Il rumore di tipo 1/f `e una fluttuazione casuale a bassa frequenza con uno spettro di potenza avente un andamento in frequenza inversamente proporzionale a f , a cui deve il suo nome. E’
diffusissimo non solo nei dispositivi elettronici ma sostanzialmente in tutti i sistemi in cui sono presenti fluttuazioni casuali (dal numero di macchie solari alla fluttuazione dei toni musicali).
L’universalit`a di questo fenomeno ha spinto molti ricercatori a cercare un processo generale che consenta di spiegarlo ma tuttora non esiste una teoria esauriente in grado di giustificare le sue caratteristiche. Anche limitandoci al solo campo dei dispositivi elettronici, sono state proposte diverse spiegazioni alla presenza del rumore 1/f ma nessuna in grado di spiegare tutti i risultati sperimentali [43, 109, 105, 100].
Alla base di molti tentativi di spiegare i meccanismi del rumore 1/f `e la formula empirica proposta nel 1969 da Hooge [42]
SR R2 = α0
N f (1.23)
Questa relazione afferma che le fluttuazioni sul valore della resistenza normalizzate al valore della resistenza stessa sono proporzionali ad una costante α0 e inversamente proporzionale al numero N di portatori liberi nel dispositivo. Per un dispositivo che soddisfa la legge di Ohm l’equazione precedente pu`o essere anche scritta come
SV V2 = SI
I2 = SR R2 = α0
N f (1.24)
CAPITOLO 1 INVESTIGARE I DISPOSITIVI ELETTRONICI TRAMITE IL LORO RUMORE 1.6
E’ stato ampiamente dimostrato che la costante α0 (chiamata di Hooge), inizialmente sup-posta pari a 2 × 10−3per tutti i sistemi e indipendente dalla temperatura, pu`o variare di molti ordini di grandezza e pu`o essere compresa tra 10−7 e 10−2. La dipendenza quadratica rispetto al parametro che si misura `e invece spesso confermato. Sebbene la validit`a di questa espres-sione non `e generale, `e pratica comune indicare l’intensit`a del rumore 1/f in un dispositivo fornendo il valore della constante di Hooge. L’utilit`a `e che il confronto tra rumori differenti `e reso indipendente dalla polarizzazione, dalla frequenza e dalla dimensione (tramite N ).
Per l’indagine dei dispositivi elettronici, un modello di rumore 1/f che si `e rilevato utile prevede che questo sia generato dalla sovrapposizione di rumore telegrafici (o di generazione-ricombinazione) indipendenti tra loro e con un’opportuna distribuzione dei tempi caratteristici.
Pi`u precisamente, le constante di tempo τ0caratteristiche dei singoli rumori RTS devono avere una distribuzione del tipo
g(τ0) dτ0 = dτ0
τ0 (1.25)
per analogia con 1.9 si ha SI I2 ∝
Z τmax
τmin
g(τ0)τ0dτ0 1 + ω2τ02 =
Z τmax
τmin
dτ0
1 + ω2τ02 (1.26)
che varia approssimativamente come 1/ω nell’intervallo di frequenze dove 1/τmax ¿ ω ¿ 1/τmin. Le constanti di tempo τmin e τmax rappresentano rispettivamente il tempo minimo e massimo associabile al processo fisico che genera i singoli rumori RTS. In verit`a, nell’intervallo di frequenze misurabile questi tempi limiti del rumore 1/f non sono mai stati misurati, essendo ad alta frequenza limitato dal rumore termico (o di altri rumori in eccesso) e a bassa frequenza dalla durata dell’esperimento2.
La distribuzione delle costanti di tempo g(τ0) dell’eq. 1.25 pu`o essere ottenuta da una distribuzione uniforme di una quantit`a q se
τ0= τ00eDq (1.27)
dove τ00 e D sono costanti. Grazie alla dipendenza esponenziale, `e sufficiente una distri-buzione uniforme di q in un piccolo intervallo per generare un rumore 1/f su molte decadi.
Per la quantit`a q sono stati proposti meccanismi specifici per diversi sistemi. Per esempio, per transistori MOS l’equazione precedente pu`o rappresentare i tempi medi di intrappolamento per effetto tunnel di portatori all’interno dell’ossido di gate e la quantit`a q rappresenta la distanza della trappola dall’interfaccia Si − SiO2 [70]. Questo modello `e stato verificato spe-rimentalmente considerando il rumore 1/f di MOS di dimensione attive diverse. Nei MOS di dimensioni minori (normalmente con area di gate minore di 1 µm2) le trappole attive sono poche e sono chiaramente riconoscibili i singoli contributi di rumore RTS. All’aumentare della dimensione, si osserva il sommarsi dei rumori RTS che portano al rumore 1/f . In genere sono sufficienti 5-6 trappole per dare uno spettro molto prossimo a quello 1/f .
L’eq. 1.27 si pu`o anche ottenere considerando i tempi medi di emissione di un processo attivato termicamente; questo spiega per esempio il rumore 1/f misurato in resistenze a film metallico [17].
Quando la distribuzione delle costanti di tempo non segue esattamente l’eq. 1.25 si possono ottenere spettri di potenza con andamento del tipo 1/fα, con α tipicamente compreso tra 0.7 e 1.2. Deviazioni pi`u marcate dell’esponente generalmente sono dovute a fenomeni fisici differenti3.
2E’ stato misurato rumore 1/f fino a frequenze cos`ı basse come 10−7Hz, generando non poche perplessit`a perch´e uno spettro rigorosamente 1/f fino a frequenza zero implicherebbe un integrale dello spettro, e quindi un’intensit`a delle fluttuazione, divergente.
3Per esempio quando i portatori diffondono da un piccolo volume attivo ad un volume pi`u grande pu`o nascere un rumore con spettro del tipo 1/f3/2[102].
L’utilizzo del rumore 1/f nello studio dei dispositivi elettronici `e normalmente limitato a valutare la qualit`a e l’affidabilit`a. Questo perch´e, come detto, solo in pochi casi si ha una precisa conoscenza dell’origine microscopica del rumore 1/f che permetta di ricavare informazioni precise sui parametri del dispositivo dalla sua misura. Tra questi, Si pu`o segnalare il caso dei transistori dei MOS in cui utilizzando un raffinamento del modello precedentemente mostrato `e possibile stimare la densit`a di trappole nell’ossido di gate [76].
Viceversa, cambiamenti chimici alla superficie, diffusione di ioni di impurezze all’interno del materiale, fenomeni di stress meccanico, stati di interfaccia o di superficie, contatti mecca-nici con scarse propriet`a elettriche, fenomeni di elettromigrazione, la granularit`a del materiale e in generale il suo disordine sono tutte sorgenti riconosciute di rumore in eccesso che spessis-simo si presentano sotto forma di rumore 1/f . Misurando il rumore in eccesso di dispositivi nominalmente identici, quelli che presentano un rumore minore hanno meno difetti e imperfe-zioni e quindi sono di qualit`a migliore e pi`u affidabili [46, 47, 99]. La maggiore sensibilit`a delle misure di rumore rispetto a misure pi`u tradizionali, per esempio in DC, deriva dal fatto che quest’ultime misurano caratteristiche medie che vengono influenzate dalle imperfezioni solo quando queste si sommano per dare un contributo macroscopico. Viceversa, il rumore 1/f `e prodotto direttamente dai difetti e dalle imperfezioni ed `e quindi immediatamente sensibile alla loro concentrazione.
Capitolo 2
Analizzatore di spettro a correlazione
2.1 Introduzione
Tra le diverse grandezze adottabili per descrivere le fluttuazioni casuali prodotte dal rumore elettronico assume una particolare importanza la densit`a spettrale di potenza. Questa gran-dezza indica la distribuzione in frequenza della potenza media del rumore. Dalla sua analisi
`e possibile distinguere le diverse sorgenti di rumore presenti nel dispositivo ed estrarne i parametri principali.
Per misurare la densit`a spettrale di potenza del rumore di un dispositivo, un analizza-tore di spettro tradizionale esegue le operazioni schematizzate nella figura 2.1. Il rumore del dispositivo sotto indagine (DUT, device under test) `e amplificato tramite un amplificatore di tensione. Un filtro a banda B stretta seleziona la frequenza f0 a cui si vuole calcolare lo spettro di potenza. Viene poi calcolato il valore quadratico medio del segnale in uscita del filtro che, diviso per B, risulta proporzionale alla densit`a spettrale di potenza del rumore in ingresso alla frequenza f0.
La sensibilit`a, ossia il minimo segnale misurabile, di uno strumento di questo tipo `e fissata direttamente dal rumore inevitabilmente presente nell’amplificatore di ingresso. Questo limite rende spesso proibitiva la misura del rumore dei moderni dispositivi elettronici. Per migliorare la sensibilit`a si pu`o valutare precisamente il solo rumore dell’amplificatore per poi sottrarlo dalla misura con il dispositivo connesso. Con questa tecnica la sensibilit`a `e migliorata di circa un fattore quattro [67]. Un approccio differente `e includere il dispositivo stesso all’interno dell’amplificatore come elemento attivo di guadagno di ingresso [68]. Si possono ottenere fattori di miglioramento di circa dieci, ma la tecnica `e ovviamente limitata ai soli casi in cui il dispositivo da indagare sia un transistore in zona attiva.
Miglioramenti della sensibilit`a nettamente superiori si ottengono riducendo direttamente l’effetto del rumore dell’amplificatore di ingresso utilizzando la ben nota tecnica della
cross-Analizzatore di spettro standard
Uscita
Mediatore
Selettore di frequenza
Amplificatore di tensione
DUT
Figura 2.1: Schema tradizionale per la misura della densit`a spettrale di rumore.
Selettore di frequenza
Selettore di frequenza
)1(t v
)
2(t v
Uscita
Mediatore
Amplificatore di tensione Amplificatore
di tensione
DUT
Figura 2.2: Schema di principio di un analizzatore di spettro a correlazione.
correlazione [11]. In questo capitolo sar`a presentato nel dettaglio un analizzatore di spettro digitale basato su questo principio, evidenziando in particolar modo come realizzare un front-end in grado di leggere direttamente il rumore di corrente e i suoi vantaggi rispetto alla pi`u tradizionale misura del rumore di tensione.