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Il riconoscimento: elemento connaturato nelle associazioni tradizionali e predittivo del capitale sociale

Il capitale sociale per esistere ha bisogno che implichi, come elemento intrinseco, la riconoscibilità dell’altro. Come afferma Pizzorno, nel suo saggio contenuto nell’opera di cui fu autore insieme a Bagnasco (2001), le relazioni che rientrano nel panorama del capitale sociale, non possono comprendere quelle che hanno una durata limitata nel tempo, ad esempio, un mero incontro occasionale, che rimane a se stante, né quegli incontri che agiscono per l’eliminazione o comunque la mortificazione dell’altra

2 A. Bagnasco ritiene che si debba fare un uso opportuno dell’opera di Banfield e non si

risparmia dal criticarne alcuni aspetti. Egli rimprovera all’autore di non aver tematizzato in maniera sufficiente la struttura di classe rilevata nel microcosmo di Montegrano oltre ad essere stato troppo semplicistico nella metodologia e nelle conclusioni da lui date.

Banfield considera la presenza di nuclei familiari ristretti come sintomo di un’arretratezza culturale, che convaliderà attraverso le batterie di domande proposte ai contadini campionati. Al contrario di altri autori, non riflette, sulla possibilità che il ghetto sia costituito da individui che, sentendo così tanto il senso familiare, decidono di non andarsene lasciando al proprio destino tutti gli altri. In altri studi, come ad esempio quello condotto da F. Piselli che analizza la realtà di una comunità del Cosentino nel 1981, le relazioni di queste comunità sono state considerate come forme di relazioni intermedie generate da un senso di particolare fratellanza e solidarietà.

Sono relazioni non frutto di familismo amorale, ma esternalità positive di attaccamento ad una particolare identità comunitaria.

38 persona (come nei casi di sfruttamento, violenze o ostilità in genere). In entrambi i casi viene a mancare il rapporto di reciprocità e solidarietà e la riconoscibilità dell’identità altrui.

Il capitale sociale si differenzia dalle altre forme di relazione per il senso di riconoscimento che avviene tra gli interlocutori; che sia riconoscimento personale o istituzionale o etico, è un elemento connaturato all’interno di questo ampio concetto. Pizzorno (2001), nel suo saggio fa un’interessante distinzione dei diversi tipi di capitale sociale che impiegano il riconoscimento istituzionale, personale ed etico.

 Il capitale sociale di solidarietà è l’insieme di quelle relazioni che nascono e vengono sostenute da gruppi coesi tra di loro, o altro caso, implica che almeno uno degli attori sociali, coinvolti nella relazione, ne faccia parte. Chi interagisce con lui, si aspetta che eserciti condotte che aderiscono ai principi di solidarietà del gruppo. La riconoscibilità di quest’ultimo nel gruppo, diventa essenziale perché nasca la relazione. Infatti il riconoscimento istituzionale è la garanzia della condotta di quella persona, che seguirà delle obbligazioni dettate dal gruppo di appartenenza. È un tipo di capitale sociale che implica sia fiducia interna, quando a dialogare tra loro sono due membri di due diverse associazioni coese, sia fiducia esterna, qualora è un outsider a relazionarsi con un insider.

 Il capitale sociale di reciprocità è quel rapporto che si crea a prescindere dal gruppo coeso, che assicura l’operatività del singolo nei confronti del prossimo. Si innesca tra due o più persone e si connota di fiducia reciproca, e dal senso di gratitudine, quindi da una condizione di debito verso l’altro. Chi agisce per l’altro è colui che richiede di esser riconosciuto e l’azione attivata fa sì che sia lui a guidare la relazione, almeno fino a che non sarà ricambiato con un contro- dono. È il caposaldo per la formazione di un capitale sociale collettivo.

Alle spalle degli attori sociali coinvolti, quindi non agiscono obbligazioni dettate da un aggregato, ma motivi di riconoscimento personale. Si decide di agire per senso comune, e non per solidarietà indotta da un gruppo specifico di cui si è parte attiva.

39  Il capitale sociale che persegue fini universalistici. Il riconoscimento etico è quello che riguarda la relazione del singolo con se medesimo. Attraverso processi di socializzazione, l’infante si conforma dapprima alle norme del sistema primario familiare, in seguito a quello scolastico, parallelamente a quello amicale e anche a tutte quelle relazioni che attraversano la sua esistenza in maniera trasversale. Il singolo ogni volta che si confronta con le diverse realtà, durante i suoi cicli di vita, conferma o meno la sua identità, smussandola, ridefinendola, ma in ogni caso continua a mantenerla. Si identifica in essa, e desidera che la società lo identifichi allo stesso modo. Le obbligazioni, non derivano più solo dall’esterno, ma soprattutto da quanto ha interiorizzato nel tempo, quindi da se stesso. Agire secondo coscienza, vuol dire agire secondo il proprio modo di sentire e intendere sé e il mondo circostante, come criteri e condizioni inalienabili a cui è impossibile venir meno. Il riconoscimento è di natura etica rispetto alla propria identità.

Indipendentemente dalle motivazioni che spingono alla relazione, che può coincidere con il perseguimento di scopi precisi o no, o dalla durata, il capitale sociale si avvale sempre di un processo del riconoscimento, e comporta la mobilitazione delle funzioni sociali collettive.

Tale mobilitazione giustifica sia l’azione individuale, che quella collettiva, poiché tende alla riproduzione del tessuto sociale e della socialità degli attori coinvolti. Quindi Pizzorno (2001) sostiene che la teoria del capitale sociale è alla base della teoria della democrazia, avvallando così l’idea del padre fondatore Tocqueville (1982), che aveva sostenuto che la vitalità del tessuto sociale, ossia l’articolazione e densità della società civile, fosse alla base del buon funzionamento di tutti gli assetti democratici.

La socialità che si sviluppa nelle reti sociali che perseguono fini, o quando si annida nei rapporti informali, alimenta un circuito a cui consegue maggior capacità di rendimento sia delle istituzioni che degli attori e maggiore possibilità di mantenere un certo ordine sociale.

Considerato quanto detto, è possibile sostenere che all’interno delle associazioni si crea indubbiamente capitale sociale e che il far parte di un’associazione genera fiducia esterna per chi decide di collaborare con un membro di essa, ma la mobilitazione è

40 possibile solo attraverso il capitale sociale di reciprocità. Infatti le associazioni tendono a mantenere dei confini più o meno rigidi e a costituire legami forti al suo interno, ma il capitale sociale di reciprocità porta alla scoperta dei legami deboli e quindi a relazioni ex novo.

La labilità dei confini dipende dal tipo di scopi e dalla funzione che l’aggregato si propone, ma il rischio di frammentarietà sul territorio è ridotto se esiste capitale sociale di reciprocità, cioè se i componenti hanno apertura verso l’esterno indipendentemente dal gruppo a cui appartengono.