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Le Organizzazioni Internazionali, immunità dalla giurisdizione e diritto di accesso alla giustizia

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(1)

Indice

CAPITOLO PRIMO

Il

Fondamento

giuridico

dell’Immunità

dalla

giurisdizione delle organizzazioni internazionali

………4

1.1 Le fonti dell’immunità e privilegi delle organizzazioni

internazionali……….4

1.2 L’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni

internazionali………5

1.3 (segue) Lo sviluppo storico……….7

2. Immunità dalla giurisdizione: fondamento consuetudinario

o fondamento pattizio………...12

2.1 La tesi del fondamento consuetudinario dell’immunità

dalla giurisdizione e analisi critica………12

2.2 (segue) Analisi della giurisprudenza italiana e

olandese………..21

2.3 Le posizioni contrarie al fondamento consuetudinario

dell’immunità: la giurisprudenza belga, inglese e delle corti

latino-americane………..31

2.4. la tesi del fondamento pattizio dell’immunità dalla

giurisdizione delle organizzazioni internazionali…………37

3. Immunità dalla giurisdizione derivante dalle legislazioni

statali………38

4. La giurisprudenza Statunitense: gli sviluppi recenti……46

(2)

5. Il lavoro della Commissione di diritto Internazionale:

I

Relatori

Speciali

Abdullah

El-Erian

e

Diaz

Gonzalez.……….55

6. Alcune osservazioni conclusive………66

CAPITOLO SECONDO

L’immunità dalla giurisdizione delle Organizzazioni

Internazionali e il Diritto di accesso alla giustizia a

confronto……….69

1. Le fonti del diritto di accesso alla giustizia da parte del

singolo………..69

2. La posizione del singolo nei casi in cui opera

l’immunità...80

3.1 L’ampia nozione di “giustizia” nel diritto internazionale e

comparato……….84

3.2 (segue) l’ammissibilità di restrizioni al diritto di accesso

alla giustizia dei singoli………88

4.1 Le posizioni espresse dalla Giurisprudenza interna degli

Stati………..91

4.2 (segue) Il ricorso a norme internazionali gerarchicamente

sovraordinate o prevalenti………98

4.3 (segue) Il tentativo di porre in relazione il godimento

dell’immunità con l’adempimento dell’obbligo di predisporre

adeguati mezzi di ricorso………107

5. La giurisprudenza internazionale: la CIG e la Corte

EDU………...115

(3)

6. L’’obbligo di predisporre adeguati Strumenti alternativi di

tutela………..133

7. Le posizioni esistenti in Dottrina………143

CAPITOLO TERZO

L’immunità

dalla

giurisdizione

delle

Nazioni

Unite………..153

1. L’Articolo 105 della Carta delle Nazioni Unite……….153

2. La Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni

Unite………...157

3.1 Analisi della General Practice dell’ONU……….161

3.2 (segue) Ricorsi (Claims) contro l’ONU da parte del

personale e dei funzionari………...163

3.3 Ricorsi (Claims) contro le Nazioni Unite da parte di

terzi………165

3.3.3 (segue) I danni provocati a soggetti privati dalle

missioni di mantenimento della pace e dell’ordine

pubblico……….170

(4)

CAPITOLO PRIMO

IL FONDAMENTO GIURIDICO DELL’IMMUNITA’

DALLA GIURISDIZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI

INTERNAZIONALI

1.1 Le fonti delle immunità e dei privilegi delle

Organizzazioni Internazionali

Per la funzione che le organizzazioni internazionali svolgono nel mondo contemporaneo diventa importante, se non necessario, che le stesse siano indipendenti da ogni ostacolo e/o ingerenza che gli Stati o altri enti possono frapporre nell’esercizio delle funzioni per le quali le organizzazioni sono istituite.

Per questo il diritto internazionale riconosce alle organizzazioni, vista anche la loro soggettività internazionale, una serie di immunità e privilegi che hanno come obiettivo quello di permettere loro di svolgere liberamente le loro funzioni e di perseguire gli scopi posti dall’atto costitutivo.

Numerosi sono i privilegi e le immunità che vengono loro riconosciute e tra quelle più importati sicuramente vi sono: l’immunità dei locali, della sede e degli archivi, l’esenzione fiscale e doganale, i privilegi in materia di corrispondenza e comunicazione, l’immunità dei loro funzionari e l’immunità dalla giurisdizione.

Le fonti da cui derivano le immunità ed i privilegi sono le stesse fonti del diritto internazionale, ma tra queste la Convenzione Internazionale assume una particolare rilevanza.

Tra le Convenzioni più significative per le immunità ed i privilegi vi sono gli Accordi di sede che sono trattati internazionali stipulati

(5)

dall’organizzazione internazionale con lo Stato nel cui territorio essa abbia stabilito la sua sede. L’accordo risponde in modo specifico all’esigenza di definire le immunità e i privilegi dell’ente internazionale con esclusivo riferimento allo stato nel cui territorio si trova la sede dell’organizzazione.

Altre Convenzioni da cui è possibile ricavare l’esistenza di immunità e privilegi sono le Convenzioni multilaterali, come ad esempio quelle che riguardano l’Onu e gli istituti specializzati (concluse su iniziativa dell’Assemblea Generale per dare attuazione all’artico 105 della Carta delle Nazioni Unite).

Non da ultimo vi è da ricordare lo stesso trattato istitutivo delle Nazioni Unite in cui vengono definite le immunità e i privilegi di cui gode l’ONU negli Stati membri.

Altra fonte internazionale da prendere in considerazione è certamente la “consuetudine internazionale” ma come vedremo non vi è univocità di consensi sull’esistenza di una norma consuetudinaria che riconosca immunità e privilegi alle organizzazioni internazionali1.

1.2 L’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni

internazionali

In materia di immunità e privilegi delle organizzazioni internazionali riveste grande importanza la questione relativa all’immunità dalla giurisdizione.

E’ ormai riconosciuto a livello universale che le organizzazioni internazionali e il loro personale hanno necessità di godere dell’immunità dalla giurisdizione dei tribunali nazionali.

La motivazione di questa immunità è diversa da quella che viene indicata per giustificare l‘immunità del singolo Stato; Quest’ultima,

(6)

infatti si basa sul principio “Par in parem non habet imperium” mentre l’immunità dell’organizzazione è generalmente fondata sul principio della “Functional Necessity” in base al quale le organizzazioni internazionali hanno bisogno dell’immunità per esercitare funzioni che non sarebbero in grado di svolgere a causa dell’ingerenza dei Tribunali nazionali2.

Tradizionalmente considerato uno dei pilastri in subiecta materia, il principio delle immunità delle organizzazioni internazionali dalla giurisdizione è diventato fonte di critiche sempre più consistenti. Molti degli interrogativi sollevati quando si iniziò a comprendere ed accettare il dogma che le organizzazioni internazionali avrebbero dovuto godere dell’immunità sono, di recente, tornati in auge, a causa del continuo incremento del numero delle organizzazioni internazionali e dell’espandersi delle loro attività che influenzano direttamente la vita e il lavoro di tutta la Comunità internazionale.

Per comprendere appieno il motivo della necessità dell’immunità dalla giurisdizione per le organizzazioni è bene chiarire che mentre all’interno dei singoli Stati la loro immunità non esiste , ben potendo lo Stato essere sempre citato in giudizio nei propri tribunali, la maggior parte delle organizzazioni internazionali non ha propri tribunali e volendo escludere che le organizzazioni siano soggette alla giurisdizione dei singoli Stati sorgeva spontaneo l’interrogativo per comprendere a chi spettasse la giurisdizione sulle Organizzazioni.

Altro interrogativo ricorrente era quello dell’opportunità di escludere gli atti e le attività delle organizzazioni internazionali dalla revisione giudiziaria, mentre ciò normalmente non avviene per analoghe attività degli Stati.

Possiamo però affermare che nonostante sia ormai consolidato che gli ordinamenti statali riconoscono l’immunità dalla giurisdizione alle

2 Niels Blokker, International Organizations: The Untouchables? International

(7)

organizzazioni internazionali ciò che ancora oggi appare controverso è il fondamento di tale immunità essendo state sostenute a riguardo tesi differenti.

L'immunità delle organizzazioni internazionali è spesso coperta da specifiche disposizioni del trattato (per esempio: l’Accordo di sede) applicabili nelle relazioni tra l’organizzazione e lo Stato interessato, o dal diritto nazionale interno.

A parte quanto previsto nei trattati, non sembra però esistere sufficiente “pratica” o “opinio juris” per sostenere l’esistenza di una norma consuetudinaria relativa all’immunità delle Organizzazioni internazionali.

Al contrario, esistono numerosi trattati che disciplinano l’immunità delle Organizzazioni, e da ciò discende che, almeno sino ad oggi, l’esistenza di una regola di diritto internazionale consuetudinario sul punto, non può dirsi essere ancora venuta ad esistenza.

Per poter comunque verificare la nascita di una regola di diritto internazionale consuetudinario che affermi l’immunità dalla giurisdizione di tutte le Organizzazioni Internazionali è opportuno seguire un excursus logico che non può che iniziare con un’analisi storica.

1.3 (Segue) Sviluppo Storico

A partire dal diciannovesimo secolo vennero ad esistenza le “Pubblic international unions” o “administrative unions”3. In genere la più risalente nel tempo è considerata la Commissione centrale per la navigazione sul Reno, istituita dall'articolo 25 dell'atto finale del Congresso di Vienna (1815) e avente sede a Strasburgo.

3P. Sands & P. Klein, Bowett’s Law of International Institutions (6th ed.) (2009),

pp. 5–8, paras. 
1.011–1.017.



(8)

In base a quanto affermato da J. Kunz prima del 1920 la garanzia di privilegi e immunità alle organizzazioni internazionali era chiaramente un’eccezione basata su particolari trattati.

La situazione rimase la stessa, in linea di principio, anche nel corso del periodo che va dal 1920 al 1939, anche se la garanzia di tali privilegi e immunità tramite trattati si stava gradualmente estendendo. 4

Sembrerebbe che fino al 1945 l’argomento relativo all’immunità ed ai privilegi delle organizzazioni internazionali non era preso in molta considerazione e ciò nonostante fosse stata istituita a Ginevra, nel 1919, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Società delle Nazioni5. L’accordo di sede tra la predetta Organizzazione e la Svizzera, lo stato ospitante , infatti stabiliva che la Organizzazione possedeva la personalità e la capacità internazionale e che essa “in linea di principio, secondo le norme del diritto internazionale, non poteva essere citata in giudizio davanti ai tribunali svizzeri senza il suo consenso ".6

Il periodo storico più importante per lo sviluppo dei privilegi e immunità delle organizzazioni internazionale è certamente quello che va dal 1945 al 1946. Come affermato da C. Wilfred Jenks 7 :

“Storicamente, l'attuale contenuto delle immunità internazionali deriva

dall'esperienza della Società delle Nazioni sviluppata dall'Organizzazione internazionale del lavoro quando venne sottoposta al test delle condizioni di guerra, riformulata per certi aspetti negli accordi di guerra ILO-canadese, e successivamente rivista

4 J. Kunz, ‘Privileges and Immunities of International Organizations’, (1947) 41

American Journal of International Law pp. 828–862, at pp. 829–30.

5 Ibid., pp. 844 and 849. 


6 Communications du Conseil Fédéral Suisse concernant le Régime des Immunités


Diplomatique du Personnel de la Société des Nations et du Bureau International du Travail, entered into by the League of Nations and the Swiss Government on 18 September 1926, 7 ojln (1926), Annex 911a, 1422. 


(9)

dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite alla sua prima sessione nel 1946. Le decisioni prese dall'Assemblea Generale sono state, fatte salve le modifiche appropriate (e forse in alcuni casi meno appropriate) nei singoli casi, alla base di tutti gli strumenti successivi”.

In breve, quando le organizzazioni internazionali sono apparse per la prima volta sulla scena, nel diciannovesimo secolo, non si pensava che avrebbero goduto dell’immunità dalla giurisdizione sulla base della regola internazionale consuetudinaria valevole per gli Stati, in realtà soltanto più tardi, forse a partire dagli anni '20, si incominciò a prendere in considerazione la necessità dell’immunità dalla giurisdizione per le organizzazioni di nuova formazione come la Società delle Nazioni e l'Organizzazione internazionale del lavoro. Non si può quindi affermare che, agli albori delle organizzazioni internazionali, esistessero “pratiche internazionali” e opinioni giuridiche tali da far sorgere una regola sull’ immunità delle organizzazioni dalla giurisdizione ai sensi del diritto internazionale consuetudinario.

Si può affermare che negli anni 1945-1946 si diffonde l’idea che l’immunità delle organizzazioni internazionali dalla giurisdizione (così come le altre immunità delle organizzazioni) dipendesse unicamente dall’accordo che l’organizzazione stipulava con lo Stato ospitante venendo del tutto escluso che invece potesse derivare da una norma di diritto internazionale consuetudinario.

La “pratica statale” in materia era stata sporadica e incoerente. Ad esempio, una nota diplomatica degli Stati Uniti del 7 novembre 1927 affermava che:

"In base al diritto internazionale consuetudinario, i privilegi e le

immunità diplomatiche sono conferiti solo a una classe ben definita di persone, vale a dire quelle che vengono inviate da uno stato all'altro in missioni diplomatiche. I funzionari della Società delle Nazioni non sono considerati tali da questo governo ad avere il diritto, mentre negli Stati Uniti, a tali privilegi e immunità in base ai principi generalmente

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accettati del diritto internazionale, ma solo in base a disposizioni speciali del Patto della Lega che non hanno forza in paesi non membri della Lega”8.

Pertanto, gli Stati Uniti (uno Stato non membro della Società delle Nazioni) negarono l'immunità ai rappresentanti della Società delle Nazioni9.

Si può prendere poi in considerazione quanto affermato sempre da C. Wilfred Jenks, in uno scritto del 1961 relativo all’immunità delle organizzazioni internazionali: “A substantial literature on the subject ...

appeared during the inter-war period.... There was, however, in 1945 little systemic practice on the subject outside Switzerland, the Netherlands and (from 1940 onwards) Canada10”.

Nel 1969, invece, un rapporto preparato da una sottocommissione del Consiglio d'Europa di esperti governativi, principalmente avvocati del ministero degli esteri, affermava:

"Talvolta si afferma che i privilegi e le immunità dovrebbero essere

accordati alle organizzazioni internazionali e alle persone ad esse collegate come una questione di diritto internazionale consuetudinario o di prassi internazionale. Il Sottocomitato era del parere che, sebbene alcune Organizzazioni abbiano bisogno di privilegi e immunità per l'esercizio delle loro funzioni e l'adempimento dei loro scopi, un'organizzazione non aveva diritto a nessun dato privilegio e immunità in assenza di un accordo. È stato sottolineato che, nel caso delle Nazioni

8 Hackworth, Digest of International Law (1942), vol. iv, pp. 422–423

9 United States Department of State, Opinion of the Department of State on Status of

League of Nations Officials in the United States (1927) 1 Foreign Relations of the United States, pp. 413–14, disponibile all’indirizzo:

<http://digital.library.wisc.edu/1711.dl/frus.frus1927v01>. 


10 Jenks, International Immunities (1961), p. 12.

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Unite, ad esempio, l'articolo 105 della Carta ha fornito la base giuridica per la concessione di privilegi e immunità ... ".

Possiamo poi da ultimo menzionare il lavoro svolto da Johan Lammers, il quale ha descritto come, in seguito all'adozione della Convenzione di

Vienna del 1975 sulla rappresentazione degli Stati nelle loro relazioni con le organizzazioni internazionali di carattere universale, nel 1976 la

Commissione di diritto internazionale (ILC) ha ripreso la seconda parte del suo tema sui rapporti tra Stati e organizzazioni internazionali (Status, privilegi e immunità delle organizzazioni internazionali, i loro funzionari, esperti, ecc.)11. Vi sono infatti state otto relazioni di due successivi Relatori speciali (che verranno analizzate in seguito12) e, come spesso accade, uno studio molto utile del Segretariato dell'ONU13. Nella sua relazione preliminare, il relatore speciale El-Erian includeva un passaggio su “The place of custom in the law of international immunities14", in cui citava alcuni autori e qualche dichiarazione degli Stati per affermare che una norma consuetudinaria potesse essere almeno nel processo di formazione. Quindici anni dopo, nel 1992, la Commissione ha deciso di non proseguire la riflessione sull'argomento

11 Johan G. Lammers , Immunity of Internazional Organizations, the Work of the

International Law Commision, International Organizations Law Review 10 (2013) 276-286

12 V. infra, par 5

13 The practice of the United Nations, the specialized agencies and the International

Atomic Energy Agency concerning their status, privileges and immunities: Supple- mentary study by the Secretariat, UN Doc. a/cn.4/L.383 and Add.1–3, Yearbook of the International Law Commission 1985, Vol. II, Part One, Addendum, p. 145. This ‘Supplementary study’ needs to be read with Part Two (‘The Organizations’) of the Secretariat’s 1967 study: The practice of the United Nations, the specialized agencies and the International Atomic Energy Agency concerning their status, privileges and immunities, un Doc. a/cn.4/L.118 and Add.1 and 2, Yearbook of the International Law Commission 1967, Vol ii, p. 154. V anche UN Doc. st/leg/17 (1987). 


14 Yearbook of the International Law Commission 1977, Vol. ii, Part One, un Doc.

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"per il momento", tra l'altro perché "si trattava di" una questione che sembrava essere coperta, in larga misura, da accordi esistenti15"(una decisione approvata anche dall'Assemblea Generale16). Come accennato in precedenza, nel 2006, il Professor Gaja è riuscito ad ottenere, nel 2006, l’inserimento, nel programma di lungo periodo del ILC, di un argomento intitolato "Immunità giurisdizionale delle organizzazioni internazionali", ma finora nulla è stato ancora fatto al riguardo17.

2. Immunità dalla Giurisdizione norma consuetudinaria o

norma pattizia

2.1 La tesi del fondamento consuetudinario dell’immunità

dalla giurisdizione e analisi critica

Tutti gli autori che hanno analizzato il tema dell’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni internazionali hanno fornito delle risposte diverse in relazione al quesito del fondamento giuridico di quest’ultima.

La questione principale, tutt’ora discussa, è quella di determinare se la fonte di tale immunità debba essere rinvenuta esclusivamente in esplicite previsioni pattizie o atti legislativi statali oppure se possa veramente ipotizzarsi l’esistenza di una norma consuetudinaria che regoli la materia e sia dunque applicabile sia agli Stati membri delle Organizzazioni (nel caso in cui manchino delle disposizioni

15 Yearbook of the International Law Commission 1992, Vol. II, Part Two, pp. 52–

53, paras. 355 and 359–362. 


16 UN General Assembly Resolution 47/33 (25 November 1992). 


17 M. Wood, Do international Organizations enjoy immunity under Customary

International Law?, International Organizations Law Review 10 (2013) 287-318, p 287 ss.

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convenzionali o queste siano formulate in maniera generica) sia agli Stati terzi.

Di fronte a questo contrasto, esistente in dottrina, è possibile affermare che il prevalente orientamento dottrinale propende per il fondamento consuetudinario dell’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni internazionali. Tuttavia gli autori riconducibili a tale corrente, considerati dei veri e propri classici della letteratura in questa specifica materia18, configurano in maniera diversa il contenuto di tale norma consuetudinaria e utilizzano argomenti non sempre omogenei per giustificare le loro conclusioni.

L’unico dato certo è rappresentato dal fatto che le tesi favorevoli al fondamento consuetudinario hanno tutte come base la valorizzazione del principio dell’indipendenza delle organizzazioni internazionali; secondo tale principio quest’ultime possono svolgere efficacemente i loro compiti e raggiungere proficuamente i loro fini solo se viene loro garantita la protezione da parte di interferenze indebite messe in atto dagli Stati. Infatti non è accettabile che gli Stati possano condizionare le attività delle organizzazioni attraverso mezzi di pressione diversi dalla partecipazione ai lavori dell’organizzazione secondo le modalità contemplate nell’atto costitutivo.

Seguendo questa prospettiva, le immunità e i privilegi delle organizzazioni internazionali sarebbero inerenti al criterio c.d. funzionale o di necessità funzionale poiché mirano ad evitare che gli

18 J.-F. LALIVE, L’immunité de juridiction, cit., p. 291 ss.; P. CAHIER, op. cit., p.

241 e p. 393 ss.; C.W. JENKS, International Immunities, London-New York, 1961; F. SCHRÖER, De l’application de l’immunité juridictionelle des États étrangers aux Organisations interna- tionales, in Revue générale de droit international public, 1971, p. 712 ss.; I. SEIDL-HOHEN- VELDERN, L’immunité de juridiction et d’exécution, cit., p. 109 ss.; J. DUFFAR, op. cit., p. 59 ss.; C. DOMINICÉ, L’immunité, cit., p. 145 ss.; ID., La nature et l’étendue de l’immunité de juridiction des organisations internationales, in K.H. BÖCKSTIEGEL et al. (hrgs.), Völker- recht, Recht der Internationalen Organisationen, Weltwirtschaftsrecht. Festschrift für Ignaz Seidl-Hohenveldern, Köln-Berlin-Bonn-München, 1988, p. 77 ss.

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Stati possano interferire sul funzionamento dell’organizzazione, attraverso l’esercizio di poteri di imperio (tra cui quello giurisdizionale)19.

Secondo un primo orientamento, emerso in dottrina, esisterebbe un diritto all’immunità a favore di alcune organizzazioni, dotate di “ampia” personalità internazionale, che sarebbe efficace nei confronti di qualsiasi Stato20.

Occorre tuttavia segnalare che per giungere a questa conclusione sono stati utilizzati due elementi, i quali appaiono, come vedremo, non persuasivi né condivisibili.

In un primo tempo, l’opinione sostenuta era fondata su un ragionamento puramente logico in base al quale l’immunità dalla giurisdizione sarebbe un attributo “inerente” alla soggettività internazionale delle

19 Marcello Di Filippo, Immunità dalla giurisdizione versus diritto di accesso alla

giustizia, il caso delle organizzazioni internazionali, p. 66 ss.

20 J.-F. LALIVE, op. cit., spec. p. 303 ss. (il quale limita l’ambito soggettivo di

applicazione di tale norma alle organizzazioni dotate di un’ampia misura di personalità internazionale, quali l’ONU, le istituzioni specializzate, alcune organizzazioni regionali); C. DOMINICÉ, L’immunité, cit., p. 220 s. (il quale distingue la posizione delle Nazioni Unite e delle istituzioni specializzate, da quella delle altre organizzazioni: mentre per le prime sarebbe certa l’esistenza di una norma sull’immunità, per le seconde saremmo in presenza di una sorta di principio

favorevole all’immunità); Á. CHUECA SANCHO, Acuerdos de sede, cit., p. 195 e p. 290 (il quale propende per le organizzazioni universali e quasi-universali, rilevando come per le organizzazioni regionali sarebbe dubbia la trasposizione di tale regola e come manchi una prassi rilevante); E. DE BRABANDERE, Immunity as a

Guarantee for Institutional Autonomy: A Functional Perspective on UN Immunity in Post-conflict Situations, in N.D. WHITE-R. COLLINS (eds.), International

Organizations and the Idea of Autonomy. Institu- tional Independence in the International Legal Order, Routledge, London-New York, 2010, p. 278, in part. pp. 283-285 (con riguardo all’ONU). Contra, v. invece P. CAHIER, op. cit., pp. 400-401 (il quale propende per l’esistenza della regola a favore di tutte le organizzazioni dotate di soggettività, pur se ristretta).

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organizzazioni internazionali come indispensabile garanzia dell’indipendenza di tali enti verso gli altri soggetti internazionali21. A ben vedere tale argomento non sembra convincente in considerazione del fatto che l’esigenza di indipendenza può porsi anche per enti dotati di una personalità internazionale ristretta o sforniti del tutto di soggettività internazionale.

Si deve poi aggiungere che anche in dottrina non è universalmente condiviso l’assunto secondo cui l’immunità consegua automaticamente al possesso della personalità, tant’è che alcuni autori, favorevoli al fondamento consuetudinario dell’immunità dalla giurisdizione hanno individuato nell’esigenza di indipendenza solamente il motivo di fondo che ha contribuito alla formazione della presunta norma consuetudinaria in materia22.

Per queste ragioni tale orientamento dottrinale ha dovuto prendere in considerazione un ulteriore e diverso argomento concernente la prassi interazionale; L’immunità dalla giurisdizione viene così configurata come un quadro coerente composto da un corpus omogeneo di disposizioni pattizie, da una tendenza univoca della giurisprudenza statale e da una serie di comportamenti unilaterali anch’essi concludenti in merito all’esistenza di una norma consuetudinaria in materia di immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni internazionali. Tuttavia, come avremo modo di analizzare in seguito, la prassi internazionale e la giurisprudenza interna dei singoli stati non sono così

21 J.-F. LALIVE, op. cit., spec. p. 303 ss. Nella stessa ottica, v. anche G.

BISCOTTINI, Il diritto delle organizzazioni internazionali, vol. I, Padova, 1971, p. 159 ss.

22 Che il possesso della personalità internazionale non determini automaticamente il

godimento dell’immunità dalla giurisdizione e che debba pertanto essere accertata l’esistenza di una specifica norma ad hoc viene affermato decisamente da C. DOMINICÉ (L’immunité, cit., p. 162 ss.) e P.H.F. BEKKER (op. cit., p. 94 ss.). Sul tema, v. anche R. PISILLO MAZZESCHI, op. cit., p. 490 ss. (e ivi ulteriori

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uniformi come viene sostenuto da tale orientamento dottrinale ed è per questa ragione che tale argomento non è del tutto persuasivo in merito all’esistenza della suddetta norma internazionale consuetudinaria. Vi è poi un secondo orientamento il quale fa leva su una serie di argomenti alternativi per fornire una giustificazione all’esistenza della norma consuetudinaria relativa all’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni.

Un primo argomento consiste nel ritenere che l’organizzazione si ponga nei confronti dello Stato (terzo o membro ) come un organo comune degli Stati membri e per questa ragione dovrebbe godere indirettamente dell’immunità spettante agli Stati secondo il diritto internazionale generale23.

Tuttavia, come è stato obiettato in dottrina, l’immunità delle organizzazioni è essenzialmente funzionale mentre quella degli Stati è fondata sul reciproco rispetto del potere sovrano altrui; Pertanto l’applicazione indiretta delle regola valevole per gli Stati condurrebbe o ad esercitare la giurisdizione su atti non di imperio e tuttavia funzionali oppure a forzare i dati concettuali, andando cosi a considerare determinate attività come espressione di un potere di imperio, pur non essendo tali.

Inoltre anche la tesi secondo cui le organizzazioni internazionali si riducono ad un insieme di organi comuni agli stati contrenti non può essere accolta in quanto le organizzazioni internazionali risultano dotate di un proprio ordinamento, di propri organi, di propri mezzi e soprattutto di propri fini e sono capaci di porre in essere atti di carattere e rilevanza internazionale e di assumere obblighi che non fanno capo agli stati membri.

23 C.W. JENKS, op. cit., pp. 33-34; F. SCHRÖER, op. cit., p. 724; H.G.

SCHERMERS, Inter- national Institutional Law, Leiden, 1972, p. 1007.

(17)

Si deve poi sottolineare il fatto che questa impostazione, ora esaminata, è stata oggetto di integrazioni finalizzate a conferire alla norma consuetudinaria valida per gli stati24 un significato tale da consentire una considerazione diversa del problema dell’immunità delle organizzazioni internazionali.

In particolare si sostiene che il noto principio “Par in parem non habet

jurisdictionem” abbia cambiato, nel corso del tempo la sua finalità

originaria che attualmente sarebbe quella di proteggere il potere statale nello svolgimento delle funzioni essenziali dello Stato e non più, come avveniva all’inizio del XX secolo25, quello di proteggere il soggetto internazionale in quanto tale.

Inoltre, proprio grazie a questo mutamento nelle finalità, tale principio sarebbe oggi applicabile anche alle organizzazioni internazionali in prospettiva della tutela delle funzioni essenziali dell’ente che devono essere ricavate dall’atto costitutivo dell’ente stesso.

Quindi se un’organizzazione internazionale ha la natura di soggetto internazionale, sono esenti dalla giurisdizione statale le attività della stessa che rappresentano l’attuazione dei fini istituzionali dell’ente. Nel caso invece in cui l’organizzazione non possieda i requisiti della soggettività internazionale, le sue attività sarebbero immuni dalla giurisdizione statale solamente in quanto riconducibili alle funzioni essenziali degli Stati che sono membri dell’ente stesso. Dunque nel primo caso l’organizzazione beneficerebbe di un’immunità propria, mentre nel secondo caso di un’immunità derivata da quella degli Stati membri26.

24 Principio del “Par in parem non habet iurisdictionem”.

25 Cfr. R. QUADRI, La giurisdizione sugli Stati stranieri, Milano, 1941, p. 96 ss. 26 Così L. FERRARI BRAVO, Le controversie in materia d’impiego presso enti

internazionali e la giurisdizione italiana, in Rivista di diritto internazionale, 1956, p. 550, in part. p. 556 ss. Nello stesso ordine di idee sembra porsi G.L. TOSATO, L’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato e la giurisdizione italiana, in Rivista di diritto internazionale, 1967, p. 150, in part. p. 158 ss., pur se l’A. determina l’ambito di operatività dell’esenzione avendo riguardo in ogni caso

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Si deve sottolineare che la tesi ora considerata presenta una certa coerenza e completezza di fondo, in quanto riesce a dare conto dell’intero fenomeno della organizzazione internazionale, che vede agire sul piano internazionale sia enti dotati di un alto grado di istituzionalizzazione e di indipendenza nei confronti degli Stati membri, sia enti che sembrano configurarsi come organi comuni degli stessi, pur se dotati di una qualche forma di autonomia e di una limitata capacità di intrattenere relazioni internazionali27.

Tuttavia per quanto riguarda l’efficacia dell’immunità nei confronti degli Stati terzi, questa tesi si fonda su un assunto non condiviso in maniera unanime e cioè che l’eventuale soggettività internazionale di un’organizzazione internazionale sia opponibile erga omnes, cioè tale da imporsi a tutti gli Stati (compresi quelli estranei all’organizzazione)28. Infine, parte della dottrina ha individuato nel consenso allo svolgimento di determinate attività sul proprio territorio da parte dello Stato, terzo o membro che sia, il fondamento del godimento dell’immunità con riguardo alle controversie relative ai rapporti giuridici originati da queste attività29. Tale argomento, non privo di una certa coerenza, si muove in realtà dal presupposto, tutto da verificare, che le limitazioni alla sovranità statale siano desumibili attraverso un metodo puramente presuntivo.

(cioè anche nell’evenienza in cui l’organizzazione sia sfornita della soggettività internazionale) alle finalità istituzionali dell’ente, quali ricavabili dall’atto costitutivo.

27 Ad esempio, la capacità di concludere un accordo di sede.

28 Cfr. L. FERRARI BRAVO, op. cit., p. 558 (con richiamo in nota al parere della

Corte internazionale di giustizia nel caso Bernadotte). Per una critica alla tesi ora richiamata, v. tra gli altri P. SANDS-P. KLEIN, Bowett’s Law of International Institutions, London, 2001, pp. 475-476.

29 Cfr. C.W. JENKS, op. cit., p. 34; D.W. BOWETT, op. cit., p. 310; R. PISILLO

MAZZESCHI, op. cit., p. 501 (con riferimento agli Stati terzi); A.S. MULLER, op. cit., p. 47 ss.

(19)

Inoltre si deve aggiungere che il risultato che si raggiungerebbe seguendo tale via non appare del tutto soddisfacente, in quanto non considera l’evenienza che la giurisdizione statale sia esercitata in relazione a situazioni o fatti non localizzati nel territorio statale, ma ugualmente dotati di un collegamento con l’ordinamento statale interno che giustifica la cognizione dei giudici locali: l’immunità sarebbe allora solo parziale.

Da ultimo si devono menzionare alcuni autori che, rinunciando ad affermare l’esistenza di limiti all’esercizio della giurisdizione in capo agli Stati terzi, configurano invece l’esistenza di una regola consuetudinaria valida per i soli Stati membri di un’organizzazione – della quale le disposizioni pattizie, ove esistenti, costituirebbero applicazione e specificazione – fondata principalmente sull’esigenza di indipendenza dell’organizzazione nei confronti degli Stati membri30. Inoltre viene anche affermato che, nel caso in cui il trattato istitutivo o un atto ad esso collegato nulla dispongano, si possa considerare implicita una norma che attribuisce l’immunità giurisdizionale all’organizzazione per le funzioni essenziali31. Questo orientamento si basa essenzialmente su un piano quasi esclusivamente logico-deduttivo: l’esistenza di obblighi in capo agli Stati viene desunta dalla necessità di garantire all’organizzazione l’esercizio indipendente delle proprie funzioni (c.d. criterio della necessità funzionale32). Tuttavia, non è stata effettuata una convincente verifica alla luce della prassi. Inoltre, non

30 Cfr. I. SEIDL-HOHENVELDERN, op. cit., p. 160; J. DUFFAR, op. cit., p. 59 ss.

(il quale considera l’immunità dalla giurisdizione quale una naturale conseguenza dell’esistenza di un sistema giuridico protettivo dell’organizzazione che sfugge all’applicazione del diritto degli Stati membri, e che viene definito sinteticamente con la locuzione “diritto istituzio- nale”); P.H.F. BEKKER, op. cit., p. 146 ss. (il quale parla di un principio generale di diritto delle organizzazioni internazionali, secondo cui gli Stati membri sono tenuti a riconoscere le immunità e i privilegi necessari per l’esercizio delle funzioni e l’immunità dalla giurisdi- zione per gli atti ufficiali).

31 Così R. PISILLO MAZZESCHI, op. cit., p. 500.

32 Così R. PISILLO MAZZESCHI, ibid. (il quale ipotizza la volontà implicita degli

(20)

viene presa in considerazione la diversa posizione dello Stato della sede rispetto agli altri Stati membri33: infatti nella prassi, può capitare che solo il primo assuma obblighi pattizi in tema di immunità dell’organizzazione. Ciò malgrado, l’insieme di disposizioni convenzionali viene trattato unitariamente, senza un’adeguata differenziazione.

Alla luce di quanto è stato esposto finora si può rilevare che le posizioni descritte sembrano non porre nel giusto rilievo alcuni dati importanti. Innanzitutto le organizzazioni internazionali non costituiscono una “categoria” con caratteristiche omogenee. Inoltre un’organizzazione internazionale è una creazione degli Stati, che sono liberi di conferirle un grado più o meno esteso di autonomia, così come una più o meno ampia capacità di intrattenere relazioni di tipo internazionale. Per questa ragione la valutazione in merito all’effettiva esigenza di conferire l’immunità dalla giurisdizione statale – immunità che rappresenta una limitazione alla sovranità statale – spetta in primo luogo agli Stati membri, e mal si presta ad essere condotta seguendo un ragionamento puramente logico-deduttivo34. Il criterio di necessità funzionale non può essere elevato al rango di fonte di obblighi per gli Stati in assenza di un’esplicita accettazione di questi ultimi.

Infine, le argomentazioni tradizionalmente impiegate per giustificare l’esistenza “necessaria” di principi o norme di carattere consuetudinario devono essere sottoposte ad una verifica attenta.

In particolare, diventa necessario saggiare la consistenza di quelle motivazioni con specifico riferimento all’esercizio della giurisdizione di

33 Talora viene studiata la particolare posizione dello Stato della sede, senza però che

venga approfondita l’eventualità di una diversa posizione: cfr. PH. CAHIER, op. cit., p. 393 ss. (il quale, quando tratta dell’esistenza di una norma consuetudinaria, si riferisce a tutti gli Stati); A.S. MULLER, op. cit., p. 47 ss. e p. 151 ss. (il quale limita la propria attenzione ai rapporti tra organizzazione e Stato della sede).

34 In questa ottica, v. X. PONS RAFOLS, Codificación y desarrollo progresivo del

derecho relativo a las organizaciones internacionales, Barcelona, 1995, p. 30 ss.

(21)

cognizione dei tribunali statali: ciò che può valere per altre manifestazioni del potere di imperio degli Stati (ad esempio, procedimenti esecutivi; misure coercitive di altra natura, provvedimenti cautelari; imposizione tributaria) non necessariamente risulta trasferibile al tema qui preso in considerazione.

Si deve infatti sottolineare che troppo spesso manca una verifica accurata dell’incidenza reale dell’esercizio del potere giurisdizionale statale sul funzionamento e l’indipendenza delle organizzazioni internazionali35. Quando invece ciò accade, si osserva che in realtà le controversie che possono significativamente interferire con il funzionamento o l’indipendenza delle organizzazioni rappresentano una minima parte del potenziale contenzioso delle organizzazioni36.

2.2 (Segue) Analisi della giurisprudenza italiana e

olandese

Con riguardo alla giurisprudenza italiana possiamo, fin da subito, sottolineare che bisogna prestare estrema cautela alle indicazioni da essa provenienti visto che, da un lato, l’atteggiamento dei giudici non è stato del tutto univoco e, dall’altro, non si è mai posto il caso di una controversia con un’organizzazione internazionale di cui l’Italia non fosse uno stato membro.

Numerose pronunce applicano alle organizzazioni internazionali il

35 Non si può negare che l’esigenza di indipendenza dagli Stati membri o il criterio di

necessità funzionale rappresentino una convincente ed utile chiave di lettura delle disposizioni convenzionali che attribuiscono l’immunità (specialmente quando queste contengono formulazioni vaghe): ciò concesso, dedurre che automaticamente si produca la sottrazione alla giurisdizione statale di qualsiasi organizzazione o di un’intera categoria di esse appare un salto logico non accettabile. In tal senso, v. anche S. DE BELLIS, p. 44 ss.

36 In termini generali, v. in questo senso le pertinenti osservazioni di A. REINISCH,

op. cit., p. 374 ss. Per un accenno a tale profilo per il contenzioso contrattuale, v. già Á. CHUECA SANCHO, Los acuerdos de sede, cit., pp. 202-203.

(22)

principio valido per gli Stati ed espresso col brocardo par in parem non

habet jurisdictionem. Si deve però rilevare che molte di queste sentenze

riguardano organizzazioni a cui risultava applicabile un regime giuridico peculiare. Queste ultime infatti beneficiavano di apposite norme pattizie che contemplavano un’immunità formulata in termini generali. A queste disposizioni presenti nei trattati istitutivi di organizzazioni di cui l’Italia faceva parte la nostra nazione aveva apposto una “riserva” secondo la quale il governo italiano riconosceva l’immunità dalla giurisdizione nella misura in cui essa starebbe stata applicabile agli Stati stranieri secondo i principi generali del diritto internazionale37.

Dobbiamo sottolineare il fatto che il richiamo, da parte dei giudici italiani, al regime valido per gli Stati non deve tranne in inganno essendo quest’ultimo frutto della riserva sopra menzionata e finalizzato a determinare la portata esatta dell’immunità che viene riconosciuta alle organizzazioni internazionali. Pertanto, queste pronunce non possono

37 Le riserve menzionate riguardano la Convenzione sui privilegi e le immunità delle

istituzioni specializzate ed il Protocollo addizionale n. 2 all’Accordo di Parigi del 21 maggio 1962 che istituisce il Centro internazionale di alti studi agronomici

mediterranei (CIHEAM). Sul punto, occorre segnalare che la riserva alla Convenzione sulle istituzioni specializzate (contenuta nella lettera del 29.4.1952 indirizzata dal Governo italiano al Segretario generale delle Nazioni Unite nella sua qualità di depositario: v. il comunicato del Ministero degli affari esteri, in G.U. 28.7.1952, n. 173) è stata abbandonata dal governo italiano attraverso il deposito di un nuovo strumento di adesione, privo di riserve, avvenuto il 30.8.1985 (cfr. il comunicato del Ministero degli affari esteri, in G.U. 22.11.1985, n. 275): sulla vicenda, v. anche S. DE BELLIS, op. cit., p. 99 ss. La riserva nei confronti del Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei è stata invece mantenuta e non ha ricevuto obiezione alcuna (sul punto, v. S. DE BELLIS, op. cit., 103 ss.). Va segnalato tuttavia che il governo italiano e il Centro hanno stipulato un “Accordo complementare relativo ai privilegi e le immunità del Centro in Italia”, firmato a Roma il 18 marzo 1999, con apposite disposizioni sull’immunità e sulle relative eccezioni (artt. 2 e 19). A partire dalla data di entrata in vigore dell’accordo (4.8.2000, come risulta dal comunicato del Ministero degli affari esteri, in G.U. 25.10.2000, n. 250), la riserva menzionata ha perso qualsiasi rilevanza.

(23)

assumere grande valore in tema di accertamento del fondamento consuetudinario dell’immunità delle organizzazioni.38

Esistono inoltre ulteriori sentenze in cui viene affermata la configurabilità dell’immunità a favore delle organizzazioni in assenza di disposizioni pattizie che la attribuiscono.

Alcune, piuttosto datate, sono state oggetto di molte critiche da parte di illustri studiosi della materia39; Altre, più recenti, rese tra il 1985 e 1990

38 Cfr. Cass. (s.u.), 21.10.1977, n. 4502, Iasbez c. Centre International de Hautes

Etudes Agronomiques Méditerranéennes, in Rivista di diritto internazionale, 1978, p. 575; Cass. (s.u.), 27.4.1979, n. 2425, Camera confederale del lavoro CGIL e

Sindacato Scuola CGIL provinciale di Bari c. Istituto di Bari del Centre International de Hautes Etudes Agronomi- ques Méditerranéennes, in Rivista di diritto internazionale, 1979, p. 793; Cass. (s.u.), 18 ottobre 1982, n. 5399, I.n.p.d.a.i. c. FAO, in Rivista di diritto internazionale, 1983, p. 187; Cass. (s.u.), 4.4.1986, n. 2316, Paradiso c. Istituto Agronomico Mediterraneo, in Riv. dir. int. priv. proc., 1988, p. 165; Cass. (s.u.), 20.11.1989, n. 4968, Chirico c. Istituto di Bari del Centre International d’Hautes Etudes Agronomiques Méditerranéennes, in Riv. dir. int. priv. proc., 1991, p. 488; Cass. (s.u.), 13.2.1991, n. 1513, Paradiso c. Istituto Agronomico Mediterraneo, in Giust. civ., Mass., 1991, p. 221; Cass. (s.u.), 8.6.1994, n. 5565, Nacci c. Istituto di Bari del Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei, in Rivista di diritto internazionale, 1994, p. 837. A questo filone possono ricondursi anche le pronunce rese riguardo al Comitato inter- governativo per le migrazioni europee: poiché l’accordo di sede con l’Italia del 16.4.1952 rendeva applicabile ad esso la Convenzione sulle istituzioni specializzate, i giudici italiani hanno inteso tale rinvio come inclusivo della suddetta riserva, articolando di conseguenza i propri ragionamenti. Cfr. Cass. (s.u.) 7.11.1973, n. 2910, C.I.M.E. c. Chiti, in Riv. dir. int. priv. proc., 1974, p. 579 (con nota di A. QUAGLINO, In tema di immunità del C.I.M.E. dalla giurisdizione italiana nelle controversie in materia di lavoro); Cass. (s.u.) 8.4.1975, n. 1266, C.I.M.E. c. Di Banella Schirone, in Rivista di diritto internazionale, 1976, p. 819.

39 Cassazione del Regno (s.u.), 26.2.1931, Istituto internazionale d’Agricoltura c.

Pro- fili, in Rivista di diritto internazionale, 1931, p. 386 (con nota di M. SCERNI, Personalità giuridica internazionale ed autonomia normativa) e in Foro it., 1931, I, c. 1424 (con nota di G. MORELLI, L’istituto internazionale di agricoltura e la giurisdizione italiana); Cass. (s.u.), 27.5.1955, Maida c. Amministrazione per gli aiuti internazionali, in Rivista di diritto internazionale, 1956, p. 546 (con nota critica di L. FERRARI BRAVO, cit.); Tribunale Roma, 12.6.1965, Marré c. Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato, in Rivista di diritto

(24)

sono relative ad un’unica organizzazione, L’Istituto italo-latino americano (IILA)40.

I giudici italiani, in questi casi, si sono affidati ad un ragionamento deduttivo, incentrato sull’applicazione alle organizzazioni internazionali, se dotate di personalità internazionale, del principio par

in parem non habet jurisdictionem e sulla riconduzione della materia del

lavoro, sottratta alla giurisdizione statale, alla sfera interna dell’ente. E’ possibile evidenziare la circostanza in base alla quale, nei casi concreti, talvolta l’accostamento alla posizione degli Stati si è tradotto in soluzioni sfavorevoli alle organizzazioni internazionali poiché i giudici si sono serviti della distinzione tra atti iure imperii e atti iure

gestionis per sottrarre una sfera rilevante del contenzioso (soprattutto

quello lavoristico concernente attività di natura accessoria rispetto al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente41) all’area di operatività dell’immunità .

Per questa ragione si deve rimanere estremamente cauti nell’indentificare nella giurisprudenza italiana un fattore della prassi idoneo a sostenere un’ipotetica norma consuetudinaria e ciò vale

internazionale, 1967, p. 149 (con nota critica di G.L. TOSATO).

40 Cass. (s.u.), 23.11.1985, n. 5819, Cristiani c. Istituto italo-latino americano, in

Rivista, 1986, p. 146; Cass. (s.u.), 3.2.1986, n. 667, Galasso c. Istituto italo-latino americano, in Rivi- sta, 1986, p. 890; Cass. (s.u.), 18.8.1990, n. 8433, Istituto italo-latino americano c. Bonanni ed a. e Schmukler ed a., in Riv. dir. int. priv. proc., 1992, p. 143.

41 Cass. (s.u.), 23 novembre 1985, n. 5819, Cristiani c. Istituto

italo-latino-americano, cit.; Cass. (s.u.), 18 agosto 1990, n. 8433, Istituto Italo-Latino Americano c. Bonanni ed a. e Schmukler ed a., cit. Su questa tendenza evolutiva della

giurisprudenza, cfr. A. CASSESE, op. cit., p. 557 ss. Da ultimo, v. Pretura circondariale Bari, 8.4.1997, Anelli c. Istituto di Bari del Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Méditerranéennes, in Riv. dir. int. priv. proc., 1997, p. 967 ss.

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soprattutto per quegli autori che, nel citare le suddette pronunce, intendono affermare che tale immunità è assoluta.

Si aggiunga che l’adozione di un apposito accordo di sede42 tra Italia e IILA, concluso in data 12.10.1999 ed entrato in vigore il 23.07.2005, ha probabilmente fatto sì che la Cassazione non sia più tornata a pronunciarsi sull’IILA.

Alcuni sviluppi degli ultimi anni potrebbero inoltre preludere ad un mutamento di orientamento e imporre una riconsiderazione complessiva dell’atteggiamento dei giudici italiani riguardo a questo tema.

In occasione di una prima pronuncia della Cassazione concernente un ente istituito dall’Italia e un’organizzazione “maggiore”43, la quale non poteva invocare una norma pattizia attributiva dell’immunità, non si fece ricorso al principio par in parem non habet jurisdictionem e si negò l’immunità dalla giurisdizione.

Successivamente in altre due pronunce relative alla Scuola europea di Varese, la Cassazione ha negato a quest’ultima l’immunità dalla giurisdizione

42 In data 12.10.1999 è stato concluso un Accordo di sede tra l’Italia e l’IILA, con

annesso Scambio di note modificativo del 5.2.2001 (eseguito con legge 12.7. 2005, n. 141, in G.U. 22.7.2005, n. 169), che è entrato in vigore il 23.7.2005: in esso non viene contemplata un’immunità dalla giurisdizione dell’ente, ma è previsto che per le controversie con funzionari ed esperti sia competente il Tribunale amministrativo dell’IILA, mentre per quelle con altri soggetti privati dovranno essere risolte con altri metodi (per i contratti, dovrà essere inserita una clausola arbitrale; per il contenzioso extracontrattuale, dovrà essere stipulata apposita polizza che preveda la sostituzione processuale dell’IILA ad opera dell’impresa assicuratrice). Ciò spiega perché la giurisprudenza italiana non ha avuto più occasione di tornaresul tema di un’eventuale immunità dell’ente.

43 Accordo del 24.10.1964 tra il Governo italiano e l’Organizzazione Internazionale

del Lavoro, concernente il Centro internazionale di perfezionamento professionale e tecnico (successivamente ridenominato Centro internazionale di formazione dell’OIL).

(26)

La Suprema Corte ha motivato il diniego nella prima sentenza sostenendo che la Scuola europea di Varese sarebbe sprovvista della soggettività internazionale44 e nella seconda in base alla circostanza per cui, anche a voler riconosce a quest’ultima una limitata soggettività internazionale, questa non sarebbe sufficiente a giustificare l’applicazione della norma valevole per gli Stati45.

In particolare, in quest’ultima sentenza, la Cassazione ha rilevato che l’immunità dalla giurisdizione deve risultare, espressamente o implicitamente, dalle norme pattizie relative all’organizzazione oppure, in alternativa, dalla legislazione nazionale46 e, per questa ragione, non ravvisandosi per la controversia in oggetto disposizioni positive di questo tipo, la corte ha negato l’immunità.

Si può menzionare un’ulteriore sentenza, coeva a quella esaminata

44 Cass. (s.u.) 29.10.1992, n. 11781, Centro internazionale di perfezionamento

professionale e tecnico di Torino (OIL) c. Tirone, in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p. 969 ss. Fermo restando che la cosa che qui rileva è che la Corte abbia negato l’immunità dalla giurisdizione, non si può sottacere che il ragionamento seguito dalla Corte per negare l’applicazione al Centro della Convenzione sulle Istituzioni specializzate non sia persuasivo: v. lo scambio di lettere tra il Direttore generale dell’OIL e il Ministro degli affari esteri italiano, intervenuto nella more del procedimento e riprodotto in F. POCAR et al., Codice delle convenzioni di diritto internazionale privato e processuale, 3a ed., Milano, 1999, p. 1829

45 Cass. (s.u.) 23.1.1990, n. 376, in Giust. civ., 1990, I, p. 661 ss. (controversia di

impiego con un insegnante). I giudici richiamano l’art. 6 dello Statuto delle Scuole europee (approvato con l’accordo del 12.4.1957 con riferimento alla Scuola europea di Lussemburgo, e richiamato dal Protocollo del 13.4.1962, relativo all’istituzione delle Scuole europee in altri paesi), il quale recita: «La scuola, nei riguardi della legislazione di ciascuna delle Parti contraenti, ha lo stato giuridico di un istituto pubblico». Ad abundantiam, notano che «lo scopo istituzionale che la scuola europea si propone, vale a dire l’insegnamento della lingua materna ai figli di funzionari degli stati aderenti alla CEE, esclude che la scuola stessa abbia finalità che travalichino gli interessi dei singoli Stati per conseguire finalità pubbliche di diritto internazionale».

46 In questo passaggio viene richiamata la coeva sentenza sull’Istituto universitario

europeo, Cass. (s.u.) 18.3.1999, n. 149, Istituto universitario europeo c. Piette, in Giust. civ., 1999

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pocanzi, avente ad oggetto una controversia tra l’Istituto universitario europeo (IUE) ed un ex-dipendente47 in cui la Cassazione ha seguito un ragionamento analogo.

Nella sentenza la Suprema Corte , non esistendo diposizioni pattizie in merito all’immunità dalla giurisdizione48, ha stabilito che “non è sicura

la formazione di una consuetudine che permetta di estendere a tutte le organizzazioni internazionali il principio par in parem non habet jurisdictionem, operante tra gli Stati”; perché questo principio “non opera necessariamente (...) ogni qual volta ad un’organizzazione internazionale venga attribuita la capacità di perseguire i propri fini, limitati e non generali come quelli degli Stati, attraverso accordi internazionali” e per finire perché “nell’impossibilità di porre su un piano di parità assoluta Stato ed organizzazione internazionale, privilegi ed immunità spettanti a quest’ultima possono derivare solo da specifiche norme scritte” (cioè da una disposizione pattizia o da una

fonte statale).

Infine la Corte, nelle conclusioni, osserva che “l’attribuzione ad una

organizzazione internazionale non statale, nella convenzione ratificata, della capacità di concludere accordi con governi statali comporta sì il riconoscimento di una soggettività giuridica internazionale, ma che però non basta ad equipararla ad uno Stato estero, tanto da assicurarle l’immunità giurisdizionale alla stregua del principio par in parem non habet jurisdictionem, implicitamente recepito attraverso l’art. 10 Cost.”.

47 Cass. (s.u.) 18.3.1999, n. 149, Istituto universitario europeo c. Piette, in Giust.

civ., 1999, I, p. 1309 ss.; Europa e diritto privato, 2000, p. 189 ss.

48 L’art. 4 della Convenzione istitutiva (firmata a Firenze il 19.4.1972) conferisce

all’Istituto le immunità necessarie al compimento della sua missione «in conformità del protocollo allegato» alla Convenzione medesima, «che ne costituisce parte integrante». Detto Protocollo prevede esclusivamente l’immunità dall’esecuzione, senza menzione alcuna dell’immunità dalla giurisdizione. L’Accordo di sede (firmato a Roma il 10.7.1975), dal canto suo, non prevede alcuna immunità dalla giurisdizione.

(28)

In una più recente sentenza del 2005, concernente nuovamente l’IUE, la Cassazione ribadisce l’impostazione ora analizzata ma giunge a conclusioni differenti sull’esistenza, nel caso concreto, di un fondamento pattizio dell’immunità.

Questa pronuncia, nel propendere per una risposta positiva in merito all’immunità dell’organizzazione, è stata oggetto di molte critiche in dottrina49essendo frutto di un’interpretazione, per così dire, “azzardata”, da parte dei giudici di legittimità.

Ai fini dell’indagine che ci interessa, quel che preme rilevare, è che le affermazioni di principio contenute nei casi sopra menzionati vengono ripetute in questa ulteriore pronuncia.

In definitiva ciò che emerge dall’esame di queste sentenze consiste nella circostanza che la Corte di Cassazione nega, spesso, radicalmente i propri precedenti e dimostra di volere procedere con un approccio più rigoroso per riconoscere l’immunità dalla giurisdizione.

Infatti dal linguaggio impiegato e dalla natura degli enti presi in considerazione potrebbe ricavarsi la regola in base alla quale in caso di enti con compiti circoscritti e dotati di scarso rilievo internazionale si deve fare affidamento esclusivamente su disposizioni pattizie mentre, al contrario, quando ci troviamo in presenza di organizzazioni internazionali, dotate di una personalità internazionale “ampia” queste sarebbero poste su di “un piano di parità assoluta” con gli Stati e pertanto le stesse possono certamente beneficiare dell’applicazione del principio consuetudinario ormai noto50 applicabile agli Stati.

Sarà pertanto opportuno attendere ancora per poter valutare se questa

49Corte di Cassazione (Sezioni Unite), 28.10.2005, n. 20995, Pistelli c. Istituto

Universitario Europeo, in Guida al diritto-Il Sole 24 Ore, 2006, n. 3, p. 40, con nota critica di N. RONZITTI, Sull’immunità concessa all’ente nessun contrasto con la Costituzione, p. 45, in part. p. 47. In particolare, la Cassazione hadedotto l’immunità dalla giurisdizione di cognizione dal fatto che il Protocollo sopra menzionato e l’Accordo di sede conferisconoall’ente l’immunità dall’esecuzione e ai suoi agenti l’immunità dalla giurisdizione dei tribunali italiani.

50

(29)

svolta nella giurisprudenza di legittimità si possa consolidare e se saranno forniti, all’uopo, dei criteri precisi e concreti per distinguere le organizzazioni beneficiarie del principio ora menzionato dalle organizzazioni di altro tipo51.

Potremmo anche azzardare una chiave di lettura diversa della posizione assunta dalla Corte di Cassazione in queste ultime sentenze e ritenere che la Suprema Corte italiana abbia preparato il terreno per una revisione generale del proprio indirizzo nella prospettiva di un’adesione alla tesi del fondamento pattizio dell’immunità dalla giurisdizione. Aldilà di questa nuova prospettiva, quel che è certamente possibile affermare, in questa fase, è che la giurisprudenza italiana non può essere richiamata sic et simpliciter a sostegno della tesi del fondamento consuetudinario dell’immunità.

Anche la giurisprudenza olandese, utilizzata sovente come sostegno alla tesi del fondamento consuetudinario dell’immunità dalla giurisdizione, fornisce dei dati che non sono il frutto di un orientamento univoco e radicato in una vera e propria “dottrina” giurisprudenziale e si deve perciò, anche in questo caso, prestare una certa attenzione nell’esaminarla.

Da una prima analisi sembrerebbe infatti che esistano alcune decisioni in cui, anche in assenza di esplicite previsioni pattizie, viene riconosciuto ad una data organizzazione l’immunità sulla base del diritto consuetudinario.

Tuttavia le soluzioni raggiunte dalla giurisprudenza olandese non sembrano particolarmente significative né dal punto di vista quantitativo né da quello qualitativo.

Infatti, in un primo caso, l’organizzazione interessata, ossia l’Eurocontrol, esercitava poteri sovrani trasferiti ad essa dagli Stati

51 Tali criteri sarebbero necessari, in omaggio ad elementari esigenze di certezza del

diritto e di trasparenza.

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membri e per questo i giudici di merito hanno ritenuto applicabile la stessa immunità valida per gli Stati membri52. Il ragionamento seguito dalla Corte appare articolato in due passaggi principali: nel primo si tenta di dimostrare che le diposizioni pattizie pertinenti non attribuiscono né escludono l’immunità; nel secondo si stabilisce che , poiché gli stati fondatori hanno trasferito all’ente una porzione di poteri sovrani relativi alla sicurezza della navigazione aerea al di sopra dei propri territori, l’Eurocontrol ha diritto all’immunità sulla base del diritto internazionale consuetudinario nella misura necessaria allo svolgimento dei propri compiti di servizio pubblico.

In una seconda pronuncia relativa ad una controversia intervenuta tra il Tribunale per i reclami Iran/Stati Uniti e un dipendente , nonostante l’immunità fosse stata riconosciuta unilateralmente dal governo olandese53, sulla base dei poteri conferitigli da una disposizione legislativa 54 , la Corte Suprema ha circoscritto l’operatività dell’immunità all’interno dello Stato della sede e relativamente alle attività strettamente connesse con lo svolgimento dei compiti istituzionali55.

52 Cfr. Rechtbank (Corte distrettuale) di Maastricht, 12.1.1984, A.P.F. Eckhardt v.

European Organization for the Safety of Air Navigation (Eurocontrol), in Netherlands Y.B. of Int. Law, 1985, p. 464 ss.

53 V. lo Statement on Tribunal’s Immunity.

54 Si tratta dell’art. 3 della legge 24.12.1947, che approva la Convenzione sui

privilegi e le immunità delle Nazioni Unite: cfr. H.F. VAN PANHUYST et al. (eds.), International Law in the Netherlands, II, Alphen aan den Rijn-Dobbs Ferry, 1979, p. 21.

55 Cfr. Hoge Raad (Corte Suprema), 20.12.1985, Ary Spaans v. Iran-United States

Claims Tribunal, in Netherlands Y.B. Int. Law, 1987, p. 357 ss. (in part., § 3.3.4). Appare interessante che la Corte si preoccupi di precisare che i fattori che forniscono una soluzione alla questione del godimento dell’immunità da parte di uno Stato non necessariamente offrono una risposta al diverso problema dell’immunità delle organizzazioni internazionali.

(31)

Quindi la Corte ha sì richiamato il diritto consuetudinario ma, allo stesso tempo, ha limitato la portata della propria affermazione circa la sussistenza di una norma non scritta.

A ciò si deve aggiungere che il valore da conferire a questo passaggio della motivazione della Corte potrebbe essere valutato anche in modo dubbio vista la presenza di una esplicita base normativa nel diritto olandese che era già stata espressamente richiamata dai giuridici di grado inferiore56.

Inoltre in dottrina ci si domanda se l’atteggiamento della Corte Suprema non sia stato influenzato dalla natura particolare dell’organizzazione de

qua ossia un tribunale internazionale57.

2.3 le posizioni contrarie al fondamento consuetudinario

dell’immunità: la giurisprudenza belga, inglese, svizzera e

delle corti Latino-Americane

All’interno dell’Europa, accanto a molte pronunce che apparentemente sembrano confermare la tesi del fondamento consuetudinario dell’immunità dalla giurisdizione58, esistono molte altre sentenze in cui si nega la sussistenza della suddetta immunità in assenza di disposizioni

56 Le corti di merito avevano affermato in principio la sussistenza dell’immunità per

gli atti iure imperii dell’organizzazione, basandosi sulla concessione unilaterale da parte del governo olandese, ma erano giunte a conclusioni opposte circa la qualificazione del rapporto lavorativo dedotto in giudizio (servizi di traduzione ed interpretariato): cfr. Local Court de L’Aja, 8.6.1983, Ary Spaans v. Iran-United States Claims Tribunal, in Netherlands Y.B. Int. Law, 1984, p. 429 (per la

riconduzione del contratto alle attività iure gestionis); Rechtbank (Corte distrettuale) de L’Aja, 9.7.1984, Iran-United States Claims Tribunal v. Ary Spaans, in

Netherlands Y.B. Int. Law, 1985, p. 471 s. (per la qualificazione del contratto in termini diattività iure imperii).

57 Marcello Di Filippo, Immunità dalla giurisdizione versus diritto di accesso alla

giustizia: il caso delle organizzazioni internazionali, p 20 ss

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pattizie o legislative che la sanciscano, senza alcun riferimento a norme generali del diritto internazionale.

Si può menzionare al riguardo la Corte di Cassazione del Belgio la quale si è espressa nel senso che non esiste alcun principio generale di diritto internazionale che riconosce l’immunità dalla giurisdizione statale a favore degli enti internazionale. Inoltre la Suprema Corte belga ha stabilito che è necessario individuare una norma pattizia attributiva di tale immunità che sia vincolante per lo Stato belga e che sia correttamente eseguita nell’ordinamento interno59 affinché i tribunali belgi siano tenuti a declinare la propria competenza ad esercitare la giurisdizione su una determinata controversia.

Anche la giurisprudenza inglese si esprime in senso contrario alla tesi del fondamento consuetudinario dell’immunità dalla giurisdizione delle organizzazioni internazionali. A tal proposito si possono prendere in considerazione due controversie sorte dalla crisi finanziaria dell’International Tin Council (ITC); In entrambe le pronunce i giudici inglesi si sono espressi assumendo una posizione netta sulla questione dell’applicabilità alle organizzazioni della norma valida per gli Stati. Nella prima pronuncia, si afferma, data la pretesa dell’ITC di vedersi applicato lo stesso trattamento riconosciuto agli Stati, che le organizzazioni internazionali non hanno il diritto di pretendere nei loro confronti l’applicazione delle norme sull’immunità degli stati e sulle immunità diplomatiche in quanto l’immunità dalla giurisdizione può derivare solo da un atto normativo ed esclusivamente nei limiti in esso contemplati60.

59 Cour de Cassation, 12.3.2001, caso n. S.99.0103.F, Ligue des Etats Arabes c. T.M.,

in http://www.cass.be, p. 13.

60 Cfr. High Court, Queen’s Bench Division (Commercial Court), 17.4.1986

Standard Chartered Bank v. International Tin Council and others, in Int. Law Reports, vol. 77, p. 8, in part. pp. 16-17, ove il giudice Bingham così scrive: «...international organisations such as the I.T.C. have never so far as I know been recognised at common law as entitled to sovereign status. They are accordingly

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