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Rischi, danni e profili di responsabilità nell'attività sanitaria: modificare il rischio ospedaliero

Il costo delle controversie legali e dei rimborsi è in continuo aumento (dal 10 al 20% in più ogni anno) e quindi il problema si fa sempre più importante. Dobbiamo considerare i pazienti e evitare che ai pazienti siano erogati "cattivi" servizi: se abbiamo buona qualità, abbiamo basso tasso di rischi. Dobbiamo fornire un buon ambiente, sicuro per operatori, pazienti e visitatori, per quanto riguarda la nostra organizzazione di assistenza pubblica. Nei problemi legali dobbiamo far attenzione non solo alle azioni intentate dagli avvocati, ma anche alle regole, alla legislazione, ai controlli. Attualmente c'è necessità di essere proattivi: prevenire quello che sta per andar male. Contemporaneamente, per quanto riguarda il punto di vista dei pazienti, essi si aspettano ora di avere servizi simili a quanto si trova in un hotel, nei negozi o in altri settori dell'industria. Ci si aspetta che lo staff abbia le competenze, l'esperienza, le conoscenze necessarie, i pazienti desiderano essere visitati

35 Wilson J., Rischi, danni e profili di responsabilità nell'attività' sanitaria: modificare il rischio ospedaliero, CQI Info, n.3 Novembre 1998.

al più presto. La gente pensa ormai negli stessi termini con cui si agisce nell'area dei danni da incidenti stradali e vuole essere indennizzata. I fondi vengono ricavati dalle tasse o per mezzo delle assicurazioni private. Il pubblico è sempre più coinvolto riguardo a quale assistenza sia a sua disposizione. Il RM cerca di osservare sistematicamente e conoscere la qualità e l'appropriatezza dell'assistenza. La finalità è verificare, nel lavoro di tutti i giorni, ogni deviazione dallo standard di assistenza implementando le ricerche di pratica medica basata sull'evidenza. Bisogna essere consapevoli di quali siano le situazioni che possano potenzialmente portare danni ai pazienti. Quando le risorse sono limitate e quindi non è possibile fornire una assistenza ottimale, un metodo al quale si può ricorrere è far coprire dalle Assicurazioni la responsabilità civile del medico: il rischio viene quindi trasferito a queste entità. Ma più alti sono i rischi, più alti i premi assicurativi. Noi riteniamo che la via più giusta sia invece modificare la pratica clinica, il comportamento degli operatori e fornitori dell'assistenza sanitaria, arrivare al miglior standard seguendo linee guida cliniche, per ridurre contemporaneamente i costi ed avere più risorse a disposizione per curare i pazienti. Al fine di realizzare questo programma, è necessario un approccio sistemico (System Approach). A errori ed eventi sentinella ci si può rivolgere meglio attraverso un approccio di sistema, rispetto all'approccio umano individuale. Incominciamo con l'approfondire il concetto di rischio. Se chiedessimo ad un gruppo di ascoltatori esperti una definizione del rischio, ne riceveremmo un considerevole numero di risposte diverse. Vi è un ampio range di livelli di rischio. Si va dai danni ai pazienti, come interventi sbagliati, agli effetti indesiderati, alle morti inattese, alle attese troppo lunghe per prestazioni sanitarie. La definizione di rischio deve comprendere tutti questi aspetti. Serve anche in termini di "difendibilità", aver la migliore difesa contro gli eventi avversi, non di

"Defensive Medicine". C'è bisogno di una comunicazione e documentazione di tali eventi.

I medici e gli ospedali coinvolti negli errori subiscono una perdita di reputazione, responsabile la stampa e gli altri mass-media.Vi è anche una perdita di entrate e tempo, che è sottratto alla cura dei malati per le testimonianze in tribunale di chi è coinvolto, etc. Una buona cosa è quantificare il rischio: bisogna tener presente i costi "nascosti" (Hidden

Costs): anche medici, infermieri, subiscono danni e hanno preoccupazioni come i pazienti.

Bisogna comprendere, parlare con essi per condividere lo stress, l'ansietà, etc. Gli incidenti sono inevitabili, dato il volume di lavoro, di assistenza con risorse limitate. Quindi è indispensabile aver un controllo sull'ambiente nel quale viene prestata assistenza: avere l'ambiente il più sicuro possibile sia per proteggere i pazienti e anche il personale. Possedere risorse come attrezzature, tecnologia sicure nel senso di malfunzionamento,

manutenzione, training sufficiente del personale riguardo al suo uso. Lavorare in team per raggiungere una maggior sicurezza. Va detto al personale come trasportare i pazienti, come usare le attrezzature. In questo modo, si riduce il rischio e si riducono i costi.

Per una buona gestione del rischio vanno tenuti presenti alcuni concetti:

1) al RM va data la necessaria priorità: spesso siamo persone molto occupate e questa viene considerata un'attività extra;

2) vi sono problemi nell'identificazione degli eventi avversi. Dobbiamo imparare a denunciare subito un errore; spesso ciò non viene attuato per paura di punizioni, di perdere il posto di lavoro, di essere trasferiti se si fa qualche sbaglio;

3) talvolta è il sistema organizzativo sbagliato. Qui è la Direzione, il Management che gioca un ruolo importante. La Direzione clinica deve controllare che sia in funzione il miglior sistema possibile, che questo sistema possa essere seguito dallo staff. Significa aver buoni regolamenti, buone linee guida, buoni standards di assistenza.

Da anni viene alimentata una sorta di "guerra" assurda tra medici e utenti che in caso di incidenti clinici, continuano a contrapporsi nelle aule dei tribunali o nei cosiddetti "tavoli di conciliazione": è un problema complesso che si può risolvere solo con un grande cambiamento culturale che coinvolga tutte le parti coinvolte. Ormai giornalmente i media propongono inchieste e interviste sui problemi che affliggono la Sanità Italiana. Spesso gli intervistati sono politici o rappresentanti di istituzioni sanitarie e l’accento è immancabilmente posto sugli aspetti giuridici ed economici.

La visione dei problemi che risulta da tali inchieste è molto parziale. Raramente, infatti, vengono affrontati quelli che a nostro avviso sono gli aspetti chiave della questione, ossia comprendere perché l’incidente si è verificato e come poteva essere evitato. Da anni, inoltre, viene alimentata una guerra assurda tra medici e utenti - talvolta addirittura favorita anche da istituzioni sanitarie e associazioni di consumatori - che continuano a contrapporsi nelle aule dei tribunali o nei cosiddetti “tavoli di conciliazione”. Si tratta di un problema senz’altro grave e complesso, ma affrontarlo esclusivamente da un punto di vista legale o risarcitorio non permette né di recuperare la fiducia dei utenti, né di garantire la buona professione medica. Sulla base di una lunga esperienza e di quanto percepito nei rapporti con la Sanità regionale e nazionale, possiamo infatti affermare che gli eventi che arrecano danno alle persone sono quasi sempre ascrivibili a problemi organizzativi - anche se talvolta vi sono gravi negligenze da parte del personale - e a una normativa che scoraggia

gli organi preposti ad intervenire con la necessaria efficacia. Pertanto, se l’obiettivo primario è la tutela della salute delle persone e l’immagine del sistema sanitario e della categoria medica, la questione deve essere affrontata e risolta assieme: medici e cittadini- utenti.

Occorre quindi ricercare e applicare strumenti che non si limitino a rilevare le responsabilità personali (come accade nei contenziosi), ma che rivolgano l'attenzione alle condizioni e all’ambiente di lavoro, permettendo di promuovere azioni atte a prevenire gli incidenti.

Richiamando la Carta della sicurezza nell’esercizio della pratica medica ed assistenziale, redatta dal Tribunale per i Diritti del Malato, da ANAAO-ASSOMED (Associazione Medici Dirigenti) e dalla FIMMG (Federazione Italiana Medici di Famiglia), si auspica pertanto un'alleanza tra cittadini-utenti e operatori sanitari per migliorare la sicurezza nell’esercizio attraverso un percorso di collaborazione culturale e operativa basato sui seguenti principi:

- Perché non accada ad altri: spostando cioè il concetto di riparazione del danno da una logica di tipo risarcitorio a una logica di assunzione di responsabilità, intesa non come colpa, ma come il fondamento stesso - psicologico ed etico - della professione, come obbligo a modificare contesto e azioni operative, al fine di incidere efficacemente sulle cause degli errori.

- No alla medicina difensiva, ossia senza alcuna rinuncia all’esercizio della pratica medica, coerentemente con quanto previsto dalle norme deontologiche.

- Imparare dagli errori, attraverso un profondo cambiamento culturale, che permetta di passare dalla “cospirazione del silenzio” e dal principio di autoreferenzialità, a principi come la disponibilità a mettersi in discussione, la collaborazione reciproca, la trasparenza, il dialogo costruttivo con il cittadino, la valorizzazione del personale sanitario, la ricerca dell’eccellenza nell’attività medica.

Occorre ovviamente rilevare e contrastare con efficacia tutti i comportamenti negligenti, imprudenti o superficiali del personale, soprattutto quelli in cui è difficilmente ravvisabile la “buona fede” dell’operatore.

L’obiettivo da perseguire non deve essere però la ricerca del colpevole - o il risarcimento del danno - quanto piuttosto la capacità di indirizzare correttamente i comportamenti professionali degli operatori.

Dobbiamo purtroppo constatare che non di rado l’organizzazione sanitaria è centrata più sulle esigenze della struttura che su quelle degli utenti.

Sicurezza, rischio ed errori in medicina: il rapporto con la società civile