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1. D ESCRIZIONE DEL CORPUS

3.3. Analisi diacronica dei topic

3.3.3. Terzo periodo: 1926-1942

Tra il secondo e il terzo periodo, tra il 1923 e il 1926 dunque, vi è il secondo grande sconvolgimento nella storia dell’AGI, dirompente in quanto rivoluziona le tematiche di ricerca: nell’arco di soli tre anni, da un numero all’altro, lo spazio dedicato alla fonetica si riduce drasticamente passando dal 34,9% al 7,9%120, un crollo tanto vertiginoso quanto inatteso che giunge proprio nel suo momento di maggior fortuna; dato ancora più significativo se si considera che ad essere descritto non è un incidente isolato: la marginalizzazione della fonetica è definitiva, la presenza di tale campo di studi, che era stata la colonna portante dell’AGI nelle sue prime fasi, negli anni a venire si assesterà su valori mediamente inferiori al 2%. Le cause di tale profonda trasformazione sono molteplici e complesse, ma certamente non ci si può esimere dall’additare il ruolo svolto dalle istanze di rinnovamento intrinseche alla Neolinguistica121 e alla conseguente, programmatica volontà di rottura rispetto al modello neogrammatico; due aspetti che, ovviamente, si intersecano con le nuove linee di indagine promosse inizialmente da Bartoli che, pur non riuscendo a prescindere dai risultati raggiunti dai neogrammatici, sono motore di un notevole rinnovamento delle pratiche di ricerca, rinnovamento che, come si è visto, nell’analisi dei topic risalta con particolare chiarezza.

Inoltre, in questi anni, le manifestazioni del topic “fonetica” assumono forme assai differenti rispetto a quelle caratteristiche dei primi volumi: non ci sarà più spazio per descrivere interi sistemi

119 Si veda pagina XVIII della prefazione al numero 17 del 1923, nella quale il Goidanich appunto dichiara che «l’Archivio vuole d’ora innanzi occuparsi non solo di questioni dialettali, ma anche di questioni attinenti alla lingua letteraria e promuovere intorno ad essa studi scientifici, metodici e sistematici».

120 Il tasso di copertura del corpus passa dal 37,7% degli anni 1910-1923 al 6,7% del periodo 1926-1942. 121 Dello stretto rapporto tra AGI e Neolinguistica si è già parlato in cap. 3 par. 2.3.2, e l’argomento verrà ripreso anche nelle prossime pagine.

fonetici con trattazioni ricche di minute attestazioni, le analisi tenderanno a mettere a fuoco singoli aspetti o fenomeni con indagini più limitate ma proprio per questo maggiormente specializzate; al riguardo, con riferimento al solo terzo periodo, si possono citare i seguenti articoli: Di una metatonia

antichissima dell’ario-europeo (M. Bartoli, XXI, 1927), La pronuncia della ci latina nei riflessi slavi meridionali (G. Maver, XXIV, 1930), Metatesi infantili (A. Corrodi, XXXI, 1939), Greco αγαϑός e gotico gods "buono" e la questione delle medie aspirate (M. Bartoli, XXXII, 1940).

La lacuna prodotta dalla retrocessione degli studi fonetici viene colmata, negli anni immediatamente successivi, dal moltiplicarsi delle indagini lessicali122 e, in maniera assai marginale, da isolate ricerche a carattere morfologico123. Gli studi lessicali si declinano principalmente negli ambiti della etimologia e della toponomastica, ai quali è esplicitamente ed espressamente dedicato il maggior numero di articoli: Studi toponomastici sull’isola di Veglia (P. Skok, XXI – XXIV – XXV – XXVIII – XXIX, 1927-1937), Etimologie venete (A. Sepulcri, XXI, 1927), Ancora del nome

Orvieto (A. Prati, XXIV, 1930), Un saggio di toponomastica romanza (A. Bonino, XXIV, 1930), Di alcune tracce di vie romane nella toponomastica italiana (D. Olivieri, XXVI, 1934), I nomi di luogo lagunari e le origini di Venezia (D. Olivieri, XXX, 1938) e Ceneri e faville. Note etimologiche e lessicali di dialettologia italiana (G. Serra, XXXIII, 1941) costituiscono una selezione, estremamente

ridotta, di contributi che esprimono ricerche prettamente lessicali; interessante novità è inoltre l’emersione dell’impostazione onomasiologica, già suggerita dall’analisi delle corrispondenze con la collocazione nel terzo quadrante del termine denominazione124, della quale sono testimoni contributi quali Le denominazioni del “tacchino” e della “tacchina” nelle lingue romanze (N. Maccarrone, XX, 1926) e I nomi della cavalletta in Italia (G. Alessio, XXXI, 1939).

122 L’interesse per il topic etimologia e lessicografia è radicato in particolare tra il 1935 e il 1942, periodo in cui i valori di copertura del corpus calcolati sulle singole annate sono frequentemente superiori al 30%, con una impressionante punta del 53,9% nel 1941.

123 La pubblicazione di articoli dedicati a studi morfologici si fa più frequente, ma questo settore della linguistica è ancora ben lontano dalla conquista di un ruolo significativo nella definizione degli interessi della rivista: occupa appena il 5,3% del sub corpus 1926-1942. Tra i contributi che si inseriscono in questo campo di studi indichiamo: Accusativo per nominativo nel latino volgare? (V. Pisani, XXV, 1933), Studi intorno al

sistema verbale osco-umbro (C. Levi, XXVI, 1934), Il tipo radiodiffusione nell’italiano contemporaneo (B.

Migliorini, XXVII, 1935), La prima coniugazione del verbo umbro (G. Devoto, XXX, 1938), I pronomi-

aggettivi dimostrativi nei dialetti greci dell'Italia meridionale (H. Pernot, XXX, 1938), Note di morfologia germanica (V. Pisani, XXXIV, 1942).

124 Il calcolo delle specificità dimostra inequivocabilmente la forte correlazione positiva di questa parola con il periodo 1926-1942: p-value < 0.001, precisamente 9,9087*10-20.

L’onomasiologia si inserisce nel quadro della geografia linguistica125, il topic che più di ogni altro contraddistingue il periodo 1926-1942 (tasso di copertura del sub corpus pari al 24,3%); si tratta di anni in cui i riferimenti alla linguistica spaziale sono intensi e costanti in quanto costituiscono la massima espressione della neolinguistica, il cui predominio all’interno dell’AGI è ben testimoniato dalla direzione di M. Bartoli e dalla collaborazione di studiosi quali B. A. Terracini e V. Bertoldi, oltre che non troppo velatamente dichiarato nella stessa prefazione al numero XX (1926). L’influenza della neolinguistica è evidente anche a livello lessicale, e non solo suggerita dall’esame dei topic; infatti, in relazione agli anni 1926-1942, si rileva una forte specificità positiva per un considerevole insieme di keyword correlate alla geografia linguistica, tra le quali segnaliamo anteriore, area,

espansione, fase, innovazione, irradiazione e seriore126 – la cui importanza è sintomo di una pratica

di ricerca che si inserisce nella linguistica areale, e che non è semplice e generica attenzione per la collocazione geografica dei fenomeni studiati. L’imporsi di questo modello fu favorito dalla scissione consumatasi all’interno della scuola ascoliana nel 1924127, con gli studiosi maggiormente legati al modello neogrammatico che, capeggiati da C. Merlo128, abbandonarono l’AGI e diedero vita a

L’Italia dialettale129; una rottura non esattamente pacifica, culmine dell’aspro dibattito che negli anni

aveva contrapposto, tra gli altri, C. Salvioni, C. Merlo e P. G. Goidanich da un lato e M. Bartoli e B. A. Terracini dall’altro: i primi sostenevano la continuità tra gli insegnamenti ascoliani e le posizioni neogrammatiche, i secondi ne evidenziavano le differenze affermando «la necessità di studiare il linguaggio non come sistema astratto, ma come un aspetto della storia generale della cultura» (Timpanaro, 2005: 255).

L’interesse per il dato geografico è amplificato dalla linguistica areale, che ne fa il proprio fulcro, ma l’andamento diacronico del relativo topic conferma che non ne è una esclusiva: le

125 L’impostazione onomasiologica «risale più addietro sia della geografia linguistica che del metodo ‘parole e cose’, ma […] ha avuto uno sviluppo straordinario proprio dalla solidarietà con questi nuovi indirizzi» (Varvaro, 1968: 260).

126 Meno marcati, ma comunque sintomatici, sono geografia e geografico. Cfr. anche i risultati dell’analisi delle corrispondenze in fig. 12.

127 La scansione cronologica delle vicende e il suo intersecarsi con la fisionomia dell’AGI sono di grande interesse. Nel 1924 si verifica la citata scissione nelle fila degli ascoliani, nel 1925 viene pubblicato

Introduzione alla neolinguistica, mentre è del 1928 il Breviario di neolinguistica. La frattura nel profilo

tematico e lessicale dell’AGI che determina il passaggio dal secondo al terzo periodo si verifica tra il 1923 e il 1926, proprio nel cuore di questi eventi.

128 Per un approfondimento della vicenda, mostrata dalla prospettiva di C. Merlo, cfr. Covino (2010).

129 Certamente peculiare è la posizione di Goidanich. Polemico, o quanto meno scettico, nei confronti della neolinguistica (per restare sulle pagine dell’AGI, si può vedere il suo contributo Neolinguistica o linguistica

senza aggettivo? Osservazioni di un “puro grammatico” sul breviario di neolinguistica (1927)), non

abbandonò comunque l’AGI e anzi assunse la direzione della ben poco longeva “Sezione destinata a discussioni teoriche e ad indagini linguistiche estranee al neolatino”.

considerazioni relative alla dimensione spaziale sono una costante nella storia della rivista, partono da lontano e, pur ridotte, si confermano rilevanti anche negli anni successivi130; ciò che muta è la maggiore o minore centralità della tematica oltre, ovviamente, all’oggetto linguistico che attraverso la prospettiva spaziale viene indagato. In questi anni il topic si associa all’approccio sociolinguistico e si rivolge allo studio del lessico, un connubio rafforzato dal lavoro sugli atlanti linguistici i quali, pur non potendo essere direttamente ospitati sulle pagine dell’AGI, hanno sulla rivista un impatto significativo131, segnalato dalla presenza di keyword, alcune delle quali già indicate dall’analisi delle corrispondenze, che rimandano appunto alle pratiche di ricerca sul campo e più in generale ai concetti implicati dalla compilazione degli atlanti: atlante linguistico in primis, quindi adulto, ambiente, carta,

contatto, generazione, Gilliéron, importazione, isoglossa e popolazione.

Ulteriore importante fenomeno che si manifesta negli anni 1926-1942, periodo breve ma carico di significative vicende, è la prima sistematica emersione di riferimenti all’indoeuropeo e alle lingue antiche in genere, che passano dall’interessare appena l’1,2% del corpus ad occuparne il 7,3%: sino a quel momento solo saltuariamente attestato, questo topic si radica ora stabilmente nelle pagine dell’AGI. Sull’argomento torneremo in una sezione dedicata (cfr. cap. 3 par. 4); per il momento ci limitiamo a segnalare alcuni articoli pubblicati in questi anni che si collocano espressamente nell’ambito dell’indoeuropeistica: Studi di filologia indiana (P.G. Goidanich, XX, 1926), Contributo

alla storia delle principali correnti fonetiche nelle lingue indoeuropee (V. Pisani, XXI, 1927), L’origine delle linguali nell’antico indiano e l’influsso dravidico (A.M. Pizzagalli, XXII, 1929), Proposizione principale e proposizione dipendente in indoeuropeo (G. Bonfante, XXIV, 1930), Le formule introduttive delle lettere ittite geroglifiche di Assur (E. Peruzzi, XXXIII, 1941).