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Un secolo rivoluzionario Il Cinquecento

IL MARTIRIO DI SANTO STEFANO: UN’ICONOGRAFIA

4.1. Una breve storia iconografica della Lapidazione di Santo Stefano prima della pala di Giulio Romano

4.1.4. Un secolo rivoluzionario Il Cinquecento

Nel Cinquecento avviene una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda l’iconografia della Lapidazione. Non solo con l’opera di Giulio Romano, protagonista di questa tesi, ma già con le rappresentazioni degli anni dieci del Cinquecento, gli artisti cominciano a rappresentare la scena, utilizzando un tono più drammatico. Un esempio è un’opera di Lorenzo Lotto datata 1513-16. Si tratta di uno scomparto di predella facente parte della Pala di San Bartolomeo [Fig. 149]166. Questa è quella più complessa e articolata fra le tre, in quanto vi è un’attenta disposizione dei personaggi rappresentati nella profondità spaziale. La scena è movimentata dalla vorticosità dei gesti dei lapidatori che stanno scagliando le pietre su Stefano con un atteggiamento di rabbia: si noti lo sguardo del carnefice al centro.

Inoltre, è inserito un elemento nuovo, il quale contribuisce a dare dinamicità alla scena: in primo piano è rappresentato un cane che sembra scappare, spaventato da quanto sta accadendo. La novità è anche la rappresentazione della figura di Stefano, il quale, in questo dipinto, non è più vestito con abiti ricchi e decorati, ma ha addosso un semplice mantello rosso, che gli lascia scoperta la schiena e le gambe. Il suo atteggiamento ora è sofferente: lo sguardo è verso l’angolo sinistro della composizione, dove è collocato il Dio Padre rappresentato da Lotto sotto forma di luce luminosa tra nubi. Un cavaliere sulla sinistra sta commentando quanto sta accadendo insieme ad un altro personaggio vestito con un mantello azzurro, che sembra riprendere quello di Stefano. Entrambi sono raffigurati di schiena e tengono in mano delle lance, così come i personaggi che si trovano in secondo piano. Il paesaggio è raffigurato come un ambiente all’aperto, nel quale non sono rappresentate città, ma alcune rovine che si trovano al centro della scena. Questo sfondo richiama proprio quello di Giulio Romano, il quale quattro anni dopo darà vita alla sua pala per Santo Stefano a Genova.

166 La pala si trovava nella chiesa domenicana di Bergamo dedicata ai Santi Stefano e Domenico. Nel 1561 viene cancellata dalla costruzione delle mura. L’opera trova così rifugio nella chiesa di San Bartolomeo. La pala prevede al centro una gigantesca tavola centrale con la Madonna e il bambino, affiancata da dieci santi tra cui Stefano e Domenico che oggi si trova ancora nella chiesa. La predella è composta, invece, tre scene: San Domenico che

resuscita Napoleone Orsini, Cristo deposto al sepolcro e la Lapidazione di Santo Stefano, oggi conservate

all’interno dell’Accademia di Carrara. Da Giovanni Carlo Federico Villa (a cura di), Lorenzo Lotto, cat. mostra, Milano, Silvana Editoriale, 2011, pp. 112-113.

94 Vittore Carpaccio, contemporaneamente a Giulio Romano, dipinge la Lapidazione nel 1520 per la Scuola dei Laneri di Venezia, conservata nella Staatsgalerie di Stoccarda [Fig. 150]167. Si

tratta di uno dei cinque teleri, di cui uno è andato perduto, a cui dà vita il pittore. La scena è diversa dalle altre del ciclo per la realizzazione più tarda, e, infatti, i colori sono più cupi, e la scena appare, quasi, fantastica. Su una serie di dune vi sono dei soldati, disposti a semicerchi, che raccolgono e scagliano pietre per martirizzare Stefano, così come i lapidatori, i quali sono gli ottomani, vestiti all’orientale con un turbante in testa. Il santo è inginocchiato con un volto che esprime una paziente sopportazione nell'atto della preghiera. Il volto del santo è rivolto verso l’alto, verso una manifestazione luminosa, che rappresenta la gloria celeste, dove tra poco verrà assunto. La posizione sembra molto simile a quella che propone Giulio Romano nella sua pala d’altare.

A sinistra un gruppo di uomini e soldati si disinteressa all'azione e vengono ritratti nelle più svariate pose, fino a quella dell'uomo sdraiato in primo piano. Sullo sfondo si vede un corteo di figurette che proviene dalla città di Gerusalemme, che non è più raffigurata come una città con architetture ben evidenti ma come una sorta di miscuglio di edifici visti a volo d'uccello. Le montagne non richiamano ormai le dolci colline venete, ma ricordano piuttosto i pittoreschi paesaggi nordici. La firma dell'artista si trova sul cartellino deposto a terra al centro. La città di Gerusalemme si vede ormai lontana perché l’esecuzione avviene fuori dalle sue mura, in una spianata dove si scorgono in lontananza montagne ricoperte di vegetazione. Un corteo di persone esce dalla porta della città: tutti accorrono a vedere l’esecuzione.

Le pietre usate per l’uccisione sono messe ben in evidenza dall’artista: alcune sono nelle mani degli aguzzini, una è in volo, appena lanciata, mentre un’altra è già arrivata a destinazione dietro la nuca di Stefano. Dalla parte opposta, in basso a sinistra, un soldato cade a terra e anche lui ha lo sguardo rivolto verso la luce. In questa diagonale rintracciamo l’unico aspetto positivo del dipinto. Un soldato tramortito che si può associare alla figura di Saulo. Non a caso anche questa figura sembra molto simile a quella del Saul del Pippi nella tavola di Genova: medesima è la posizione e lo sguardo rivolto verso l’alto.

167 La confraternita degli artigiani e dei commercianti di lana era una delle Scuole minori di Venezia. Questa viene ampliata nel 1476 e viene accresciuta da un grande numero di adesioni nei primi anni del Cinquecento. La sede era decorata dal ciclo di teleri di Carpaccio, specialista del genere, che vi lavora dal 1511 al 1520.

Con la soppressione della confraternita nei primi anni dell’Ottocento, tutte le decorazioni e gli arredi vengono venduti e dispersi. I teleri in particolare, finiscono, dopo vari passaggi, in musei e uno di essi, Processo di santo

Stefano, è andato perduto.

Si tratta di opere della fase di discesa dell'artista, chiuso in sé stesso e fedele al suo attardato stile quattrocentesco, mentre la pittura veneziana viene contemporaneamente rivoluzionata da Giorgione e da altri artisti. La scena della Lapidazione in particolare venne eseguita per ultima dopo sei anni dalla precedente.

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4.2. Spunti da Giulio Romano: Lapidazioni di Santo Stefano in Liguria