UN CASO DI RAFFAELLISMO A GENOVA: LA LAPIDAZIONE DI SANTO STEFANO DI GIULIO
2.2.1. Il rapporto di Giberti con la religione e l’arte
Gian Matteo Giberti è una figura molto interessante. Egli nasce a Palermo nel 1495, il padre è un ricco commerciante genovese e viene chiamato da Giulio II tra gli ufficiali della Camera Apostolica. Giberti diventa a vent’anni segretario del cardinale Giulio dei Medici, confidente di Leone X e si occupa di affari esterni ed interni della Sede Pontificia. Inoltre viene nominato vescovo di Verona nel 1524, diventa conclavista durante l’elezione di Adriano VI e, successivamente, diventa una figura di primo piano come segretario durante il pontificato di Clemente VII. Le sue idee, raccolte nella sua opera Costituzione, vengono prese a modello dal Concilio di Trento da cui prenderà avvio la Controriforma Cattolica. Egli vuole salvare la chiesa dal pericolo delle divisioni religiose a causa del moto luterano. Suo alleato ed amico personale è il conte veronese Ludovico di Canossa, imparentato con i Castiglioni e i Gonzaga, partecipe dei suoi progetti di riforma religiosa. All’interno dell’oratorio del divino Amore, fucina di idee di pietà e carità cristiane, Giberti ha maturato uno spirito di riforma. Questa riforma viene appoggiata dal Canossa.
Il 1543, l’ultimo anno della sua vita, però, sarà contrassegnato da una profonda crisi, incertezze e disordini. Egli viene nominato datario della chiesa di Santo Stefano a Genova da Leone X nel 1519, assume il governo dell’Abbazia a ventiquattro anni e mantiene questa carica fino al 1532. Il giovane prelato governa l’Abbazia di Santo Stefano per dieci anni, e dopo la rinuncia a favore degli Olivetani avvenuta nel 1530, si spegne nel 1543, a soli quarantotto anni69. L’ecclesiastico affida dapprima a Raffaello l’esecuzione della tavola della Lapidazione di Santo Stefano, ma dopo la sua morte avvenuta nel 1520, egli passa il lavoro a Giulio Romano. Un documento del primo giugno 1519 attesta che Giberti e Raffaello sono in contatto: i due insieme a Giovanni Antonio Battiferri (vicino di casa di Raffaello) acquistano “cento palle di fieno e Raffaello ne prende venticinque”70.
69 Adriano Prosperi, Tra evangelismo e controriforma. Gian Matteo Giberti, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1969, pp. 4-32.
70 Questo documento, come sostiene Sherman, attesta che i tre sono amici che vivono in Borgo e hanno il compito noioso di ordinare della provviste, tra cui il fieno, probabilmente per i cavalli. Battiferri è il vicino di casa di Raffaello (casa in via Alessandrina). Altro documento del 13 luglio 1523 attesta bipartizione tra Battiferri e Antonio da San Marino della proprietà acquistata da Raffaello in via Giulia. Da John Sherman, Raphael in early
42 Giberti è anche in buoni rapporti con Giulio Romano. Il Vasari sottolinea che egli è “molto dimestico amico” di Giberti. Quasi contemporaneamente alla Lapidazione, Giulio realizza per lui l’appartamento vaticano, la cui facciata è riconoscibile in un disegno di van Heemskerck. Ma Giberti non commissiona a Giulio Romano solamente la tavola conservata in Santo Stefano. Probabilmente il Pippi è l’autore del progetto per la stufetta che si trova nel bagno realizzato ai tempi di Clemente VII nei Palazzi Vaticani. Inoltre, l’ecclesiastico gli chiede i disegni per gli affreschi dell’abside del Duomo di Verona, che saranno eseguiti da Francesco Torbido nel 1534. Nella chiesa è presente un affresco che lo raffigura [Fig. 55]. Sempre a Verona, nella biblioteca capitolare, è conservato un suo ritratto dipinto da Bernardo India [Fig. 56]. E’ sempre lui ad acquistare la Madonna della perla e a portare a Mantova il progetto per la tomba di Raffaello. Inoltre egli commissiona ad un altro artista rilevante in quel periodo, Baldassarre Peruzzi, il monumento funebre di Antonio da Burgos in Santa Maria della Porta Paradisi.
Vale la pena spendere alcune parole sul rapporto di Giberti con le arti. Molte, infatti, sono le strutture architettoniche e gli arredi liturgici realizzati sotto la sua supervisione. Nel suo caso specifico non si è trattato semplicemente di un mecenate isolato entro un ambiente artistico locale, ma di un “elaboratore” di scelte artistiche ambiziose ed innovative, in un ambiente più disteso, da Verona, a Genova, fino a Roma.
Ne è un esempio il rinnovamento architettonico del presbiterio della cattedrale di Verona. Molto probabilmente è stato coinvolto nel progetto Giulio Romano, già a suo servizio nella realizzazione della pala di Genova e Michele Sanmicheli, suo architetto più fedele71. Questo lavoro doveva essere frutto delle esigenze religiose che abitavano nella mente di Giberti. Nel progetto si uniscono valori teologici e morali di riforma, i quali si dovevano combinare con i valori estetici del classicismo rinascimentale. Sanmicheli è sensibile proprio a quest’ultimo ed elabora una nuova tipologia di struttura liturgica con l’ideale rinascimentale dell’edificio accentrato.
71 Cresciuto nel clima veronese, caratterizzato dalla presenza di fra Giocondo e di Falconetto, questo artista educa la sua formazione di architetto soggiornando a Roma, a partire dal 1500 circa. Il contatto con i monumenti classici, con l'intensa e condizionante attività di Bramante e la stretta amicizia con Antonio da Sangallo il Giovane contribuiscono alla sua evoluzione linguistica. Già dal 1509 è capo maestro dell'opera del duomo a Orvieto, città in cui rimase per circa diciotto anni. Tornato nel 1527, dopo il sacco di Roma, nel Veneto, diventa insieme a Jacopo Sansovino, uno dei maggiori diffusori nell'Italia settentrionale del classicismo architettonico romano. Nel Veneto e nei dominî veneziani, inoltre, svolge la sua migliore attività di architetto-ingegnere militare: crea le fortificazioni di Verona e, ad esempio, di Zara. Da http://www.treccani.it/enciclopedia/michele-sanmicheli/.
43 Il risultato è quello di un nuovo fuoco visivo costituito dall’altare- tabernacolo (oggi purtroppo perduto) con una funzione di radicale rinnovamento dell’accentramento spaziale e liturgico che scardinava quello tradizionale est-ovest.
Infatti questo altare diventa un modello per il rinnovamento della riforma tridentina degli spazi sacri72.
72 Marco Agostini, Giovanna Baldissin Molli (a cura di), Atti del Convegno di studi su Gian Matteo Giberti (1495-1543), Roma, Biblios, 2012, pp. 6-9.
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