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2.3 Stato dell’arte sull’EM

2.3.3 Servizi di supporto e formazione offert

Sulla base degli aspetti problematici rilevati negli studi citati (par. 2.3.2), in molti casi è stata espressa o auspicata la necessità di preparare i docenti e lo staff amministrativo ai cambiamenti – specialmente linguistici – che il processo di internazionalizzazione può comportare:

The issue of foreign language proficiency is one that should be addressed through systematic professional development. This is particularly relevant in settings where English is not the first language of staff and students. (Beelen, 2012, p. 14)

A livello europeo, come riportato nel sondaggio di Wächter e Maiworm (2015), l’introduzione di corsi in inglese ha infatti richiesto un’attenzione alla competenza linguistica sia degli studenti che dei docenti e dello staff amministrativo. Per esempio, è prassi per molte università

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richiedere agli studenti di presentare dei certificati linguistici (come il TOEFL o l’IELTS) oppure di superare un test d’entrata per accertarne le conoscenze in inglese (Unterberger, 2012). Anche ai docenti che insegnano in inglese viene richiesto di possedere una competenza linguistica adeguata:

Relating to the English skills of academic staff, about half of the Master programmes and 70% of Bachelor programmes that responded to the survey reported that English proficiency is an important selection criterion for the recruitment of new academic staff. (Wächter & Maiworm, 2015, p. 23)

Al contrario di quanto succede per gli studenti, però, nelle selezioni del corpo docente non sempre è necessario mostrare le credenziali attestanti il livello di competenza posseduta. Inoltre, dal punto di vista della preparazione linguistica, i corsi obbligatori per i docenti sono piuttosto rari, con solo l’11% per chi insegna al master, e il 19% per quelli che insegnano alla triennale (Wächter & Maiworm, 2015, p. 23). L’unico paese tra quelli del Nord Europa ad aver inserito l’obbligo di seguire dei corsi di lingua per i propri docenti sono i Paesi Bassi, forse anche in seguito ad alcuni studi che avevano riportato l’insoddisfazione degli studenti che seguivano i corsi di inglese, riguardo il livello linguistico dei loro docenti, soprattutto la loro pronuncia (v. Klaassen, 2008). Per il resto, solo nei paesi del centro e sud Europa, in cui la presenza dei programmi in inglese veicolare è più recente, viene richiesto di frequentare dei corsi per migliorare le competenze linguistiche (Wächter & Maiworm, 2015).

Tradizionalmente, infatti, allo staff accademico non viene proposta una formazione pedagogica, poiché l’incarico che ricoprono viene spesso considerato in relazione alla ricerca, e non alla docenza:

while the latter [staff at primary and secondary school] are primarily identified as teachers, and generally receive pedagogical education in preparation for that profession, the former are largely defined according to their role as researchers, which is also reflected in the fact that tertiary teaching staff seldom obtain any substantial pedagogical training. (Smit & Dafouz, 2012b, p. 3) Questa propensione del mondo accademico verso la ricerca rispetto alla docenza (Werther et al., 2014) è osservabile anche nei criteri di assunzione dei nuovi membri dello staff accademico, che nella maggior parte dei casi vengono selezionati in base alla rilevanza e al numero delle loro pubblicazioni.

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Tuttavia, in alcune università italiane ad esempio, a questo criterio sono state recentemente aggiunte le valutazioni annuali degli studenti – che si esprimono sui docenti di cui hanno seguito i corsi – come indicatore della qualità dell’insegnamento, al fine di permettere un avanzamento di carriera. L’introduzione di questo fattore ha avuto delle implicite conseguenze anche per l’erogazione dei corsi in inglese, poiché in alcuni casi le valutazioni sulla didattica dei docenti che insegnano in inglese sono risultate inferiori rispetto a quelle di chi insegna nella lingua locale, come è risultato anche dalle statistiche dell’ateneo analizzato in questo studio (dati riservati dell’ufficio Ufficio Controllo di Gestione - Settore Valutazione dell’Università Ca’ Foscari e non pubblicabili), che sono servite come base di partenza per l’attivazione del progetto di supporto linguistico e metodologico.

Un altro componente da considerare è lo staff amministrativo universitario che, con l’arrivo e l’aumento degli studenti stranieri, si trova ad avere bisogno di nuove competenze linguistiche e comunicative da affiancare a quelle già possedute (van der Werf, 2012; Earls, 2016; Leask & Beelen, 2010). Nel sondaggio di Wächter e Maiworm viene indicato che la competenza linguistica dello staff amministrativo universitario “was regarded as least satisfactory by the survey respondents” (2015, p. 106), specialmente nella parte sud-est dell’Europa (p. 102). Tuttavia, nonostante non ci siano misure obbligatorie per migliorare la competenza inglese dello staff, paesi come l’Italia, la Romania e l’Olanda riportano di aver richiesto al loro personale amministrativo di seguire forme di training (p. 116). Allo scopo di migliorare le competenze dello staff accademico, quindi, numerose università hanno avviato dei progetti volti alla loro formazione o aggiornamento, usualmente offerti dai centri linguistici delle rispettive università. Di seguito, ne vengono forniti alcuni esempi, le cui modalità e risultati sono stati descritti negli studi avvenuti sia nella parte settentrionale che meridionale dell’Europa.

L’Università di Maastricht, nei Paesi Bassi, per esempio, è stata una delle prime ad attivare programmi EMI durante la metà degli anni ‘80 (Wilkinson, 2013) e, nelle fasi iniziali del suo programma di implementazione, ha fornito aiuto sia agli studenti che ai docenti, attraverso osservazioni delle dinamiche di classe, seguite da feedback e da corsi per sviluppare le abilità orali, lessicali e grammaticali. È stato inoltre previsto un training ai docenti sulle loro capacità espositive e sulla scrittura accademica, accompagnato da supporto sui materiali usati a lezione (Wilkinson, 2008). Nonostante in seguito i fondi stanziati siano stati ridotti (p. 57), quantomeno le fasi di transizione sono state guidate da dei progetti che hanno permesso di monitorare il passaggio dalla lingua locale all’inglese.

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In Spagna invece, all’Universitat Jaume I, un progetto pilota di due anni è stato avviato con la collaborazione del Dipartimento di Inglese (Fortanet, 2008). L’Università mirava a favorire l’internazionalizzazione attraverso l’incremento della quota di insegnamenti tenuti in inglese e la loro integrazione nei curricula, anche grazie a docenti stranieri (p. 24). Sono stati perciò offerti dei corsi di EAP (English for Academic Purpose) ai docenti che avevano espresso dei dubbi circa la propria preparazione linguistica. I promotori del progetto erano inoltre spinti dall’esigenza di acquisire “better knowledge of the teaching methodologies used in other universities” (p. 24), probabilmente con l’idea di apprendere ed utilizzare le metodologie di paesi dove l’insegnamento di materie accademiche in inglese veicolare è già considerato una pratica consolidata. Infatti, dallo studio di Fortanet (2008) è emerso come i docenti sentissero il bisogno di un strumento condiviso, che li aiutasse a pianificare l’introduzione dell’inglese nelle loro discipline (p. 28).

Un altro progetto di formazione e supporto è stato attuato presso l’Università dei Paesi Baschi, dove nel 2010-11, è stato erogato un corso di pedagogia EMI rivolto ai docenti (Ball & Lindsay, 2013, p. 48), in cui sono stati trattati aspetti quali: la lezione accademica (staging e signposting), classroom management, uso della terminologia, CALP (Cognitive Academic Language Proficiency), come stimolare la partecipazione degli studenti, e come valutarli durante gli esami (p. 52). Nel loro studio, Ball e Lindsay descrivono alcune delle tematiche elencate, e mostrano come queste siano state trattate e recepite dai docenti (pp. 53-57).

In Italia, per esempio, da uno studio effettuato da Helm e Guarda (2016) presso l’Università di Padova, i docenti intervistati hanno espresso il desiderio di ricevere delle forme di supporto (p. 7). Dall’anno accademico 2011-12, il centro linguistico dell’Università organizza una serie di iniziative studiate ad hoc per andare incontro alle varie necessità e livelli di competenza dello staff accademico (v. Dalziel, 2017, pp. 136-137). Una di queste in particolare, denominata progetto LEAP (Learning English for Academic Purpose), si rivolge ai docenti che insegnano in inglese per aiutarli nel passaggio da una lingua all’altra, attraverso occasioni di training (p. 139). Nelle varie edizioni del progetto sono state sperimentate diverse modalità di formazione, come seminari, corsi full-immersion o blended e servizi di consulenza (pp. 140-142), che hanno permesso di capire quali siano le tipologie di supporto più adeguate; ad esempio, il fatto che alcuni docenti abbiano ritenuto un “one-week course” più compatibile con i loro impegni, rispetto ad un corso su base semestrale, oppure la preferenza per dei workshops che trattassero di volta in volta temi specifici (p. 144). Lo scopo del progetto è stato quello di aumentare la

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consapevolezza dei partecipanti a proposito dei “many complex issues that both teaching and learning in a foreign language raises, both for lecturers and students in HE” (Guarda & Helm, 2016, p. 4).

Oltre agli esempi di teacher training (per una lista, cfr. Costa, 2015), in molti paesi sono state proposte anche delle certificazioni oppure dei test linguistici, organizzati dai centri linguistici delle università, per attestare il livello dei docenti e la loro preparazione linguistica, come ad esempio il progetto PLATE all’Università di Copenaghen (Kling & Hjulmand, 2008), dove è stato successivamente sviluppato anche il “Test of Oral English Proficiency for Academic Staff” (TOEPAS), per verificare le competenze dei docenti (Kling & Stæhr, 2013). Oppure il test d’accreditamento TOPTULPE (Ball & Lindsay, 2013, pp. 46-47), utilizzato per definire il livello di competenza da raggiungere, corrispondente al livello C1 del CEFR (COE, 2001). Nonostante la varietà di contesti e alcune differenze nelle modalità con cui sono stati condotti sia i progetti di supporto e formazione, sia gli studi che si sono occupati di darne una descrizione, è possibile affermare come, in tutti gli esempi forniti finora, il tipo di training previsto per i docenti che insegnano corsi in EMI presenta due principali obiettivi: “1) training for better English language competences; 2) training for new teaching methodologies” (Costa, 2015, p. 129). Questa suddivisione di base è utile per riassumere le due principali problematiche che sono state prese in esame anche all’interno del presente lavoro di ricerca: la lingua e la metodologia.