Capitolo 6 La geometria dei centri di potere
6.2 Il progetto per Pamplona nel Regno di Navarra: buen castillo contro il «peligro intrinseco»
Pamplona costituisce uno degli esempi più famosi di cit- tadella cinquecentesca costruita durante il regno di Filip- po II, «una de las mayores, y mejores fortalezas de toda Europa»26. All’epoca della sua costruzione poche erano le
cittadelle già realizzate – Torino risalente al 1564, Anversa al 1568 e Bourg-en-Bresse dell’anno successivo.
La città di Pamplona diviene un archetipo, trasmettendo i tracciati geometrici e le soluzioni tecniche alle altre cit- tadelle costruite dalla Corona spagnola. Proprio in questa circostanza sembra avvenire quella trasposizione di mo- delli che dall’Italia erano stati diffusi in Spagna negli anni Sessanta del Cinquecento, in seguito sperimentati e messi a punto nelle Fiandre, e da lì reimportati in Italia al termine del secolo27. In questa costruzione appare evidente il ten-
tativo di coniugare nell’edificio rappresentativo non solo l’aspetto funzionale, ma soprattutto l’immagine architet- tonica che è simbolo dell’organizzazione e dell’efficienza del potere centrale, ancora una volta evidenziando la com- mistione dei valori classici di utilitas e venustas28.
«Cabeza del Reyno de Navarra», in posizione strategica per la difesa dalle linee nemiche francesi, la cittadella ven- ne ideata e costruita a partire dagli anni Settanta del secolo sedicesimo come avamposto di protezione della capitale navarrena, in pericolo dagli attacchi dei francesi, ma anche come strumento di controllo della stessa popolazione in caso di rivolte interne29.
Fondato nei pressi del fiume Arga, il complesso cittadino era provvisto di fortificazioni datate per lo più costruite all’epoca di Carlo V, e necessitava urgentemente di rinfor- zare il suo impianto difensivo con nuovi baluardi. Diversi ingegneri del re si erano già interessati degli ammoder- namenti che si andavano delineando a partire dagli anni Venti del secolo, tra gli altri Giovanni Battista Calvi alla metà degli anni Cinquanta, ma è solo a partire dal decen- nio successivo che viene presa in seria considerazione la modernizzazione della piazzaforte30.
Da questo momento, probabilmente già attorno alla metà degli anni Sessanta, sembra certa la presenza a Pamplona di Giovanni Battista Antonelli, il quale informava il re sul- la necessità di portare avanti le opere ai baluardi frontali al castillo viejo, terminato circa un cinquantennio addietro.
L’ingegnere insisteva sulla necessità di intraprendere ope- re di costruzione delle cortine tra i bastioni di San Nicolás e Santa Engracia, che andassero a collegare il «castillo nuevo», e delle mura tra i baluardi di San Nicolás e del Caparroso verso meridione. I fondi necessari, nella somma complessiva di massimo 70 mila ducati, dovevano essere provvisti prima del termine della stagione estiva del 1565, data che fornisce un riferimento temporale importante per contestualizzare la nuova costruzione31.
Per volontà dello stesso re Filippo II, la traza del progetto venne discussa da alcuni dei migliori rappresentanti delle frange militari e amministrative del regno: l’allora capita- no generale dell’artiglieria Juan Manrique de Lara, la cui opinione era tenuta in grande considerazione, ancora in carica seppur ritiratosi nella sua residenza della provincia castigliana di Soria per motivi di inferma salute; gli inge- gneri Antonelli e Treviño, esperti dei fortificazioni; il Duca di Medinaceli, al tempo viceré del regno32.
Il disegno della cittadella pentagonale sarebbe quindi stato frutto di questo incontro, avvenuto nel 1569, giusto pochi mesi prima della morte del capitano Manrique, che firmò il progetto cartaceo, approvando il tracciato da materializ- zare con palizzate sul terreno33.
Sebbene il disegno finale per la costruzione della cittadella pentagona sia opera di Giacomo Paleari Fratino, sicura- mente guidato nella progettazione dalla mano esperta del Gonzaga, è proprio questa prima fase progettuale quella che rivela il maggior interesse. Non solo risulta impor- tante per il protagonismo di Giovanni Battista Antonelli nelle decisioni progettuali, ma soprattutto per il detta- gliato informe per il re e che probabilmente dà impulso alla decisione di iniziare i lavori. Compilata in seguito ad un’analisi attenta delle variabili geografiche e dei pericoli determinati dalla posizione di frontiera, e densa di opinio- ni dettate dalla propria esperienza militare, la relazione di Antonelli «sobre la defensa de la frontera de Navarra […] y la manera de hacer fortificaciones» metteva in evidenza le impellenti necessità difensive della regione34.
Il Regno di Navarra poteva essere attaccato dalla Francia solo dalla parte dei monti Pirenei, attraverso Roncisval- le, poiché rimaneva da un lato difeso dal regno di Aragón e dall’altro dalla provincia di Guipúzcoa, ed era protetto alle spalle dalla regione di Castiglia. Pamplona a giusta ragione veniva identificata come la piazzaforte chiave di
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13/ Immagine satellitare della cittadella di Pamplona. I due baluardi rivolti verso la città sono interrotti da una delle arterie di viabilità prin- cipale, mentre risultano ancora completi i tre che dominavano la campagna circostante. Fonte: Google Maps 2012.
tutto il sistema difensivo «por ser metrópoli y cabeça de- ste Reyno […] en donde ha de estar el virrey», e come tale era necessario fortificare i passi montani che le davano accesso per «hazer frontera»35. Tanto più che l’area, molto
fredda e soggetta a pesanti nevicate nel periodo invernale, rendeva impossibile lo stanziamento ed il mantenimento di una guarnigione fissa. Unica soluzione rimaneva perciò lo sbarramento delle porte al nemico, costruendo anche un
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14/ Mappa del Regno della Navarra, evidenziata da un confine di colore rosa. Come giustamente osservava Giovanni Battista Antonelli, la regione è difesa dal regno di Aragón (nel disegno in azzurro in basso a sinistra), dalla provincia di Guipúzcoa (in blu in alto) e dalla regione di Castilla (all’estrema sinistra in alto, in verde). La città di Pamplona, cerchiata al centro della regione, costituisce pertanto il punto più importante per proteggere la frontiera con la «Parte de Francia», in arancio in basso a destra. Secondo l’ingegnere, i francesi avrebbero potuto invadere il paese solo attraverso il passo di Roncisvalle, evidenziato in rosso. Risultava pertanto indispensabile che la città fosse adeguatamente difesa contro il «peligro extrinseco», cioè difeso dalle invasioni dei francesi, anche dal momento che il regno era stato solo recentemente incorporato alla Corona spagnola. «Navarra Regnum», illustrazione tratta da Joan Blaeu, Atlas maior: Hispania, Portugallia, Africa & America, Taschen, Köln 2006, pp. 64-65. Originale in Bildarchiv der öNB, Vienna.
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nuovo castillo al posto dell’esistente, ormai inetto alla dife- sa. La nuova fortezza sarebbe stata autosufficiente e dotata di magazzini e munizioni, con un presidio di almeno 300 uomini, 100 più del vecchio castello. L’argomentazione sulla necessità di fortificare la città, «ahora más frontera que Metrópoli», derivava in primo luogo dalla possibili- tà che l’invasione da parte di un esercito francese potesse favorire l’insurrezione del popolo, ancora filo-francese ed «estando aun fresca la memoria de su Rey natural»36.
Per evitare tale situazione si rendeva necessaria la costru- zione di un «buen castillo» che potesse assicurare il re dal «peligro intrinseco», mentre la fortificazione cittadina lo avrebbe salvaguardato dal «peligro extrinseco»37.
Antonelli con questa esatta definizione dimostrava di essere un acuto osservatore delle dinamiche di difesa, e di detene- re una solida esperienza nella materia della fortificazione, non solo a vasta scala, ma anche nel campo più specifico relativo alle cittadelle. Nel suo scritto ribadisce infatti la duplice natura della cittadella: da un lato necessaria per la protezione dalle insurrezioni intestine, dall’altro essenziale in un’area di frontiera come quella del Regno di Navarra. A distanza di pochi anni il progetto antonelliano sarebbe
stato sottoposto alla dura valutazione di Vespasiano Gon- zaga, dal 1572 insignito del titolo di nuovo viceré del re- gno, che intervenne nella modifica sostanziale della com- pilazione del progetto38. Ancora una volta l’intervento di
Gonzaga andava a discapito di Giovanni Battista, e deter- minava invece l’elezione della collaborazione del Fratino, che viene consacrato dalla storia come autore di una delle più importanti cittadelle fortificate del Cinquecento. Delle modifiche riguardanti il primitivo progetto abbiamo notizie attraverso una estesa relazione compilata da Vespa- siano Gonzaga, che ci perviene grazie ad una copia39.
In queste pagine, preziosissime dal punto di vista storico, si prendevano in considerazione i punti critici per la difesa della città di Pamplona: veniva descritta la situazione delle «imperfette» opere difensive esistenti, gli interventi la pro- gettazione della nuova cittadella, i materiali da impiegare, i tempi e i costi previsti.
Antonelli riceveva un’impietosa critica, sia per le decisio- ni progettuali sulla fortificazione della città e sulla costru- zione della cittadella, che relativamente ad alcuni aspetti del suo carattere e della sua preparazione come ingegnere. Diceva Vespasiano al re che «es mucho lo que se gana en
15/ Dopo la metà degli anni Sessanta del secolo, Giovanni Battista Antonelli insiste sulla necessità di fortificare la cinta muraria cittadina, anche mediante la costruzione di una cortina tra i baluardi di San Nicolás e del Caparroso, nel lato rivolto a meridione. Quest’ultimo ba- luardo, rappresentato da Luis Pizaño nella “pintura”, era stato progettato da Benedetto da Ravenna nel 1535. Il sito era strategico poiché costituiva l’elemento di congiunzione tra il vecchio castello e la cerchia difensiva orientale. Proyecto de la forma en que debe quedar el lienzo de muralla situado entre el castillo y el bastión que cae sobre el molino de Caparroso en la Ciudad de Pamplona, compilato da Luis Pizaño nell’anno 1548. AGS, MPD, 13, 041.
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mudar lo que se muda de su traza»; secondo le sue affer- mazioni anche il Fratino era dello stesso parere40.
Di tutta la proposta progettuale di Antonelli rimaneva in- variata la sola scelta del sito. Difatti la sua posizione, a Sud-Ovest rispetto all’insediamento cittadino, permetteva alla cittadella sia di proteggere due zone della città, che di ricevere in maniera opportuna i soccorsi dalle province41.
In linea generale erano molti i difetti che Vespasiano rim- proverava al progetto di Antonelli, tra i quali i tre mag- giori inconvenienti erano rappresentati dall’inefficienza dal punto di vista della sicurezza, dall’eccessivo dispendio per le casse reali, che pareva duplicato rispetto alla reale necessità, ed infine dalla scelta della tecnica costruttiva, inopportuna per la zona e a causa della rigida temperatura ed impensabile come duratura rispetto agli agenti meteori- ci della regione42.
Il disegno di Giovanni Battista, di cui si faceva ampia menzione nella lettera e che purtroppo è oggi perduto, ve- niva aggiornato e sostituito da un altro progetto compilato dettagliatamente e «con mucho cuidado» dal Fratino, se- guendo le indicazioni dello stesso Gonzaga43. Quest’ulti-
mo supplicava il re di accettare il progetto senza riserve poiché il tema era stato «muy considerado compasado y diputado». Addirittura proponeva di inviare lo stesso Fra- tino ad esplicare di persona a sua maestà le oculate scelte progettuali che i due tecnici avevano congiuntamente ap-
provato. Adducendo motivazioni di ordine economico, per cui l’annullamento del progetto antonelliano poteva solo andare a favore delle casse reali, Gonzaga organizzava la critica per diversi punti, riguardanti le spese, le scelte pro- gettuali, i materiali e le tecniche costruttive, proponendo sempre una soluzione alternativa.
In primo luogo, dal momento che Antonelli non utilizzava le strutture preesistenti, il progetto dell’ingegnere risultava ingiustificatamente oneroso con la previsione di spese per circa 150 mila ducati, che per Vespasiano non erano affatto necessarie e che si potevano benissimo evitare rivalutando le scelte progettuali e sfruttando l’esistente.
Inoltre l’ingegnere prevedeva spese eccessive anche dal- la parte del fiume, che per sua posizione rimaneva mag- giormente difesa persino nel caso in cui il nemico avesse potuto togliere l’acqua e svuotare completamente il fosso, poiché in quell’area risultava difficile sistemare trincee. Il Fratino per cautelarsi aveva comunque inserito nel nuo- vo progetto una piattaforma, secondo Gonzaga superflua per la natura imprendibile del sito. Dalla parte del baluardo della Maddalena verso quello denominato del Caparroso, Antonelli prevedeva anche una piattaforma che però per le caratteristiche stesse del sito risultava superflua44.
L’ingegnere non utilizzava nemmeno l’estesa cortina «larga y hermosa» congiungente il baluardo del Caparroso al castello vecchio, decidendo invece di costruirne un’al-
16/ In questa rappresentazione di fine anni Ottanta è visibile come procedono i lavori, supervisionati da Giorgio Paleari Fratino che porta avanti il progetto del fratello. L’ingegnere si rappresenta sulle mura del baluardo di San Antón mentre è intento a controllare le opere di costruzione e lo spostamento della terra per i terrapieni. A destra viene rappresentata la porta di accesso, con elementi lapidei molto evidenti che verranno criticati in seguito per la disproporzione creata con il resto del complesso. Perspectiva del baluarte de San Antón y puerta inme- diata, para que se vea la desproporción entre los sillares aprovechados del castillo viejo y los que estaban ya puestos en la cortina, disenato dal Fratino, anno 1587. AGS, MPD, 34, 030.
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tra più esterna, quando invece la vecchia fabbrica poteva benissimo servire da casamatta. Nella progettazione del- la çiudadela, al fine di ricavare spazio per il fosso, Juan Manrique de Lara e Antonelli avevano posto la fortezza a ridosso della città, il che determinava la necessità di radere al suolo molte abitazioni con un eccessivo aumento di co- sto e il malcontento generale dei cittadini.
Rispetto alla posizione originale Gonzaga ne proponeva uno slittamento verso l’esterno di ottanta passi, diminuen- do anche il numero dei cavalieri, ritenuto eccessivo45.
Antonelli veniva accusato anche di non avvalersi di un muro che aveva completato l’ingegnere Treviño anni prima con una spesa di ben 8 mila ducati, che invece era preso in considerazione «con mucho proposito» dagli al- tri due progettisti. La maggior parte della spesa derivava inoltre dai lavori ordinati al maestre mayor per abbassare o innalzare pareti fino a 130 piedi46.
Sorprendentemente nel progetto di Giovanni Battista, i bastioni della cittadella risultavano di dimensione infe- riore rispetto a quelli della città. L’immagine utilizzata da Gonzaga per la critica risultava chiara ed esplicativa: in una città la «cabeza», ovvero la cittadella, doveva essere sempre più protetta e meglio armata rispetto alle aree di minore importanza, i «pies». Si riferiva allo stesso concet- to espresso nel trattato di Pietro Cataneo: la cittadella deve essere fornita di baluardi ottimali alla difesa, poiché la sua conquista da parte del nemico poteva determinare la perdi- ta della città e danni ben maggiori per il regno47. Le tecni-
che costruttive proposte da Antonelli, ovvero la costruzio- ne con la terra, non erano consone in quella regione, tanto più che così facendo escludevano il riutilizzo di parecchie strutture esistenti. Al contrario erano ovviamente da pre- ferire mura alte e rinforzate dal terrapieno, non attaccabili dalle scale, rispetto alle tapias, adatte a fortificazioni di carattere campale e temporaneo48.
Chissà se nella sua affermazione il Gonzaga non faces- se riferimento alla formazione giovanile dell’ingegnere, come a sottolineare la mancanza di preparazione nell’am- bito delle fortificazioni maggiori. Segue nel testo anche un’altra critica nei confronti di Giovanni Battista, stavolta più esplicita. Infatti Antonelli più di una volta aveva pro- mosso l’utilizzo della tapia come tecnica antica, adottata sin dai tempi di Annibale per le sue fortificazioni. Vespa- siano ribadiva che non era possibile giustificare l’utilizzo
di una tecnica costruttiva con esempi tratti dall’antichità, seppur illustri, se questi venivano estrapolati dal contesto, senza considerare affatto le problematiche che potevano generare le intense piogge regione navarrena49.
Inoltre le torri antiche erano vuote, irrobustite da una me- scolanza di calce, ma non certo adatte ad essere terrapiena- te per resistere agli attacchi dell’artiglieria. A lungo andare l’umidità della terra aumentata dalle piogge meteoriche non avrebbe permesso alla tapia di sostenere un così gran- de peso, determinando la destabilizzazione della costru- zione ed un crollo certo. Prove empiriche sulla resistenza agli urti avevano dimostrato che la durezza delle pareti in terra non era sufficiente: Juan de Mendoza, che vi aveva
17/ In questo disegno databile al 1597, secondo gli studiosi copia dell’originale del progetto andato perduto in cantiere, il Fratino dettaglia gli elementi tipici della cittadella pentagonale cinque- centesca. Tracciato planimetrico pentagonale regolare dotato di baluardi alla moderna in ogni vertice, vie radiocentriche che si di- partono dai baluardi e dalle cortine e che convergono sulla piazza centrale, fosso esterno, piazze d’armi con strade coperte. Nella raf- figurazione appaiono anche i dettagli costruttivi, come ad esempio la muratura esterna in sezione (con l’indicazione di cortine, terra- pieni e casamatte), e i nomi dei cinque baluardi che, in senso an- tiorario a partire dalla porta di accesso, vengono denominati della Vittoria, di Santiago, di Santa Maria, Real e di San Antón. Planta de la fortificaçion de Pamplona, disegnata dal Fratino (Giovan Giaco- mo Palearo), anno 1597. AGS, MPD, 60, 069.
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sparato contro con una mezza culebrina, arma di modesta potenza, aveva avuto il risultato di perforare il muro ed il proiettile era penetrato per una profondità di ben 14 piedi. Altro difetto che si andava a sommare alla facilità di aper- tura di brecce nei muri da parte dei “guastatori”.
Nell’opinione di Vespasiano, solo la pietra poteva risultare un materiale idoneo, adottando un’inclinazione di cinque a uno per la scarpata e la parete a piombo al di sopra del cordolo. Due le qualità di pietra utilizzate, una più costosa e pregiata per la punta dei baluardi, le cannoniere ed il cor- dolo, l’altra invece per i baluardi. Il resto poteva essere co- struito in fagina, tecnica mai sperimentata prima in quella regione, ma di sicuro di minor costo rispetto alla tapieria e di maggiore durabilità nel tempo, anche nell’ordine di 14 anni con le consuete opere di manutenzione50.
La spesa ridotta dalle accortezze del Gonzaga arrivava alla cifra di 25 mila ducati annui per la pietra, 8 mila per la calce ed il suo trasporto, tra i 40 mila e i 50 mila per la fagina necessaria per ogni baluardo, la sua lavorazione, il trasporto e la manodopera. Data la rigidezza del clima, durante l’inverno era previsto il rifornimento di pietra e calce e l’attività di terrapienatura dei baluardi; da marzo fino a metà ottobre sarebbe invece avvenuto il lavoro ef- fettivo. Un programma ambizioso, come ben sapeva Ve- spasiano che, in un altro documento scritto al re nell’aprile del 1571, affermava che la fortificazione bastionata aveva tempi lunghi di esecuzione51.
Nonostante l’intervento dei più importanti ingegneri del re nel cantiere della cittadella, tra i quali sono da ricordare si- curamente i Paleari Fratino – dapprima Giacomo che firma il progetto, in seguito il fratello Giorgio ed il figlio di lui Francesco – ma anche de Rojase Spannocchi per citarne tra i più importanti, i lavori alla cittadella non terminaro- no che nel secolo successivo. Solo per dare un’idea delle complesse vicende relative a Pamplona possiamo ricorda- re che nel 1581 non erano stati coperti che tre baluardi, e ancora nel 1608 risultava indifesa per la mancanza del fosso, che relegava le casematte in posizione troppo bassa. Nella raffigurazione della cittadella risalente a metà degli anni Trenta del Seicento è evidente che i lavori non erano ancora stati completati, essendo l’interno privo di costru- zioni e il manufatto ancora protetto da una palizzata in le- gno, chiaramente inadeguata a resistere ai bombardamenti dei cannoni52.
Note
1. Per un approfondimento sull’architettura delle cittadelle dal Ri-