezione 4 dell’Allegato al DPCM 3 agosto 2012 “Modello di riferimento per la redazione da parte dei Ministeri delle Linee guida”.
Si tratta, per ora, di indicazioni di carattere molto generale e introduttivo. Rispetto ad esse possono proporsi alcune annotazioni:
• le norme potrebbero sottolineare meglio il parallelismo fra valutazione ex ante ed ex post. Metodologia applicata e livello di approfondimento sono infatti molto simili e sarebbe forse opportuno trasmettere, anche nelle norme più
generali quali quelle incluse nella fonte primaria, l’indirizzo che una valutazione ex post di qualità rappresenta – al pari di quella ex ante – il risultato di analisi robuste e metodologie rigorose;
• potrebbe anche essere introdotta nella normativa una specifica previsione di raccomandazioni con le quali la va-lutazione deve concludersi (sia ai fini della pianificazione, progettazione, aggiudicazione ed esecuzione di future opere, sia ai fini della loro valutazione). Questo riferimento avrebbe infatti l’effetto di sottolineare la circolarità del