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La tradizione del “passaparola” lunga più di trent’anni vs gli strumenti recent

La terza intervista, mi ha permesso di capire il percorso storico e l’evoluzione dell’associazione. A confrontarsi con me infatti, è stata una mamma delle famiglie fondatrici dell’organizzazione, che ha cominciato il suo impegno civico negli anni 1986-

101 1987. La stessa comunica che all’epoca, la figlia aveva pochi mesi e per problemi di salute riportati fin da subito, hanno dovuto rivolgersi a un centro per genitori di ragazzi down, che aveva sede a Genova. Poco dopo, è nato anche il figlio di quello che poi diventerà un altro fondatore dell’associazione e attraverso conoscenze in comune, avviene il primo contatto tra i due nuclei familiari, a cui si aggiungeranno le altre tre famiglie, configurandosi di lì a poco, come le 5 famiglie fondatrici.

Fam.: E da lì è nata l’idea di creare un’associazione a Pisa. Siamo diventati fondatori, con

altre cinque famiglie. Avevamo necessità all’epoca di avere il più possibile notizie sulla Sindrome e di creare contatti e protocolli che ci servissero per i nostri figli.

Inter.: Fate parte del CDA?

Fam.: Mio marito fa parte del CDA, in maniera quasi continuativa fin dall’inizio.

All’inizio sembravamo una società di carbonari, eravamo pochissimi, ci riunivamo in un sottotetto di una parrocchia che ci mettevano a disposizione, ma funzionavamo già come associazione, vale a dire che prendevamo contatti con la neonatologia per accogliere e prendere i primi contatti con le famiglie che avevano questo tipo di problema. Ci eravamo accorti che la notizia non sempre veniva data in maniera corretta. Prendevamo appuntamenti con pediatria per la formulazione di protocolli al fine di un sano coinvolgimento delle storie cliniche di questi bambini. Lo stesso per quello che riguardava l’assistenza sociale, perché molti non sapevano di aver diritto a determinate cose.

La mamma di questa famiglia afferma che, lo strumento del passaparola era l’unico utilizzabile per diffondere la conoscenza dell’ente, e i contatti personali diventavano momenti proficui per la conformazione di una rete sempre più solida, soprattutto con i reparti di neonatologia, pediatria e gli uffici dei servizi sociali. Rispetto alla partecipazione all’evento della “Cena in Bianco” si registra una regolarità nelle 5 edizioni; infatti dichiara di essere stata presente in 4 anni su 5.

In contrapposizione ai fondatori, c’è invece chi è entrato da poco nella realtà associativa, come racconta il padre della quarta famiglia con cui sono entrata in rapporto diretto. La storia che li lega all’AIPD, comincia un po’ più di tre anni fa, quando stando nel loro territorio di origine, la zona del messinese, entrano in contatto con l’Associazione Italiana Persone Down di Milazzo (ME). Nel giro di pochi mesi, si

102 accorgono che le attività sono per lo più ricreative, ludiche, creative, ma poco focus viene dedicato all’acquisizione delle capacità di autonomia. La sua riflessione sulle differenze tra le due realtà, mi ricorda molto, l’intervista del secondo operatore che precisa, che molto spesso si tenta di andare incontro alle richieste delle famiglie, senza mai perdere di vista, gli obiettivi associativi, ovvero l’acquisizione di autonomie e abilità di orientamento. È forse questo marcato confine che ha condotto quest’ultima famiglia, verso l’associazione di Pisa. Probabilmente nel messinese l’accento è posto più a proiettare i ragazzi, in esperienze esterne sicuramente significative e uniche (barca a vela, equitazione..), ma, almeno a detta di questa famiglia, meno spazio viene riservato ad esperienze più quotidiane in cui il ragazzo ha la possibilità di maturare una consapevolezza personale rispetto a quello che riesce o non riesce a fare.

Nel 2016, dopo aver consultato il sito ufficiale dell’AIPD di Pisa, contattano la sede e insieme alla psicologa prendono un appuntamento. Durante il primo contatto, l’equipe valuta il livello di capacità del figlio e in seguito a una valutazione con esito positivo, l’intera famiglia si organizza per un trasferimento definitivo, che avrà luogo nel luglio 2018. Il figlio ad oggi, ha 20 anni e nonostante l’età, egli non viene inserito nelle ATL, ma nel corso del “Club”, che generalmente accoglie ragazzi più piccoli, e inoltre è operativo in due giornate settimanali nel gruppo “Fare Centro”. Probabilmente i professionisti valutando le potenzialità del ragazzo, tentano di portarlo allo stesso livello dei suoi coetanei, facendogli intraprendere un percorso più intensivo, rispetto agli altri. L’obiettivo finale è quello di inserirlo un giorno, nel gruppo a cui sarebbe destinato in base alla sua età.

L’interlocutore dichiara in seguito, che da quando si sono iscritti in AIPD, ovvero da solo un anno e mezzo, hanno avuto occasione di socializzare con le altre famiglie sia su un piano formale, che informale e che nonostante il poco tempo, si sente parte attiva dell’associazione.

Inter.: A distanza di un anno e mezzo dal vostro ingresso vi sentite parte attiva

dell’organizzazione o beneficiaria di servizi e prestazioni messi in campo dall’AIPD?

Fam.: Parte attiva. Da poco abbiamo partecipato alla giornata nazionale persone down e

103 Hanno conosciuto l’evento della “Cena in Bianco”, da quando sono soci, ma non hanno ancora potuto prendervi parte, per impegni pratici avuti proprio durante il periodo di luglio.

I due racconti, ci offrono punti di riflessioni che stanno agli antipodi, infatti assistiamo al passaggio da chi ha iniziato e descrive ciò che era, a chi è arrivato da poco e riporta un punto di vista più attuale. Da solo un anno e mezzo da quando, l’ultima famiglia si è introdotta, si sente parte attiva. È probabile pensare che questa sensazione si rinforzerà dal momento in cui verranno maggiormente coinvolti nelle attività e nei progetti futuri.

In contrapposizione al passaparola che è capace di alimentare e mantenere vivo un capitale sociale locale, così come testimoniato dalla famiglia fondatrice, dall’altro canto, i social riescono, in maniera innovativa, a diffondere una conoscenza ad ampio raggio e a creare un ponte mediatico da cui, come visto, derivano scelte che stravolgono la vita di un’intera famiglia.