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Lo scenario nazionale

Nel documento Volume Rapporto 2001 (.pdf 1.5mb) (pagine 36-41)

2. LE POLITICHE PER IL SETTORE AGRO-ALIMENTARE

2.2. Lo scenario nazionale

La produzione agricola italiana nel 2001, secondo le stime dell’Istat, per il secondo anno consecutivo, subisce una riduzione pari a circa il -1,1% atte-standosi sui 41.595 milioni di euro (a prezzi costanti, base 1995). La produ-zione agricola a valori correnti (prezzi di base) è invece aumentata comples-sivamente del 3% rispetto al 2000, proprio per un aumento medio dei prezzi del 4%. Con questo aumento, il settore agricolo ha perso così il ruolo di pro-tagonista degli ultimi anni nel contenimento dell’inflazione (tabb. 2.5 e 2.6).

Sul piano occupazionale siamo di fronte ad un punto di svolta, infatti, dopo dieci anni di flessione più o meno rilevanti l’occupazione cresce dello 0,8% con un aumento più pronunciato delle unità di lavoro dipendente (+2,4%). Nel complesso l’incidenza dell’occupazione agricola su quella complessiva rimane, nel 2001, pari al 5,7% del totale.

A livello geografico, gli eventi climatici, in particolare gelate tardive e siccità, hanno penalizzato in termini quantitativi più il Centro e il Sud, che hanno visto ridurre la produzione rispettivamente del 3% e del 2,5%.

La produzione delle coltivazioni erbacee che registra una riduzione dello 0,4%, si presenta, però, piuttosto differenziata tra le diverse colture (tab. 2.6).

La produzione di frumento, infatti, aumenta del 7,6% ed è attribuibile ad un consistente aumento dei prezzi poiché la quantità prodotta diminuisce note-volmente. Al contrario, gli “altri cereali” registrano una performance piutto-sto negativa (-3,7%) con variazioni negative sia in termini di prezzi che di quantità. Gli ortaggi con una lieve riduzione della produzione dello 0,4%

na-scondono una realtà fortemente problematica per il pomodoro da industria che ha avuto una riduzione quantitativa di oltre il 17% con perdite di rese no-tevoli in particolare nell’area pugliese. Le produzioni agricole che nel 2001 hanno avuto le maggiori difficoltà rispetto al 2000 (in termini di produzione a prezzi correnti) sono la barbabietola da zucchero con una riduzione di oltre il 23%, completamente imputabile alla caduta dei prezzi, visto che la quantità prodotta si attesta all’incirca sui valori dell’anno precedente (-0,3%).

Non sono andate male nel 2001 le coltivazioni legnose che hanno regi-strato un aumento della produzione del 2,4% in termini di valore e dello 0,9%, in termini quantitativi per la frutta fresca e del 2,4% per gli agrumi.

La produzione zootecnica ha registrato un aumento del 6,4% (in termini di valore) e in particolare le carni crescono dell’8,8% nonostante le difficoltà legate all’abbattimento dei bovini per le misure relative alla BSE. Il patri-monio bovino è infatti diminuito del 4,1% in termini di capi, mentre aumen-ta il numero di capi suini macellati con un ritmo del 2,5%.

Nel 2001 sono state prese decisioni importanti per l’agricoltura nazionale con l’approvazione della legge d’orientamento, la costituzione e la modifica dell’Agea e la definizione di un nuovo piano di regionalizzazione dei semi-nativi.

Il lungo iter, quasi triennale, della cosiddetta legge d’orientamento (Leg-ge Nazionale 57/2001) per il settore agricolo, forestale della pesca si è con-cluso con la sua approvazione (5 marzo 2001) a fine legislatura. Il Decreto attuativo della Legge è stato invece approvato il 18 maggio successivo (DL 228/2001) “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo a norma dell’art. 7 della Legge 5 marzo 2001 n. 57”. Il testo originario ha subito nu-merosi ritocchi e modifiche in quanto si sono dovuti recepire alcuni com-Tab. 2.5 - Indicatori del settore agricolo italiano (anni 1999-2001)

Valori a prezzi correnti (milioni di euro)

Valori a prezzi costanti (milioni di euro, base 1995)

1999 2000 2001 1999 2000 2001

Produzione ai prezzi

di mercato 41.803 41.728 43.000 42.944 42.056 41.595

Consumi intermedi 14.173 14.597 15.017 13.893 13.837 13.647 Valore aggiunto ai

prezzi di mercato 27.630 27131 27.983 29.051 28.219 27.948 Unità di lavoro in agricoltura

Totali (ULA) 1.376,5 1.348,9 1.359,3 - di cui dipendenti 518,9 521,9 535,9 - di cui indipendenti 857,6 827,0 823,4 Fonte: Istat, L’agricoltura nel 2001(prime indicazioni).

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menti delle Commissioni Agricoltura della Camera e Senato, ma soprattutto perché vi è stato un parere sostanzialmente negativo della Conferenza Stato Regioni.

Il Decreto è costituito da 36 articoli suddivisi in cinque diversi capitoli riguardanti i “Soggetti e le attività”, i “Contratti agrari, integrità aziendale e Tab. 2.6 - Produzione ai prezzi di base dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (in milioni di euro correnti)

Gruppi di prodotti Produzione Variazioni %

1999 2000 2001 2000/99 2001/00

Produzione dell’agricoltura e

zootecnia ai p.d.b. 42.763,4 42.630,4 43.910,7 -0,3 3,0

Prodotti delle coltivazioni erbacee 14.506,1 14.557,2 14.496,7 0,4 -0,4

- frumento 1.869,7 1.899,7 2.044,9 1,6 7,6 Prodotti delle coltivazioni legnose 10.731,5 9.974,1 10.215,1 -7,1 2,4

- prodotti vitivinicoli 3.800,0 3.535,5 3.688,5 -7,0 4,3

distretti”, i “Rapporti con le pubbliche amministrazioni”, il “Rafforzamento della filiera agro-alimentare” e infine “Disposizioni diverse”.

Molte sono le novità della legge, ma diversi sono anche i punti contestati e discussi. La legge fornisce una nuova definizione di imprenditore agricolo (Art. 1) e la novità viene introdotta nel secondo punto con un ampliamento del titolo di imprenditore agricolo alle cooperative di servizi “Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consor-zi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, preva-lentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevapreva-lentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.” L’articolo 2 prevede l’iscrizione delle imprese agricole nel registro delle imprese delle Camere di commercio.

Nell’ambito di una maggiore attenzione e concertazione delle politiche per tutta la filiera alimentare si istituisce (Art. 20) un “Tavolo agro-alimentare” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nello stesso spi-rito di controllo sull’intera filiera si è istituita una Commissione interministe-riale per la sicurezza alimentare (Art. 19), con il compito di coordinare le at-tività delle amministrazioni competenti e di studiare i problemi connessi all’istituzione dell’Autorità europea per gli alimenti.

Si definiscono i distretti rurali e agro-alimentari di qualità (Art. 13) de-mandando alle Regioni il potere di individuarli. Gli Articoli 14 e 15 sono dedicati ai rapporti con le pubbliche amministrazioni con la possibilità di stipulare contratti di collaborazione e convenzioni per la promozione della vocazioni produttive del territorio, la tutela delle produzioni di qualità, la va-lorizzazione dei prodotti tipici, la tutela delle risorse naturali e della biodi-versità. Inoltre, le convenzioni potranno favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio e alla salva-guardia del paesaggio agrario e forestale. L’iniziativa di introdurre dei rap-porti formalizzati dell’imprenditore agricolo con la pubblica amministrazio-ne vanno amministrazio-nel senso di un importante allargamento delle attività agricole con un accentuazione della dimensione multifunzionale dell’agricoltura.

La copertura finanziaria del provvedimento, prevede oneri finanziari per circa 14,5 milioni di euro per il 2001 e 20,7 milioni di euro per il 2002.

La legge d’orientamento italiana è stata accolta in generale abbastanza positivamente, ma non le sono state risparmiate numerose critiche. Il nodo centrale sollevato riguarda l’invasione delle competenze regionali da parte dello Stato. La regione Veneto invece, ha criticato con forza la nuova figura di imprenditore agricolo relativamente all’estensione di questa qualifica alle cooperative che forniscono beni e servizi. Inoltre viene sottolineato da alcuni

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che il rimandare in modo generico e senza indicare i criteri, alle Regioni il potere di individuare i distretti rurali e agro-alimentari, porterà ad una dif-formità nella delimitazione degli stessi.

Nei primi mesi del 2002 si sta attuando la riforma definitiva dell’Agea, organismo pagatore, le cui modalità sono contenute nel decreto di riforma del 22 ottobre (n. 381) trasformato in legge nel dicembre 2001. In ottobre l’Agea era stata commissariata con le dimissioni dell’allora presidente. Una delle principali novità dell’Agea riformata è costituita proprio dai suoi orga-ni che si presentano rinnovati. Infatti il Consiglio d’ammiorga-nistrazione è costi-tuito ora da 7 membri di cui 2 nominati dalla conferenza Stato-Regioni men-tre il Consiglio di rappresentanza è costituito da 10 membri. La riforma dell’Agea prevede inoltre una minore funzione di coordinamento dell’agen-zia, mentre i rapporti con la Commissione europea saranno gestiti dal Ministero delle Politiche Agricole. L’altra importante novità che interessa tutti i produttori è costituita dalla possibilità concessa dalla legge a tutti gli organismi pagatori, inclusi quelli regionali, che stanno divenendo via via o-perativi, di dare immediata esigibilità alle domande di aiuto che vengono presentate attraverso i centri di assistenza agricola. A livello regionale sono decollati gli organismi pagatori di Lombardia, Emilia-Romagna (del cui or-ganismo pagatore Agrea parleremo nel paragrafo 3.1) e Toscana.

Il 2001 già ha visto un aumento dell’efficienza dell’Agea, un dato per tut-ti, nell’ultimo trimestre del 2001 gli agricoltori italiani hanno incassato aiuti comunitari per 3 miliardi di euro, circa 500 milioni di euro in più rispetto al-lo stesso periodo del 2000. L’incremento maggiore si è avuto per i seminati-vi, infatti, entro la fine dell’anno è stato pagato il 93% delle aziende benefi-ciarie per oltre l’89% delle somme richieste. Questo risultato è stato ottenuto mediante un miglior controllo delle domande all’origine.

Il 26 luglio 2001 la Conferenza Stato-Regioni ha approvato il nuovo pia-no di regionalizzazione dei seminativi che intendeva affrontare sostanzial-mente due problemi: il numero delle zone in cui è suddivisa la superficie a-gricola italiana e la resa distinta tra “mais” ed “altri cereali”. Andavano an-che risolti due problemi: come ridurre le conseguenze dello splafonamento della superficie di base per il mais con le conseguenti penalizzazioni sui con-tributi e migliorare le opportunità di contributo per le oleaginose.

L’articolazione territoriale è rimasta invariata e cioè si sono mantenute le 276 zone (province e zone altimetriche). Per quanto riguarda le rese, il no-stro Paese, aveva optato nel 1999 per la resa distinta. Il nuovo piano di re-gionalizzazione proposto dal Mipaf prevede l’unificazione delle rese cereali e quindi l’adozione della “resa unica”, solo nelle regioni del Nord Italia e non in tutte le zone: precisamente nelle aree in cui lo scostamento tra “resa

mais” e “resa unica” è inferiore al 27%, mentre rimangono invece a resa di-stinta tutte le zone delle Regioni del Centro-Sud.

Per l’attuazione dei Piani Regionali di Sviluppo Rurale sono stati spesi nel 2001 oltre 46 milioni di euro a favore delle dodici misure di intervento, non direttamente rivolte al settore agricolo ma più in generale all’integrazione tra di esso e le altre realtà presenti nello stesso territorio.

Questo valore rappresenta circa il 4% circa del totale dei fondi erogati per i Piani di sviluppo rurale nel 2001. Nonostante l’attenzione rivolta da Agenda 2000 a misure quali il miglioramento fondiario, la promozione della com-mercializzazione dei prodotti di qualità, la gestione delle risorse idriche e gli interventi di diversificazione delle attività agricole e affini, esse assorbono, nel centro nord del Paese appena il 14% delle risorse programmate per l’intero periodo di programmazione 2000-2006. Le opportunità offerte dall’articolo 33 del regolamento Ce n. 1257/99 sullo sviluppo rurale restano in larga parte disattese da una politica quantitativa legata alla necessità di spendere velocemente piuttosto che qualitativamente bene.

L’approvazione della legge delega del diritto societario (366/01) nel set-tembre scorso, coinvolge pienamente le cooperative agricole in quanto in ta-le ta-legge si dice che ta-le agevolazioni fiscali e di altro genere vanno riservate solo alle cooperative costituzionalmente riconosciute cioè aventi carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La novità riguarda il parame-tro relativo alla prevalenza dell’attività tra i soci. In seguito, in una bozza di decreto legislativo, il Ministro Tremonti indica concretamente la soglia di prevalenza, ai fini delle agevolazioni fiscali. Per le cooperative di alleva-mento la soglia rappresenta un quarto dei mangimi provenienti dalle aziende dei soci. Per le cooperative di manipolazione e vendita dei prodotti, la soglia è al 50%, per le cooperative di conduzione la soglia riguarda il monte delle retribuzioni versate ai soci, che deve superare il 66% del costo totale, esclu-dendo da questo l’acquisto di materie prime e sussidiarie.

Infine occorre sottolineare che la legge finanziaria per il 2002 ha stanzia-to oltre 1250 milioni di euro per l’agricoltura di cui vedremo in dettaglio la portata nel paragrafo successivo. Si tratta di una finanziaria che verrà ricor-data per la riduzione dell’aliquota Irap all’1,9% e per la proroga del regime speciale IVA indipendentemente dal volume di affari.

Nel documento Volume Rapporto 2001 (.pdf 1.5mb) (pagine 36-41)