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1. D ESCRIZIONE DEL CORPUS

3.3. Analisi diacronica dei topic

3.3.5. Quinto e sesto periodo: 1989-2014

Gli ultimi due periodi, dunque gli anni compresi tra il 1989 e il 2014, si prestano a una trattazione unitaria poiché il quinto periodo disegna le tendenze che giungeranno poi a completa realizzazione nel corso del sesto. Gli anni 1989-1993 presentano una sostanziale continuità tematica con la fase precedente, al tempo stesso sono però teatro di un progressivo restringimento dei topic sino a quel momento prevalenti che si ritirano per fare spazio alla comparsa prima, e all’avanzata poi, della morfologia e della sintassi. Questa riduzione nel numero dei topic trattati, alla quale fa eco l’omogeneizzazione dei tecnicismi impiegati, è un fenomeno che pare contrastare con le affermazioni contenute nella prefazione al volume 74 del 1989, intitolata Nel solco dell’Ascoli, nella quale si esplicita la volontà di non restringere l’AGI alla trattazione di settori specifici e ristretti: la rivista «vuole mantenere il senso dell’unità, o meglio, della unitarietà della linguistica come disciplina, e vuole essere un punto di riferimento e di confronto delle varie scuole» (p. 3); un proposito coerente con l’apertura della redazione ai rappresentanti di SIG e SLI.

Sino ad allora assolutamente marginale, alla fine degli anni ’80 la copertura del corpus da parte di morfologia e sintassi passa da una media del 5% al 35,4%, con una inarrestabile crescita che le porterà nell’ultimo periodo ad estendersi sul 65% della rivista e a far registrare punte dell’80% in non poche annate. Mentre sino al 1993 vi è un sostanziale equilibrio tra i due livelli di analisi, a partire dal 1994 i rapporti si evolvono a vantaggio di quest’ultima, che raggiunge un tasso di copertura del

45% a fronte del 20% dell’ambito concorrente; una indagine approfondita mostra però che le due discipline tendono a sovrapporsi e mescolarsi, svela che tra di esse non vi è un confine netto e, pertanto, è estremamente difficoltoso definire con precisione gli equilibri reciproci: ciò è coerente con il dendrogramma prodotto dal metodo di Reinert (cfr. fig. 16) e con i risultati dello spoglio delle

keyword associate ai topic considerati, analisi che segnalano la presenza di importanti aree di

sovrapposizione136.

Con la forte e salda affermazione della morfosintassi la rivista riscopre, dopo quasi settanta anni, un interesse dominante che funga da riferimento per tutte le annate e i contributi pubblicati137; non sorprende che tale compattamento avvenga proprio dopo un lungo periodo, gli anni 1950-1988, caratterizzato da un notevole grado di apertura e sperimentazione nel corso del quale si erano accolti differenti correnti e approcci che, incapaci di prevalere uno sull’altro, avevano rischiato di indebolire l’identità stessa della rivista. L’imposizione della morfologia e della sintassi non si realizza attraverso una evoluzione progressiva, la diacronia dei topic coinvolti mostra che nel sesto periodo non si raggiunge il culmine di un processo di lunga durata bensì si verifica una drastica e improvvisa trasformazione, la quale porta, nell’arco di pochi anni, a una completa sostituzione delle tematiche trattate: il punto di svolta è il 1994, un anno la cui centralità era già emersa nell’analisi delle corrispondenze (ad esso corrisponde un salto di quadrante) ed è ora confermata dallo studio dei topic. Un simile processo, brusco e repentino, non può essere di natura spontanea, bensì, come si era già osservato in relazione alla direzione di M. Bartoli, la sua ragion d’essere è necessariamente da ricondursi a una precisa volontà editoriale; e che si tratti di una virata consapevole, frutto di una scelta ragionata, lo dimostra la prefazione al numero 79 del 1994, a firma del comitato scientifico, nella quale si afferma che da quel momento l’Archivio si configurerà come uno spazio nel quale «possa essere sperimentata e discussa l’applicazione alla linguistica storica dei principi e dei metodi elaborati dal dibattito teorico contemporaneo»138 (p. V); nello specifico si promuove una linguistica storica che si sposi con i modelli sviluppati in ambito sincronico, e quindi attenta «ai principi funzionali e cognitivi sottostanti ai codici linguistici» (p. IV) in quanto « Il mutamento […] cogliendo nel loro perpetuo attuarsi i principi che sottostanno all’organizzazione e al funzionamento di una lingua, fornisce indizi indispensabili per comprendere il funzionamento dei sistemi; e d’altra parte questi

136 I dati evidenziati dall’AGI sono coerenti con quanto avviene nel più ampio contesto della Linguistica: l’affermazione della grammatica generativa comporta l’ingresso della morfologia nell’orbita della sintassi (cfr. Thornton, 2005: 86-98).

137 Successivamente al diradarsi degli studi fonetici, dunque a partire dal 1926, non vi è più stato nell’AGI un ambito capace di monopolizzare le tematiche di ricerca.

138 Ovviamente il riferimento implicito è alla grammatica generativa, la cui terminologia è emersa nel primo quadrante dell’analisi (cfr. fig. 14).

stessi principi sono premesse necessarie per comprendere il mutamento linguistico nel quadro delle forze e delle restrizioni che agiscono nel divenire di una lingua» (Ibidem). La trasformazione è profonda e rivoluzionaria, non si tratta di un semplice cambiamento nelle pratiche di ricerca, come ve ne erano stati tanti, ma di un sostanziale mutamento nell’identità dell’AGI che coinvolge il modo stesso di concepire la lingua e il suo studio, con lo sguardo che si stringe ora, per la prima volta, sulla struttura interna della lingua, di fatto estromettendo i contesti sociale, culturale e geografico, l’attenzione per i quali era stato un elemento distintivo della rivista in tutte le sue fasi nonché un tratto specifico della tradizione linguistica italiana, sempre attenta ai rapporti tra lingua e realtà storico- etnografiche e incline agli scavi sociolinguistici (De Mauro, 1980: 11-25): se è vero che nella Linguistica contemporanea si è giocata una partita che ha contrapposto paradigma funzionale e paradigma formale (Graffi, 2010: 440), allora bisogna ammettere che sul fronte dell’AGI lo scontro è stato vinto da quest’ultimo, nonostante le precedenti tendenze lessicali lasciassero presagire un esito differente. Secondo Robins (2005: 126) «la seconda metà del Novecento può […] a buon diritto essere considerata l’era della grammatica generativo-trasformazionale»; si tratta di una affermazione forte e forse un po’ riduttiva, ma è indubbio che le teorie chomskyane ebbero sulla Linguistica un impatto rivoluzionario, un impatto che infine si riverbera anche sull’Archivio provocando le trasformazioni sin qui segnalate: il sistematico ritardo della Linguistica italiana, unito all’instabilità di un modello sottoposto a continui aggiornamenti, produce negli anni ’60 esperienze confuse frutto di «teorie a mala pena assimilate» (Benincà, 1994a: 615), ma negli anni ’80, grazie anche al lavoro svolto dalla SLI nel decennio precedente, la sintassi generativa è ormai ben digerita e ampiamente praticata139, anche nel campo della dialettologia che ad essa era stata inizialmente avversa, e viene così accolta dall’AGI.

L’egemonia di morfologia e sintassi – in particolare quella esercitata da quest’ultima – soffoca tutti gli altri argomenti di ricerca: nell’ultimo ventennio si configura un predominio che non ha precedenti nella storia della rivista, si impone una supremazia che relega ai margini, o recupera quasi esclusivamente in funzione strumentale, anche quei topic che si erano mostrati floridi e vitali sino alla fine degli anni ‘80: il tasso di copertura di etimologia e lessicografia si riduce al 2,8% e quello di geografia linguistica e toponomastica al 2,4%, dati estremamente significati poiché, insieme alla definitiva scomparsa dell’approccio sociolinguistico, sono il più forte indicatore del cambio di prospettiva attuato dalla rivista. Sono solo due i topic che mantengono una sostanziale coerenza con i valori medi degli anni precedenti: discussione sul metodo e sulla linguistica e linguistica

indoeuropea e lingue antiche: il primo sopravvive perché la sua genericità gli consente di trovare una

collocazione all’interno di qualsiasi approccio e quadro teorico; il secondo si mantiene rilevante perché la linguistica indoeuropea costituisce il principale campo di applicazione delle ricerche morfosintattiche, ulteriore conferma dell’ormai definitiva prevalenza di quest’ambito sugli studi dialettologici.