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Profili problematici dell’utilizzo dell’allocazione dei diritti di proprietà intellettuale quale indicatore della presenza di

3 La proprietà intellettuale come prodotto della ricerca nella comunicazione della Commissione sulla disciplina degli aiuti di

3.1.2 Profili problematici dell’utilizzo dell’allocazione dei diritti di proprietà intellettuale quale indicatore della presenza di

un aiuto

La Commissione prende anche in considerazione la possibilità che le imprese beneficino di un aiuto incompatibile per il tramite di organismi e infrastrutture di ricerca. Infatti, secondo un consolidato orientamento, la nozione di risorse statali comprende tutti gli strumenti che le autorità pubbliche possono concretamente usare per sostenere le imprese, a prescindere dal fatto che questi strumenti appartengano o

208 Ibidem, punto 283.

209 Ibidem, art 8.

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meno permanentemente al patrimonio dello Stato, essendo sufficiente che restino costantemente sotto il controllo pubblico211.

Tuttavia, i criteri da considerare sono diversi a seconda che l’attività di ricerca sia svolta per conto dell’impresa o in collaborazione con la stessa.

Nel primo caso, l’ente svolge ricerca contrattuale o servizi di ricerca su commissione dell’impresa. Perché possa essere esclusa la presenza di un aiuto di Stato, la Commissione reputa necessario che il rapporto che si sviluppa tra l’impresa e l’ente si basi su una logica di mercato. In particolare, l’organismo o infrastruttura deve restare proprietario dei risultati delle attività di ricerca e assumersi il rischio di insuccesso, oltre a ricevere una remunerazione appropriata. Essa è costituita alternativamente dal prezzo di mercato oppure, in mancanza, da un prezzo che rispecchi la totalità dei costi del servizio e generalmente includa un margine del tipo comunemente applicato nel settore o sia il risultato di una normale contrattazione a condizioni di mercato, per ottenere il massimo beneficio economico coprendo almeno i costi marginali212. Benché l’ente di ricerca resti proprietario dei risultati dell’attività, l’allocazione dei DPI deve essere considerata nella valutazione della remunerazione appropriata. Di conseguenza, nel caso in cui la titolarità o l’accesso ai DPI rimanga in capo all’ente, il corrispondente valore di mercato può essere detratto dal prezzo pagabile per i servizi in questione213.

Nel secondo caso, l’ente svolge attività di ricerca insieme all’impresa, condividendo progetto, rischi e risultati dello stesso.

211 Sentenza del 16 maggio 2002, Francia/Commissione (Stardust Marine), C-482/99, EU:C:2002:294, punti 37-38.

212 Comunicazione RSI 2014, punto 25.

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Perché l’impresa non benefici di alcun aiuto, la Commissione reputa necessario che essa si faccia carico di tutti i costi o, alternativamente, che essa non si appropri del valore dei DPI. A tal fine, tre opzioni sono considerate.

In un primo scenario, «i risultati della collaborazione che non generano diritti di proprietà intellettuale possono avere larga diffusione e gli eventuali diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività degli organismi di ricerca o infrastrutture di ricerca sono integralmente attribuiti a tali entità»214. L’applicazione della nozione di aiuto nella fattispecie in questione solleva alcuni quesiti. In particolare, da una lettura critica sul punto sembrerebbe, a contrario, che i risultati della collaborazione che generano diritti di proprietà intellettuale non possano avere larga diffusione e che gli eventuali diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività dell’impresa rimangano nella sua titolarità. Se questa interpretazione si dimostrasse corretta, essa risulterebbe problematica sotto due profili. In primo luogo, è difficile ritenere che in un simile scenario che nessun aiuto di Stato indiretto sia concesso all’impresa. Essa infatti beneficia, in modo selettivo, del vantaggio derivante dall’ottenimento di una privativa con effetti diretti sul mercato. In secondo luogo, tale lettura conferma che, anche a parere della Commissione, laddove si riconosca la titolarità di diritti di proprietà intellettuale, i risultati della ricerca non possono avere larga diffusione e dunque mancano di generare esternalità positive, nonostante parte della dottrina ritenga che invece la possibilità di difendere i propri beni intangibili costituisca un incentivo per l’impresa a pubblicarne il contenuto215.

214 Ibidem, punto 28, let. b).

215 Ad esempio cfr. G.GHIDINI, Innovation, Competition and Consumer Welfare in Intellectual Property Law, cit., pp. 11-17.

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In un secondo scenario216, i risultati della ricerca non possono essere oggetto di ampia diffusione in quanto tutti risultano tutelati da DPI, ma questi vengono allocati «ai diversi partner della collaborazione in modo da rispecchiare adeguatamente i rispettivi interessi, la partecipazione ai lavori e i contributi al progetto». In questo modo, il valore che le risorse pubbliche apportano al progetto rimane nella disponibilità dell’organismo o infrastruttura. È evidente che in questo scenario la metodologia di calcolo della partecipazione al progetto riveste un ruolo fondamentale.

Infine, il terzo scenario217 prevede che l’impresa possa acquisire la titolarità o il diritto all’accesso ai DPI sui risultati della ricerca dell’organismo o infrastruttura ma a un prezzo di mercato, eventualmente detratti i costi sostenuti in compartecipazione dall’impresa. La Commissione ritiene che il prezzo di mercato debba garantire all’ente di ricerca il pieno vantaggio economico. Pertanto, esso deve, alternativamente, a) risultare da una procedura di vendita competitiva, aperta, trasparente e non discriminatoria, o b) valutato da un esperto indipendente, o c) negoziato a condizioni di mercato o, d) nel caso in cui l’impresa abbia diritto di prelazione sui DPI, risultare dall’adeguamento dell’offerta dell’impresa a fronte dell’esercizio della facoltà da parte dell’ente di richiedere offerte più vantaggiose ai terzi.

Tuttavia, a parere di chi scrive, l’interpretazione della Commissione nasconde un vizio logico. Anche qualora la metodologia di calcolo del contributo di ogni partecipante al progetto e la metodologia di stima del prezzo di mercato garantissero un elevato livello di precisione, non sarebbe possibile determinare a priori l’assenza di un aiuto a causa della natura stessa del progetto di collaborazione. Come risulta dalla lettura

216 Comunicazione RSI 2014, punto 28, let. c).

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della comunicazione tutta, alcuni progetti di RSI non prendono avvio senza la presenza di un aiuto a causa dei fallimenti di mercato. L’impresa che intraprende questa forma di collaborazione è un’impresa che ha già valutato l’impossibilità o la minor convenienza di procedere allo sviluppo del progetto da sola. È un’impresa, peraltro, cosciente dell’impossibilità di appropriarsi del valore delle risorse pubbliche sotto forma di DPI o minori costi. Di conseguenza, si presume che l’impresa sia già in posizione di vantaggio per la mera possibilità di procedere allo sviluppo del progetto di ricerca stesso in virtù della collaborazione. A parere di chi scrive, sarebbe perciò opportuna una rivalutazione dell’interpretazione della Commissione che valorizzi la liceità dell’aiuto indiretto sulla scorta di altri parametri, ad esempio del criterio di selettività ex art. 107 par. 1 o della compatibilità dell’aiuto ai sensi dell’articolo 107 par. 3, lett. c) TFUE.

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