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La ricerca in ambito pedagogico

L’esigenza di fare ricerca nasce ogni volta che le esperienze vissute risultano in contrasto con le nostre attese62

: in tale circostanza, infatti, si crea una rottura di equilibrio tra realtà e aspettative che dà vita a una situazione problematica in grado di suscitare in noi curiosità e interesse, da questa curiosità può nascere appunto il bisogno di fare ricerca.

Di fronte a una situazione di questo tipo, infatti, l’uomo desidera comprendere le cause che hanno portato a una risoluzione diversa dalle proprie aspettative e cerca modi per modificare le condizioni di base, al fine di ottenere i risultati attesi. Il ricercatore si pone delle domande per rispondere alle quali deve intraprendere un percorso di ricerca coerente al contesto e al tipo di situazione problematica che vuole comprendere e deve scegliere il tipo di metodologia da utilizzare.

62 Un problema, nella prospettiva logica, è dato dalla contraddizione tra una aspettazione, o

110 Le scienze sociali, che sono fortemente ancorate al contesto, e quindi alle dimensioni di spazio e di tempo, in genere si avvalgono di una molteplicità di approcci metodologici a seconda delle circostanze del problema specifico.

Indubbiamente, la complessità dei fenomeni educativi e del sistema formativo è di livello tale da richiedere una pluralità di forme di indagine; pertanto, si può ritenere legittimamente che la Mrp63, per restare fedele alla problematicità del suo campo di investigazione, debba porsi come intrinsecamente aperta e pluralista. In questa direzione, […]non possiamo individuare un metodo di indagine che costituisca la Metodologia della ricerca pedagogica, la quale […]è costituita da una molteplicità di forme investigative. [Baldacci 2001 , p. 6]

Come ben esplicitato da Baldacci, quando si vuole studiare un fenomeno educativo si è di fronte a una realtà talmente ricca e sottoposta all’influenza di numerose istanze differenti che non è possibile individuare una via univoca per esaminarla e trarne dati certi.

All’interno di un contesto educativo, infatti, gli atteggiamenti, i risultati dell’apprendimento, il gradimento di una proposta formativa, sono il risultato di una molteplicità di fattori concorrenti che rientrano per lo più nella sfera della soggettività e dipendono in gran parte dalle attitudini personali di studenti e docenti, dalle loro precedenti esperienze, dai loro pre-giudizi.

Risulta evidente che le specificità degli studenti e dei docenti vanno poi considerate in relazione alle singole individualità degli attori coinvolti e, ragionando in un’ottica sistemica, vanno poi inserite nel contesto in cui si attuano rendendo così ogni atto educativo come un’esperienza unica e irripetibile che, per quanto si possa provare a replicare in ogni sua forma, difficilmente potrà essere

63 L’autore utilizza l’acronimo “Mrp” per indicare la Metodologia della Ricerca Pedagogica, cioè

una metodologia che necessariamente porta a considerare nella sua complessità gli aspetti fondamentali di una pedagogia che aspiri allo status di scienza autonoma nell’ambito delle scienze dell’educazione. [Baldacci 2001 p. 5].

111 uguale a un’altra per la natura stessa degli elementi che concorrono alla sua strutturazione.

In altre parole, la pertinenza di una metodologia sembra in qualche modo collegata alla sua coerenza rispetto all’oggetto della disciplina. In questo senso, la fragilità oggettuale della pedagogia rende difficile, e perfino arbitrario cercare di circoscrivere il legittimo pluralismo della sua metodologia di ricerca […] [Baldacci 2001, p.7].

3.1.1. Scegliere la metodologia adatta

E’ consuetudine impostare un percorso di ricerca chiedendosi quale sia l’oggetto che si vuole studiare e quale tipo di risultati se ne vogliano ricavare: se al termine della ricerca si desidera avere un quadro descrittivo accurato della realtà studiata o se si vogliono trarre indicazioni operative su quali decisioni prendere in un determinato contesto. A seconda di quali siano le risposte a questi interrogativi e quali metodologie si usino, si può individuare una struttura ad albero che descrive secondo categorie antinomiche le diverse caratteristiche che possono essere assunte da una Metodologia di Ricerca Pedagogica [Baldacci 2001, pp. 17-18].

La prima distinzione è tra ricerca teorica e ricerca empirica; quest’ultima si articola in ricerca orientata alla conoscenza e ricerca orientata alla decisione, ed entrambe possono essere, a seconda della metodologia utilizzata, qualitative o quantitative, dando luogo quindi a “4 forme idealtipiche” di ricerca di tipo empirico di seguito elencate.

 Ricerca orientata alla conoscenza, si può articolare in:

o ricerca idiografica quando si avvale di metodi di raccolta e analisi dati di tipo qualitativo (un esempio è dato dalla ricerca clinica);

112 o ricerca nomotetica quando si avvale di metodi di raccolta e analisi dati di tipo quantitativo (un esempio è dato dalla ricerca descrittiva e sperimentale).

 Ricerca orientata alle decisioni, si può articolare in:

o ricerca operativa, che tende a utilizzare tecniche quantitative per affrontare problemi circoscritti adottando atteggiamenti tipici della ricerca nomotetica, o quantitativa;

o ricerca-azione, che mira ad affrontare problemi più ampi avvalendosi di una molteplicità di tecniche (quantitative e qualitative) secondo un approccio partecipante.

In pedagogia, la ricerca orientata alla conoscenza, in genere tende a restare considerata separata rispetto alle urgenze della situazione specifica: cerca di risolvere problemi di carattere generale relativi a una data disciplina in modo generale e il suo obiettivo principale non è quello di dare risposte che abbiano ricadute immediate nella pratica educativa. Per contro, un’indagine mirata a risolvere problemi pratici si avvale solitamente di quella che viene definita come ricerca decisionale, finalizzata appunto a fornire risposte in grado di orientare adeguatamente le scelte didattiche da adoperare in un dato contesto.

La ricerca orientata alla conoscenza di solito è più indicata quando si vogliono comprendere i fenomeni educativi, mentre gli approcci di tipo decisionale sono più appropriati quando si vogliono avviare processi trasformativi di una determinata realtà educativa [Baldacci 2001, p.41].

Nella ricerca classica la funzione euristica è solitamente separata dalla funzione di controllo [Trombetta, Rosiello 2000, p. 9]: si cerca di ricreare una data situazione in laboratorio o comunque di riuscire a riprodurla in un contesto controllato e di studiare il comportamento delle diverse variabili, con l’obiettivo di ricavarne risposte e soluzioni universali e generalizzabili, ovviamente nei contesti educativi l’idea di ricreare situazioni in laboratorio con la possibilità di tenere “sotto controllo” tutte le variabili coinvolte comporta non poche criticità.

113 Merton ha suggerito il concetto di “Teoria di medio raggio” per superare le difficoltà interpretative connesse alla dicotomia tra teoria universale e approccio mirato al singolo contesto, che cerca di porsi in una posizione intermedia tra le teorie che definiscono sistemi omnicomprensivi non contestualizzate a un singolo fenomeno e le descrizioni particolareggiate relative a situazioni specifiche che pertanto non possono essere generalizzate in alcun modo. [Merton 1949, p. 86].

Abbiamo visto che quando ci si muove all’interno di situazioni relative ai “fatti umani”, non è possibile tenere sotto controllo tutte le variabili e i comportamenti individuali. Inoltre, come esplicitato in precedenza, è necessario tenere presente l’unicità e l’irripetibilità di ogni singola situazione. C’è sempre qualcosa di non interpretabile con le sole leggi universali: il caso, l’imprevisto, la situazione momentanea, le esigenze del singolo o del gruppo non possono essere interpretate in una prospettiva nomotetica. E’ necessario uno spostamento del compito del ricercatore, che non dovrà più limitarsi a “fare” ricerca, bensì dovrà “essere”, egli stesso, in ricerca.

Quando si parla di ricerca qualitativa è necessario considerarne alcune caratteristiche peculiari che la differenziano da altri tipi di ricerca:

 innanzitutto, gli oggetti della rilevazione vengono definiti in base al significato che assumono all’interno della situazione e non per le loro caratteristiche operative;

 in secondo luogo, la rilevazione stessa non si basa su tecniche di misurazione di tipo quantitativo, ma si avvale prevalentemente di procedure più flessibili che prevedono una sequenza di operazioni;

 infine, la registrazione dei dati raccolti non utilizza resoconti di tipo descrittivo tesi a fissare aspetti oggettivi e quantitativi, ma privilegia approcci di tipo narrativo, ammettendo la possibilità di avere resoconti frutto di interpretazioni. Le procedure di raccolta dati che vengono definite “qualitative” comprendono una serie di tecniche provenienti da differenti discipline, tra le altre troviamo: l’osservazione partecipante derivante dall’antropologia; l’intervista di tipo

114 sociologico; il colloquio clinico che nasce in ambito psicologico. [Baldacci 2001, p. 41 e p. 49].