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SMARRITO UN GATTO NELLA SELVA OSCURA DELL’OROSCOPO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 29-33)

to superfluo agire. Soltanto a posteriori s’è fatto coinvolgere, a fatto compiuto, in una sorta di tardiva, fredda, doverosa assimilazione dell’oggetto, buono o cattivo, in realtà già perduto da sempre, perché mai realmente posseduto.

Ogni dominante ha le sue reazioni. Un mercuriano non avrebbe sopportato a lungo quel burattino tigrato e feroce, perché non ci si poteva giocare, né avrebbe tollerato in casa un furbo concorrente: il multiforme ingegno d’Ulisse, ad Itaca, non aveva risparmiato nessuno dei voraci parassiti.

Un gioviale avrebbe tollerato qualche tradimento, ma dopo aver visto misco-nosciuta la propria tirannia illuminata, si sarebbe trasformato nello Zeus folgorato-re, trattando il gatto come il ribelle Efesto, scagliato giù dall’Olimpo per ritornarvi zoppo dopo la caduta. E così via…

La mia riluttanza iniziale ad accettare l’animale significa che il mio inconscio sapeva che tutto era già scritto? Quest’inconscio parla fluentemente la lingua degli astri e dei fenomeni psichici, compensando oscuramente la nostra vita diurna: un ateo convinto come mio padre sognava che un frate nero e incappucciato cercava di fargli leggere a forza un misterioso libro verde. Una volta, quando in sogno chiesi ragione a lui, morto da vent’anni, delle nostre perdite e del destino, mi rispose, met-tendosi un dito sulle labbra, con una sola parola: “Silenzio”. La soluzione sarebbe non fiatare? Non giudicare più minacciosa la posizione di Saturno sulle effemeridi, senza pretendere che il nostro oroscopo ci sveli quel che già siamo? Saremmo an-cora astrologi o solo più filosofi caserecci?

Sempre l’inconscio, c’insegna, attraverso i dizionari popolari dei sogni, che il gatto, dalle sette anime e nove vite, annuncia infedeltà. Infedeltà a noi stessi? Il gatto bianco ruba i raggi della luna. Quello nero porta male e va bruciato come le streghe. Sono giudizi umani, non felini. Che idea può farsi dell’uomo, del suo “pa-drone”, un magico gatto randagio arrivato col Sole in Gemelli? Lo vedrà come uno sprecone senza fantasia, che butta cibo ancora buono nei cassonetti, svuotati da voraci bestie di ferro con le ruote, che masticano rumorosamente. Forse quel gatto si riteneva il padrone del territorio, un peloso re in esilio di cui noi eravamo solo i servi della gleba, tollerati per le nostre offerte di salsicce.

Gli Egizi, con le loro divinità a testa d’animale, esprimevano l’impersonalità universale del divino. L’animale, infatti, è qualcosa di meno e nello stesso tempo di più dell’uomo: è angelo e bestia. La sua saggezza o ferocia istintiva lo disumanizza e divinizza. La pianta esprime invece una coscienza ancora più impersonale, in cui ogni foglia, fiore, frutto non è che la cellula dell’intero organismo, del grande albero. Molti popoli lo intuirono, mettendo al centro del loro universo sacro l’albero di vita o asse del mondo, che variava con le culture: acacia, frassino, palma, quercia, fico.

Gli animali, che abbiamo posto fra le costellazioni, rappresentano un nostro prolungamento. Attraverso regni minerali, vegetali e animali, noi esprimiamo l’ada-mantina fermezza del cristallo, la sete di luce della foglia, la determinazione di un

serpente o l’innocente volo di una colomba. La natura partecipa al desiderio umano di strisciare o di volare proiettandolo nell’erba e nel cielo. Qui le differenze fra indi-viduo e specie esistono soltanto sul piano fisico: tutti i gatti si riflettono nel Grande Gatto, come noi (e i nostri segni zodiacali) nell’Uomo Cosmico che assimila l’intero Zodiaco nei suoi organi. La “brama di vivere” vibra allora su varie lunghezze d’onda, in colori, gemme, piante, bestie, pianeti. Un tempo, l’uomo sacrificava a questo sco-po animali affini alla divinità planetaria presco-posta, per agire col favore degli astri, e allora, volendo operare su tutta la gamma planetaria o su tutto lo Zodiaco, quale miglior sacrificio dell’uomo stesso? Per fortuna quei tempi cruenti sono finiti.

L’esame dei tabù alimentari è interessante. Perché mai Mussulmani ed Ebrei non mangiano carne di maiale ed i secondi non possono associare la carne al latte nello stesso pasto, né possono cibarsi di molluschi o pesci senza squame? Il latte è simbolo dell’odiata Grande Madre, come la scrofa, le conchiglie ed il delfino. Dire di più ci farebbe uscire troppo dal nostro orticello, passando dalle erbe balsamiche dell’astrologia a quelle delle streghe.

Lo zoo planetario è generalmente: Sole = leone, Luna = scrofa, cagna, vacca, lepre, Mercurio = ibis, gallo, gru, Venere = oca, colomba, Marte = lupo, cavallo, pic-chio, Giove = aquila, Saturno = capra. Non tutti saranno d’accordo, specialmente i praticanti del Vudù che si limitano a sacrificare galline, per ragioni economiche. Agli animalisti ricordo che l’immortalità dell’anima, nel regno zoologico, generalmente è negata, ma l’animale sacrificato, in certe culture, beneficia del rito stesso, rinascen-do come uomo. Un po’ pararinascen-dossale, perché l’animale è un’estensione del monrinascen-do fi-sico umano, cui nell’aldilà dovrebbero corrispondere solo gli stati di coscienza più bassi (il nostro subconscio).

Gli animali sono compagni inseparabili del mito astrologico. Nel circo zodiaca-le anche i segni di forma umana hanno analogie animali: i Gemelli col cavallo alato, la Vergine con la civetta e la mitica Medusa, l’Acquario col cinghiale, quest’ultimo poi sostituito, nell’orientamento celeste, dall’Orsa Maggiore. Cinghiale ed orso, in-fatti, sono simboli del solstizio invernale e del nord, ed in certe lingue come l’ingle-se, i fonemi quasi coincidono (boar, bear). Così, l’uccisione del Minotauro da parte di Teseo c’informa che l’anno non inizierà più all’equinozio primaverile, ma al solstizio d’inverno. Ancor più trasparenti sono tetramorfo biblico e sfinge, composti dalle quattro creature zodiacali dei segni fissi, Toro, Leone, Scorpione, Acquario, espri-menti il magico momento equidistante da solstizi ed equinozi. In sostanza, lo

Zo-diaco e le costellazioni sono rappresentate proprio dagli animali salvati dal diluvio atlantideo nell’Arca (di Noè e dell’Alleanza), insieme alla Tradizione stessa.

Ripassando dall’universale al magico quotidiano, mi ricordo che un giorno un cliente invitò un esterrefatto Federico Capone a commentare la presenza dell’invisi-bile animaletto o “spirito familiare” sulla propria spalla. Inutile gridare al pazzo: ognuno di noi ha sempre in sé tali impalpabili creature (stellari o sotterranee) che minacciano o proteggono, pretendono attenzione od offrono speranza, al di là

d’o-gni logica. È irrilevante che le rinveniamo fra le zanne di un cane, tra i nostri emi-sferi cerebrali, o fra gli angoli di un oroscopo. La “creatura”, il gatto salvato e perdu-to, prima di raggiungerci era già dentro di noi, facendo parte della nostra costella-zione d’archetipi, e raccontarne è stato solo un modo di far parlare la psiche e di “essere astrologici”, attraverso le nostre proiezioni. Qualche anno fa Andrè L’Eclair mi aveva ammonito di non far sapere in giro d’avere un gatto castrato: sarebbe sta-to un invista-to, diceva, a farselo mangiare. Qui il mista-to non s’incarna più nella mortifera Kalì, o in gradi monomeri fatali, da esorcizzare con una comunione quotidiana (co-me nelle abitudini dell’autore italo-russo), ma in una fantasia a (co-metà tra eucarestia e cannibalismo.

Per fortuna, l’astrologia non pretende di dare giudizi morali. Il solare è stato più idealista del saturnino, ma non migliore; è stato più ingenuo, ma non peggiore. Come il corvo della favola, troverà sempre una volpe più furba di lui che aspetta il suo formaggio, sotto l’albero, ma l’astuzia non farà mai spuntare ali da corvo alla

volpe. La nostra simpatia, in fondo, è sempre incerta fra corvo e volpe, fra cicala e

formica, fra lupo ed agnello, perché sentiamo che entrambi trovano posto in noi. Speriamo sempre che il bruco si trasformi in farfalla, ma forse è meglio lasciare ogni speranza, quando si entra nella selva oscura del proprio oroscopo. L’astrologia conferma che il carattere è già inesorabilmente destino, indelebile e proverbiale, mitico insomma, come qualsiasi storia o vita da raccontare. Essa c’invita a mitigare l’opposizione fra il buono e il cattivo carattere, fra l’evento fortunato e la disgrazia, fra l’oroscopo armonico e quello pieno di tensioni. È ozioso attendere che il proprio tema natale sbocci, attraverso potenzialità nascoste, per far rifulgere il mito di un io realizzato o pacificato. Forse il passato, con quel dito sulle labbra, nel sogno, ci dice di passare sotto silenzio ciò che non è più, o non è mai potuto essere. Forse il futuro non richiede profezie, ma solo d’accettare che la necessità ci governi, attraverso le immagini del nostro tema, colle sue contraddizioni. Noi dovremmo osservarle come le favolose astuzie delle divinità, nei miti, o come il carattere di quel gatto:

imma-colato e inguaribile.

La morale della favola è che l’occhio vigile del gatto vedeva tutto meno se stesso, e forse solo questo distingue le bestie dagli umani. L’uomo nega la libertà agli animali come il destino, le costellazioni, Dio, la negano a lui. Perché mai bambi-ni, adulti, e persino i cosiddetti “pazzi”, sono tanto attratti dagli animali? Solo per-ché noi, uomini zodiacali, inglobiamo costellazioni zoomorfe, animali con creste, scaglie, corna, che stillano latte o veleno, per poter esprimere “bestialmente” vizi e virtù? Io credo invece perché avvertiamo ancora negli animali quella luce naturale che stentiamo a percepire, nell’odierna apocalisse ecologica. Il mito in azione in questa vicenda del gatto, allora, non sarà solo quello del nostro inesorabile DNA oroscopico, che si specchia nella bestia ospitata, ma anche dell’innocenza perduta nel giardino del paradiso, che gli animali ci aiutano a ricordare.

L.A. 131-188

La domanda mi è nata spontanea dopo aver letto un articolo di Slawomir Stach-niewicz, astrofisico, dal titolo Attempt of a scientific approach to astrology, sulla pagina internet http://cura.free.fr/XXV/24stach1.html. La novità, o quanto meno l’eccezionalità di questo articolo, è innanzitutto l’approccio del tutto possibilista ed aperto alla validità scientifica dell’astrologia da parte di un membro di quella co-munità che, per bocca di altri suoi esponenti, invece ci vorrebbe chiudere la porta d’accesso al mondo delle scienze inesorabilmente e per l’eternità.

Ma l’articolo è interessante soprattutto perché l’autore non esclude che alcuni capisaldi della teoria astrologica possono essere riformulati anche in chiave mate-matica, esattamente come accade per le altre scienze della natura. Prendiamo ad esempio la teoria degli aspetti, divisi in armonici e disarmonici ed efficaci entro un determinato numero di gradi di tolleranza; l’autore, dopo aver spiegato (come già altri avevano fatto) che l’interazione di due pianeti in aspetto tra loro potrebbe es-sere un caso particolare del più generale fenomeno della risonanza, introduce an-che (fatto assolutamente nuovo, per quanto io sappia) alcune istruzioni per perve-nire correttamente ad un’equazione capace di esprimere, oltre all’armonia o alla di-sarmonia degli aspetti, anche la relativa forza, che decresce quanto più l’aspetto si discosta dal valore esatto.

Come sempre ogni nuova ipotesi pone problemi sulle certezze preesistenti; Stachniewicz, coerentemente con le sue premesse, pensa che gli aspetti debbano essere ricercati non tra le proiezioni dei pianeti sull’eclittica (quelle che abitualmen-te leggiamo sulle effemeridi, ma il pianeta maabitualmen-terialmenabitualmen-te è spesso altrove), ma tra le distanze angolari che essi formano sulla sfera celeste. Il problema sarebbe tanto più rilevante quanto più uno dei pianeti coinvolto nell’aspetto è solito allontanarsi dal piano dell’eclittica (valori elevati di latitudine, verificabili sulle migliori effemeri-di), ossia in particolar modo per Plutone e, per chi ne è appassionato, per alcuni asteroidi quali Cerere, Pallade, Eros, Icaro.

L’articolo continua con una serie di considerazioni sui diversi metodi di domifi-cazione, sulla natura delle cuspidi e dei punti di mezzo di ciascuna casa, recuperan-do anche a questo proposito una serie di considerazioni astronomiche sulla

corret-Angelo Vigorelli

L’ASTROLOGIA STA RIENTRANDO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 29-33)