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La prospettiva di un Accordo Multilaterale nell‟attuale realtà economica internazionale.

Nel documento Investimenti ed accordi internazionali (pagine 153-173)

La risoluzione delle controversie sugli investiment

5.7 La prospettiva di un Accordo Multilaterale nell‟attuale realtà economica internazionale.

Sono diversi i fattori che lasciano sperare nella conclusione di un accordo multilaterale in materia di investimenti nell‘attuale realtà economica internazionale, in cui l‘investimento non è più un flusso di capitali unidirezionale da un paese industrializzato ad uno in via di sviluppo e gli investitori sono rappresentati principalmente da società multinazionali che operano in più paesi.

La globalizzazione dei mercati, come evidenziato nei precedenti paragrafi, ha reso insufficiente un‘internazionalizzazione delle imprese in termini meramente commerciali, dal momento che in un contesto economico globale le imprese, per essere competitive, sono obbligate ad optare per forme più stabili di radicamento nei mercati stranieri, cioè ad effettuare investimenti. Tale stato delle cose rende inadeguata una cornica multilaterale delle relazioni economiche internazionali limitata al solo aspetto commerciale.

Questa scelta, se rappresentava l‘opzione obbligata all‘indomani della seconda guerra mondiale, quando la ripresa economica era vista in termini di incremento dell‘interscambio, non può più essere intrapresa nell‘attuale contesto economico internazionale, dove la dimensione ―produttiva‖ delle relazioni fa ipotizzare che, così com‘è stato per il commercio con il GATT346, si arriverà anche in materia di investimenti

154 alla conclusione di un accordo multilaterale.

Commercio, meglio conosciuto come GATT) è un accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra (Svizzera) da 23 paesi, per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale.

155 Conclusioni

La progressiva catalizzazione dell‘attenzione, nella scena internazionale, sulla materia degli investimenti è testimoniata

dall‘adozione di numerosi strumenti nazionali ed internazionali per la regolamentazione della materia (leggi, trattati multilaterali, trattati bilaterali) stipulati in rapida successione dagli Stati sin dalla metà degli anni ‘80.

Anche sussistendo significative differenze tra questi strumenti, possiamo riscontrare un‘omogeneità di intenti che guidano la loro redazione: creare le condizioni e le garanzie necessarie per lo sviluppo degli Investimenti Esteri Diretti e, più in generale, portare a termine un processo di liberalizzazione del commercio mondiale.

Sicuramente gli accordi bilaterali sulla promozione e protezione degli investimenti hanno costituito elementi di primaria importanza in questo settore, tanto che la loro proliferazione ha facilitato il successo di sistemi economici liberali nella sfera dell‘investimento internazionale.

Caratteristica fondamentale di tali tipi di accordi è quella di creare una regolamentazione favorevole a garantire la libertà sugli investimenti, basata sul presupposto del trattamento nazionale per cui ciascuna parte contraente l‘accordo bilaterale si impegna a mantenere un atteggiamento favorevole agli investimenti, consentendo condizioni analoghe a quelle concesse agli investitori nazionali e introducendo la clausola della ―nazione più favorita‖, nel senso che il Paese ospite dovrà concedere, agli investitori del paese contraente l‘accordo, eventuali clausole che prevedono condizioni più favorevoli, concesse ad investitori di Paesi terzi.

156 valutari legati agli investimenti.

Ci troviamo quindi di fronte ad uno strumento che tende ad abbattere comportamenti e legislazioni nazionali che ostacolano il movimento degli investimenti internazionali.

L‘intensa attività nel campo dei trattati bilaterali, è dovuta ad una convergenza di fattori: da una parte, vi è l‘esigenza dei paesi in via di sviluppo di attrarre investimenti stranieri; dall‘ altra, i paesi esportatori di capitali ritengono opportuno conferire ai loro investitori la maggior protezione possibile, proprio tramite accordi con regole preventivamente stabilite che ne garantiscano la trasparenza.

Due sono le finalità essenziali di questi accordi: la creazione di condizioni favorevoli per l‘investimento di cittadini ed aziende di una Parte nel territorio dell‘altra ed un incremento di prosperità per entrambi gli Stati, senza privarsi del tutto della propria sovranità.

In altri termini, aumento del benessere tramite l‘investimento straniero. Questi sono i fattori che hanno determinato il successo dei BITs e la loro rapida proliferazione (secondo le stime dell‘UNCTAD se ne contano sopra i 2500).

Uno degli argomenti più interessanti nell‘ambito dei trattati bilaterali sulla promozione e protezione degli investimenti è rappresentato dalle clausole di soluzione delle controversie (controversie tra Stati contraenti relative all‘interpretazione ed all‘applicazione dell‘accordo, e soprattutto, controversie tra lo Stato ospite ed investitore straniero). La maggior parte dei trattati, tende ad una soluzione negoziale delle controversie sull‘investimento, fallendo la quale, queste possono essere risolte tramite giudizi locali, tribunali internazionali, conciliazione od arbitrato.

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notevole cambiamento nella mentalità di molti Stati, che negli anni precedenti hanno insistito sull‘esclusiva giurisdizione dei propri tribunali, e l‘inserimento di clausole (ICSID, Uncitral, della Camera di Commercio Internazionale o ISDS) per la soluzione delle controversie nei trattati bilaterali d‘investimento ne è la conferma.

Sicuramente le più utilizzate sono le clausole ICSID, vista anche l‘adesione di un numero elevato di Stati alla Convenzione di Washington del 1965 (istitutiva del Centro Internazionale per il Regolamento delle Controversie relative agli Investimenti – ICSID), la quale prevede una particolare procedura arbitrale per la soluzione di natura giuridica, tra Stati Contraenti e investitori di altri Stati Contraenti, traenti origine da un contratto d‘investimento. L‘ adesione è stata determinata da una reciprocità di intenti, della Convenzione e degli Stati Contraenti, cioè, di rafforzare i rapporti fra Paesi tramite lo sviluppo economico e di stimolare il flusso di capitali stranieri; intenti che hanno da sempre, come abbiamo visto, guidato la produzione normativa in materia di investimenti.

L‘esame di tale produzione normativa ed in particolare degli accordi bilaterali sembra confermare che, per quanto riguarda il diritto internazionale degli investimenti vi è stato un passaggio progressivo dal diritto della mera coesistenza fra Stati al diritto della cooperazione, per giungere infine al diritto dell‘interdipendenza.

Sembrava che negli anni Novanta fosse iniziata una nuova fase del diritto internazionale degli investimenti attraverso il superamento del conflitto di interessi fra Stati esportatori di capitali e Stati importatori con il comune intento di soddisfare i bisogni reciproci che non ruotavano più tanto intorno al problema circoscritto della protezione degli investimenti quanto a quello della liberalizzazione della circolazione dei capitali. Questo stato di cose portava a credere che stesse iniziando, quindi, il processo verso l‘interdipendenza.

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Il fallimento dei negoziati dell‘AMI in seno all‘OCSE prima, del Doha Round dell‘OMC e le sole manifestazioni di intenti nei summit del G- 20 poi, con lo sviluppo collaterale di un forte movimento antiglobalizzazione hanno senz‘altro rallentato questo processo, anche se esso appare irreversibile.

Il problema principale da affrontare è se le nuove esigenze di mobilità e flessibilità potranno essere soddisfatte ancora da strumenti bilaterali, settoriali e regionali non vincolanti, ed in tal caso tali strumenti da elementi esclusivamente di sviluppo e protezione diverrebbero anche mezzi alla base della liberalizzazione degli investimenti, o se sarà preferibile e necessaria la scelta di una diversa soluzione.

Sembra questa la strada più idonea a rispondere alle nuove prospettive ed esigenze determinate dalla globalizzazione dei mercati, la costruzione di un assetto giuridico multilaterale comune alla maggior parte degli Stati.

Anche qualora si riesca a giungere all‘elaborazione di uno strumento di questa portata, non potrà prescindere dai principi e modelli introdotti dagli accordi internazionali in materia poiché questi hanno il merito, come abbiamo ampliamente evidenziato, di aver contribuito allo sviluppo del diritto internazionale, sia in relazione al chiarimento di principi consuetudinari altrimenti vaghi, sia in considerazione alla disciplina di questioni specifiche che trovano una regolamentazione nuova.

Gli studi, le consultazioni, i negoziati che hanno accompagnato la redazione degli accordi che vanno a regolamentare gli investimenti a livello internazionale e dei tentativi di conclusione di strumenti multilaterali in materia hanno posto le basi per la formulazione di un quadro giuridico più ampio nell‘ambito degli investimenti stranieri. Possiamo concludere osservando che il ruolo degli strumenti

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considerati nel corso dell‘opera va oltre la mera disciplina dei rapporti tra due Stati contraenti oppure la redazione di semplici regole statiche di portata regionale o settoriale. Tali strumenti hanno infatti contribuito all‘elaborazione di una fitta rete di regole che confluiscono in un vero e proprio ―codice di condotta‖ in materia di investimenti, vademecum di riferimento per tutti gli Stati che intendano intraprendere la strada dell‘investimento estero.

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