Sedici proposte per lo sviluppo dei porti e la crescita dei traffici e dei commerci Intervento del sistema pubblico
Proposta 15: Creazione di condizioni stimolanti e incentivanti per gli operatori privati
2. Il sistema portuale italiano
Nel 2010, il volume di merci complessivamente movimentato dal sistema portuale italiano ha superato i 470 mln t; un volume significativo, in particolare con riferimento ai carichi destinati al mercato internazionale. Il trasporto maritti-mo, infatti, rappresenta la modalità principale per la movimentazione di merci sulle lunghe distanze.
Le principali tipologie di carichi marittimi
Qualsiasi segmentazione del mercato si desideri utilizzare, occorre effettuare in via preliminare una suddivisione del traffico per tipologia di carico. Le dinamiche e i driver del settore, come anche le caratteristiche degli operatori e del naviglio impiegato, infatti, cambiano in misura sostanziale al mutare della tipologia delle merci che si trasportano. In questo contesto occorre distinguere, in prima battuta, il traffico rinfusiero dai carichi “unitizzati”.
Per traffico rinfusiero si intende “il trasporto di merci, di qualunque genere e in qualunque stato fisico, trasportate senza
imballaggio”. In questa definizione, di carattere tecnico, rientra la quota più significativa del traffico marittimo
mon-diale, a sua volta distinta fra rinfuse liquide e solide.
Le rinfuse solide rappresentano il 51,2% delle merci movimentate a livello mondiale, in termini di tonnellate. In que-sto segmento rientrano, ad esempio, tutti i minerali, il carbone, il legname e le granaglie.
Il traffico delle rinfuse liquide – che comprende la movimentazione di petrolio e derivati, il trasporto di gas naturale liquefatto, il trasporto di prodotti chimici – rappresenta in termini di tonnellate più del 30% del traffico marittimo internazionale.
A differenza di quanto avviene per il traffico rinfusiero, nel caso del traffico di merci varie cosiddetto unitizzato, la segmentazione non si riferisce alla categoria merceologica trasportata, ma all’impiego di moduli di trasporto
(contai-ner e casse mobili) all’interno dei quali vengono trasportate merci eterogenee, prevalentemente semilavorati e
pro-dotti finiti.
In considerazione di quanto detto circa l’eterogeneità delle merci containerizzate, appare evidente come il tonnellag-gio non sia la grandezza appropriata per la valutazione delle dinamiche di questo segmento di mercato. Per questa tipologia di carico, infatti, si impiega, solitamente, una grandezza di volume – il TEU (Twenty-Foot Equivalent Unit, dove 1 TEU corrisponde ad un container da 20 piedi) – più idonea alla valutazione delle dimensioni e delle dinamiche dei flussi di merci utilizzate.
Il traffico rinfusiero rappresenta la quota più rilevante, in termini di tonnellaggio, della movimentazione portuale complessiva in Italia, con una quota pari al 56% di cui il 40% riconducibile alle rinfuse liquide e il 16% a quelle solide.
Figura 4 - Traffico di merci in Italia per tipologia
Considerando la dinamica dei flussi di merci movimentate nel sistema portuale italiano fra il 2005 e il 2010, emerge come anche il mercato nazionale abbia risentito, in misura significativa, della crisi che ha investito il settore nel 2009, segnando un calo del 14% dei volumi movimentati rispetto all’anno precedente, per poi registrare i primi segnali di ripresa nel 2010 (+8,4% YoY).
Figura 5 - Scheda sintetica dei traffici rinfusieri e container nei porti italiani (anno 2012)
!
Anche il traffico container, in coincidenza con il deflagrare della crisi, ha segnato una contrazione dei TEU movimen-tati, raggiungendo nel 2012 un livello pari a 9.362.109 mln TEU (per trovare volumi simili occorre tornare nel 2004, quando i porti italiani hanno movimentato 9,48 mln TEU).
Maggiori dettagli sui traffici non containerizzati dei porti italiani e le specializzazioni produttive (traffico crocieristi-co, rinfuse liquide e secche, traffico RO-RO) vengono riportati in appendice.
Figura 6 - Traffico di merci in Italia per tipologia, 2005 – 2010 (var. % YoY)
Gli scali gateway e i porti transhipment
Il sistema portuale italiano si articola in 24 porti sede di Autorità Portuale e numerosi scali commerciali di piccole dimensioni. Nonostante la presenza di un numero elevato di porti, si assiste ad una forte concentrazione del mercato, con i primi 5 scali che da soli gestiscono più del 43% del traffico complessivo.
In linea generale, le dinamiche sperimentate dai singoli porti italiani risultano essere differenti e funzione di variabili quali:
- la specializzazione produttiva degli scali. Accanto ai grandi porti, che movimentano volumi significativi di merci differenti, infatti, il sistema italiano si caratterizza per la presenza di scali di dimensioni medio-piccole che, tutta-via, presentano una specializzazione in particolari tipologie di carico. In molti casi la specializzazione è connessa alla prossimità di industrie particolari, in altri è riconducibile alla localizzazione degli scali;
- il modello distributivo prevalente. In questo contesto, si fa riferimento alla distinzione tra scali di transhipment e porti gateway. Nel primo caso, si tratta di porti che dedicano più del 75% della propria attività di movimentazione al trasbordo da nave a nave, facendo leva su un posizionamento geografico favorevole che consente di intercettare
le grandi rotte transoceaniche. Il traffico transhipment in Italia è localizzato principalmente negli scali di Gioia Tauro (unico porto italiano “nato” per lo sviluppo di questa modalità e, a lungo, principale porto transhipment nel Mediterraneo), Taranto e Cagliari. Nel 2010 questi scali hanno movimentato il 41,7% del movimento complessivo di container. I porti gateway, invece, come ad esempio quelli liguri o dell’Alto Adriatico, sono localizzati in posizione strategica rispetto ai grandi mercati di origine/destinazione dei carichi e rappresentano, di fatto, una porta d’acces-so ad aree economiche di rilievo. I porti del Tirreno meridionale, Napoli e Salerno, non d’acces-sono strategici per i mercati europei, ma devono servire efficientemente i traffici del Centro e del Sud dell’Italia.
- il contesto competitivo nel quale operano. Alla specializzazione produttiva e al modello distributivo prevalente di un porto corrisponde un diverso contesto competitivo internazionale che, in particolare, in coincidenza di una fase di contrazione del ciclo economico, può determinare una differente performance di uno scalo o di un sistema portuale.
La portualità nazionale deve attuare sforzi significativi per crearsi uno spazio nell’ambito del mercato del trasporto intermodale, ad oggi gestito in via pressoché esclusiva, anche sul territorio italiano, da player tedeschi (per la logistica terrestre) e nord europei (per quella marittima). Se si pensa che una quota significativa dell’import-export delle im-prese del Nord viene veicolato dai porti del Northern Range utilizzando gli interporti di Verona, Milano e Padova, è evidente l’ampio margine che i nostri scali hanno per accrescere la loro funzione di servizio ai mercati di destinazione finale, in primis quello interno.