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Soggetto elettronico: nuovo soggetto di diritto? »

È opportuno, adesso, interrogarsi sulla possibilità di estendere o meno la soggettività giuridica alle macchine dotate di intelligenza artificiale. Questo interrogativo si pone in ragione del fatto che, come si è già avuto modo di dire, alcuni androidi, stante lo sviluppo dei livelli di autonomia e di facoltà cognitive, risultano qualificabili sempre più come agenti (e non solo come strumenti) che riescono ad interagire con l’ambiente circostante, potendo arrivare ad alterarlo in maniera considerevole.

Il Parlamento europeo, con la risoluzione di cui sopra, individua, per tale ragione, la possibilità di creare un nuovo soggetto di diritto: il soggetto elettronico.

È doveroso, però, premettere che la scelta in ordine alla possibilità di attribuire o meno la soggettività giuridica agli androidi dotati di IA non è affatto

semplice dal momento che, come si vedrà, si tratta di una valutazione di opportunità che deve essere compiuta dal legislatore effettuando un bilanciamento tra esigenze che, per certi versi, possono essere considerate come meritevoli di tutela; ragione per cui risulta complesso, al momento, potersi orientare in modo netto verso una decisione a discapito di un’altra. Ciò detto, comunque, nel prosieguo si proverà ad evidenziare le problematiche connesse alla questione nonché a prospettare quella che potrebbe risultare la soluzione attualmente preferibile.

Una volta appurato che i robot non possano essere considerati come soggetti ontologici e, dunque, il diritto non possa prenderli in considerazione come tali, ci si chiede se le macchine intelligenti possano godere, comunque, di una soggettività giuridica.

Il diritto, infatti, può attribuire soggettività a qualsiasi entità ritenga utile e opportuno a prescindere dai caratteri della soggettività ontologica150. Non vi è

sovrapposizione tra soggettività ontologica e soggettività giuridica. La soggettività giuridica è relativa e storica e risponde a dei criteri pratico funzionali. Il diritto concede la soggettività alle associazioni non riconosciute e la personalità giuridica alle società, entità che sono certamente non soggetti ontologici; può negare, inoltre, la soggettività ad entità quali gli schiavi dell’antichità che sono certamente soggetti ontologici. Nel diritto romano gli

150 BERTOLINI, Robots as Products: The case for a Realistic Analysis of Robotic Applications and Liability Rules, op. cit.

schiavi erano considerati res e diventavano soggetti solo nel momento in cui venivano liberati151.

Nulla vieterebbe, quindi, che un determinato ordinamento attribuisse soggettività, sia pure limitate, a entità robotiche che, ad esempio, superassero alcuni test di calcolo elevato o test di comprensione del linguaggio naturale o, infine, che riuscissero ad apprendere dall’esperienza a riconoscere non solo enti materiali, ma anche stati immateriali di cui sono portatori altre entità.

Non è, dunque, da escludere, in linea di principio, una tutela conferita dall’ordinamento per motivi pratico funzionali come per le società. Il diritto ha la facoltà di conferire la personalità giuridica a qualsiasi entità astratta o concreta indipendentemente dalle persone fisiche che le costituiscono.

Questo tipo di soggettività sono fondate su finzioni. Le finzioni sono espedienti della tecnica giuridica che, affermando come vero ciò che è falso, rendono praticabile e applicabile più agevolmente il diritto.

Alcuni studiosi hanno cercato di giustificare questa soggettività pratico- funzionale anche con argomenti teorici.

Una delle prime ipotesi sulla soggettività dei robot è quella del sopra citato

Putnam. Tale teoria potrebbe essere chiamata come l’ipotesi dell’isomorfismo

psicologico tra adulto e macchina intelligente.

Putnam sostiene che i comportamenti dei robot mostrano una psicologia simile a quella umana. A macchine di questo genere non si potrebbero, di

conseguenza, negare i diritti civili (Civil Rights) attribuibili ai soggetti e la conseguente tutela per soggettività152.

Più recentemente negli Stati Uniti sono stati scritti contributi che si ponevano il problema dei diritti dei computer.

Narayanan e Perrott, già nel 1986, sostengono che il computer è come un

bambino che apprende e opera sulla base di istruzioni primitive che danno capacità di scelta tenendo conto dell’esperienza successiva153.

Sartor,154 rifacendosi alle tesi di Dennett, ritiene che i sistemi intelligenti

operanti nella rete abbiano un’intenzionalità nel senso che tendono con razionalità ad un obiettivo. Avrebbero degli stati psicologici simili a quelli umani perché propendono, apparentemente in modo ragionevole, ad un obiettivo. L’Autore sostiene che gli agenti sono molto autonomi, imprevedibili e dotati di una, sia pure estrinseca, intenzionalità. Sartor applica l’impostazione di Putnam e di Dennett secondo cui gli agenti obbediscono a leggi psicologiche. La soggettività intenzionale sarebbe una soggettività ridotta che porterebbe ad applicare agli agenti la disciplina delle persone e non delle cose a livello di contratti e di responsabilità.

Pur apprezzando tali tentativi di giustificare scientificamente una soggettività ridotta dei sistemi informatici, si ritiene di doverne sottolineare la totale

152 PUTNAM, op. cit.

153 NARAYANAN-YAZDANI, Artificial intelligence: human effects? Ellis Horwood series in Artificial Intelligence, 52 ss.

154SARTOR, L’intenzionalità dei sistemi informatici e il diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ.,

infondatezza. Sia i robot dotati di psicologia di Putnam, sia i sistemi autoevolutivi di Narayanan, sia gli agenti intenzionali di Dennett e Sartor sono senza dubbio macchine in grado di sviluppare funzioni evolute quali la percezione, il ragionamento, la capacità di scelta, la tensione razionale verso un obiettivo, l’intenzionalità e anche la volontà di ottenere risultati, ma tutto questo in stato di incoscienza. Essi si possono ritenere, al massimo, come già precedentemente detto, dei sonnambuli che si comportano in modo identico ad un soggetto umano, ma in maniera robotica cioè in assenza di consapevolezza di sé e dei loro atti155.

Dopo questa analisi è opportuno prendere in considerazione la risoluzione del Parlamento europeo in oggetto.

Il paragrafo T della mozione afferma che la creazione di una personalità giuridica dei robot implicherebbe, di conseguenza, il rispetto dei diritti e dei doveri degli stessi. I sostenitori della tesi contraria al conferimento della personalità giuridica alle macchine dotate di intelligenza artificiale si chiedono come sia possibile contemplare il conferimento dei diritti e dei doveri nei confronti di un’entità che non sia una persona fisica e, inoltre, come potrebbe un robot avere dei doveri, dal momento che questa idea si considera come strettamente correlata alla morale umana.

Effettivamente non risulta affatto semplice poter confutare questa tesi dal momento che i diritti afferenti alla persona non possono, per questione di

impossibilità di natura oggettiva, essere riferiti ad un androide che soggetto ontologico non potrà mai essere.

È anche importante segnalare, a questo proposito, che 156 esperti di intelligenza artificiale di 14 Paesi hanno scritto, di recente, una lettera aperta all’Europarlamento, invitandolo letteralmente a non credere a quello che si vede nelle scienze-fiction televisive.

Conferire uno stato giuridico ai robot – scrivono gli scienziati – “sarebbe

inappropriato e privo di senso sia da un punto di vista etico che legale, e una simile norma può inoltre violare i diritti umani”156.

I firmatari della lettera aperta - tra i quali ci sono anche Nathalie Nevejans dell’Université d’Artois francese, un’esperta di etica nella robotica che lavora a Bruxelles, e Noel Sharkey, professore emerito di intelligenza artificiale e robotica all’Università di Sheffield - pensano che conferire uno stato giuridico ai robot otterrà un effetto opposto a quello che si dichiara: servirà solo a sollevare le aziende che li producono da ogni colpa per il comportamento dei loro prodotti, che come “persone elettroniche” saranno responsabili delle loro azioni.

Nonostante si possa affermare che la ragione principale per cui il Parlamento europeo abbia prospettato la possibilità di conferire lo status di soggetto di diritto ai robot non sia quella di escludere in toto la responsabilità delle aziende che hanno provveduto alla loro creazione - bensì fare in modo che il diritto possa prendere atto dei significativi cambiamenti che si sono avuti nel campo

156 SABADIN, L’appello degli scienziati contro lo stato giuridico dei robot, La Stampa, 14 aprile 2018.

dell’intelligenza artificiale tali per cui, al momento, risulta difficile poter equiparare una macchina dotata di AI ad una “cosa”- si può sostenere che, a parte ciò, ad oggi sarebbe effettivamente esagerato nonché non necessario poter includere le macchine “intelligenti” nel novero dei soggetti di diritto al pari delle persone fisiche e giuridiche.

Si ritiene, quindi, di poter escludere, quanto meno al momento, la possibilità prospettata dal Parlamento europeo di considerare le macchine dotate di intelligenza artificiale come nuovi soggetti giuridici, fermo restando che la questione non deve, comunque, essere accantonata. Niente vieta, infatti, che tra qualche anno quando, con ogni probabilità, l’intelligenza artificiale si sarà sviluppata ancora di più, si possa considerare come auspicabile la scelta di annoverare le macchine dotate di IA tra i soggetti giuridici tutelati.

In conclusione, anche in riferimento alla disciplina della proprietà intellettuale, è estremamente importante che il legislatore intervenga per poter annoverare le opere create da macchine dotate di intelligenza artificiale tra quelle meritevoli di tutela ai sensi della Legge sul diritto d’autore. Questo, però, non implica che tali macchine debbano essere considerate necessariamente come soggetti di diritto, anche in ragione delle problematiche che verranno sollevate nel prossimo capitolo in riferimento alla titolarità dei diritti di utilizzazione economica, del diritto morale nonché della responsabilità in caso di plagio.

8. Applicabilità della Legge sul diritto d’autore alle opere dell’ingegno realizzate