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A questo punto, non resta che affrontare l’argomento relativo alla responsabilità nel caso in cui l’opera realizzata dalla macchina intelligente costituisse plagio di un’opera preesistente.

Con il sostantivo “plagio”, nel diritto d'autore230, ci si riferisce

all'appropriazione, tramite copia totale o parziale, della paternità di un'opera dell'ingegno altrui. In tale accezione, il termine deriva dal latino plagium (riduzione in schiavitù o furto di uno schiavo altrui)231 e trova

riscontro nell'inglese plagiarism e nel francese e tedesco plagiat232.

Ai sensi dell’art. 20 L.d.A l’autore “indipendentemente dai diritti esclusivi di

utilizzazione economica (…), ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera (...)”.

Il plagio, pertanto, si qualifica come falsa attribuzione della paternità di un’opera dell’ingegno, in qualsiasi tempo dalla sua creazione233. Il primo

documentato caso in cui il termine "plagio" è stato usato con il significato di "plagio letterario" risale a Marziale234, poeta romano del I secolo, il quale, nel

suo famoso epigramma 29235, si lamentava di un rivale che, secondo quanto

sostiene, avrebbe letto pubblicamente i suoi versi spacciandoli, in maniera fraudolenta, per propri.

230 MUSSO, Il plagio: riferimenti normativi e casi giurisprudenziali. 231 http://www.treccani.it/vocabolario/plagio/

232 https://it.wikipedia.org/wiki/Plagio_(diritto_d%27autore) 233 MUSSO, op. cit.

234 C. Cost., 9/04/1981, n. 96

235 “Si dice in giro, Fidentino, che tu le mie poesie | reciti in pubblico come se fossero le tue. | Te le regalerò, se vuoi che si dicano mie: comprale | se vuoi che si dica che sono tue, e non saranno più mie”. Trad. it. LIPPARINI, Zanichelli, 1950.

Tale contraffazione236 può avere, oltre ai risvolti di natura civilistica, anche

risvolti di natura penalistica237.

La Convenzione di Berna238, adottata a Berna nel 1886, fu la prima

convenzione internazionale a stabilire il riconoscimento reciproco del diritto d'autore tra le nazioni aderenti.

In riferimento alla disciplina italiana sul diritto d’autore, si deve precisare che, anche nel caso della responsabilità per plagio, così come per la titolarità dei diritti patrimoniali d’autore, è necessario ricercare il soggetto che sarà ritenuto responsabile. Sul punto, viene, indubbiamente, in soccorso la già citata Raccomandazione del Parlamento europeo datata 16 febbraio 2017 che, affrontando la questione, suggerisce alcune soluzioni che appaiono piuttosto ragionevoli e che, di conseguenza, verranno prese in esame.

236 Art. 12 L.d.A. “L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera. Ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, originale o derivato (…)”. La contraffazione, pertanto, può essere definita come la violazione dei diritti economici di sfruttamento dell’autore (riproduzione, pubblicazione, diffusione, elaborazione abusive, ecc.) fino a quando tali diritti sussistono. Definizione tratta da: Musso, Il plagio: riferimenti normativi e casi giurisprudenziali.

237 TERRACINA, La tutela penale del diritto d’autore e dei diritti connessi.

Art 171, comma 1, L.d.A., “Salvo quanto disposto dagli artt. 171-bis e 171-ter, è punito con la multa da euro 51 a euro 2.065 chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma: a) riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde, vende o mette in vendita o pone altrimenti in commercio un'opera altrui o ne rivela il contenuto prima che sia reso pubblico, o introduce e mette in circolazione nello Stato esemplari prodotti all'estero contrariamente alla legge italiana; a-bis) mette a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di

essa (...);

c) compie i fatti indicati nelle precedenti lettere mediante una delle forme di elaborazione previste da questa legge (...)”.

Art. 171, comma 2, L.d.A., “La pena è della reclusione fino ad un anno o della multa non inferiore a euro 516 se I reati di cui sopra sono commessi sopra un’opera altrui non destinata alla pubblicità, ovvero con usurpazione della paternità dell’opera (…)”.

In primo luogo, è opportuno ricollegarsi a quanto sostenuto all’interno dei paragrafi precedenti: la responsabilità deve essere imputata, inevitabilmente, ad un essere umano e non ad un robot. Questo però, ovviamente, non potrà, in alcun modo, limitare il tipo o l’entità dei danni che possono essere risarciti, né le forme di risarcimento che possono essere conferite alla parte lesa. Non rileva, in questo senso, il fatto che il danno sia stato provocato da un soggetto non umano.

In tema di responsabilità, si ritiene, innanzitutto, che il Legislatore, con la futura normativa, così come si legge all’interno della sopracitata Risoluzione del Parlamento europeo, dovrà decidere se seguire l’approccio della responsabilità oggettiva o della gestione dei rischi. Si ritiene, però, necessario, prima di individuare tra le due alternative quella che si auspica possa essere adottata dal Legislatore, distinguere la disciplina penalistica da quella vigente in ambito civilistico.

La responsabilità di natura oggettiva, viene ascritta al soggetto senza che a costui possa essere addebitata colpa239 o dolo240.

239 L’art 43, secondo capoverso, c.p. dispone che: “Il reato è colposo, o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. In ambito privatistico, al contrario, ai fini della individuazione della colpa il criterio di valutazione del comportamento dell’agente è costituito dalla diligenza propria del buon padre di famiglia: con tale concetto si intende la condotta che, con riferimento alla natura dell’attività esercitata, può essere richiesta al soggetto secondo una retta coscienza sociale. Il mancato rispetto da parte dell’agente di tale criterio costituisce la cosiddetta colpa lieve.

240 Ai sensi dell’art. 43 c.p. “Il delitto è … doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione o omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.

In diritto privato il dolo si qualifica con la piena coscienza e intenzionalità dell’atto da parte del soggetto. http://www.treccani.it/enciclopedia/colpa-diritto-civile/

Tale possibilità, nell’ambito del diritto penale, è prevista dall’art. 42 c.p. il quale, dopo aver statuito che nessuno può essere punito per un fatto se non l’ha commesso con dolo o colpa241, precisa poi che “la legge determina i casi nei

quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione”.

È evidente che, con l’avverbio “altrimenti”, inserito all’interno del disposto di cui all’art. 42 c.p., sopra citato, il Legislatore abbia voluto inquadrare le ipotesi di responsabilità oggettiva come, assolutamente, eccezionali. Questo tipo di responsabilità, infatti, contrasta con il principio di colpevolezza e di personalità dell’illecito. La dottrina, non a caso, sta cercando di espellere dal nostro sistema questo tipo di responsabilità in quanto pone fortemente in dubbio la compatibilità di questo istituto con l’art. 27 Cost., secondo cui la responsabilità penale è personale. Tale articolo, se interpretato nel senso che la responsabilità penale presuppone la colpevolezza, colora, infatti, di illegittimità tutte le ipotesi di responsabilità oggettiva.

È bene sottolineare che, come si è già avuto modo di osservare in riferimento alla titolarità dei diritti morali, anche l’attribuzione della responsabilità penale ad un robot per un reato da quest’ultimo commesso, mette in evidenza delle problematiche che non sono affatto di facile soluzione. Anche in questo caso, infatti, viene posto in auge il concetto di “personalità” dell’illecito il quale, da un lato, impedisce di poter attribuire la responsabilità penale ad un soggetto

diverso da colui che, di fatto, ha posto in essere il fatto penalmente rilevante; dall’altro lato, però, ci impone di non poter configurare come responsabile il robot in considerazione del fatto che, in ragione di quanto statuito precedentemente, non può essere annoverato tra i soggetti imputabili. Le circostanze potrebbero, forse, mutare nell’ipotesi in cui ai robot fosse riconosciuta la soggettività giuridica anche se, nonostante ciò, ci risulta difficile poter immaginare che una macchina dotata di IA, per quanto soggetto giuridico, possa essere arrestata. Rimarrebbe, infatti, probabilmente inalterata l’impossibilità, prima evidenziata, di poter considerare la macchina dotata di IA come soggetto imputabile.

Per quanto sia stato opportuno, per ragioni di completezza, richiamare, a grandi linee, la disciplina penalistica in tema di responsabilità dei robot, si rinvia, ancora una volta, ad un intervento in materia del Legislatore, non essendo questa la sede opportuna per affrontare una tematica di non poca rilevanza.

Ciò detto, quindi, si passa in rassegna la disciplina vigente in ambito civilistico. Anche in questo settore del diritto, la responsabilità oggettiva si qualifica come un istituto che, per l’imputazione della responsabilità, prescinde dalla sussistenza del dolo e della colpa, implicando l’esistenza del solo nesso causale242. Il danneggiante, pertanto, risponde del danno cagionato come

conseguenza immediata e diretta della propria condotta. La ratio della responsabilità oggettiva è da ricondurre alla necessità di garantire al soggetto

242 MAZZON, La responsabilità civile. Responsabilità oggettiva e semioggettiva, 2012, 62 ss.

danneggiato una tutela anche nell’ipotesi in cui non riuscisse a provare la colpa del danneggiante243.

Sulla base di quanto osservato, pertanto, se si opta per la soluzione della responsabilità oggettiva, come si può facilmente dedurre, si richiederà solo la semplice prova del danno avvenuto e l’individuazione di un nesso di causalità tra il funzionamento del robot e il danno subito dalla parte lesa. Se si inquadra, al contrario, il tipo di responsabilità nell’ambito della gestione del rischio, invece, non si dovrà individuare la persona che ha agito con negligenza in quanto responsabile a livello individuale, bensì la persona che “in determinate circostanze è in grado di minimizzare i rischi e affrontare l’impatto negativo”244.

Tali possibili alternative, in realtà, vengono suggerite dalla Raccomandazione non specificamente per il tema legato alle opere dell’ingegno, ma per tutto il macro argomento legato alle IA.

Pur, quindi, rimanendo molto utili, i principi di cui sopra dovranno, poi, essere necessariamente adattati al mondo della proprietà intellettuale in generale e, in particolare, del diritto d’autore.

Tenuto conto di quanto appena osservato non si ritiene auspicabile inquadrare il fenomeno della responsabilità per plagio nell’ambito della responsabilità di natura oggettiva in quanto tale circostanza non merita di essere enucleata nelle ipotesi, comunque eccezionali, che giustificano il ricorso a tale istituto.

243 Ibidem.

Ciò posto, si sostiene che, tra le due soluzioni proposte, quella della gestione dei rischi sia preferibile.

Chi è possibile, quindi, individuare come soggetto responsabile nell’ipotesi in cui l’opera dell’ingegno realizzata da un robot si rivelasse plagiaria? Il soggetto titolare dei diritti di utilizzazione economica dell’opera ha, invero, la possibilità, da un lato di minimizzare i rischi e, dall’altro, di affrontare l’impatto negativo. Proprio per tale ragione, si può sostenere che il soggetto titolare dei diritti patrimoniali debba anche rispondere nell’ipotesi in cui l’opera dell’ingegno, realizzata da una IA, da cui riceve i proventi derivanti dallo sfruttamento economico della stessa, sia qualificata come plagiaria rispetto ad un trovato artistico preesistente.

Al fine di minimizzare i rischi, ben potrà, per esempio, far verificare da un perito, naturalmente prima della commercializzazione, se una determinata opera costituisca plagio di un’altra e, una volta posta in commercio, potrà, eventualmente, ritirarla in caso di contestazione. Il principio risulta essere, peraltro, in linea con quello, già sancito dalla nostra giurisprudenza, che prevede la responsabilità dell’editore, in solido con l’autore, di un’opera, poi, risultata plagiaria245.

245 Tra l’altro, la Cass. Civ, sez. I, 26/01/2018, n. 2039, sostiene che, in ipotesi di plagio di

opera d’arte, risponde dei danni conseguiti, in solido con l’autore del plagio e con chiunque abbia concorso all’illecito, anche il gallerista, che abbia esposto e venduto le opere plagiarie, direttamente o a mezzo televendita, per violazione del dovere di diligenza professionale (nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che aveva accertato la responsabilità del gallerista per aver commercializzato opere costituenti plagio di quelle del maestro Emilio Vedova).

Il medesimo soggetto, infine, è colui che, beneficiando dei proventi derivanti dallo sfruttamento dell’opera, è in grado di sopportare anche le eventuali conseguenze negative derivanti da un’eventuale contestazione per plagio.