I tribunali statali hanno utilizzato in realtà anche un’altra tecnica al fine di non applicare, nei casi concreti, la norma attributiva dell’immunità dalla giurisdizione alle organizzazioni internazionali.
Tale metodo si sostanzia nell’introdurre un parametro giuridico che possa prevalere sulla norma pattizia attributiva dell’immunità.
A ciò si deve aggiungere che possono essere individuati due meccanismi di applicazione della suddetta tecnica: l’esistenza di una norma imperativa sul diritto di accesso alla giustizia oppure la valorizzazione di norme regionali sui diritti umani (si fa riferimento, in particolare, all’Art. 6 CEDU).
La Corte Suprema Argentina ha applicato la prima tecnica anche se ciò è avvenuto in concomitanza con il ricorso ad un’ulteriore parametro
la obtención de patentes y otras formas de propiedad intelectual e industrial, deben someterse a las normas internas, supranacionales e internacionales sobre el tema. En estos procesos pueden comprometerse seriamente derechos de habitantes del territorio colombiano y su resolución en justicia no atentaría contra las funciones que el Centro debe realizar de conformidad con los objetivos que proclama el Estatuto analizado.
El Estado colombiano no puede aceptar la inmunidad judicial absoluta y, por tanto, deberá señalar que en el evento de que surja una disputa jurídica entre un habitante del territorio y el Centro, cuando este actúe como un particular o sometido a las normas de derecho interno o supranacional, podrá apelarse a los mecanismos judiciales consagrados por el ordenamiento nacional e internacional a fin de que el conflicto se resuelva según las normas vigentes en el territorio nacional» (§ 35).
170 Consejo de Estado, sentenza n. 11044 del 25.8.1998, caso n. IJ-001, Rojas Robles
c. Ministerio de Relaciones Exteriores; Corte Constitucional, sentenza C-788/2011,).
interno di valutazione dell’immunità consistente nel Articolo 18 della Costituzione argentina (in tema di accesso alla giustizia).
Infatti nella sentenza del 5 dicembre del 1983, Cabrera, Washington J.E.
c. Comisión Tecnica Mixta de Salto Grande il collegio della Corte
Suprema argentina ha aderito alla ricostruzione prospettata dal Procuratore Generale; Costui affermava che riconoscere l’immunità all’organizzazione internazionale in assenza di un meccanismo alternativo di soluzione delle le controversie contrastava con il precetto costituzionale menzionato171.
Nello stesso tempo la Corte ha aderito anche alle argomentazioni espresse da due dei suoi membri in un’opinione concorrente.
Secondo tali giudici infatti è possibile configurare l’esistenza di una norma imperativa che vieta di attribuire l’immunità dalla giurisdizione statale in assenza di adeguati strumenti di tutela del singolo e ciò senza fare distinzione tra la posizione dei funzionari e quelle dei soggetti privati esterni all’organizzazione.
La conferma dell’esistenza di tale regola imperativa sarebbe da ricercare sia negli strumenti internazionali in materia di diritti dell’uomo sia in alcune disposizioni quali, in particolare, l’Art. IX, sez. 31 della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite172.
171 Articolo 18 della Costituzione Argentina : “Ningún habitante de la Nación puede
ser penado sin juicio previo fundado en ley anterior al hecho del proceso, ni juzgado por comisiones especiales, o sacado de los jueces designados por la ley antes del hecho de la causa. Nadie puede ser obligado a declarar contra sí mismo; ni arrestado sino en virtud de orden escrita de autoridad competente. Es inviolable la defensa en juicio de la persona y de los derechos. El domicilio es inviolable, como también la correspondencia epistolar y los papeles privados; y una ley determinará en qué casos y con qué justificativos podrá procederse a su allanamiento y
ocupación. Quedan abolidos para siempre la pena de muerte por causas políticas, toda especie de tormento y los azotes. Las cárceles de la Nación serán sanas y limpias, para seguridad y no para castigo de los reos detenidos en ellas, y toda medida que a pretexto de precaución conduzca a mortificarlos más allá de lo que aquella exija, hará responsable al juez que la autorice”.
172 Art. IX, sez. 31 della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite
così recita: “Ogni istituzione specializzata prevede procedure adeguate per comporre:
1. a) le controversie in materia di contratti o altre controversie di diritto privato in cui l’istituzione specializzata sia parte in causa;
Inoltre tale norma imperativa andrebbe a determinare l’invalidità, sul piano internazionale, di quelle disposizioni che prevedono l’immunità dalla giurisdizione ma non introducono sufficienti garanzie di tutela giurisdizionale per i singoli.
Infatti anche nel caso di specie l’articolo 4 dell’Accordo di sede tra Argentina e la Commissione tecnica mista del Salto Grande era una disposizione che stabiliva l’immunità giurisdizionale senza introdurre delle garanzie di tutela per i singoli e pertanto venne giudicato invalido
ab initio con la conseguenza di affermare la giurisdizione dei tribunali
argentini173.
Tuttavia si deve segnalare che la soluzione raggiunta dalla Corte Suprema argentina presta il fianco ad una serie di obiezioni.
Innanzitutto è difficile ravvisare nella prassi internazionale l’esistenza di una regola imperativa con tale contenuto; infatti sia l’inclusione del diritto alla tutela giurisdizionale nella categoria dei diritti fondamentali sia l’esistenza di una determinata prassi convenzionale non appaiono sufficienti per questo scopo174.
La posizione della Corte Suprema potrebbe forse essere inquadrata nel contesto della tendenza dei tribunali latino-americani e della Corte Interamericana dei Diritti Umani a ravvisare, con una certa frequenza, la presenza di norme imperative, specialmente in materia di diritti umani. Tuttavia è bene tener presente che una cosa è affermare che il diritto di
2. b) le controversie in cui sia coinvolto un funzionario di un’istituzione specializzata che, in virtù della sua situazione ufficiale, gode dell’immunità, qualora questa non sia stata revocata in conformità con le disposizioni della sezione 22”.
173Cfr.Corte Suprema argentina,5.12.1983, Cabrera,cit.,opinione separata dei giudici
Gabrielli e Guastavino, §§ 9-11.
174Nella dottrina argentina, a favore della tesi della Corte, v. G
BIDARTCAMPOS, ,Inmunidad total de jurisdicción de entes internacionales y privación de justicia en sede interna e internacional, in El Derecho, t. 91, 1981, p. 194, in part. pp. 198-200; contra v. R.E. VINUESA, La inmunidad de jurisdicción de las organizaciones internacionales, en La Ley, 1982, C, p. 668, in part. § IV.
disporre di un mezzo di ricorso per denunciare violazioni gravi dei diritti umani (torture, uccisioni arbitrarie, desapariciones forzadas) è coperto dalla norma imperativa sostanziale che vieta tali pratiche, mentre altra cosa è considerare che il diritto di rivolgersi a un tribunale è di per sè assicurato da un regola di ius cogens175.
Infatti secondo la dottrina maggioritaria176 anche il contenuto delle norme imperative in tema di protezione umana ha ad oggetto le c.d.
gross violations, ossia le violazioni massicce o su larga scala di diritti
basilari ( come, ad esempio, genocidio, apartheid, schiavitù, tortura e altri trattamenti disumani e degradanti).
In secondo luogo anche la Corte Suprema Argentina, una volta evocata la causa di invalidità per l’Art. 4 dell’Accordo di sede come disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 1969177, avrebbe dovutoo trarne delle conseguenze radicali: tra cui l’invalidità dell’intero Accordo di sede e la revocabilità e insanabilità della causa di invalidità178.
Dunque, dall’analisi condotta, è possibile affermare che la tesi sostenuta dalla Corte non è in grado di fornire una risposta (positiva o negativa che sia) alla necessità di andare a verificare se nel caso specifico sia concretamente disponibile un rimedio alternativo ed equivalente a quello ordinario (processo giurisdizionale). Infatti la posizione sostenuta
175 In questa sede non è peraltro possibile approfondire la questione: si veda, per
l’accesso alla giustizia, il lavoro di P.A. ACOSTA ALVARADO, El derecho de acceso a la justicia en la jurisprudencia interamericana, Bogotà, 2007, in part. pp. 88-114.
176 V., ex multis, M. GIULIANO-T. SCOVAZZI-T. TREVES, Diritto internazionale.
cit., pp. 374-376; B. CONFORTI, Diritto internazionale, 4^ ed., Napoli, 1992, pp. 182-183; A. CASSESE, International Law, Oxford, 2001, p. 141; N. RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale, Torino, 2009, p. 161; E. CANNIZZARO, Diritto internazionale, Torino, 2012, pp. 245-246.
177 L’Argentina è parte contraente di tale Convenzione dal 5.12.1972.
178 Cfr. l’art. 44, par. 5; l’art. 45; l’art. 69, par. 1; l’art. 71 Convenzione di Vienna sul
diritto dei trattati.
ed espressa dei due giudici nell’opinione concorrente e fatta propria dal collegio della Corte non appare adeguatamente motivata sul punto e avrebbe meritato una più ampia articolazione; anche se, si deve ricordare che , utilizzando il diritto consuetudinario, è ben possibile che una norma cogente esplichi effetti meno radicali su un trattato , come , ad esempio, orientarne l’interpretazione (laddove ve ne siano le condizioni) oppure determinare la nullità della sola clausola i cui contenuti o effetti sono contrari allo ius cogens179.
A questa considerazione si aggiunga che, già nelle more del procedimento, la Commissione tecnica mista del Salto Grande aveva istituito un tribunale arbitrale internazionale competente per le controversie con soggetti privati, incluse quelle di impiego180.
Tale novità non poteva (com’è ovvio) privare i tribunali statali della competenza per le controversie istaurate in precedenza, tra le quali si inserisce anche quella che ha dato origine alla suddetta sentenza. Tuttavia la Corte Suprema argentina, in due pronunce successive, vista l’istaurazione del tribunale arbitrale, ha infine riconosciuto l’immunità dalla giurisdizione della Commissione tecnica ai sensi dell’Articolo 4 dell’Accordo di sede. Nell’opinione della Corte infatti il procedimento difronte al tribunale arbitrale rappresentava una attuazione corretta e soddisfacente dell’obbligo di istituire meccanismi adeguati di soluzione delle controversie, posto a carico della Commissione ai sensi di Art 4181.
179 v., ex multis, N. RONZITTI, Trattati contrari a norme imperative del diritto
internazionale?, in AA.VV., Studi in onore di Giuseppe Sperduti, Milano, 1984, p. 209, in part. p. 227 ss.; A. CASSESE, International Law, cit., pp. 143-144. Nondimeno, la Corte suprema non dedica alcuna considerazione a tali aspetti evolutivi rispetto alla rigida disciplina contenuta nella Convenzione di Vienna.
180Sul Tribunale e sulla vicenda che ha portato alla sua
istituzione,v.F.ARMASPFIRTER, Le Tribunal arbitral international de Salto Grande et sa jurisprudence, in Annuaire français de droit international, 1993, p. 540 ss.
In una pronuncia successiva relativa all’Organizzazione panamericana della sanità182 la Corte ha invece impostato il problema dell’immunità giurisdizionale dell’organizzazione in termini di confronto tra gli effetti del godimento dell’immunità e il principio costituzionale (enunciato nell’Art. 18 costituzione) della “giustiziabilità” di ogni controversia. La Corte dunque, nella predetta pronuncia, non prende in considerazione il problema del rapporto tra Trattati e Norme imperative (ius cogens), e tuttavia anche in questa sentenza , come del resto in altre183, l’argomento del contrasto con lo ius cogens continua ad essere richiamato e avallato come facente parte della “dottrina” della Corte Suprema.
Da ultimo si deve comunque sottolineare che il ragionamento svolto nella sentenza Cabrera184 non viene espressamente confutato o rigettato
in quest’ultima pronuncia anche se viene messo in primo piano il principio per cui i trattati devono conformarsi ai principi di diritto pubblico contenuti nella Costituzione, tra i quali assume rilievo primario il diritto garantito dall’art. 18 Cost., e l’impossibilità per lo Stato di disporre a favore dell’organizzazione un’immunità che sia totale ed assoluta.
s/ordinario; sentenza 7.7.1993, Fibraca Constructora Sca. c. Comisión Tecnica Mixta de Salto Grande, cit.; sentenza 1.4.1997, Ghiorzo, Juan José c/ Comisión Técnica Mixta de Salto Grande.
182 Sentenza 31.8.1999, Duhalde, Mario Alfredo c. Organización Panamericana de
la Salud – Organización Mundial de la Salud – Oficina Sanitaria Panamericana
183 Cfr., ad esempio, la sentenza 5.2.1998, Maruba S.C.A. Empresa de Navegación
Marítima c/ Itaipú s/ daños y perjuicios, § 8, ove viene precisato – in astratto, dato che la circostanza non si produceva nel caso di specie – che una disposizione pattizia attributiva dell’immunità non accompagnata dall’istituzione di un adeguato
procedimento di soluzione di controversie con soggetti privati sarebbe «en abierta colisión con una norma imperativa de derecho internacional general que consagra la justiciabilidad de las controversias de dere cho privado. De este modo se habría concretado un acuerdo no solamente violatorio de las garantías consagradas en el art. 18 de la Constitución Nacional, sino nulo ab initio conforme al art. 53 de la Convención de Viena de 1969 sobre el derecho de los tratados».
Tralasciando le problematiche e le perplessità che suscita il riferimento da parte della Corte allo ius cogens, è importante sottolineare due elementi di rilievo che emergono nelle sentenze sopra menzionate ed analizzate.
In primo luogo in tali sentenze l’istituzione di procedimenti alternativi, anche se non prevista da specifiche disposizioni pattizie, è considerata oggetto di un obbligo per ogni organizzazione internazionale che intenda godere ed avvalersi dell’immunità.
In secondo luogo, qualora tale obbligo non venga rispettato nel caso concreto non è possibile riconoscere l’immunità giurisdizionale all’organizzazione interessata.
Orbene l’obbligo di istituire procedimenti alternativi viene desunto sia da un’interpretazione teleologica e sistematica delle norme attributive dell’immunità sia dal dato costituzionale statale; Inoltre il rimedio si colloca su un duplice piano: il livello costituzionale interno e il diritto internazionale imperativo.
La seconda tecnica, menzionata all’inizio del paragrafo e consistente nella valorizzazione di norme “regionali” sui diritti umani, è stata invece seguita in alcune sentenze rese nei paesi europei.
Tale meccanismo si sostanzia nell’andare a richiamare l’Art 6 CEDU per verificare se il rimedio utilizzabile dal soggetto privato soddisfa i parametri minimi definiti dalla Corte EDU nei noti casi Beer-Regan a
Waite-Kennedy 185 ; Qualora il giudizio sia negativo, le corti disapplicheranno la norma pattizia interessata.
Inoltre, dato che i tribunali statali non forniscono una spiegazione accurata del perché una previsione pattizia (l’art. 6 CEDU) debba prevalere su un’altra (cioè la disposizione che accorda l’immunità), si potrebbe ipotizzare che questo conflitto tra norme (di pari rango e genere)
venga risolto attribuendo una prevalenza alla regola sui diritti umani (art. 6 CEDU) che deriva da un criterio di specialità sui generis186.
A titolo di esempio si prenda in considerazione la sentenza Banque
Africaine de Développement c. Degboe del 7 ottobre del 2003, della
Corte di Appello di Parigi.
In tale decisione, avente ad oggetto una controversia di lavoro tra un cittadino francese e la Banca Africana di Sviluppo, i giudici della Corte hanno dapprima constatato che non vi erano rimedi giurisdizionali in seno all’organizzazione interessata e che ciò avrebbe determinato un diniego di giustizia a danno del singolo; successivamente i giudici hanno rilevato che la sottoposizione della Banca Africana di Sviluppo alla cognizione dei tribunali francesi non avrebbe prodotto alcun ostacolo al funzionamento dell’organizzazione stessa.
Per tali ragioni la norma convenzionale attributiva dell’immunità giurisdizionale venne ritenuta incompatibile nei suoi effetti concreti con l’Art 6 CEDU e per questo disapplicata nel caso di specie.
Ciò che emerge in tale sentenza è che la Corte di Appello di Parigi sembra optare per la prevalenza della seconda disposizione pattizia (Art 6 CEDU) sulla prima (la disposizione attributiva dell’immunità) sulla base di un presunto principio di gerarchia materiale della CEDU nei confronti di altre disposizioni pattizie187.
Tuttavia questo approccio è criticabile; infatti, com’è noto, non è possibile risolvere i rapporti tra norme di pari grado, come lo sono le due disposizioni pattizie considerate, attraverso un insolito criterio di prevalenza, sconosciuto al diritto dei trattati.
Inoltre anche la stessa CEDU, pur rivestendo grande importanza nel panorama della normativa internazionale, non sembra aver guadagnato uno status superiore alle altre disposizioni pattizie.
186 Marcello Di Filippo, Immunità dalla giurisdizione versus dirito di accesso alla
giustizia: il caso delle organizzazioni internazionali, p. 110 ss.
187 Revue critique droit int. privé, 2004, p. 417 ss. con nota di M. AUDIT.
A ciò si aggiunga che vi è un’effettiva difficoltà a giustificare il mancato rispetto di una disposizione pattizia sull’immunità della Banca nei confronti di soggetti terzi rispetto alla Convenzione Europea (quali sono la Banca Africana e la maggior parte dei suoi Stati membri).
Sul punto, si possono avanzare solo delle congetture dato che la Corte d’Appello francese non fornisce adeguate risposte in merito. Potrebbe essere che, nell’ottica di un giudice statale, la Convenzione europea sia stata implicitamente assunta quale parametro di conformità costituzionale dei trattati stipulati dalla Francia; Sulla base di questa considerazione sarebbe la Costituzione francese che “recepisce” materialmente i valori giuridici espressi dalla CEDU (nell’interpretazione vivente che ne dà la Corte Europea) a prevalere sulla norma attributiva dell’immunità e non la Convenzione Europea (CEDU) in quanto tale.
Esiste poi un’ulteriore spiegazione che meglio si adatta a quanto è accaduto in altri casi analoghi a quello ora trattato in cui le corti nazionali si trovano a dover applicare norme con cui hanno scarsa confidenza; Infatti è possibile che il giudice nazionale voglia conseguire un risultato concreto (e condivisibile) e, per poterlo raggiungere, è costretto ad elaborare una soluzione tecnica alquanto discutibile. Al di là di tali considerazione si deve sottolineare che il caso, ora analizzato, evidenza, da un lato, l’importanza che i giudici nazionali attribuiscono al diritto individuale alla tutela giurisdizionale e, dall’altro, la loro scarsa disponibilità ad applicare la norma convenzionale sull’immunità dalla giurisdizione qualora essa produca in concreto un diniego di giustizia.